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Abbasso la guerra: una mostra itinerante che da dieci anni diffonde la cultura di pace

di Laura Tussi (sito)

Dal 2013 la mostra “Abbasso la guerra. Persone e movimenti per la pace dall’800 ad oggi” viaggia in giro per l’Italia mostrando e diffondendo la cultura della pace e della nonviolenza. Un’iniziativa preziosa che si rivolge soprattutto ai più giovani per costruire un pensiero e un’azione alternativi al preoccupante militarismo che sta dilagando in questa epoca storica.

di LAURA TUSSI

È cominciato tutto a Trento nell’aprile 2013, per poi proseguire nel corso degli anni con esposizioni in scuole, biblioteche, teatri, musei, festival, piccoli e grandi centri e manifestazioni varie, spesso arricchite con presentazioni di libri, dibattiti e incontri, conferenze, teatro, film. Prodotto di lunghe ricerche, la mostra Abbasso la guerra. Persone e movimenti per la pace dall’800 ad oggi illustra con testi, immagini e documenti il multiforme impegno spontaneo e organizzato di persone, movimenti, associazioni contro la guerra, la cultura della guerra e la subcultura guerresca e militarista.

Una documentazione in gran parte inedita fa vivere, tra emozione e ragione, le voci e le istanze dei movimenti pacifisti italiani e internazionali e dell’opposizione popolare alla guerra. Il curatore di Abbasso la guerra. Persone e movimenti per la pace dall’800 ad oggi è il professor Francesco Pugliese, che è anche autore della ricerca e dell’omonimo libro-catalogo. Scene di moltitudini, eroi solitari e profeti inascoltati, tra utopia e realismo: fuori la guerra dalla storia. L’unica speranza per l’umanità.

Il progetto mira a sostenere la memoria storica dell’opposizione e degli oppositori agli armamenti e alla guerra – “pazzia bestialissima”, scrisse Leonardo –, a sensibilizzare sui temi della pace e dell’educazione alla pace e a propugnare culture, coscienze e pratiche pacifiche e nonviolente a tutti i livelli per un rinnovato impegno di massa per il disarmo.

Ma si attiva anche per difendere il ripudio della guerra scolpito nell’articolo 11 della Costituzione italiana e sulla Carta delle Nazioni Unite e a ricordare le finalità di pace del processo di costruzione europea nel centenario della “inutile strage” [la prima Guerra Mondiale, ndr]. Lo fa proprio in un’epoca in cui folate di nazionalismo e smarrimenti delle finalità originarie percorrono preoccupanti il vecchio continente e il sogno dell’ONU di “salvare le future generazioni dal flagello della guerra” attraversa uno dei suoi momenti più critici.

La mostra è stata ideata per il centenario della Prima Guerra Mondiale, il 70° anniversario della Liberazione e delle tragedie di Hiroshima e Nagasaki e il 60° anniversario del manifesto Einstein-Russell: “Ricordate la vostra umanità e dimenticate tutto il resto. Questo dunque è il problema che vi presentiamo, netto, terribile e inevitabile: dobbiamo porre fine alla razza umana oppure l’umanità dovrà rinunciare alla guerra?”, recita il documento pubblicato dai due studiosi a Londra il 9 luglio 1955.

“Una mostra importante perché restituisce dignità al movimento pacifista e alle sfide che questo ha posto e affrontato negli ultimi 150 anni – scrive Francesco Penzo –, perché racconta una storia in cui in tanti e tante cittadini si riconoscono, perché pone sul tavolo molte questioni ancora aperte legate al disarmo, alla nonviolenza, alla prevenzione dei conflitti”.

Poiché le guerre nascono nella mente degli uomini, è nella mente degli uomini che devono essere costruite le difese della pace

«La guerra è follia», ha gridato Papa Francesco a Redipuglia. Follia che dilaga nel mondo e produce stragi e orrore, miseria e profughi e cancella i diritti umani. I poteri forti investono nella guerra il 13,4% del Pil mondiale (Iep). La guerra brucia l’ambiente e accresce le diseguaglianze. È una follia alimentata dall’industria e dal commercio di armi, sempre più floridi – si è registrata una crescita dell’8,6% nel 2016. Una nuova pazzesca corsa al riarmo è partita, l’incubo atomico angoscia l’umanità, si investono somme ingenti per costruire e mantenere arsenali nucleari che già potrebbero distruggere la Terra molte volte. Tutto ciò mentre 800 milioni di esseri umani soffrono la fame e oltre un miliardo di persone vivono con appena un dollaro al giorno.

Oggi più che mai è il momento di rinforzare il rifiuto della guerra, come è avvenuto dopo la seconda guerra mondiale. C’è bisogno di nuove ondate di mobilitazioni popolari contro il mostro bellico, di rinnovata e coerente lotta per la pace, dell’impegno di ognuno perché ognuno può fare qualcosa. La mostra Abbasso la guerra ha ricevuto l’alto patrocinio del Parlamento europeo e quello della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, ha l’adesione del Museo Storico e del Forum Pace del Trentino e di vari altri enti, associazioni, Regioni, Comuni, scuole.

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L’esposizione si compone di 24 pannelli di 70×100 centimetri e la sua struttura e i contenuti divulgativi che offre sono rivolti in particolare alle scuole. L’ultimo pannello della mostra riporta le parole dell’Unesco: “Poiché le guerre nascono nella mente degli uomini, è nella mente degli uomini che devono essere costruite le difese della pace”. Questa frase è stata incisa sul marmo davanti a una scuola di Pienza, in Toscana.

“Tanto bella che dovrebbe essere permanente”, ha scritto una visitatrice a Bologna. Durante le esposizioni di abbasso la guerra viene distribuito il libro-catalogo omonimo, “bellissimo, un vero tesoro per ognuno che si interessa alla storia del pacifismo”, lo ha descritto Werner Wintersteiner, direttore del Centro per la Ricerca sulla Pace e l’Educazione alla Pace dell’Università di Klagenfurt. I proventi della mostra sono destinati a Emergency e al Gruppo Missionario Merano per la realizzazione di un pozzo per acqua potabile in Africa.

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Spesa bellica: la preoccupante escalation e le reazioni del mondo pacifista

di Laura Tussi (sito)

La spesa bellica sta aumentando praticamente ovunque nel mondo e l’Italia non fa eccezione, con una percentuale pari all’1,54% del PIL, superiore alla media europea e in costante aumento. Un caso particolare è quello dell’acquisto di cacciabombardieri F35, che ha avuto però l’effetto positivo di stimolare la nascita di una campagna pacifista e antimilitarista che da anni porta avanti istanze fondamentali.

Le spese per gli armamenti e per la difesa in generale ammontano a molti miliardi ogni anno e cioè circa 26 miliardi di euro nel 2022 solo in Italia. Cifre colossali fornite da Sipri – l’Istituto Internazionale di Ricerca sulla Pace di Stoccolma – e da Milex – l’Osservatorio sulle Spese Militari Italiane – relative al 2022, che sono però in esponenziale incremento. Secondo i dati dell’autorevole istituto e dell’importante osservatorio, la spesa militare globale nel mondo continua ad aumentare nonostante la crisi.

ALCUNI DATI SULLA SPESA BELLICA GLOBALE

Il grafico delle spese militari nel mondo è in costante ascesa: secondo Sipri, sono stati raggiunti i 2113 miliardi di dollari nel 2021, con un +0,7% in termini reali rispetto all’anno precedente. I primi dieci Paesi per spesa militare coprono il 75% del totale degli investimenti bellici, con i soli Stati Uniti che contribuiscono per il 43% e più indietro, al secondo posto la Cina, mentre al terzo l’India.

Stati Uniti, Russia, Inghilterra, Francia, Cina, India, Pakistan e Israele posseggono insieme più di 25000 armi nucleari e di queste più di 5000 sono pronte all’uso e al lancio: abbastanza per distruggere più volte il nostro pianeta. Fra le potenze che stanno aumentando più rapidamente il budget destinato al comparto bellico c’è la Russia, che nel 2021 lo ha incrementato del 2,9%, portandolo al 4,1% del prodotto interno lordo complessivo.

L’ITALIA E GLI F35

Per quanto riguarda il nostro paese, un caso interessante da analizzare è quello dell’acquisto degli F35. L’F35 è un cacciabombardiere d’attacco al suolo e come tale contrasta con un modello di difesa basato sulla difesa stessa e non sull’offesa, quale dovrebbe essere quello italiano, come sancisce anche la Costituzione repubblicana all’articolo 11. Questo tipo di cacciabombardiere è atto al trasporto delle famigerate e mortifere bombe termonucleari NATO B61-12.

Inoltre è esorbitante la cifra che l’Italia spende per l’acquisto di questi mostri da guerra: 15 miliardi di euro per 90 di questi apparecchi e il numero è stato ridotto nel 2012 grazie alle proteste e alla mobilitazione nate nel paese rispetto ai 131 cacciabombardieri F35 iniziali. Ma pur sempre una follia. Una spesa enorme e esorbitante, soprattutto in tempi di crisi e quando si taglia la spesa pubblica per sanità, servizi sociali, scuole, per i più deboli, per i malati. 

Il sostegno politico è fondamentale ma non basta, perché risulta necessaria la partecipazione cosciente dei cittadini

È stato calcolato che con la spesa per gli F35 si potrebbero costruire 4500 nuovi asili nido, acquistare 10 milioni di pannelli solari per dare energia pulita a tutto il paese, costruire 50 ospedali, mettere in sicurezza anche antisismica 12mila scuole, e quindi creare 100mila posti di lavoro a fronte di circa ottocento che si dovrebbero creare con il progetto F35. 

LE PROTESTE DEL MONDO PACIFISTA

È dal 2005 che i pacifisti denunciano l’assurda follia di queste spese. Nel 2007 a Novara è nato un coordinamento di associazioni e organismi impegnati a contrastare l’assemblaggio dei cacciabombardieri nell’aeroporto militare di Cameri, vicino alla città. Si tratta di un coordinamento fondato sull’antimilitarismo e sull’autonomia dei soggetti istituzionali e varie sono state le iniziative di opposizione attivate. Come un corteo a Novara con oltre mille partecipanti e una due giorni di dibattito contro il militarismo e contro l’industria degli armamenti.

Nel tempo sono stati organizzati altre grosse iniziative che hanno coinvolto il mondo nonviolento e la società civile, come una marcia da Novara all’aeroporto di Cameri, un presidio a Torino, l’invio di una lettera aperta al prefetto di Novara. Contro il progetto F35 si è schierata anche la diocesi di Novara. Recentemente alcuni organismi come la Tavola della PaceUnimondoSbilanciamoci e altri ancora hanno promosso una campagna nazionale parallelamente a una giornata che si celebra ogni 25 febbraio con iniziative in molte città italiane e la raccolta di firme contro il progetto F35.

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Umberto Veronesi

Contro il progetto F35 si è schierato addirittura l’oncologo Umberto Veronesi, che sulla Repubblica dell’agosto 2010 ha scritto: “Come iniziatore del movimento Scienza per la pace e soprattutto come uomo che ha vissuto la guerra, mi sono sentito in dovere di presentare in Senato una mozione – avanzata dalla Rete italiana per il disarmo – per fermare il progetto, a cui partecipa il nostro paese, per la realizzazione di 2700 cacciabombardiere Joint Strike Fighter F35 a un costo complessivo stimato di 250 miliardi di dollari”. La mozione è stata sottoscritta da 27 senatori e da 16 deputati. Il sostegno politico è fondamentale ma non basta, perché risulta necessaria la partecipazione cosciente dei cittadini che hanno il diritto e il dovere di sapere.

Il bilancio della difesa per la “guerra impossibile” è di 28,7 miliardi di euro. Inoltre, l’Italia destina alla spesa bellica l’1,54% – contro una media europea dell’1,3% – del prodotto interno lordo e prevede di raggiungere entro il 2028 una quota del 2%, mentre investe una percentuale inferiore, ad esempio, nella ricerca scientifica – 1,4% del PIL, contro una media europea del 2,1%. In un simile quadro risultano dunque fondamentali non solo l’azione dei movimenti pacifisti, ma soprattutto la presa di coscienza da parte dell’opinione pubblica, della quale facciamo parte tutti noi.

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Tempi di Fraternità – Nonviolenza in azione. Iniziative e protagonisti

di Laura Tussi (sito)

Grazie al libro da poco pubblicato, dal titolo “Nonviolenza in azione”, ci è possibile ripercorrere la storia antica e moderna andando a conoscere da vicino i protagonisti e le protagoniste della nonviolenza. Diversi continenti e storie con un grande comun denominatore: la speranza concreta di poter vivere in un mondo senza violenza e abusi.

di LAURA TUSSI

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L’ultimo libro di Gaia – Rivista dell’Ecoistituto Alex Langer e del suo Direttore Michele Boato dal titolo Nonviolenza in azione traccia accuratamente e in modalità molto pertinenti i ritratti di oltre un centinaio di persone che con le loro idee e soprattutto con le azioni concrete in cui si incarna la nonviolenza, dimostrano che anche le più difficili situazioni possono essere affrontate e risolte applicando metodi nonviolenti, con creatività, coraggio e coerenza. Un libro che si può ben ricollegare al saggio Resistenza e nonviolenza creativa (Mimesis Edizioni) come prosecuzione analitica diretta e ulteriore approfondimento.

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La prima parte del libro di Michele Boato prevede la descrizione dell’emergere di azioni nonviolente dall’antichità ai nostri giorni, dove la trattazione comincia dalla storia di Hatshepsut, regina d’Egitto, che attiva trattati commerciali e non guerre nonostante i primi scioperi degli schiavi egizi, fino ad arrivare, con un salto storiografico, alla plebe romana che non collabora con il potere e agisce tramite la non collaborazione e compie uno scacco al predominio dei Patrizi.

E i fratelli Gracchi con la riforma agraria e in seguito Gesù di Nazareth con la verità disarmata che vince la violenza. I primi cristiani che sono obiettori al servizio militare. E ancora sono analizzate due figure emblematiche della nonviolenza attiva come Francesco e Chiara d’Assisi e poi da distanze storiche e spazio-temporali Bartolomeo de Las Casas e i gesuiti antirazzisti in Paraguay.

E ancora l’epopea dei quaccheri e la nonviolenza nei primi anni di lotta per l’indipendenza americana e gli scioperi operai dell’ottocento e quelli antifascisti e antinazisti e gli anni ‘70 in Italia e nel mondo. Di seguito, nella seconda parte, un’intensa trattazione contro le guerre mondiali e le dittature nazifasciste: da Remigio Cuminetti con i testimoni di Geova quali primi obiettori, da Leone Tolstoj con la teoria della non resistenza a Rosa Luxemburg con il motto rimaniamo umani e Demoghela, il reggimento che non voleva combattere.

Le figure maschili e femminili della storia della nonviolenza sono state troppo spesso cancellate dalla narrazione ufficiale

Di seguito, come proseguimento storiografico, Giacomo Matteotti un faro per la resistenza al fascismo e come approfondimento storico la resistenza nonviolenta in Norvegia fino all’occupazione nazista e alla resistenza nonviolenta in Danimarca. Poi si giunge alla contemporaneità con Tina Anselmi una vita per la giustizia e la libertà e Tina Merlin Partigiana, giornalista e al fianco della gente. Giorgio Perlasca è il giusto tra le nazioni.

Si analizza la figura di Simone Weil filosofa libertaria e operaia e partigiana, per poi trattare di Hanna Arendt contro ogni totalitarismo. La terza parte vede un approfondimento contro la guerra nucleare e tutte le guerre da Bertrand Russell e Einstein con l’appello famoso e celebre contro l’ecatombe nucleare. E in seguito Aldo Capitini dall’antifascismo alla nonviolenza con la prima marcia per la pace Perugia Assisi e poi ancora Pietro Pinna che apre le strade all’obiezione di coscienza.

Vengono menzionati inoltre i Nonviolenti in Italia: il MIR, Regis, Salio, i Marasso, il movimento nonviolento, Valpiana, Sini, Marescotti. La trattazione poi si concentra su Carlo Cassola isolato dal mondo della Cultura e dall’establishment dell’epoca a causa della sua Lega per il disarmo unilaterale e Giorgio La Pira non solo ‘sindaco santo’. In seguito Lorenzo Milani e Ernesto Balducci per cui l’obbedienza non è più una virtù e la lunghissima lotta per la legge sull’obiezione di coscienza e ancora i beati i costruttori di pace con Albino Bizotto, Lisa Clark, Alex Zanotelli.

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Alex Langer, una vita per la convivenza dal sud Tirolo all’ex Jugoslavia. Vengono menzionati i portuali di Genova e La Spezia che si rifiutano di imbarcare armi di sterminio e il colonnello sovietico Stanislav Petrov che salva il mondo dall’apocalisse nucleare negli anni ’80, in piena guerra fredda. La quarta parte prevede la trattazione della nonviolenza nei paesi dell’Est, con il 1989, anno dell’abbattimento del muro di Berlino, crepa determinante nell’impero sovietico. E Gorbaciov, con la fine dell’Unione Sovietica, proiettato verso prospettive antitotalitarie e per il disarmo nucleare mondiale e universale.

La quinta parte vede la nonviolenza contro il colonialismo e il razzismo, da Gandhi per giungere al periodo contemporaneo e di stringente attualità dell’Italia antirazzista che vede, tra le altre e gli altri, le personalità più attive: Gino Strada e Carola Rakete.
In Italia Gino Strada ha posizioni critiche verso tutti i governi e la Nato con gli Stati Uniti per il loro sostegno alle guerre e addirittura per la partecipazione diretta in vari conflitti recenti – Afghanistan, Iraq, Serbia – e per l’aumento delle spese militari e le politiche sull’immigrazione con respingimenti al limite del crimine.

In particolare critica la partecipazione dell’Italia all’intervento Nato in Afghanistan valutata da Strada e da Emergency, che vi opera, come una barbarie contro la popolazione afghana in aperta violazione dell’articolo 11 della Costituzione italiana. Intervento spinto da interessi economici. La posizione di Gino Strada è un esempio di pacifismo radicale.

Con la sesta parte viene trattata dall’autore del libro la nonviolenza per i diritti civili, la democrazia e contro la mafia: da Peppino Impastato a Danilo Dolci il Gandhi italiano ad Angelo Vassallo a Rigoberta Menchù la pasionaria degli indios del Guatemala. Questo saggio tratta di conflitti militari, politici, economici e sociali (nel prossimo volume, nel 2023, la difesa dell’ambiente), avvenimenti di grandissimo valore ma quasi conosciuti, assenti o minimizzati da quasi tutti i libri di storia.

Si parte da millenni fa per arrivare ai nostri giorni, con figure maschili e molte femminili, troppo spesso in ombra, cancellate dalla storia ufficiale, che ricorda quasi solo sovrani, condottieri, filosofi, politici e artisti maschi.

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Rassegna stampa – Recensioni Laura Tussi del libro Nonviolenza in azione

1.Recensione su PRESSENZA https://www.pressenza.com/it/2022/12/nonviolenza-in-azione-iniziative-e-protagonisti/

2.sul blog MADRUGADA – MACONDO. https://madrugada.blogs.com/il-mio-blog/2022/12/nonviolenza-in-azione-iniziative-e-protagonisti.html

3.Sul nuovissimo sito Kulturjam. https://www.kulturjam.it/editoria-narrazioni/la-nonviolenza-in-azione-di-michele-boato/

4.su HUBZINE ITALIA https://hubzineitalia.com/2022/12/27/nonviolenza-in-azione-iniziative-e-protagonisti/

5. su SOCIALE.NETWORK https://sociale.network/@laura/109586957988206832

6.sul portale PER UN’ALTRA CITTA’ https://www.perunaltracitta.org/homepage/2022/12/22/nonviolenza-in-azione-iniziative-e-protagonisti-di-michele-boato/

7.su NUOVA RESISTENZA: https://www.nuovaresistenza.org/2022/12/nonviolenza-in-azione-iniziative-e-protagonisti-kronos-pro-natura/?fbclid=IwAR39L2xSjXnRG-3JdRaFXIj5n3pAJV1zGmTDdTh2KDyWK_-cy8QI7HwPOgc

8.su AgoraVox un sito molto visto. https://mobile.agoravox.it/Nonviolenza-in-azione-Iniziative-e.html

9.su TEMPI DI FRATERNITA’ https://www.tempidifraternita.it/public/pace/PHPLaura269.htm

10.su ARCOIRISTV https://www.arcoiris.tv/lettere/author/Laura%20Tussi/?fbclid=IwAR3nU6vuPd-aca21S9Z91cjX04aRaG8G8WznbYwopGe-U4EMEynYDzIWaB4

11.sul sito ITALIA CHE CAMBIA https://www.italiachecambia.org/2022/12/nonviolenza-iniziative-libro/

12.su Libero libro che presto inserisce il link per l’acquisto. https://www.liberolibro.it/michele-boato-nonviolenza-in-azione/

13.su UNIMONDO FACEBOOK https://www.facebook.com/page/283827853767/search?q=nonviolenza%20in%20azione

14.rivista online Il Sole di Parigi https://www.ilsolediparigi.it/2022/12/16/nonviolenza-in-azione-iniziative-e-protagonisti/

15.Il Sesto Sole https://mail.google.com/mail/u/0/?tab=rm&ogbl#inbox/WhctKKXpQbFlHrNncHpbjWWtxncQWkRPSmpxwpQPZqBCJSPWmtBBSJFSmkXXPShBsXKNfJg?projector=1&messagePartId=0.1

16.rivista Eco https://rivistaeco.it/la-nonviolenza-ha-una-storia-lunga/

17.Peacelink https://sociale.network/@peacelink

18. Rete ambientalista di Lino Balza https://www.rete-ambientalista.it/2023/01/07/lultimo-libro-di-gaia-rivista-dellecoistituto-alex-langer/

19. Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo https://www.atlanteguerre.it/nonviolenza-in-azione-iniziative-e-protagonisti/

20. Tempi di Fraternità – versione cartacea, n. marzo 2023

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La guerra in ex Jugoslavia: dagli errori dell’ONU alle difficoltà del mondo del pacifismo

di Laura Tussi (sito)

Dall’alveo di un fiume di sangue che per una decade ha bagnato il cuore dell’Europa e che ancora oggi non si è del tutto prosciugato, affiorano tutte le contraddizioni sollevate dalla guerra in ex Jugoslavia. Dalla politica militare della Nato ai razzismi e ai sovranismi, dai gravi errori della nascente Unione Europea e dell’ONU alla crisi dei movimenti pacifisti, proviamo a ripercorrere quegli eventi tragici.

Scritto da: LAURA TUSSI

Anni di terrore, morte, rovine, indicibili crudeltà nel cuore dell’Europa. Anni di inferno, stragi, stupri, pulizia etnica, assedi, distruzioni. Un campionario di atrocità sconvolgente ancora adesso. Centinaia di migliaia di morti. Milioni di profughi. Un numero impressionante di feriti e mutilati. Scheletrite le case e le chiese. Martirizzati il territorio e l’ambiente. Maledetta, sporca guerra. Stupido trionfo dell’irrazionalità: il decennio di distruzione sanguinosa dell’ex Jugoslavia che va dal 1990 al 1999 e oltre.

Sono anni esplosivi. La guerra tra Croazia e quel che resta della federazione jugoslava dilagano sempre più feroci. Anche la Bosnia dichiara l’indipendenza, confermata dal referendum del marzo 1993. Ma la componente serba della popolazione non riconosce validità al referendum e subito la parola passa alla violenza e alle armi. La ferocia della violenza e della guerra raggiunge manifestazioni inimmaginabili. Le milizie serbo-bosniache assediano Sarajevo e sarà una lunghissima occupazione: anni terribili per la popolazione civile.

L’IMPOTENZA DELL’ONU

L’ONU interviene con varie risoluzioni e invia i caschi blu. I cessate il fuoco non sono rispettati e i piani di pace falliscono. Le tregue si rompono. Nel 1993 un accordo pone termine allo scontro in Bosnia tra croati e musulmani e la Nato bombarda i serbi. Nel maggio 1995 la Croazia riconquista la Slovenia e i serbi bombardano Zagabria. Inizia il massacro di Srebrenica, città musulmana conquistata dai serbi con i caschi blu impotenti e inadeguati.

La Croazia torna all’attacco dei serbi che in massa abbandonano la regione. La Nato torna a bombardare i serbi. Inizia il cessate il fuoco che regge fino alla pace di Dayton negli Stati Uniti e alla firma a Parigi. All’inizio del 1998 sale pericolosamente la tensione in Kosovo. La violenza esplode con gli scontri di Drenica. Cresce l’influenza dell’UCK e gli scontri con l’esercito serbo si susseguono. Falliscono le mediazioni degli inviati USA e fallisce il vertice del febbraio 1999.

I BOMBARDAMENTI NATO

La Nato inizia i molto discussi bombardamenti contro la Serbia. Anni di tregue non rispettate e di piani di pace mai attuati, di trattative infinite e inconcludenti e di giochi diplomatici, accompagnati dall’uso spregiudicato dei media. È un stupida guerra, l’ennesimo raccapricciante esempio della stupidità della guerra. Ennesima rappresentazione della sua inutilità per risolvere i problemi. Perché nessun problema fu in grado di risolvere.

Guerre tra Stati? Guerre etniche? Guerre di indipendenza? Guerre umanitarie? Guerre di bande? Guerre religiose? Tante interpretazioni e tante letture, ma una sola realtà: fu un orribile macello. Un inferno. E tanti tuttora gli enigmi. Una aggrovigliatissima matassa, ma intrecciata con un solo filo, quello della violenza. https://10b33366882ffdff0f22982943dd790e.safeframe.googlesyndication.com/safeframe/1-0-40/html/container.html

LE ATROCI SORTI DI FINE NOVECENTO

Il novecento si chiudeva così in un bagno di sangue nell’Europa nata sulle ceneri della seconda guerra mondiale, scoppiata – ha detto qualcuno – per impedire guerre future. Le granate colpivano anche le speranze di un’Europa senza massacri, faro e fucina di pace. Cause complesse e un concorso di fattori hanno determinato la spirale che è strutturata nel sangue della ex Jugoslavia.

Ma le responsabilità del nazionalismo sono apparse e appaiono evidenti e primarie. Un nazionalismo estremo. Un nazionalismo separatista e intriso di militarismo. Estremizzazione rozza della dottrina fondata sull’attaccamento alla propria nazione e a tutto ciò che gli appartiene in modo acritico, divenuto quindi idea e guida, valori e metro di giudizio, misura di comportamenti, di fiducia e sfiducia.

GLI ERRORI DELL’EUROPA E DELL’ONU E LA DURA PROVA DEL PACIFISMO

Il dramma jugoslavo mise a dura prova l’Europa della Cee e la nascente Unione Europea. Non riusciva l’Europa ad avere una politica comune e ferma e agiva in ordine sparso, incapace di unità, e fu vittima di rigurgiti delle politiche delle zone di influenza. L’ONU visse uno dei periodi più critici della sua non facile vita, mostrando limiti e inadeguatezze. Ma non solo per sua responsabilità. La sua emarginazione assunse forme molto evidenti, soprattutto per la politica della superpotenza americana che praticava un nuovo interventismo unilaterale e spingeva la Nato oltre i propri confini, trasformando l’alleanza difensiva in offensiva. Un nuovo ruolo, negli anni successivi, variamente teorizzato, giustificato e praticato.

Cause complesse e un concorso di fattori hanno determinato la spirale che è strutturata nel sangue della ex Jugoslavia

Il diritto internazionale subì colpi violenti e con conseguenze inimmaginabili negli anni a venire. Dura anche la prova per il variegato mondo del pacifismo, che non riuscì a creare mobilitazioni di massa ampie come in altre occasioni. Ma si spese molto, cercava di capire, cercava di rompere il muro dell’indifferenza e di assuefazione alla carneficina in atto nel cuore dell’Europa. Cercava di sollecitare e proporre idee e azioni concrete. Soprattutto le associazioni, gli organismi attivi storicamente nel pacifismo e tanti altri enti nati appositamente si impegnarono in un intenso intervento umanitario per aiutare concretamente le popolazioni civili.

Bibliografia di approfondimento

  • Bobbio Norberto, Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino, Bologna 2009
  • Mastrolilli Paolo, Lo specchio del mondo. Le ragioni della crisi dell’ONU, Laterza, Roma 2005
  • Mini Fabio, Perché siamo così ipocriti sulla guerra? Un generale della Nato racconta, Chiarelettere, Milano 2012
  • Pugliese Francesco, Abbasso la guerra. Persone e movimenti per la pace dall’800 a oggi, Grafiche futura, Mattarello – Trento

Fonti analitiche

  • Gagliano Giuseppe, Studi politico-strategici. La conflittualità non convenzionale nel contesto delle ideologie e dei movimenti antagonisti del novecento, Vol. II, edizioni New Press – Como, I Edizione 2007
  • Pugliese Francesco, Carovane per Sarajevo. Promemoria sulle guerre contro i civili, la dissoluzione della ex Jugoslavia, i pacifisti, l’ONU (1990-1999). Prefazione: Lidia Menapace. Introduzione: Alessandro Marescotti, Alfonso Navarra, Laura Tussi

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Il dialogo per la pace tra educazione e politica

di Laura Tussi (sito)

Il dialogo per la pace tra educazione e politica -.-

Presentazione dei saggi di LAURA TUSSI -.-

Libri Mimesis Edizioni -.-

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Con

Giorgio CREMASCHI,

Fabrizio CRACOLICI,

Ennio CABIDDU -.-

Lunedì 6 marzo 2023 ore 21

Diretta FACEBOOK MSGSV Foppette https://fb.me/e/2I6Y0E7cz

In Italia abbiamo una settantina di bombe atomiche a Ghedi vicino a Brescia e ad Aviano in provincia di Pordenone e sono adesso rimpiazzate dalle nuove e più terribili e sofisticate e mortifere bombe nucleari: le B 61-12.

E dobbiamo reagire non con la violenza, ma con la “nonviolenza creativa” cioè una nonviolenza che trova gli strumenti per dire no.

Per dire basta.

Significa disobbedienza civile, manifestazioni, e trovare tutte le strade che abbiamo per forzare tutti i poteri forti oggi a smetterla con questo pericolo nucleare. Ecco il lavoro che tocca a noi fare.

In collegamento con Mondo Senza Guerre e Senza Violenza – Argonauti per la Pace

In STREAMING su Facebook @MSGSV Foppette

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La memoria storica, chiave per un’utopia realizzabile fondata su pace, convivenza e interculturalità

di Laura Tussi (sito)

Moni Ovadia e Laura Tussi per il 25 Aprile

Dal ricercatore Fabrizio Cracolici all’attore e scrittore Moni Ovadia, passando per Alex Zanotelli, Vittorio Agnoletto e tanti altri. Sono numerosi i protagonisti e le protagoniste di un percorso di divulgazione e diffusione di una cultura della pace che va avanti da anni con l’intento di gettare le basi per un mondo migliore, un’utopia realizzabile. La chiave di volta per riuscirci? La memoria.

Era l’aprile del 2009 con Fabrizio Cracolici e in collaborazione con la biblioteca e la giunta del Comune di Senago, un paese dell’hinterland milanese, abbiamo presentato il mio primo libro dal titolo Memorie e Olocausto con Moni Ovadia, che nell’occasione ha devoluto tutta la sua spettanza agli operai dell’azienda Metalli Preziosi, una fabbrica locale che ha chiuso i battenti per fallimento. In quell’occasione Ovadia ha pronunciato parole molto forti e dure, ma al contempo incoraggianti per tutti gli operai licenziati in tronco presenti e anche per la sottoscritta, allora giovane studentessa.

Con quell’evento ha avuto inizio il nostro impegno pubblico in collaborazione con Fabrizio Cracolici. Anche Moni Ovadia ci ha spronato a declinare in pubblico i contenuti e gli alti ideali dei nostri scritti e dei nostri saggi e a organizzare sempre presentazioni pubbliche come poi così è stato fino ad ora.

DIVULGARE VALORI

Inizialmente con il partigiano e deportato Emilio Bacio Capuzzo – che ha vissuto in prima persona la resistenza,la deportazione e l’antifascismo e che ci ha lasciati all’età di 91 anni nel 2017– abbiamo portato la nostra testimonianza diretta e indiretta in molte sezioni dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e ovunque vensse richiesto il nostro supporto politico, sociale e culturale.

Con Fabrizio dal 2009 abbiamo scritto molti libri per la Mimesis Edizioni e in tutto questo tempo abbiamo organizzato e siamo stati protagonisti di oltre 500 iniziative. Nel nostro percorso di nonviolenza attiva abbiamo incontrato molte persone amiche e anche personalità con cui continuiamo a collaborare, da Antonio Pizzinato a Andrea Gallo a Alex Zanotelli, da Vittorio Agnoletto a Giorgio Cremaschi a Maurizio Acerbo a Paolo Ferrero e molti altri ancora. Non ci stanchiamo mai di portare tra la gente un messaggio di speranza per un mondo migliore anche se la congiuntura attuale è davvero pessima e addirittura tragica e siamo a solo 90 secondi dalla mezzanotte nucleare.

Ma noi continuiamo imperterriti nel nostro impegno, nella nostra azione nonviolenta e disarmista. E continuiamo a annunciare l’importanza del diritto internazionale per il disarmo nucleare universale insieme alla campagna internazionale Ican per l’abolizione degli ordigni e delle armi di distruzione di massa nucleari e per il disarmo nucleare universale, che è stata insignita del premio Nobel per la pace nel 2017. A questa rete internazionale sono affiliate una decina di associazioni per la pace sul territorio italiano e almeno 500 realtà impegnate per la nonviolenza e per il disarmo in tutto il mondo.https://www.youtube.com/embed/_bmoexX7xSA

L’IMPORTANZA DELLA MEMORIA

Con Moni Ovadia, durante la presentazione del 2009, pronunciai queste parole: «Attualmente risulta necessaria un’innovativa grammatica mentale per costruire la convivenza planetaria in dimensione interculturale. Sono sempre stata motivata dalla ricerca, dalla divulgazione culturale per l’importanza del valore educativo, per la trasmissione di contenuti significativi alle giovani generazioni, seguendo i miei maestri, gli intellettuali, come il mio caro amico Moni Ovadia, sempre attivo civilmente e moralmente, politicamente, in strenue battaglie sociali di verità, giustizia e libertà».

Noi riteniamo infatti che lo studio e la crescita culturale abbiano una validità morale ed educativa quando posti al servizio degli altri, per i principi sociali, etici e civili, per i diritti universali imprescindibili della persona, sanciti dalla carta costituzionale democratica. Nel sistema formativo inteso come ideale comunità educante, l’impegno culturale della testimonianza, del ricordo, della narrazione, del racconto e del recupero e della trasmissione del valore di memoria storica, individuale, collettiva e mai condivisa, costituiscono il filo rosso per non dimenticare.

Lo studio e la cultura devono dunque motivare le giovani generazioni alla solidarietà, alla realizzazione di una società che abbia come valori fondanti la pace e la convivenza

Memoria degli eventi che hanno formato e segnato la coscienza di chi li ha vissuti e, dopo, di chi li ha conosciuti, con il dovere di ricordare. Memoria e memorie come modalità interculturale e pedagogica in ambito sociale e comunitario, quale supporto valoriale alla riappropriazione del sentimento etico e civile di un’appartenenza identitaria universale, composta di molteplici alterità, ibridazioni e commistioni umane nella pluriappartenenza etnica al territorio, ai territori nella loro rivalorizzazione ambientale ed ecologica, anche a livello educativo, didattico, sociale e culturale e lavorativo.

Memoria e memorie della città, nelle sue forme, nei suoi monumenti, nelle sue case. Contro l’alienante espropriazione del soggetto-persona nella perdita di punti di riferimento e di ideali classici, soppiantati dall’imperante massificazione consumistica e dal mito capitalistico dell’ efficientismo sfrenato e del primato dell’economico, imposti dal sistema.

Memoria e memorie di noi donne e uomini, delle nostre idee che si sviluppano nel tempo dell’esperienza, come risorsa interiore, soggettiva, esistenziale di intima festa emozionale, di incontri, dialoghi, rapporti, progetti, da ripartecipare e sperimentare, nella dimensione comunitaria, negli ambiti di intervento sociale, educativo ed associazionistico di partecipazione militante e attivismo culturale nei vari settori occupazionali e lavorativi a livello territoriale.

memoria hiroshima
ORA TOCCA ALLE NUOVE GENERAZIONI

Lo studio e la cultura devono dunque motivare le giovani generazioni alla solidarietà, alla realizzazione di una società che abbia come valori fondanti la pace e la convivenza civile tra popoli, genti e minoranze, nel rispetto dei diritti universali e sociali di cittadinanza multietnica, cosmopolita e internazionale.

“La bella utopia” è un mondo dove non esistano patrie e nazioni, frontiere e burocrazie, limiti e confini, ma comunità educanti aperte all’accoglienza, al dialogo, al cambiamento rivoluzionario, al progresso costruttivo, senza stereotipi e pregiudizi, nel rispetto delle culture altre, nella coesistenza pacifica, che agevola il confronto tra diversità interculturali e differenze di genere ed intergenerazionali.

Coniugare la memoria storica consiste nella necessità della costruzione di una coscienza civile che ponga come obiettivo prioritario la conoscenza e la riflessione nelle comunità, nelle città, nel mondo. Per un’utopia realizzabile, a partire da ogni singola persona, nel contesto quotidiano e nella partecipazione collettiva, pluralista e democratica.

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Dall’università alla fabbrica negli anni della contestazione: per la pace

di Laura Tussi (sito)

Dall’università alla fabbrica negli anni della contestazione: per la pace.

Di Laura Tussi

Presso l’Università di Bologna esiste attualmente un corso intitolato Teorie politiche della pace e della guerra che prende le mosse dal corso istituito dal celebre professore, storico ordinario di psicologia sociale, Augusto Palmonari con il Citrup – Centro interdipartimentale di ricerca per la pace dell’università di Bologna.

Dai tumultuosi anni ottanta la pace in università.

Un progetto dell’università di Bologna per introdurre il disarmo come insegnamento nella fine degli anni ‘80 come ricaviamo da varie fonti del tempo e dal settimanale Rinascita con un articolo dal titolo ‘Pacifismo a scuola’ che si sviluppa in un futuro ormai contemporaneo nella nostra attualità con vari progetti didattici.

Le fonti storiche: un prezioso scrigno per la pace attuale.

Su Rinascita si legge che il centro interdipartimentale dell’università di Bologna, denominata ‘Università per la pace’ è ormai una realtà. È stato proposto da tredici dipartimenti dell’ateneo bolognese su iniziativa di quello di scienze dell’educazione.

L’iniziativa è una novità assoluta più che benvenuta nel panorama bolognese che ripercorre anche esperienze già ben salde e strutturate nel mondo anglosassone dove da molti anni le università svolgono una gran quantità di lavoro scientifico sui temi della pace, del disarmo, della coesistenza tra i popoli, contro il nucleare e altro ancora, con la stessa autorevolezza e la stessa ufficialità su cui lavorano su varie tematiche e argomentazioni accademiche.

L’Università di Bologna sempre in prima linea per la didattica della pace.

In quanto Università dovranno essere ovviamente in primo piano gli sforzi didattici e negli annuari compariranno presumibilmente corsi dal titolo ‘Tecnologia delle armi nucleari’ o ‘ideologia della guerra’, insegnati a pieno titolo da specialisti di varia levatura e agli studenti verranno riconosciuti i loro sforzi di approfondimento con la implacabilità ben nota del voto sul libretto. Il proposito di coinvolgere l’università, diceva Augusto Palmonari, direttore del Dipartimento di scienze dell’educazione e coordinatore del Centro in quanto tale, sulla tematica della pace, conferisce allo stesso dipartimento caratteristiche del tutto particolari.

Ognuno dei dipartimenti ha proposto ambiti di ricerca che vanno dalla musicologia all’agricoltura, dalla pedagogia alla chimica e sono tutti temi molto generici che attendono, per una maggiore definizione, quando il Centro sarà realtà, come si evince dalle fonti.

Le Università proiettate dalla memoria al futuro.

Il lavoro decollerà assai rapidamente, dicevano a Bologna, perché i fondi per le ricerche non saranno un grosso problema: enti pubblici e privati saranno lieti di mettere a disposizione borse di studio. E stiamo parlando di una testimonianza di fine anni ‘80. Insomma le lezioni sulla pace e il disarmo non saranno più lodevoli iniziative dei soliti professori pacifisti militanti e degli studenti disinteressati alla carriera accademica: ma la pace entra finalmente dal portone principale dell’università.

A differenza di quanto succede all’estero ad esempio negli Stati Uniti sono rarissime in Italia le ricerche di fisica sui temi inerenti alla pace e al disarmo.

Invece non sono pochi gli argomenti su cui nel dipartimento della università di Bologna esistono le competenze necessarie per ricerche di livello adeguato.

I temi della Pace: dal disarmo nucleare alle guerre nel mondo.

Ricordiamo a titolo puramente esemplificativo temi quali l’inquinamento dovuto alle esplosioni nucleari e sperimentali e la verifica di un bando sulle esplosioni nucleari con strumenti sismici e l’uso militare della fusione nucleare controllata e molto altro ancora. Difficilmente però ricerche di questo genere potranno svilupparsi se non avranno il dovuto riconoscimento del mondo accademico con relazione al congresso della società italiana di fisica, con pubblicazioni nelle sue riviste, valutazione nei concorsi universitari e così via. Nel documento di fine anni ‘80 ci si augura che la costruzione a Bologna di un centro interdipartimentale per la pace, eventualmente seguito ad altre iniziative similari, in altre università, possa contribuire a permettere che ricerche analoghe a quelle svolte dai colleghi americani o di altri paesi europei possano trovare pieno diritto di cittadinanza anche all’interno del mondo italiano della ricerca.

A Bologna qualcosa si è mosso, ma non è perché quel clima era migliore oppure la giunta era di sinistra e così via, dicevano a via Zamboni. Ci si è mossi entro gli schemi ufficiali del regolamento universitario e potrebbero farlo ovunque e in qualunque tempo. Un incoraggiamento dunque agli accademici d’Italia se pensano alla pace come la conquista di una utopia.

Dall’Università alla fabbrica sempre al centro i temi della Pace e del disarmo.https://0edee16b97470b620994fe49b0be5b68.safeframe.googlesyndication.com/safeframe/1-0-40/html/container.html

E nello stesso periodo anche in fabbrica oltre che in università si torna a parlare di pace. Dall’archivio de L’Unita’. L’Unità di quell’epoca. Per la Manetti e Roberts è la prima volta e lo stesso sarebbe stato per tantissime altre aziende. Oppure al massimo la memoria sarebbe dovuta andare a ritroso molti anni, forse fino agli iniziali tumultuosi anni ‘70 per trovare qualcosa del genere.

La prima volta insomma che gli operai di una fabbrica discutono in assemblea in totale pluralismo di pensiero su un tema non strettamente congiunto a problemi aziendali: la pace.

E nella sala mensa della Manetti e Roberts, industria del settore farmaceutico e cosmetico, di Calenzano – Firenze, erano in tanti forse più di trecento i dipendenti ad ascoltare l’arcivescovo Silvano Piovanelli, il presidente della regione Toscana Gianfranco Bartolini, Roberto Brasca presidente della provincia, rappresentanti sindacali come Marcella Bausi della camera del lavoro di Firenze. Anche in rappresentanza di due esponenti della commissione per la pace del Comune fiorentino. Insieme con altre voci e le più disparate posizioni ideologiche e le più diverse, ma tutti uniti dietro la medesima aspirazione. La pace.

La partecipazione è fondamentale.

È il consiglio di fabbrica che insieme al sindacato esterno ha organizzato un incontro. E ci tiene a sottolinearlo. Perché questa assemblea? – chiede un giovane operaio. Perché anche noi come aziende e come lavoratori ci sentiamo in dovere e in grado di fare un discorso sulla pace e di dare il nostro contributo. È stato un rappresentante del consiglio di fabbrica ad aprire l’assemblea con una relazione che ha toccato tutti i punti chiave della situazione mondiale se non dell’universo.

Dalla fame nel mondo alla corsa agli armamenti al terrore della guerra nucleare alla logica del profitto che guida le azioni di governi e infine un appello: tocca ai lavoratori e ai cittadini unirsi con le forze più coscienti e illuminate per far sentire la voce di tanti uomini di buona volontà contro il processo di riarmo e contro l’ingiustizia nel mondo. Contro la guerra e il nucleare. Ovvio, data la sede, che molti interventi si incentrano sul problema dell’economia e della produzione. Del resto il consiglio di fabbrica lo aveva già anticipato nel volantino di invito: la Pace passa tra l’altro attraverso il servizio al bene comune e ognuno nel suo posto di responsabilità può farlo e attraverso un’iniziativa che favorisca lo sviluppo dei popoli. È qui che noi occidentali siamo sfidati. Discorsi a parte, è il fatto in sé che va sottolineato: la riscoperta del luogo di lavoro come luogo idoneo per la riflessione. Per costruire la pace. Da notare infine che l’assemblea si è svolta utilizzando le ore di assemblea retribuita e che la direzione aziendale non era presente.

Nota principale:

  • Augusto Palmonari, Processi simbolici e dinamiche sociali, Società editrice il Mulino, Bologna, 1989.

Bibliografia di approfondimento

  • Bobbio Norberto, Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino, Bologna 2009
  • Mastrolilli Paolo, Lo specchio del mondo. Le ragioni della crisi dell’ONU, Laterza, Roma 2005
  • Mini Fabio, Perché siamo così ipocriti sulla guerra? Un generale della Nato racconta, Chiarelettere, Milano 2012
  • Pugliese Francesco, Abbasso la guerra. Persone e movimenti per la pace dall’800 a oggi, Grafiche futura, Mattarello – Trento

Fonti analitiche

  • Gagliano Giuseppe, Studi politico-strategici. La conflittualità non convenzionale nel contesto delle ideologie e dei movimenti antagonisti del novecento, Vol. II, edizioni New Press – Como, I Edizione 2007

PRESSENZA, International Press Agency, https://www.pressenza.com/it/2022/05/sono-morto-come-un-vietcong-leucemie-di-guerra/

AGORAVOX, https://www.agoravox.it/Sono-morto-come-un-vietcong.html

AGORAVOX, https://www.agoravox.it/Un-dibattito-pacifista-Marescotti.htmlQuesto articolo è stato pubblicato qui

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Comunicare la nonviolenza con nonviolenza.

Manuale per uffici stampa di base

Libro di Olivier Turquet, Pressenza- International Press Agency

Recensione di Laura Tussi

Edizioni Multimage

Olivier Turquet, l’autore di questo pamphlet didascalico, dal titolo “Comunicare la nonviolenza con nonviolenza. Manuale per uffici stampa di base”, ha cominciato a occuparsi di uffici stampa per la prima volta nel 1988 e, per la precisione, a Firenze dove si celebrava l’Internazionale Umanista.

Turquet aveva il compito di curare i media locali, infatti era l’unico appassionato del tema, anche se non aveva molta esperienza.

Un’ esperienza sostanziale e soprattutto vitale.

Così Olivier Turquet inizia a occuparsi di media partendo da zero, senza nessun maestro. Ma ha ricevuto un’ottima preparazione nel campo dal partito umanista cileno. Secondo l’autore, come lui stesso vuole spiegare nel libello, creare un Ufficio Stampa è un’attività molto semplice.

Paradossalmente un Ufficio Stampa, dal punto di vista dell’autore, è soprattutto un ufficio relazioni in quanto la realtà più importante è costituita dalle interazioni umane e è incentrata e costruita su di esse.

La nevrosi giornalistica.

È divertente soprattutto promuovere un’iniziativa e una notizia in cui si crede profondamente e questo è un elemento intangibile ed estremamente importante e anche essenziale. L’ambiente giornalistico è spesso un contesto competitivo, asettico, frenetico insomma nevrotico. E comunicare la nonviolenza con nonviolenza significa vivere l’ambito giornalistico in modalità diverse e soprattutto creative e umane.

Gli ossimori del vero comunicatore.

Ad esempio è profondamente necessario essere efficienti e amabili, rapidi e gentili, professionali e umani: tutte doti e modalità di approccio che costituiscono tanti ossimori intrecciati, come in un mosaico di pace e in un intricato puzzle nonviolento.

Un manuale per organizzare Uffici Stampa di base.

Il manuale cerca di spiegare in modalità descrittive e comprensibili, anche a persone non esperte nel settore, come si può organizzare un Ufficio Stampa in modo che quello che viene prodotto, o meglio creato, ossia costruito in modalità creative, sia poi anche riportato e diffuso dai media. È necessario poter comunicare il più lontano possibile il prodotto giornalistico: questa è una condizione essenziale. Il prodotto di un Ufficio Stampa e di un giornalista e di un efficiente comunicatore può anche essere meraviglioso ed encomiabile, ma se non è diffuso e conosciuto in vari ambiti, in diverse località, in molteplici luoghi, remoti, distanti, lontani, questo ha poca efficacia.

I vari settori del libello.

Quindi il manuale scritto da Turquet dal titolo Conoscere la nonviolenza con nonviolenza, presenta e prevede una interessante introduzione seguita dalle indicazioni relative a come organizzare e a cosa serve un Ufficio Stampa. In seguito l’argomentazione del testo spazia sulla descrizione del giornalista tipo e si dilunga rispetto ai contatti e valuta le relazioni con i giornalisti e con coloro che sono adibiti alla diffusione delle notizie e delle varie iniziative.

Successivamente i paragrafi sono scanditi da un interludio, ossia da esempi didattici ludici e didascalici per alleggerire la spiegazione e per rendere più fruibile la trattazione sul tema.

Gli interrogativi ultimi del comunicare con nonviolenza la nonviolenza.

In seguito si indaga sul come e sul perché nasce una notizia nella costruzione e estensione dello scritto giornalistico, e sulle modalità in cui è necessario e preferibile scrivere un comunicato stampa. Inoltre si pone e si cerca di rispondere a un sostanziale interrogativo: ma perché mai ci dovrebbero pubblicare? E ancora si spazia su esempi e trucchi per approntare una campagna stampa fino a concludere con un epilogo fondamentale ed essenziale e profondamente esistenziale relativo alle ultime e vere motivazioni dell’azione giornalistica nonviolenta e del comunicare la nonviolenza con nonviolenza.

I perché del comunicatore di base.

Quindi l’interrogativo profondo è: ma perché facciamo tutto questo? La conclusione prevede modelli di comunicati che annunciano contenuti e contesti di senso e significato e aprono a nuove prospettive e azioni di attivismo nonviolento anche con il tramite creativo della scrittura giornalistica che prende forma tra le relazioni e interazioni umane, e soprattutto umane e nonviolente, che prendono vita nei nostri uffici stampa di base.

Intervista a Olivier Turquet direttore di Pressenza Italia, agenzia di stampa internazionale, autore del libro Comunicare la Nonviolenza con Nonviolenza.

di Laura Tussi 

1-Attualmente si assiste a una deriva di ampi settori della società civile verso un cattivismo dilagante, un qualunquismo antiegualitario che contrastano nettamente il portato valoriale della costituzione repubblicana.

Frange della società inneggiano ai miti della razza, della patria, dell’eroe verso un grottesco mondo guerrafondaio, bellicista impregnato di xenofobia, razzismo, fascismo. La nonviolenza può costituire un anticorpo, un antidoto sociale rispetto a questa condizione umana? 

La nonviolenza è da sempre la risposta alla violenza. Bisogna capire che la radice ultima dei fenomeni che vediamo sta nella violenza. Che le razze non esistano l’ha detto inequivocabilmente la scienza da anni, eppure vediamo crescere ogni forma di discriminazione. Esiste un’illusione che, implicitamente, è anch’essa violenta: per risolvere i problemi basta mettere un cartello “siate buoni”. Assolutamente insufficiente. Per risolvere i problemi bisogna riconoscerli, comprenderli ed accettarli e le varie tecniche di risoluzione dei conflitti, di autoliberazione sono basate sulla nonviolenza che è un metodo di azione, ma anche un atteggiamento di fronte alla vita. Un altro tema è la comunicazione: molto spesso le migliaia di attività nonviolente che esistono si autocensurano e non comunicano con efficacia quel che fanno. “Comunicare la Nonviolenza con Nonviolenza” è uno strumento pratico per migliorare questa comunicazione, pensato da Pressenza per tutte le realtà di base che vogliono dialogare meglio con i media.

2-I problemi maggiori della nostra società sono legati alla sua natura aggressiva.

In che modo la formula relazione e comunicazione di cui tu, Olivier Turquet, tratti nel tuo ultimo libro potrebbe risolvere queste problematiche? 

Dobbiamo chiarire questo tema dell’aggressività: l’aggressività, dice Pat Patfoort, deriva dalla forza vitale che caratterizza l’istinto di sopravvivenza che ogni specie ha, incluso l’Essere Umano. Il tema è quando l’aggressività diventa violenza all’interno di un sistema che produce continuamente catene di violenza, escalation di violenza e violenza contro se stessi. Questo è il vero problema. La comunicazione nonviolenta è sempre una possibile soluzione: il mio libro in questo è molto tecnico, ma certamente pubblicando quei consigli possiamo far conoscere meglio e con efficacia le numerose iniziative che creano nuovi ambiti di scambio, propongono nuove soluzioni.

3-Le statistiche nazionali comunque, nonostante tutto, rivelano che la maggioranza della popolazione si pone contro l’invio di armi in Ucraina. Questo dato di fatto può costituire un barlume di speranza collettivo contro un baratro oscurantista e catastrofico in cui imperversa l’umanità e rispetto a un nuovo futuro possibile di pace e nonviolenza?

Come ha detto varie volte Noam Chomsky c’è una grande differenza tra l’opinione pubblica e l’opinione che si pubblica; il lavoro che facciamo in Pressenza e che fanno anche altri media nonviolenti come il vostro – Italia che cambia –  è quello di rivelare quello che non si pubblica o che si pubblica a margine. E’ il vecchio gioco della bambina che svela che il Re è Nudo, quando tutti lo vedono.

In questo momento aggiungerei che il livello di propaganda nei media sta aumentando, mentre peggiorano le condizioni di lavoro dei giornalisti: tutti fattori che non fanno ben sperare nell’immediato.

Ma dobbiamo comprendere che il fenomeno a cui assistiamo è una crisi globale di quei valori che danno fondamento alla violenza; una crisi irreversibile, per certi versi dolorosa, per altri inevitabile. Il compito dei nonviolenti in questo momento è annunciare il mondo che verrà dopo, essere gli “angeli” del nuovo mondo nel senso letterale di Angelos, annunciatore: un mondo di comprensione reciproca, di cura degli altri e del pianeta, un mondo dove sarà bandito il business as usual e tornerà in auge la vera solidarietà e dove le persone, per necessità, comprenderanno ed applicheranno veramente la saggia ed antica regola d’oro: “tratta gli altri come vorresti essere trattato”.

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Auto elettriche in città unica soluzione per ridurre inquinamento da traffico

Autore: Mario Agostinelli

Riprendo il post pubblicato il giorno dopo la decisione del Parlamento UE sull’auto elettrica al link https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/02/14/stop-alle-auto-a-diesel-e-benzina-dal-2035-via-libera-del-parlamento-ue-tutto-il-centrodestra-italiano-vota-contro/7064934/   con alcune osservazioni che vanno al di là della cronaca e attestano ancora una volta l’inadeguatezza dei nostri governanti a mantenere un minimo di coerenza con le linee di fondo sul clima adottate dal Parlamento Europeo.

A Strasburgo il centrodestra italiano (FdI, Lega e FI) ha votato compattamente contro il termine del 2035, oltre il quale si potranno immatricolare solo auto elettriche.  Già il Governo Draghi si era battuto per il principio della “neutralità tecnologica”, sostenendo che sarebbe stato un errore puntare su una mobilità esclusivamente elettrica. Si tratta non di un fatto estemporaneo o di un timore giustificato per l’occupazione, ma di una linea di fondo di non percezione dell’urgenza di un cambiamento complessivo delle produzioni e dei consumi in un tempo che viene ogni giorno sempre più a mancare e che necessita di un impegno altrettanto urgente per la giustizia sociale e la difesa del lavoro. E’ significativo come perfino un redivivo Formigoni abbia oggi sentenziato contro il limite fissato al 2035, dimenticandosi forse che fin dal 2004 un gruppo allargato di ricercatori dell’ENEA, sotto la supervisione del Nobel  Rubbia, avesse presentato alla Regione Lombardia un articolato piano per la mobilità sostenibile, fondato sulla riconversione ad idrogeno dei motori degli autoveicoli e sull’estensione di sistemi di logistica intermodale in cui prevalesse il trasporto pubblico (v. https://www.marioagostinelli.it/idrogeno-ad-arese-passato-e-futuro-possibile/ ). Si trattava di riconvertire l’intera area Alfa Romeo in una manifattura prestigiosa e all’avanguardia, finita, invece, dopo estenuanti confronti, con l’ospitare il più grande supermercato d’Italia – “Il Centro” di Arese – il cui azionista di maggioranza è da sempre vicino alla Compagnia delle Opere. La povertà di visione di chi ci governa (in Lombardia ormai da 30 anni!) riduce perfino la politica industriale ad interessi di parte e ad un gioco di poteri stantii.

Qui vorrei inquadrare il salto di qualità che i due provvedimenti adottati dal Parlamento UE (Fit for 55 e Stop al 2035) cercano di imporre, sempre che la Commissione  e i capi di Governo non ne attenuino il significato, come è avvenuto sulla “tassonomia europea” e come sta profilandosi sulla riduzione della quota di rinnovabili da varare entro il 20230 – dal 45% al 40% secondo la Commissione (v. https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/70/energie-rinnovabili ). E’ in atto, purtroppo,  un pericoloso scostamento tra gli Esecutivi e il Parlamento, che Ursula von der Leyden tratta con troppa disinvoltura e con un ascolto non irrilevante delle lobby fossili. 

Il settore dei trasporti è responsabile del 30% delle emissioni totali di CO2 in Europa. Dal punto di vista delle fabbriche automobilistiche, le principali difficoltà tecniche per alleggerire l’inquinamento da traffico consistono innanzitutto nella riduzione delle emissioni di anidride carbonica e, inoltre, nel contenimento degli ossidi di azoto (NOx) per le alimentazioni diesel, e del numero di particelle microscopiche (PN) per le alimentazioni a benzina a iniezione diretta, emissioni pesate come anidride carbonica equivalente (CO2 eq.).

Da fine degli anni ’90 gli approcci ai regolamenti sui gas serra per i veicoli commerciali si erano concentrate sulle emissioni dal condotto di scarico. Così, in tutta la trafila di classificazioni per gli autoveicoli da Euro 1 a Euro 6 si sono fissati limiti di emissioni del combustibile impiegato misurati “al tubo di scappamento”. Invece, dal 2035, facendo riferimento esclusivamente al vettore elettrico anziché continuare ad andare esclusivamente nella direzione di combustibili a minor emissioni di carbonio, ci si muoverà verso le nuove fonti di alimentazione dei motori, come i gruppi motopropulsori elettrici delle batterie, che ottengono la loro energia dall’elettricità con cui si caricano. E qui entra in gioco non solo il gas misurato allo scappamento del veicolo, ma anche quello immesso in atmosfera dal mix di fonti con cui si alimentano le colonnine di ricarica. Il passaggio all’elettrico ha quindi un significato che va oltre il settore automobilistico: anche per l’inquinamento dovuto alla mobilità  diventerà sempre più  rilevante il percorso con cui  si procurerà l’elettricità trattenuta nelle batterie, o come verrà prodotto, eventualmente, l’idrogeno (verde o grigio) che alimenterà le celle a combustibile montate sui veicoli.  

In sostanza. il salto di qualità sta nel porsi un obbiettivo più esteso: il vettore (elettricità o idrogeno) che consente al motore elettrico di abbassare drasticamente gli inquinanti rispetto al motore a combustione termica, andrà  a sua volta ottenuto da fonti rinnovabili a bassissime emissioni anziché da fonti fossili, grandi emittenti di climalteranti e gas inquinanti (o radiazioni nel caso del nucleare).

La cosa interessante da notare è che per la prima volta un Regolamento europeo sulle emissioni nel settore automotive cita la metodologia dell’intero ciclo di vita (LCA).

Puntando – corroborato dal contributo degli obbiettivi del “Fit for 55” – a diminuire drasticamente anche le emissioni a monte legate alla produzione dell’energia elettrica o dell’idrogeno impiegati dal veicolo. 

L’obbiettivo è molto ambizioso e condivisibile: un sostanziale assorbimento di energia elettrica per il settore stradale può fungere da driver per aumentare la quota di energie rinnovabili nel mix di fonti energetiche UE. E, parimenti, “l’inverdimento” del mix di reti aiuta anche “l’inverdimento” del settore stradale.

In base alla penetrazione delle rinnovabili (fissate dalla UE almeno al 45% al 2030) è possibile stimare che le emissioni clima-alteranti (in tutto il ciclo di vita) dei veicoli saranno almeno quasi dimezzate al 2035. Per di più, i veicoli abbatteranno radicalmente il rumore e le emissioni inquinanti (NOx, CO, PM, HC) in ambito locale. Perché allora tanta ostilità e insensibilità climatica da parte dei nostri ministri e governanti?

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Dai diamanti non nasce niente. Concerto in omaggio per Fabrizio De André al Teatro Gloria di Como

di Laura Tussi (sito)

Intervento in pubblico di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici al concerto in omaggio a Fabrizio De André “Dai diamanti non nasce niente” che si è svolto sabato 21 gennaio 2023 presso il teatro Gloria di Como alla presenza di un pubblico foltissimo e molto attento e interessato: teatro Gloria tutto esaurito.

Grazie a Maria Macchia per le foto

Tutti incantati dalla magia delle note dei musicisti che hanno proposto i brani musicali più celebri del grande e eclettico poeta e compositore Fabrizio De André, soprannominato Faber.

“Interveniamo in questa bellissima serata con un ringraziamento alla stampa, a tutti gli ambiti giornalistici e alle testate e a tutti i siti web e ai musicisti e a tutti coloro che hanno permesso la realizzazione di questa importante iniziativa tra cui soprattutto il circolo Arci Xanadù.
Ringraziamo la stampa tutta per l’interessante presentazione di un evento storico e collettivo importante come quello di stasera che ci vede tutti protagonisti e che vuole ricordare e commemorare e rendere omaggio all’indimenticabile talento e al sempre attuale messaggio di un grande poeta e musicista della nostra contemporaneità: Fabrizio De André.
Siamo Laura Tussi e Fabrizio Cracolici scrittori e attivisti e siamo testimoni e promotori e siamo parte delle associazioni affiliate al premio Nobel per la pace a Ican, la rete mondiale e internazionale per il disarmo nucleare universale. E vogliamo ricordare i nostri ultimi libri Memoria e futuro e il saggio a quest’ultimo correlato Resistenza e nonviolenza creativa, due raccolte di saggi inediti con contributi di Moni Ovadia, Alex Zanotelli, Vittorio Agnoletto e molti altri attivisti. I nostri ultimi libri, Memoria e futuro e Resistenza e Nonviolenza creativa, editi da Mimesis edizioni, sono improntati agli ideali dell’antifascismo, della memoria storica e della Resistenza e soprattutto del disarmo nucleare parafrasando il grande impegno dei nostri celebri partigiani della pace con un particolare riferimento a Ican appunto premio Nobel per la pace 2017 per il disarmo nucleare universale che attualmente è quanto mai necessario poiché siamo in un paese coinvolto in una guerra tra due superpotenze. Che può trasformarsi in terza guerra mondiale e in catastrofe nucleare per cui affermiamo con tutta la forza della nonviolenza: Basta totalitarismi. Basta violenza. Basta guerre”.

Comunicato stampa 

Dai diamanti non nasce niente. Concerto per Fabrizio De André
di Laura Tussi (sito)
 
“Dai diamanti non nasce niente…” 
Omaggio a Faber e alla canzone d’autore.-.
Lo Spazio Gloria di Como, dal 2007, ha reso omaggio a Fabrizio De André con l’evento “Dai Diamanti non Nasce Niente”, che giunge quest’anno alla 17esima edizione. L’evento ha sempre visto una fortissima partecipazione di pubblico e ha contribuito, fin dalla prima edizione, all’intensa attività culturale per il cineteatro comasco, confermando il valore della presenza sul territorio di un importante spazio che in questi anni ha presentato rassegne cinematografiche, concerti, iniziative musicali e teatrali di notevole qualità e valore artistico. Per dirla con le parole di De André, lo Spazio Gloria si conferma una “goccia di splendore” e di cultura che deve brillare sempre alta nel cielo lariano.
La storia.-.
Sul palco del Gloria, oltre alla costante presenza di Renato Franchi & l’Orchestrina del Suonatore Jones – il cantautore legnanese è il direttore artistico dell’evento – hanno suonato e cantato numerosi artisti: i comaschi Luca Ghielmetti, D’Altrocanto, Sulutumana, Filippo Andreani, Settegrani, Andrea Parodi, Lele Complici e Michele Tiso, Marco Belcastro, i genovesi Andrea Sigona, Lele Ravera e Bricchi, Gotti e Lambicchi, e poi i varesini Re della Cantina, Chiara Jeri da Livorno, Fab Ensemble da Venezia, Roberto Durkovic da Pavia, i ragazzi de Le Nuvole e la Cirigliano Band. Ricordiamo, inoltre, la partecipazione di Alessio Lega e di Oliviero Malaspina, collaboratore di Fabrizio e del figlio Cristiano.
Edizione 2023: i protagonisti

Marinella .-.

Aprirà la serata un’artista dalla forte personalità, proveniente da Modena: Marinella (Marinella Vescovini), da sempre vicina alla canzone d’autore e impegnata in tutta la penisola in diverse serate-tributo al repertorio dei cantautori italiani, specialmente di Fabrizio De André. Una voce particolare e una chitarra acustica per interpretazioni di grande impatto, rese suggestive dagli originali arrangiamenti.

Figli di un Temporale .-.
I saronnesi “Figli di un temporale” amano la canzone d’autore italiana e non solo, con una particolare devozione per i brani e la figura di Faber. Il nome che hanno scelto, tratto dalla famosa “Fiume Sand Creek” di Bubola e De André, è il giusto biglietto da visita di questa eclettica band, che si presenta in formazione elettrica.

Gio Bressanelli.-.
Gio Bressanelli, da Crema, è un sensibile cantautore di notevole esperienza, con all’attivo diversi album di proprie composizioni. La sua grande passione per Fabrizio De André lo vede spesso impegnato in concerti dedicati alle sue canzoni, interpretate sempre con originalità. Si presenta sul palco del Gloria con una formazione acustica.-.

La quarta proposta della serata è tutta comasca! Il palco sarà affidato alla band-rivelazione dell’edizione dello scorso anno.

Si tratta dei “404 “, ensemble composto da quattro giovani musicisti, che per l’occasione proporranno quattro brani di Faber nella loro suggestiva e personale interpretazione. Ricordiamo inoltre che lo scorso 16 dicembre il gruppo ha prodotto “Interrotti”, il suo secondo lavoro discografico.

Renato Franchi & 
Orchestrina del Suonatore Jones.-.
La serata si concluderà, come sempre, con il set di Renato Franchi & l’Orchestrina del Suonatore Jones, direttori artistici e coordinatori della rassegna dalla prima edizione del 2007. La formazione, che ha all’attivo centinaia di concerti e una quindicina di album con brani originali, nasce dall’amore per il rock, la canzone d’autore e per Fabrizio De André. La band, che attualmente sta completando la registrazione delle tracce del nuovo album, che uscirà in aprile 2023, chiuderà l’evento proponendo con particolari arrangiamenti le canzoni di Faber ed un brano del proprio repertorio. La serata si concluderà salutando il pubblico con tutti gli artisti sul palco, con una jam session dedicata a De André e ai suoi pezzi più amati.-.

Durante la serata, condotta dal giornalista Alessio Brunialti, interverranno gli scrittori Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, che presenteranno la pubblicazione “Memoria e futuro” dal Premio Nobel per la pace, note di Resistenza e Nonviolenza creativa tra memoria e futuro per una nuova umanità, oltre i totalitarismi: contro ogni guerra.
Sarà inoltre presente lo stand della rivista musicale online “L’isola che non c’era”.
Ingresso € 12 riservato ai soci Arci

Vincenzo D’Antuono – Spazio Gloria Como
Renato Franchi & Orchestrina Suonatore Jones.
Grazie a Maria Macchia per le foto

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