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In memoria di Petrov: l’impegno ecopacifista mondiale

19 maggio, data di morte del colonnello Petrov: sventò la terza guerra mondiale e nucleare nel 1983

In memoria di Petrov: l’impegno ecopacifista mondiale

La conferenza digitale, organizzata dai Disarmisti esigenti, in preparazione della giornata ONU contro le armi nucleari del 26 settembre, ha messo in luce i temi emergenti e di pressante attualità del dibattito ecopacifista nel nostro Paese e nel mondo

Petrov Day

Nota: Durante il convegno digitale, hanno preso parola e sono stati introdotti da Alfonso Navarra, oltre alle personalità già menzionate di seguito nel corso dell’articolo, i seguenti attivisti: Angelo Baracca, Carolina Pozzo, Francesco Lo Cascio, Giuseppe Farinella, Giuseppe La Porta, Joachim Lau, Mario Agostinelli, Oliviero Sorbini, Sandro Ciani, Tiziano Cardosi.

Il Giorno 19 maggio, data di morte del colonnello russo Petrov che sventò la terza guerra mondiale e nucleare il 26 settembre 1983, organizzata dai Disarmisti esigenti, si è svolta una conferenza digitale con i maggiori esponenti dell’ecopacifismo a livello nazionale e internazionale. La conferenza digitale in preparazione del Petrov Day del 26 settembre 2020, giornata internazionale Onu in ricordo di Petrov, ha messo in luce i temi più emergenti e di grave attualità del dibattito ecopacifista nel nostro Paese e nel mondo . L’evento è stato coordinato da Alfonso Navarra, il portavoce dei Disarmisti esigenti (DE), che si occupa da più di quarant’anni, sin dai tempi del campo per la pace di Comiso, di disarmo nucleare e denuclearizzazione. I DE sono tra le nove associazioni e organizzazioni in Italia e nel mondo a essere state insignite nel 2017 del premio Nobel per la pace con Ican – campagna internazionale per l’abolizione degli ordigni di distruzione di massa nucleari. Per l’allargamento dei soggetti coinvolti nell’impegno per la proibizione delle armi nucleari promuovono “Siamo tutti premi Nobel per la pace con ICAN”.

Alfonso Navarra esordisce dicendo che la lobby nucleare sta manovrando per inserirsi nel processo delle conferenze internazionali sul clima (le COP) e per essere classificata tra le energie pulite in Europa: prospetta un sistema basato sull’energia nucleare, in quanto bassa emettitrice di CO2, come soluzione al problema climatico, nascondendo i suoi legami intrinseci con il sistema militare.

Anche il movimento ambientalista giovanile deve affrontare queste tematiche e soprattutto la questione nucleare, che – con atteggiamento possibilista – attualmente tende a considerare divisiva. Il nucleare militare non occupa la ribalta perché il nocciolo duro del potere ama nascondersi: ad esempio i mass media prospettano le gravi crisi di Iran e Corea del Nord come problemi locali e lontani. Al contrario la minaccia e l’emergenza nucleare sono forti, attualmente ancora più che durante la guerra fredda.

Questo fa trapelare il vero problema: il nucleare civile e militare, i due fratelli gemelli, sono una questione allarmante di emergenza e minaccia mondiale. Anche il nucleare civile è un grave problema anche se è poco evidente e mediaticamente ‘appariscente’ a livello globale, in quanto se ne parla solo in concomitanza con i gravi disastri come ad esempio Fukushima e Chernobyl. Infatti tutti i poteri coinvolti – e specialmente il cosiddetto quarto potere – ricevono finanziamenti dalle grandi lobby del nucleare per tacere.

Il nucleare ingenera omertà.

Il nucleare civile è già più visibile e ‘apprezzato’ anche tra i movimenti giovanili perché, come si diceva, pretende di essere esente da emissioni di anidride carbonica. La  soluzione al problema climatico e’ un problema complesso, e non possiamo affidarci ai facili slogan di chi prospetta una decarbonizzazione che dovrebbe essere completa entro il 2025, magari anche grazie all’utilizzo del nucleare. Mentre per gli accordi della Cop21 di Parigi, la decarbonizzazione completa è prevista per il 2050, senza nucleare.

La crisi ambientale è seria e occorrono soluzioni serie e non semplici slogan. La coalizione clima, invitata dal ministro Costa, non si è posta come interlocutrice insieme ai giovani di FFF per organizzare la PreCop26 a Milano (La COP 26 vera e propria si tiene a Glasgow, in Scozia). Bisogna assumersi la responsabilità di un dialogo con i giovani mettendoci la faccia sulle proprie idee, se si possiedono proposte concrete!

Si traccheggia quando gli scienziati sostengono che restano 10 anni per evitare collassi ecologici, quindi sociali, su scala globale! Gli avvertimenti non mancano, come del resto non erano mancati riguardo alla tempesta pandemica che stiamo attraversando.

La situazione climatica e l’ingiustizia sociale si aggravano e si amplificano i conflitti e le guerre nel mondo che prevedono armi convenzionali. Ma presto si potrebbe passare all’uso di armi nucleari, come con gli Stati Uniti d’America che vantano un programma di bombe con potenza intermedia. I movimenti giovanili devono essere al corrente di tutto questo. Negli Stati Uniti si è predisposta una commissione parlamentare per consigliare l’esecutivo sulla strategia di difesa nei prossimi anni. In questo congresso americano, Cina e Russia risultano i principali nemici degli USA e quindi il congresso consiglia all’esecutivo di dotarsi di mezzi per la guerra contro Russia e Cina. Con il progetto di varie nuove bombe, di tutti i tipi. Attualmente sono previste, in sostituzione delle B 61, a caduta verticale, le B 61-12, teleguidate e trasportabili dagli F35. Il pilota ne può regolare la potenza nucleare allo stesso modo delle mini bombe sempre made in USA. Questi programmi in sistemi di comando e controllo necessariamente difettosi possono innescare una guerra nucleare.

Attualmente sono stanziati Euromissili in cinque Stati europei. Nella situazione tedesca, vi è una forte presa di posizione per il ritiro delle bombe nucleari B 61. Infatti in Germania, Buchel, una base aerea analoga a Ghedi in Italia, diventerebbe la nuova Comiso.

Turi Vaccaro, appena scarcerato dopo le sue azioni nonviolente contro il MUOS di Niscemi (quasi 21 mesi di detenzione per avere sabotato le antenne paraboliche), con la sua testimonianza, su cui torneremo, ricorda che in Germania sono previsti a luglio 2020 dei campi organizzati dai movimenti giovanili, come ai tempi di Comiso in Sicilia, quando il Cruisewatching era organizzato per inseguire e disturbare le esercitazioni dei Cruise, e lo si faceva in tutta Europa nei campi accanto alle basi degli euromissili.

Come sostiene lo scienziato Luigi Mosca, considerando la strategia per arrivare all’abolizione delle armi nucleari, si vede una prima fase giuridica, ossia il trattato di interdizione che prevede la ratifica di 50 paesi. Purtroppo con la pandemia il processo di ratifica è rallentato. Nella prima fase, Ican e la società civile cooperano in modo efficiente con gli Stati non nucleari. Adesso il dialogo dovrebbe avvenire anche con gli Stati nucleari. Il trattato di interdizione, il TPAN ha un impatto di stigmatizzazione di queste armi. Vi è una iniziativa di Svezia, Germania e 13 altri Stati che lanciano un appello al disarmo per evitare l’escalation nucleare. È importante dialogare con questi Stati che si mobilitano per un appello antinucleare. La Merkel e il ministro degli esteri in Germania hanno però assicurato agli Stati Uniti che non daranno seguito a questo appello. Quindi vi è una forte tensione in corso.

Tra i nove Stati detentori di armi nucleari, lo stato più aperto al trattato di interdizione, il TPAN, adottato in una conferenza ONU il 7 luglio 2017, e in attesa di 50 ratifiche per entrare in vigore, è la Cina. Abbiamo, secondo Luigi Mosca, tutto l’interesse al dialogo con la Cina spingendo per la possibilità che  questa grande potenza proponga un gruppo di lavoro ai nove Stati nucleari per elaborare un piano di disarmo. La situazione geopolitica va studiata in profondità per arrivare al disarmo nucleare. E vi è la necessità di un ponte storico e storiografico tra gli errori e orrori del passato, si veda sempre il progetto “per non dimenticare” delle città di Nova Milanese e Bolzano, di cui è referente Fabrizio Cracolici, e le prospettive delle tragiche aberrazioni future, con il tramite del concetto elaborato dai grandi partigiani Hessel e Morin, ossia la coscienza planetaria come strumento della cultura della terrestrita’ per salvare l’umanità intera.

E’ stato presentato inoltre il canale video “Siamo tutti Premi Nobel per la Pace con ICAN” che raccoglie le testimonianze di importanti attivisti per la pace a livello mondiale. Questo canale sta crescendo, prendendo la struttura di una Web TV con all’interno diversi canali a tema, come ad esempio quello di ICAN, la cultura della Terrestrità, Riace modello sociale di accoglienza e la memoria delle Deportazioni.

Questo il link al canale video:

https://www.youtube.com/channel/UCFWikKgRr7k21bXHX3GzE9A

La parola data a Turi Vaccaro nella conferenza digitale è un ponte tra le lotte antinucleari di Comiso in Sicilia durante gli anni 1980 e quelle di Buchel in Germania dove è convocato il campo di pace a luglio 2020 dai movimenti ambientalisti e ecopacifisti. Infatti Buchel potrebbe rappresentare la nuova Comiso.

Turi Vaccaro nella sua testimonianza ha ricordato che è uscito dal carcere il 15 aprile di questo anno. Non ha esperienza di Buchel in quanto impegnato da anni sul fronte di Niscemi e in Val di Susa.

Buchel è una cittadina in Germania a sud di Colonia e di Bonn. Proprio lì sono stoccate le bombe statunitensi Nato B 61 come a Ghedi e a Aviano in Italia e in Olanda, in Belgio, in Turchia. Entro il 2020 saranno sostituite con le bombe più potenti B61-12. Se i poteri forti riescono a sfondare a Buchel -rincalza Turi- sfonderanno in tutta Europa. Nel frattempo in Germania i media e i poteri forti evitano di fare divulgazione alle azioni dei movimenti ecopacifisti. Inoltre sempre a Buchel sono di stanza i tornado che trasportano bombe nucleari e i famigerati cruise. In Scozia esiste una base con sottomarini nucleari. Secondo la legge italiana Turi ha arrecato al Muos, situato nella sughereta di Niscemi, un danno altissimo e molto grave e per questo Turi dovrà scontare almeno ancora un anno, forse due di carcere. Secondo i fratelli Berrigan, fondatori dei Plougshares cui Turi appartiene, sono più efficaci e utili le azioni dichiarate e non quelle clandestine, con molti campi di azione diretta nonviolenta contro le basi Nato nucleari. Secondo lo scienziato italo francese Luigi Mosca, l’emergenza nucleare e anche climatica e ecologica è correlata soprattutto anche con l’ingiustizia sociale.

La governance mondiale vede al centro l’essere umano in armonia con l’ambiente secondo il concetto di terrestrità maturato negli ambienti intellettuali francesi con i partigiani Hessel e Morin, e sviluppato in Italia da Alfonso Navarra. La storia dell’uomo è intrecciata in modo globale al divenire universale secondo il concetto di cosmicità. Per questo l’uomo è tenuto a tutelare la madre terra dall’annientamento e dalla distruzione globale. Sempre secondo Luigi Mosca, 14.000 bombe nucleari sono stoccate in nove paesi e in possesso di Stati Uniti e Russia. Queste bombe sono stoccate nei rispettivi arsenali, ma addirittura 2000 di queste sono in stato di allerta permanente pronte a essere sganciate e lanciate. Le mini nukes, bombe con potenza intermedia tra armi nucleari e convenzionali, costituiscono un pericolo maggiore per il rischio di innesco della guerra nucleare. Dal 1947 a oggi vi è stata un’escalation, un’evoluzione preoccupante verso l’apocalisse nucleare. Con la presidenza Trump i problemi si sono moltiplicati. Con Trump è avvenuto un lavoro di demolizione di trattati e accordi che mantenevano un certo livello di tabù relativo alle armi nucleari. Questi trattati ormai non esistono più. Per esempio la leadership attuale americana è uscita dall’UNESCO e della Cop21 di Parigi.

Al contrario, un successo, un obiettivo molto positivo, una svolta epocale per il mondo ecopacifista e per l’umanità tutta si è ottenuto con il TPAN, il trattato ONU adottato con i voti favorevoli di 122 nazioni con un totale di 137 aderenti: i due terzi degli Stati del mondo. Il TPAN è valso il premio Nobel per la pace 2017 a Ican -campagna internazionale per l’abolizione degli ordigni di distruzione di massa nucleari di cui sono parte migliaia di ecopacifisti in tutto il mondo. Ad ora, 36 Stati hanno ratificato il TPAN e occorrono 50 ratifiche per l’entrata in vigore del trattato ONU nel quadro del diritto internazionale.

E ancora l’ecopacifista Giovanna Pagani, presidente onorario di Wilpf Italia, ha elencato la sinergia tra questione nucleare e ambientale. Il target dell’ecopacifismo devono essere i giovani e le donne che si stanno inserendo nel movimento giovanile di Fridays For Future che per ora ha solo il pregio di aver mobilitato le coscienze, ma purtroppo è assente sul tema nucleare e del contrasto delle guerre. Nella Cop25, la lobby del militare nucleare civile è molto forte e convince molti giovani per l’emergenza climatica e per l’energia senza emissioni di anidride carbonica.

Su questo noi ecopacifiste dobbiamo lottare intensamente. È necessario accendere l’attenzione delle donne sul militarismo e sul nucleare. Perché le donne sono le maggiori vittime di tutte le guerre e delle emergenze nucleari e dei disastri ad esse connessi. Lo stupro ad esempio è un’arma di guerra. Le donne sono la popolazione povera del sud del mondo e vittime delle ingiustizie sociali. È necessario creare un’alleanza tra donne, in quanto nel mondo le donne sono attivatrici di cambiamento.

Inoltre ricordiamo gli interventi di Alessandro Capuzzo e Tiziana Volta che si dichiarano in cammino con gli altri per la pace e la nonviolenza. Tiziana Volta fa parte dell’associazione Mondo senza guerre e senza violenza ed è coordinatrice nazionale della marcia mondiale per la pace e la nonviolenza.

Antonia Sani, già presidente di Wilpf Italia, con un suo messaggio scritto, ribadisce che le donne Wilpf esprimono viva indignazione per quanto espresso dal rapporto SIPRI: la produzione delle armi continua indisturbata mettendo a repentaglio l’esistenza dell’umanità, del mondo animale e della vita stessa del pianeta.

Alfonso Navarra, nelle sue conclusioni, ribadisce la nostra posizione in quanto attivisti ecopacifisti: siamo per il diritto internazionale e per lo scioglimento della Nato. Perché noi vogliamo il mondo della pace e della coscienza planetaria della terrestità e tutto questo da un punto di vista politico e tattico, in una strategia nonviolenta, significa puntare per prima cosa alla denuclearizzazione dal basso.

Navarra nelle sue conclusioni propone di approfondire in un seminario il 26 settembre 2020 “10 punti di impegno”, già anticipati prima dell’incontro, per un movimento ecopacifista “intersezionale”, cercando di coinvolgere non tanto i “soliti pacifisti”, ma i nuovi movimenti giovanili, i No TRIV e i No eccetera, le realtà sindacali di base, rappresentanti il mondo del lavoro e del non lavoro.

In particolare bisognerebbe riflettere su come inserire il percorso antinucleare nel processo climatico istituzionale (le COP per il clima) ottenendo su questo punto il coinvolgimento dei movimenti per l’emergenza climatica ed ambientale.

Il movimento antinucleare dovrebbe cercare una BASE DI MASSA nella consapevolezza dei nuovi movimenti per l’emergenza climatica e ecologica; e nella esigenza, posta dalla crisi epidemica, di orientare le risorse sui bisogni di vita degli umani e non sullo spreco rappresentato dagli strumenti di morte anche quando non vengono usati.

Bisognerebbe, a tal fine, attivare e ripensare gli strumenti della iniziativa della politica di base: le cause legali, i boicottaggi consumieristi e soprattutto la disobbedienza fiscale (vedi Campagna OSM-DPN da aggiornare e rilanciare)

 

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Vittorio Agnoletto: “Senza Respiro”

Campagna di crowdfunding “SENZA RESPIRO”

Vittorio Agnoletto: “Senza Respiro”

“Senza Respiro” sarà un’inchiesta indipendente sull’epidemia Coronavirus in Lombardia, Italia e Europa, che Vittorio Agnoletto coordinerà con l’aiuto dell’equipe dell’ “Osservatorio Coronavirus”. “Altreconomia” sarà l’editore di questo libro

Laura Tussi

Laura Tussi (e Fabrizio Cracolici)

SENZA RESPIRO - Libro di inchiesta

Niente sarà più come prima

Vittorio Agnoletto è un medico che da sempre conduce lotte per i principi fondamentali del vivere civile e per il diritto alla salute e al bene comune.

Pensare a “un altro mondo possibile” significa, nel senso pieno della parafrasi, che non esistono confini, luoghi di appartenenza nazionalistica e provenienza localistica e logistica, privilegi di pochi nei confronti di molti e se questa parola “mondialità” viene analizzata nel senso della condivisione di ciò che è diritto di ogni singola persona in quanto tale, ecco in questa visione riscontriamo il pensiero profondo che sta nell’impegno, nell’agire e nelle lotte di Vittorio Agnoletto.

Per Vittorio Agnoletto non rappresentano un freno le restrizioni e gli ostacoli che il potere e il sistema gli impongono e gli hanno sempre imposto. Anzi questi costituiscono impulso per un continuo agire quotidiano di lotte, rivendicazioni e azioni continue e cogenti e contingenti di un impegno per un futuro migliore che non deve essere la riproposizione di un passato stantio, di un “prima” nostalgico, ma deve farsi carico delle difficoltà e degli ostacoli del presente.

Tutti noi siamo grati a Vittorio Agnoletto per il suo grande impegno e per l’impareggiabile dedizione nei confronti del prossimo, in questa condizione contemporanea di emergenza planetaria. E questa estenuante prova rende Vittorio un vero professionista ricercatore e attivista.

Questa è la motivazione che ci spinge a sostenere il grande e importante Progetto che vede coinvolta l’equipe dell’ “Osservatorio Coronavirus”: Senza Respiro.

 

Carissimi
“Senza Respiro” sarà un’inchiesta indipendente sull’epidemia Coronavirus in Lombardia, Italia ed Europa, che coordinerò con l’aiuto dell’equipe dell’ “Osservatorio Coronavirus”. Venerdì 22 maggio è stata lanciata da “Altreconomia”, che sarà l’editore del libro, la campagna di crowdfunding sulla piattaforma Produzioni dal basso”.  Trovate tutte le informazioni al link https://www.produzionidalbasso.com/project/senza-respiro/

Come sapete dal 21 febbraio, giorno del primo caso di Covid-19 identificato a Codogno, mi occupo ininterrottamente dell’emergenza epidemica con l’Osservatorio, una realtà di lavoro volontario, costituita da Medicina Democratica e da “37e2”. In questi mesi, oltre a fornire informazioni e supporto alle tantissime persone che ci hanno contattato, ci siamo scontrati con le disastrose conseguenze di scelte compiute dai responsabili istituzionali, principalmente della Lombardia, ma non solo, che purtroppo hanno favorito la diffusione del virus. Scelte derivanti da errori, ma anche da decisioni politiche recenti e passate che hanno fortemente compromesso la capacità di reazione del nostro Servizio Sanitario di fronte ad una emergenza di sanità pubblica.

“Senza Respiro” ricostruirà le tappe che hanno scandito le diverse fasi del contrasto al Coronavirus attraverso sia una raccolta/rielaborazione di dati, sia attraverso le testimonianze, raccolte dall’Osservatorio, dei cittadini e del personale sociosanitario. Studieremo le cause e le responsabilità di quanto avvenuto e cercheremo di elaborare delle proposte per evitare che possa ripetersi una situazione simile. Il focus sarà sulla Lombardia ma con una finestra sull’Italia e sull’Europa, anche per capire come risposte istituzionali differenti hanno prodotto risultati diversi. Ho scelto di destinare i diritti d’autore all’ospedale Sacco di Milano, una struttura pubblica che ha svolto un ruolo fondamentale durante la fase più critica dell’epidemia. Ringrazio fin da ora tutti coloro che decideranno di sostenere questa nostra ricerca, che vuole essere un’opera di verità e giustizia.

Note: Trovate tutte le informazioni al link https://www.produzionidalbasso.com/project/senza-respiro/
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L’attivismo per la Palestina

Un popolo distrutto dallo strapotere di un governo occupante e criminale

L’attivismo per la Palestina

Gaza vive ancora grazie a questo Mosaico di Pace attivista e alle tante associazioni filopalestinesi che spendono e dedicano la vita a una causa nobile come è la sopravvivenza ed esistenza del popolo palestinese e di tutti i popoli del mondo, nel filo rosso dell’amore per l’umanità intera
Laura Tussi2 giugno 2020

Palestina libera !

L’impegno civile e l’attivismo sociale dell’associazionismo filopalestinese si pongono il nobile intento di solidarizzare e aiutare e soprattutto di cercare di salvare un popolo da una condizione di brutale e indescrivibile oppressione da parte di una nazione occupante e di una situazione perversa di dominio da parte di uno strapotere prepotente e assassino.

Gaza vive ancora grazie a questo Mosaico di Pace attivista e alle tante associazioni filopalestinesi che spendono e dedicano la vita a una causa nobile e meritevole come è la sopravvivenza ed esistenza del popolo palestinese e di tutti i popoli del mondo, nel filo rosso dell’amore per l’umanità intera. L’impegno filopalestinese è un’attività costruttiva perché si prodiga e volge verso gli altri e lotta per difendere la vita sopra ogni altra cosa e per creare solidarietà e cercare voci, braccia, menti, cuori e persone al plurale evitando il soggettivismo e l’individualismo. Perché “solo tutti insieme ci si salva e non uno per uno”. E un ‘assolo’ riceverebbe più forza e spinta vitale compartecipando in percorsi collettivi e plurali con tutti coloro che sono impegnati nella causa più alta della salvezza dell’umanità.

Le associazioni a favore della Palestina fanno informazione e controinformazione, in quanto vi è necessità di raccontare la Palestina, sfidando censure e compensando ciò che dovrebbero fare i grandi media.

L’attivismo per la Palestina è una realtà umanitaria e anche umanistica, in quanto riguarda l’essere umano, la sua vita, la cultura, le sue radici. È volto a convertire l’io in un noi pluralista e solidale con tutti. Declinando il singolo al plurale per vivere il dono dell’azione non alla maniera individualistica di una sfida personale, ma come progetto compartecipato di trasformazione che accomuna e rende liberi e felici e uguali, in cui anche il singolo nutre gli ideali e l’animo più nobili, in quanto elimina l’egoismo che vive in natura.

Una realtà importante insieme al mosaico di pace di tutti gli attivisti impegnati per le cause della salvezza dei popoli dell’umanità e in particolare di un popolo umiliato e depredato e sottomesso e massacrato come quello palestinese.

Un popolo distrutto dallo strapotere di un governo occupante e criminale.

Ma la Palestina e Gaza hanno le risorse per R-esistere e gli attivisti per la Palestina sono tra queste grandi opportunità.

 

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Invicta Palestina – Moni Ovadia: il dialogo per la pace

Presentazione dell’intervista a Moni Ovadia di Laura Tussi
Laura Tussi19 maggio 2020

Intervista a Moni Ovadia di Laura Tussi su Invicta Palestina

Moni Ovadia si ricollega e riflette sul tema di Agenda Onu 2030 – Obiettivo “Pace, Giustizia e Istituzioni solide” con molteplici spunti di approfondimento nonché analizzando la vignetta dell’acuto vignettista Vauro che ritrae un padre e un figlio palestinesi a Gaza. 

In una vignetta del mio amico Vauro, i missili israeliani piovono da tutte le parti. Il bambino dice a suo padre: “Papà ho paura” il padre risponde: “Perché hai paura? Non siamo mica a New York”. Noi abbiamo tolto a una parte dell’umanità persino il diritto alla paura. Abbiamo visto milioni di volte la ripetizione dell’efferatezza che ha portato alla distruzione delle Torri Gemelle con 2890 morti circa, ma non abbiamo visto con la stessa frequenza le immagini dei morti innocenti iracheni e afghani delle cosiddette “guerre umanitarie”.

Parto da questa considerazione perché ci sono paesi i cui governi, ma anche una parte considerevole dei cittadini, sono gravati – anche se la parola è impropria – dalla logica del privilegio, ossia che noi abbiamo diritto a essere come siamo, non è un privilegio dovuto al luogo di nascita.

Che merito abbiamo per essere nati in un posto invece di un altro? Nessuno. 

Non esiste un merito. Infatti anche Mimmo Lucano e Alex Zanotelli dicono di non chiedere mai a una persona da dove viene: “L’ha portata il vento”…

La legalità internazionale è stata, da parte di ripetuti governi israeliani, calpestata con una indecenza che non ha limiti. Consideriamo che nessun governo israeliano ha fatto quello che doveva essere il dovere sacrale di un governo democratico, ossia stabilire i confini dello Stato di cui quel governo è governo. Lo Stato di Israele non ha una costituzione. Quindi non ha stabilito i suoi confini. Per cui l’arbitrio è la regola in tutte le cose che riguardano il conflitto israelo-palestinese. In particolare, il conflitto con i paesi arabi ha altre modalità ancorché si basa comunque su questa politica dello stato dei fatti compiuti. Politica del totale dispregio per le risoluzioni internazionali e, conseguentemente, per le istituzioni internazionali preposte alla pace. E tutto questo ad opera del governo e dell’autorità militare di un paese in cui il saluto comune è pace, invece di dire “Ciao”, “Buongiorno” si dice “Shalom” cioè Pace. La pace è addirittura iscritta nelle priorità della lingua.

Nei Link l’intervista a Moni Ovadia di Laura Tussi: testi integrali

https://www.peacelink.it/pace/a/47552.html

https://www.peacelink.it/ospiti/a/47600.html

su Invicta Palestina: Centro di Documentazione sulla Storia, Cultura, Tradizioni della Palestina

https://www.invictapalestina.org/archives/38974

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Così si organizzarono per resistere al massacro e evitarlo

16 maggio 1944: quando Rom e Sinti fecero resistenza alle SS

Così si organizzarono per resistere al massacro e evitarlo

L’angelo della morte, il dottor Mengele, compiva esperimenti efferati sugli zingari. In quel giorno era previsto l’assassinio e il massacro di oltre 500 Rom e Sinti.
15 maggio 2020

Laura Tussi

Lager

Rom e Sinti il 16 maggio del 1944 organizzarono la prima rivolta che sia mai avvenuta in un lager: Auschwitz, per la precisione.L’angelo della morte il dottor Mengele compiva esperimenti efferati sugli zingari. In quel giorno 16 maggio 1944 era previsto l’assassinio e il massacro di oltre 500 Rom e Sinti. Il campo di concentramento adibito agli Zingari, “Zigeunerlager”, un campo nel campo nel Lager di Auschwitz- Birkenau, era un luogo di tortura dove il dottor Mengele effettuava i suoi studi sulla razza ariana e in particolar modo sui gemelli, considerando Rom e Sinti appartenenti a una “razza pura degenerata”.

Rom e Sinti, alcuni giorni prima, vennero avvisati dell’imminente presenza delle truppe SS e di un’operazione di rastrellamento all’interno del lager.

Così si organizzarono per resistere al massacro e evitarlo.

La strage fu evitata, ma in realtà fu rinviata al 2 agosto dello stesso anno. Questa strage è compresa nell’intero genocidio, eccidio e sterminio, il cosiddetto “olocausto degli zingari”, ossia il Porrajmos, traducibile come ‘grande divoramento’ perpetrato ai danni di Rom e Sinti: 500.000 persone assassinate dalla barbarie nazifascista, perché ritenute inferiori e non degne di vivere.

Quasi 3000 gitani, uomini, donne e bambini trovarono la morte nel crematorio numero 5 di Auschwitz-Birkenau, esattamente il giorno 2 agosto 1944.

La rivolta che precedette la strage, il 16 maggio 1944, fu davvero un evento particolare e incredibile, in quanto fu l’unica rivolta in assoluto avvenuta in un lager.

Gli zingari armati di utensili da lavoro in un lager contro le SS armate di tutto punto. I Rom e Sinti in quel giorno fatidico ebbero la meglio.

Ma la bestia umana divoratrice del nazifascismo fece scontare ai rivoltosi la loro imposizione e resistenza del maggio ’44, non violenta, con la strage del 2 agosto 1944, perpetrata dalle SS. Sembra incredibile e impossibile che una etnia sottomessa e vilipesa come quella dei gitani sia riuscita a organizzare una rivolta resistenziale in condizioni di vita davvero disumane e feroci, dove la fatica era immensa, il lavoro coatto e devastante e toglieva la dignità di ogni persona.

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Agenda Onu 2030: pace per l’umanità

Una analisi fenomenologica

Agenda Onu 2030 – Pace per l’umanità

Pace è Resistenza, resilienza, disarmo, nonviolenza e l’Onu con l’Unesco il suo mezzo attuativo

Pace nelle tue mani

Il termine pace dal latino pactum, pacere, ossia accordo prevede un’intesa che va oltre gli schematismi imposti dal sistema neoliberista e omologante. L’accordo, la pace sono modelli e metodi di intesa e di comunicazione innanzitutto nella duplicità dell’essere umani, ossia nel genere donna e uomo, femminile e maschile e anche nei percorsi transgender, omosessuali e transessuali, dove l’accordo e la pace e l’intesa sono sempre forme di resistenza e resilienza alle difficoltà imposte dal quotidiano. E soprattutto pace e resilienza rispetto ai molteplici problemi, come emergenze e minacce, che incombono sull’umanità, dalla paura delle pandemie, al terrore delle apocalissi nucleari all’indigenza e alla povertà che colpiscono gran parte dell’umanità, nella disuguaglianza sociale globale, dove l’1% della popolazione mondiale detiene il 99% dei beni comuni dell’umanità.

Pace è la parola ecumenica che accomuna le più varie culture del pianeta, le differenti popolazioni, minoranze genti, etnie, con i rispettivi culti, credi, fedi, religioni, che da un punto di vista agnostico rappresentano un dato culturale imprescindibile più che una visione cultuale, più che una presa di posizione di credo e di culto teologicamente e teoreticamente parlando. Infatti noi osserviamo la relazione e il dialogo tra fedi e religioni da un punto di vista fenomenologico, studiando e classificando i fenomeni appunto, l’evidenza dei fatti, degli eventi come si manifestano all’esperienza nel tempo e nello spazio. L’interscambio di incontro tra culture lo consideriamo un evento fenomenologico come avviene con il modello Riace. Un modello locale che diventa globale, ossia glocale, che dal particolare si apre all’universale, come specifico fenomenologico di interazione di culti e culture nella pace, nell’armonia, nell’equilibrio e nell’accordo: un patto tra gli esseri umani e madre terra. In un’ottica universalistica, in una visione di terrestrita’ circostante e dell’esistente, Riace come sinonimo e modello di pace potrebbe rientrare in una base pratica di coosviluppo tra nord e sud del mondo per risolvere i grandi problemi, le gravi emergenze e minacce del nucleare, della disuguaglianza sociale globale e dei dissesti climatici. Questi sono i grandi i ‘virus’ che infettano l’umanità e nostra madre terra. Le lobby mortifere del nucleare detengono un sistema sociale mondiale ingiusto dove un miliardo di persone vivono con due dollari al giorno e 821 milioni soffrono la fame. Le migrazioni sono causate da tutte queste sperequazione e dalle carestie, dal terrorismo, dalla guerra, dai disastri e dissesti ecologici e climatici e dalle manovre economiche.

Riace che fa rima con pace ha saputo conciliare in un piccolo borgo tutte queste contraddizioni, e questi virus e piaghe per l’umanità intera che è figlia di un villaggio globale, di una madre terra che il genere umano deve tutelare e salvaguardare dall’estinzione.

Per questo usiamo il motto Riace è la pace. Come microcosmo e crogiolo di bellezza, dove l’immagine estetica di colori, sguardi, volti, musica, odori e sapori producono il bello estetico, non estetizzante e fine a se stesso, ma una bellezza di cromie che salverà il mondo. Riace è la pace per l’umanità.

L’Agenda ONU 2030 pone nell’obiettivo pace, giustizia e istituzioni solide, vale a dire i cardini di questo patto stabilito tra gli uomini: un patto di pace che è sancito in tutte le carte della terra e nelle costituzioni e istituzioni nate dopo il grande trauma della seconda guerra mondiale. Dopo questo grande trauma, con un sussulto positivo di speranza, dalla resistenza partigiana antifascista, sono nate le grandi dichiarazioni dei diritti umani, l’ONU e da quest’ultima le cop per il clima a partire dal grande summit di Rio de Janeiro nel 1992. E non dimentichiamo il TPAN, ossia il trattato ONU varato a New York a palazzo di vetro nel luglio 2017 da 122 nazioni e dalla società civile organizzata nella campagna per l’abolizione degli ordigni nucleari Ican. Questo trattato Onu è stato una svolta per l’umanità e per il concetto pacifista e il movimento nonviolento: un passo mondiale imprescindibile per il disarmo nucleare universale che è valso a tutti gli attivisti e alle associazioni per la pace e per il disarmo nucleare che operano in Italia e in tutto il mondo il premio Nobel per la pace 2017.

Fare pedagogia della memoria, fare pedagogia della pace è quanto mai urgente e necessario in un mondo globalizzato che annienta e annulla gli ultimi per promuovere i più forti e i potenti.

 

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La Liberazione di Mauthausen

5 maggio 1945 – 5 maggio 2020 – Mai più Lager

La Liberazione di Mauthausen

https://www.peacelink.it/editoriale/a/47615.html

75esimo della Liberazione del campo di concentramento e sterminio di Mauthausen. La Deportazione e la Liberazione va raccontata ai giovani. E’ oggi più che mai importante la Pedagogia della Memoria e della Resistenza.
Laura Tussi

Il campo di concentramento di MauthausenIl 5 maggio 1945 è una data importante perché ha messo fine all’esistenza del campo di concentramento e sterminio di Mauthausen. Un campo di concentramento strutturato in molteplici sottocampi. Come precisa Fabrizio Cracolici, Presidente ANPI “Emilio Bacio Capuzzo” di Nova Milanese, da sempre attivo nella ricerca e nella valorizzazione della memoria e nella indagine storica contemporanea: “I sottocampi di Mauthausen erano moltissimi da Gusen a Ebensee, da Grein a al Castello di Hartheim, da Linz a Melk dove fu imprigionato lo stesso Shlomo Venezia”.

Mauthausen era un Lager adibito fondamentalmente alla deportazione di tutti gli oppositori politici al regime nazifascista che nel suo sistema considerava l’essere umano uno stucke cioè un pezzo, un oggetto da sfruttare fino all’esaurimento della propria forza e linfa vitale.

Il fenomeno concentrazionario è stato un vero e proprio cortocircuito tra l’essere o non essere umani. Tutto avveniva in una modalità disumanizzante: un uomo veniva reso e trasformato in un oggetto senza capacità di opporsi. Chi ha vissuto la deportazione in realtà ha strutturato metodi di resistenza e di resilienza tali da resistere ad un orrore inenarrabile che va aldilà di ogni immaginazione umana.

Già l’arresto e il famoso Transport, ossia il viaggio verso il Lager, rappresentava per il deportato un’esperienza estremamente traumatica e indescrivibile. Il peggio arrivava dopo. Scesi dal treno donne, vecchi e bambini venivano divisi, separati nei loro legami e portati in blocchi, strutture del Lager differenti, a seconda dell’uso che gli aguzzini volevano fare dei deportati, passando per cancelli che solitamente apportavano la scritta “il lavoro rende liberi”, tradotto in tedesco Arbeit Macht Frei. Solitamente i bambini sotto i 14 anni venivano inviati direttamente nelle camere a gas. Le donne venivano sfruttate, rinchiuse e si vedevano costrette a lavori umilianti e degradanti e estenuanti. Agli uomini venivano assegnati i lavori fisicamente più duri. Il dramma del Lager partiva quando una volta entrati, ogni persona veniva spogliata e privata di ogni avere. Ad ognuno di loro veniva assegnato un numero progressivo e un triangolo di colore diverso, in base alla ragione d’arresto con all’interno la sigla della nazione di provenienza. Nel caso specifico di Mauthausen, un campo di concentramento fondamentalmente per dissidenti politici, veniva assegnato il triangolo rosso con all’interno la sigla IT per gli italiani. I deportati venivano condotti poi alle baracche e, quando andava bene, con una tuta chiamata zebrata e un paio di zoccoletti di legno. Questi erano gli unici oggetti consegnati ai deportati.

Gli orrori e gli abusi più efferati sono avvenuti proprio sia nelle baracche che nei luoghi di lavoro coatto.

Ad esempio, portare grandi massi lungo scale impervie. E Mauthausen ne aveva una molto particolare e dura e impervia con 186 gradini e chiamata “La scala della morte”: questo lavoro coatto, che toglieva ogni forma di dignità al deportato, era una pratica comune. Pur di sfinire e umiliare, queste persone spesso venivano costrette dagli aguzzini a portare massi di grandi pietre da una parte all’altra del campo per vedersi costretti poi a riportarli al loro posto. Queste erano pratiche per annientare la volontà e la dignità delle persone.

E ora torniamo al concetto di Liberazione.

Il 5 maggio 1945 il campo di concentramento di Mauthausen viene liberato e queste persone, i deportati, quelli sopravvissuti hanno potuto raccontare al mondo quello che hanno vissuto: la loro tragica e inconcepibile realtà.

Qui è l’importanza del valore della Testimonianza.

Chi ha provato tali aberrazioni ha creato in sé la capacità di indignarsi e di opporsi ad ogni ingiustizia.

Testi fondamentali sono stati scritti da ex deportati nei campi di concentramento e sterminio nazifascisti. Ricordiamo Primo Levi e anche Vincenzo Papalettera con il suo celebre libro “Tu passerai per il camino” e “Vita e morte a Mauthausen”. Persone che hanno speso la loro esistenza per raccontare e testimoniare questi avvenimenti e per costruire una Pedagogia della Memoria e della Resistenza per e stimolare la capacità dei giovani all’indignazione e opposizione all’orrore, alla guerra e all’ingiustizia.

Perché oggi è importante che nel mondo della scuola si sviluppi la consapevolezza e la conoscenza di ciò che è avvenuto in un periodo storico non troppo lontano da noi?

I deportati oramai ci stanno lasciando, per ovvie ragioni anagrafiche e biologiche, ma le loro testimonianze, il loro impegno e la loro volontà di trasmettere conoscenza e valori stimola e sprona tutti noi a riflettere su ciò che è stato, affinché non si ripeta mai più nella Storia.

Questo sta veramente avvenendo?

Assistiamo a scene atroci di orrore in Libia, dove persone vengono concentrate e imprigionate in luoghi di detenzione senza la benché minima garanzia e tutela di sicurezza, di salute e sopravvivenza e l’Europa e il mondo opulento e i poteri forti e la macchina della guerra mondiale permettono tutto ciò.

Ecco perché è importante la Pedagogia della Memoria e della Resistenza. Perché sembra proprio che l’uomo non sia in grado di imparare dalla Storia, non sia in grado di cambiare i suoi stili di vita e il metodo di imposizione delle proprie egoistiche necessità a discapito di persone che invece vengono sfruttate e umiliate: gli ultimi della terra.

 

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Il Giorno della Liberazione

Il 25 Aprile al tempo del coronavirus

Il Giorno della Liberazione

Resistenza è stata lotta, sacrificio, guerra, deportazione. Ora Resistenza è indignazione e denuncia
25 aprile 2020

Laura Tussi e Fabrizio Cracolici

Il 25 Aprile del 1945 l’Italia è stata liberata dall’orrore e dall’occupazione nazifascista.

Questa attuale è la prima volta in 75 anni che non si celebrerà il Giorno della Liberazione in tutte le piazze d’Italia a causa di un evento che sta mettendo in ginocchio il vivere civile, sociale, politico, economico del mondo: l’emergenza pandemia.

Ma ancora più importante è tenere in considerazione quello che sta avvenendo a livello globale e planetario per mantenere alta l’attenzione sui valori e gli ideali contenuti nella grande esperienza della lotta partigiana antifascista che ha consegnato al mondo intero carte costituzionali e dettati di diritto internazionale: dobbiamo arrestare i nazionalismi, i sovranismi, i suprematismi e le dittature mascherate da democrazie. Ricordare e fare memoria della Resistenza non è un atto né scontato e né banale anzi è di fondamentale importanza attuale e contemporanea.

Molte sono le considerazioni e le analisi da fare in questo preciso momento storico. Una di queste riguarda la riemergenza in vasti settori della società nazionale e mondiale sotto l’influenza di ideologie fasciste, naziste, razziste e xenofobe, sotto forma di nazionalismo da parte di molte e troppe forze politiche nel mondo. Dall’Ungheria con Orban, alla Brexit, alle politiche antiecologiche e guerrafondaie americane di Trump, alla Turchia di Erdogan contro i Curdi, alla guerra in Siria, Libia e nello Yemen, alle tragiche guerre e ai criminali genocidi nel corno d’Africa, nella striscia di Gaza in Palestina colonizzata da Israele, all’asservimento dell’Europa alla Nato, all’export di armi e alla rincorsa al riarmo e alle logiche spietate dell’energia e degli ordigni nucleari e alla riemergenza del razzismo, del cattivismo dilagante e del qualunquismo antiegualitario che contrastano nettamente con le carte e le costituzioni nate dall’Antifascismo.

Come possiamo oggi dare valore e riconoscimento a questa grande esperienza di lotta per la pace e per i diritti umani che è stata la Resistenza?

L’unico modo è impegnarsi per costruire una società basata sulla forza del diritto e non sul diritto della forza che dia attuazione ai dettati costituzionali e che guardi ai cittadini come persone con tutte le loro rivendicazioni oltre ai loro doveri. Il rispetto delle leggi, la tutela di nostra Madre Terra, la salvaguardia dell’assetto ecologico e climatico planetario e dei diritti umani devono diventare una priorità che va oltre gli interessi personalistici di potenti e multinazionali che per i loro interessi non tengono minimamente in considerazione, anzi disprezzano la vita e la salute, ma guardano all’esclusivo e sporco guadagno e ricavo economico e alle speculazioni di ogni tipo e in ogni settore.

Dov’è la giustizia quando persone vengono abbandonate in mare perché si stabilisce che l’Italia non è un porto sicuro?

Dov’è la giustizia quando in una piena emergenza sanitaria, persone malate di coronavirus vengono trasferite in case di cura dove, invece che proteggere persone fragili, vengono messe addirittura a contatto con il virus e con la possibilità di sviluppare patologie che addirittura possono portare alla morte?

Queste sono le grandi lotte che gli attivisti per la pace nel mondo, quelli che saranno i nuovi partigiani, dovranno attivare per permettere all’intera umanità di salvarsi perché non ci si salva da soli, individualmente, ma solo tutti assieme possiamo salvarci.

L’esperienza della Resistenza Antifascista ha portato centinaia di Resistenti e Partigiani al sacrificio personale finalizzato alla conquista del bene comune. Questi sono i gli ideali e i valori che noi dobbiamo evidenziare e a cui credere convintamente e questa è l’importanza che ricopre oggi Anpi – Associazione Nazionale Partigiani nella società tutta, perché ricordare di avere come stella polare questi valori e ideali è per tutti noi una opportunità per uscire finalmente da un periodo oscuro e da diverse epoche atroci per l’umanità intera. Basti ricordare il periodo della strategia della tensione, le stragi neofasciste a cui molte forze sociali e politiche si sono opposte per donare un nuovo e futuro periodo di pace vera basato sui valori fondanti della giustizia sociale e del rispetto istituzionale.

Resistenza è stata lotta, sacrificio, guerra, deportazione.

Ora Resistenza è indignazione e denuncia.Resistenza

Note: Per non dimenticare questi tragici eventi segnaliamo l’archivio Lager e Deportazione del progetto inerente la memoria storica e la pace dal titolo Per non dimenticare di cui siamo referenti e promotori con le città di Nova Milanese e Bolzano: una autentica realtà di impegno e attivismo in vari settori della società civile per promuovere gli ideali della memoria storica e della pace in tutto il mondo.

Questo il Link di riferimento:

https://www.peacelink.it/pace/a/37386.html

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Ma ancora più importante è tenere in considerazione quello che sta avvenendo a livello globale e planetario per mantenere alta l’attenzione sui valori e gli ideali contenuti nella grande esperienza della lotta partigiana antifascista che ha consegnato al mondo intero carte costituzionali e dettati di diritto internazionale: dobbiamo arrestare i nazionalismi, i sovranismi, i suprematismi e le dittature mascherate da democrazie. Ricordare e fare memoria della Resistenza non è un atto né scontato e né banale anzi è di fondamentale importanza attuale e contemporanea.

Molte sono le considerazioni e le analisi da fare in questo preciso momento storico. Una di queste riguarda la riemergenza in vasti settori della società nazionale e mondiale sotto l’influenza di ideologie fasciste, naziste, razziste e xenofobe, sotto forma di nazionalismo da parte di molte e troppe forze politiche nel mondo. Dall’Ungheria con Orban, alla Brexit, alle politiche antiecologiche e guerrafondaie americane di Trump, alla Turchia di Erdogan contro i Curdi, alla guerra in Siria, Libia e nello Yemen, alle tragiche guerre e ai criminali genocidi nel corno d’Africa, nella striscia di Gaza in Palestina colonizzata da Israele, all’asservimento dell’Europa alla Nato, all’export di armi e alla rincorsa al riarmo e alle logiche spietate dell’energia e degli ordigni nucleari e alla riemergenza del razzismo, del cattivismo dilagante e del qualunquismo antiegualitario che contrastano nettamente con le carte e le costituzioni nate dall’Antifascismo.

Come possiamo oggi dare valore e riconoscimento a questa grande esperienza di lotta per la pace e per i diritti umani che è stata la Resistenza?

L’unico modo è impegnarsi per costruire una società basata sulla forza del diritto e non sul diritto della forza che dia attuazione ai dettati costituzionali e che guardi ai cittadini come persone con tutte le loro rivendicazioni oltre ai loro doveri. Il rispetto delle leggi, la tutela di nostra Madre Terra, la salvaguardia dell’assetto ecologico e climatico planetario e dei diritti umani devono diventare una priorità che va oltre gli interessi personalistici di potenti e multinazionali che per i loro interessi non tengono minimamente in considerazione, anzi disprezzano la vita e la salute, ma guardano all’esclusivo e sporco guadagno e ricavo economico e alle speculazioni di ogni tipo e in ogni settore.

Dov’è la giustizia quando persone vengono abbandonate in mare perché si stabilisce che l’Italia non è un porto sicuro?

Dov’è la giustizia quando in una piena emergenza sanitaria, persone malate di coronavirus vengono trasferite in case di cura dove, invece che proteggere persone fragili, vengono messe addirittura a contatto con il virus e con la possibilità di sviluppare patologie che addirittura possono portare alla morte?

Queste sono le grandi lotte che gli attivisti per la pace nel mondo, quelli che saranno i nuovi partigiani, dovranno attivare per permettere all’intera umanità di salvarsi perché non ci si salva da soli, individualmente, ma solo tutti assieme possiamo salvarci.

L’esperienza della Resistenza Antifascista ha portato centinaia di Resistenti e Partigiani al sacrificio personale finalizzato alla conquista del bene comune. Questi sono i gli ideali e i valori che noi dobbiamo evidenziare e a cui credere convintamente e questa è l’importanza che ricopre oggi Anpi – Associazione Nazionale Partigiani nella società tutta, perché ricordare di avere come stella polare questi valori e ideali è per tutti noi una opportunità per uscire finalmente da un periodo oscuro e da diverse epoche atroci per l’umanità intera. Basti ricordare il periodo della strategia della tensione, le stragi neofasciste a cui molte forze sociali e politiche si sono opposte per donare un nuovo e futuro periodo di pace vera basato sui valori fondanti della giustizia sociale e del rispetto istituzionale.

Resistenza è stata lotta, sacrificio, guerra, deportazione.

Ora Resistenza è indignazione e denuncia.Resistenza

Note: Per non dimenticare questi tragici eventi segnaliamo l’archivio Lager e Deportazione del progetto inerente la memoria storica e la pace dal titolo Per non dimenticare di cui siamo referenti e promotori con le città di Nova Milanese e Bolzano: una autentica realtà di impegno e attivismo in vari settori della società civile per promuovere gli ideali della memoria storica e della pace in tutto il mondo.

Questo il Link di riferimento:

https://www.peacelink.it/pace/a/37386.html

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Gaia – Epidemiologia della guerra infinita

Recensione di Laura Tussi al Libro di Maurizio Marchi

Gaia – Epidemiologia della guerra infinita

Gaia: Ecoistituto del Veneto Alex Langer – Recensione di Laura Tussi: 82 conflitti tra il 1945 e il 2015, altro che pace

Gaia

Il Libro di Maurizio Marchi è realizzato con l’intento e con la volontà di abolire le guerre.

Il libro “Epidemiologia della guerra infinita. 82 conflitti tra il 1945 e il 2015” dello scrittore Maurizio Marchi è realizzato con l’intento e con la volontà di abolire le guerre ovunque vengano innescate dall’apparato, sistema e complesso industriale, militare e fossile e di disvelare la mitologia guerrafondaia e la politica del riarmo che la NATO propugna in quanto istituzione che, come millanta il potere e come vantano in maniera infondata i poteri forti, avrebbe garantito la pace dopo la seconda guerra mondiale fino ai giorni attuali. Infatti non si trova nella stampa cartacea e in Internet un libro, come questo, che possa elencare e che abbia i contenuti adeguati a effettuare e compilare una ricognizione dei conflitti armati e delle guerre nel mondo dal dopoguerra al periodo contemporaneo e attuale. Da un’intervista di Pax Christi, l’autore Maurizio Marchi afferma che scrivendo questo libro, che risulta costituire un’autentica ricerca dettagliata, un esaustivo compendio storiografico, ha imparato molto e è riuscito a entrare a conoscenza di realtà spesso ignorate dai massmedia tradizionali e censurate dai mainstream ortodossi. Marchi ha potuto focalizzare e appurare che sono avvenuti ben 82 conflitti tra il 1945 e il 2015, con 24 milioni di morti diretti, cioè deceduti a causa delle armi utilizzate nelle guerre, ossia violenza diretta e altrettante persone decedute per epidemie, esodi forzati di massa, inquinamento di grandi territori, carestie: quindi l’equivalente di un genocidio e di una ecatombe equiparabili a quelli della seconda guerra mondiale 1939/1945. Ma tutte le istituzioni e i politici di governo parlano invece di settant’anni di pace.Gaia Rivista dell'Ecoistituto del Veneto Alex Langer

Secondo l’opinione dello scrittore Maurizio Marchi, attivista di Medicina Democratica, ampiamente condivisa da tutti noi ecopacifisti per il disarmo nucleare unilaterale e per l’abolizione degli ordigni di distruzione di massa soprattutto nucleari, la guerra costituisce la “nocività assoluta” in quanto comporta i cosiddetti effetti collaterali sulle persone come la miseria, la malnutrizione e la fame, che conducono alla morte per stenti. Il presidente Mattarella nell’aprile 2019 in occasione del settantennale della fondazione della Nato, afferma che quest’istituzione ha garantito settant’anni di pace. Questa è un’affermazione basata su un dato falso. È un sillogismo errato. La Nato ha garantito una finta stabilità, un assetto sicuro, una pace surrettizia a una piccola parte dell’umanità ossia all’umanità che sta sotto l’egida della Nato, i paesi europei e la Turchia. Al contrario, ben 6 miliardi di persone sono vittime e hanno subito guerre atroci e devastanti e fatali. Le malattie più diffuse e connesse alla guerra possono essere anche semplici stati di raffreddamento, semplici disagi e banali patologie. Infatti quando i bambini e anche gli adulti sono malnutriti, addirittura il freddo e i virus presenti nell’aria possono essere letali. Oltre alle morti per violenza armata, le guerre distruggono e annientano l’ecosistema, l’ambiente e la salute delle popolazioni e degli stessi militari. Infatti sulle vittime da uranio impoverito, possiamo segnalare lo studio dell’epidemiologo Valerio Gennaro “incidenza di tumori maligni 1996-2012 in giovani militari italiani inviati in missione all’estero. Analisi preliminare dei dati della commissione parlamentare di inchiesta su uranio impoverito e vaccini” che quantifica molteplici, addirittura migliaia, casi di tumore. Il dato andrebbe esteso a tutti i militari, di qualsiasi nazionalità, coinvolti nelle guerre più recenti, in particolare in Jugoslavia, in Libia e soprattutto alle persone che hanno subito bombardamenti con questi proiettili devastanti e letali. Si contano un centinaio di migliaia di casi di tumori e altre patologie. Inoltre, interi territori sono dichiarati inagibili per le sostanze tossiche dei bombardamenti. Lo spargimento di altre sostanze tossiche, radioattive e chimiche, come l’agente Orange in Vietnam e la raffineria di Belgrado, comportano e comporteranno altre centinaia di migliaia di malformazioni e vittime in tutto il mondo (Cfr. “Il problema del cancro a Gaza” di Filippo Bianchetti, medico di base, Varese; Flavia Donati, psichiatra e psicoanalista, Roma; Fiorella Gazzetta, medico di base, Varese; Laura Franceschini, psichiatra, Imperia; Loretta Mussi, medico in pensione; Rosa Raucci, Direttore Pronto Soccorso di Aversa; Khaled Rawash, medico di base e criminologo, Imperia; Khader Tamimi, pediatra di base, Rho (MI) https://www.peacelink.it/palestina/a/46319.html). Il calcolo e la stima delle vittime indirette è molto più difficile, perché quando il conflitto armato è terminato e non “fa più notizia” e si spengono i riflettori sulla popolazione civile, le sostanze tossiche, chimiche e radioattive, le carestie ed epidemie continuano a mietere vittime anche se non hanno più incidenza e rilevanza cronachistica dettata e riportata dai massmedia tradizionali. Le guerre in Africa hanno causato la morte di 5 milioni di bambini e di 3 milioni con meno di un anno di vita. Uno studio recente pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet, frutto della ricerca di un team guidato dal Dottor Eran Bendavid della Stanford University in California, nel settembre 2018, sostiene l’assoluta veridicità di questa situazione drammatica in Africa. Si possono stimare 24 milioni di vittime, morti indiretti e non solo bambini nel periodo del dopoguerra dal 1945 al 2015 in tutto il mondo. Questi dati drammatici e di tragica evidenza sono riportati all’attenzione di un pubblico più vasto e attento grazie al libro “Epidemiologia della guerra infinita” di Maurizio Marchi. 

“Epidemiologia della guerra infinita”  giugno 2019 https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/515601/epidemiologia-della-guerra-infinita-2/     82 conflitti in tempi “di pace” tra il 1945 e il 2015 con 24 milioni di morti diretti più almeno altrettanti per carestie, epidemie, esodi forzati di massa (profughi), inquinamento di immensi territori, 600 pagine

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