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Arrigo Boldrini: il comandante Partigiano Bulow

22 Gennaio 2008 – ci lascia il Partigiano Bulow.
22 Gennaio 2021 – è in vigore il TPAN, Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari.
Partigiani per la Pace.
Bulow nasce a Ravenna nel 1915 e muore a Ravenna il 22 gennaio 2008

Arrigo Boldrini: il comandante Partigiano Bulow

Arrigo Boldrini attuò la tesi della “pianurizzazione” nella lotta resistenziale: i partigiani si nascondevano in “buche” per poi compiere azioni dirette

Arrigo Boldrini - Partigiano Bulow

Articolo di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici

Bulow muore nella stessa data (il 22 gennaio) in cui nel 2021 entra in vigore, a livello mondiale, il TPAN – Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari, uno dei tanti tasselli del lungo lavoro e percorso della pace del XXI secolo che trova legittimazione nel grande periodo della lotta Resistenziale al più grande nemico dell’umanità: il nazifascismo.

Bulow muore in una data che quest’anno vedrà l’attuazione del grande progetto storico del diritto internazionale: l’abolizione degli ordigni di distruzione di massa nucleari.

Una autentica svolta per l’umanità, uno dei più grandi traguardi e successi del pacifismo mondiale.

Frutto di tutta quella lotta per la pace che i nostri grandi Partigiani hanno donato all’intera umanità con la Resistenza al nazifascismo e il loro importante impegno come partigiani per la pace durante il periodo postbellico e nella guerra fredda, impegno di cui tutti noi attivisti contro il nucleare, contro la guerra e per il disarmo siamo prosecutori e eredi.

Arrigo Boldrini al primo congresso ANPI:

“Noi vogliamo che questo primo congresso della resistenza dica all’Italia e a tutti i paesi che la battaglia antifascista deve continuare. Una battaglia contro chi minaccia le libertà individuali e collettive, chi discrimina i cittadini, chi sostituisce il diritto con la forza”.

Arrigo Boldrini, nome di battaglia “Bulow”, nato a Ravenna il 6 settembre 1915 è stato un partigiano e un politico italiano.

Nell’agosto 1943 aderì al clandestino Partito Comunista Italiano e, dopo l’8 settembre, fu tra i principali organizzatori della Resistenza in Romagna. L’11 settembre 1943, prese parte alla riunione fondativa della Resistenza romagnola, tenutasi all’Hotel Mare-Pineta di Milano Marittima dove propose per la prima volta la tesi della “pianurizzazione” della lotta armata.

La “pianurizzazione” si basava su una centrata analisi della società ravennate, secondo la quale i ceti contadini, operai, assieme ad alcuni ceti urbani, avrebbero potuto costituire una rete clandestina in grado di sostenere e proteggere i gruppi combattenti partigiani.

Bulow e i giovani

la Resistenza in pianura contrasta in parte con l’immagine tradizionale del partigiano in alta montagna che vive situazioni estreme derivante dai pericoli dell’ambiente e dei rastrellamenti. Una delle maggiori capacità di adattamento in un territorio – quello di pianura – che poteva rivelarsi una trappola furono le “buche”. Si trattava di vere e proprie grandi buche dove alcuni uomini si nascondevano durante il giorno – quando i partigiani erano maggiormente visibili – per uscire di notte e compiere attentati e sabotaggi.

Quindi la pianurizzazione fu una decisione all’inizio travagliata ma che alla fine si rivelò fondamentale nella vittoria finale quando la distanza dalle baite in alta montagna con l’insurrezione nelle città poteva essere eccessiva e causare ritardi pericolosi.

 

Il 12 settembre, un piccolo gruppo disarmato al comando di Boldrini attuò la prima azione partigiana nell’area ravennate, conosciuta come “la beffa di Savio”, riuscendo a trafugare un ingente quantitativo di armi travestendosi da militari.

Bulow, membro del gruppo di comando militare romagnolo del PCI, successivamente ufficiale di collegamento del CUMER (Comando Unico Militare Emilia-Romagna) e responsabile militare per il C.L.N. della zona di Ravenna, ebbe un ruolo di primo piano nel comando della 28ª Brigata Garibaldi “Mario Gordini”: le spiccate capacità di stratega e la sua teorizzazione della “pianurizzazione” della guerra partigiana (fino ad allora immaginata possibile solo sulle colline o sulle montagne) gli valsero il soprannome Bulow. Infatti, in una riunione, uno dei suoi compagni, Michele Pascoli, colpito da un suo piano strategico, esclamò in dialetto: “Mo’ chi sit, Bulow?” (“Ma chi sei, Bulow?”), alludendo al generale prussiano Friedrich von Bulow che sconfisse Napoleone a Waterloo.

Bulow partecipò in concorso con le forze alleate ed alle dipendenze del Gruppo di Combattimento “Cremona” del Regio Esercito al forzamento del fiume Senio ed alla conquista delle zone attorno al Delta del Po, fino alla definitiva capitolazione delle forze nazifasciste.

Arrigo Boldrini ha impersonificato i motivi etici e politici alla base della lotta della Resistenza italiana, costituendone uno dei più autorevoli e credibili rappresentanti a livello istituzionale: in questa veste, a partire dal 1947, rappresentò l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, quale Presidente Nazionale, della quale era Segretario nazionale dal primo congresso (1947) e poi Presidente fino al quattordicesimo (2006), nel quale fu proclamato per acclamazione Presidente Onorario.

Bulow e la speranza: memoria e futuro

Muore a Ravenna il 22 gennaio 2008.

Bulow, riuscì a realizzare un’esperienza quasi unica di lotta partigiana in pianura conquistando con i suoi partigiani il sostegno di centinaia di famiglie contadine, di operai, braccianti, settori del ceto medio urbano, gruppi di studenti ed intellettuali, alcuni sacerdoti e tanti ex militari. Molte azioni furono condotte in modalità non violenta, senza l’utilizzo di armi. Uomo di provata moderazione, fu sempre impegnato a porre freni agli eccessi d’ogni genere in guerra e nella vicenda politica post-bellica. Reiteratamente accusato da ambigui detrattori di qualche responsabilità in una tragica vicenda di fine guerra, non venne mai soggetto ad alcun procedimento giudiziario perché estraneo a queste illazioni.

Bulow fu membro dell’Unione Europea Occidentale e pieno sostenitore della coesistenza pacifica, dell’integrazione europea oltre che dello sviluppo della democrazia e delle libertà in Italia, in tutta Europa ed in quei Paesi oppressi da regimi dittatoriali e coloniali. Convinto sostenitore dell’inscindibilità del nesso fra democrazia e socialismo, in tempi assai precedenti la caduta del muro di Berlino, ebbe il coraggio politico di affermarlo in casa loro con gli establishment sovietici, cubani, cecoslovacchi, polacchi, ungheresi, cinesi e jugoslavi. Aiutò la resistenza portoghese, spagnola, cilena, greca, argentina, uruguaiana, iraniana contro le rispettive dittature. Sostenne la causa indipendentista algerina (fu a Tunisi) e vietnamita (fu ad Hanoi) e quella nazionale curda, di Mandela e palestinese.

Nel corso della sua lunga esperienza parlamentare, quale Padre costituente, si batté sempre per l’applicazione della Costituzione, difendendola in più fasi come ai tempi della grave crisi politico-istituzionale del 1960, del cosiddetto tentativo di colpo di Stato del 1964 e del terrorismo politico degli anni ’70 e ’80.

Il testamento ideale di Bulow può essere riassunto con le sue stesse parole: “Abbiamo combattuto per la libertà di tutti; per chi era con noi, per chi non c’era ed anche per chi era contro. Tutti i morti meritano rispetto ma non si possono confondere i combattenti della libertà e quanti scelsero la dittatura”.

Parole chiave: anpiresistenzapartigianiantifascismo

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