Pubblicato il Lascia un commento

Liberalfascismo. Come i liberali distruggono la democrazia e ci portano in guerra

Libro di Giorgio Cremaschi 

Recensione di Laura Tussi 

Edizioni Mimesis 

È aria di fascismo. Non (o non solo) quello storico, istituzionalizzato nel Ventennio, sconfitto dalla Resistenza partigiana, bensì uno in vesti aggiornate che altro non è, come sempre, se non la faccia nefasta dell’imperialismo in crisi, il sostegno in forma di violenza alle politiche economiche e sociali neoliberiste della classe dominante, il substrato necessario alla crescita delle disuguaglianze.

Questo il leitmotiv del libro “Liberalfascismo, come i liberali distruggono la democrazia e ci portano in guerra” di Giorgio Cremaschi edito con Mimesis Edizioni.

Il fascismo è democrazia? Per niente. La globalizzazione liberista e la politica economica neoliberista stanno dominando il mondo a discapito delle sinistre social-liberali.

Attualmente viviamo la prevaricazione del liberalfascismo, ossia della supremazia dei partiti di destra e di quelle componenti politiche asservite al potere del capitale che equivalgono al neoliberismo imperante.

In passato il fascismo è cresciuto con i finanziamenti ricevuti da multinazionali, come si evince anche dal caso e dall’assassinio Matteotti. Attualmente il fascismo si manifesta con il liberismo imposto e dettato dal neoliberismo prevaricante che ha preso piede a livello globale a partire dal 1973 con l’omicidio di Salvador Allende in Cile e poi ancora con l’ascesa della dittatura di Pinochet e l’avvento della masnada dei Chicago Boys che culmina con il trattato tra Reagan e Thatcher e Wojtyla negli anni ‘80.

Il libro di Giorgio Cremaschi pone un quesito che risponde alla questione: ma i fascisti non ci sono più o esistono ancora? Il discrimine lo troviamo nel modello politico dell’Unione Europea che non ha nulla a che vedere con il grande progetto visionario e utopico di Ventotene e di Altiero Spinelli. L’Europa delle genti e dei popoli e delle minoranze senza più guerre e conflitti armati, nel rispetto delle carte costituzionali. 

Attualmente invece vige e impera l’Europa delle multinazionali e delle grandi banche armate che finanziano le guerre in ogni parte del globo a discapito di un’Europa utopica fondata sull’accoglienza e la solidarietà e l’antifascismo, ma non quello atlantista naturalmente. Oggi viviamo un’Europa incapace di svolgere il proprio ruolo di ago della bilancia di un sistema globale che sempre più si rifiuta di contrapporsi all’escalation militaresca e all’avanzata del potenziale sterminio nucleare e dei signori dell’atomo, del petrolio, della guerra, dell’acciaio che sono i detentori dell’apocalisse atomica.

Giorgio Cremaschi afferma di non conoscere ormai la società, ma solo individui. In quanto l’individualismo è concepito come prevaricazione di potere e competitività sfrenata e corsa al riarmo e al controllo delle risorse globali a discapito dell’uguaglianza economica che è soppiantata da una incredibile sperequazione che conduce alla concentrazione di grandi quantità di risorse e beni comuni nelle mani di pochi potenti detentori del capitale. 

Mentre la società si trasforma sempre più in un agglomerato individualista secondo i dettami fascisti e le imposizioni gerarchiche. Questa invece dovrebbe incarnare un esempio, un monito di comunità laica, un sentire comunitario condiviso, fondato sulla solidarietà, l’accoglienza e l’inclusione e l’amore tra le persone e i popoli.

Il liberalfascismo deporta le persone verso una democrazia dello sfruttamento in un’accezione estremamente negativa dove il più debole e il più fragile e l’ultimo dell’anello sociale sono posti ai margini dall’individualismo che permea in senso dannoso e deleterio l’attuale società.

Quindi l’austerità contro la democrazia. Ossia si chiede sempre più un estremo sacrificio e illecita sottomissione da parte degli ultimi e di tutti i cittadini e lavoratori che vivono con il solo loro reddito al fine di incrementare la ricchezza nelle mani dei privati e non dello Stato sociale e dei servizi pubblici e al contrario nella concentrazione del massimo benessere e profitto nelle tasche dei più potenti e dei padroni che detengono il capitale. 

Per questo Cremaschi tratta di una ‘democrazia di Apartheid’ dove gli ultimi della società ‘civile’ scontano il lavoro coatto e la miseria di un nefasto e funesto sistema accumulatorio e predatorio che avvantaggia sempre i più potenti a livello globale e i benestanti e benpensanti e i padroni e i signori della guerra. 

Per questo non si vive in una democrazia sana e basata sugli ideali della Costituzione Repubblicana nata dalla lotta al nazifascismo in tutta Europa nel novecento, ma ci si scontra su un modello di ‘democrazia anticomunista’ che equipara, in modo revisionista, il modello comunista con la spregiudicatezza del fascismo e l’orrore e la barbarie di quello che è stato il nazifascismo nell’Europa del cosiddetto e nefasto secolo breve. Quindi risulta una ‘democrazia truccata’ perché non si attiene ai dettami e agli ideali e ai valori della costituzione e del diritto internazionale. Ma si avvale di disvalori mefitici, moralmente guasti e pericolosi, del fascismo più abietto con il tramite del militarismo che pervade attualmente e inizialmente il sistema scolastico e l’università e infine la società nel suo complesso.

Il motto più usuale in questo contesto appunto mefitico è Dio, patria, famiglia in quanto non si lascia spazio alla libertà di pensiero, alla libertà di scelta e alla laicità inclusiva e alla diversità delle differenze in nome di un bigottismo e un provincialismo e menefreghismo e della borghesizzazione del sociale che portano alla fascistizzazione del concetto e contesto comunitario come sosteneva don Milani.

Cremaschi denuncia un ritorno a un’Italia dei fasti repubblichini dove si assiste a un travaglio di passività di molte frange della popolazione e in contrapposizione a moti di ribellione soprattutto di diverse parti dei giovani che non vogliono sottostare alle imposizioni neoliberiste e alle minacce e emergenze che attanagliano la società a livello glocale e l’umanità a partire dall’universale. Per cui si assiste ad un ‘bivio della paura’ farneticante che porta a sgomento e allo stesso tempo a volontà di riflessione e di azione e rivolta da parte di alcune frange giovanili.

I giovani di Fridays for Future e di Extinction Rebellion e di Ultima Generazione e gli studenti universitari e tutti i pacifisti, i disertori, i renitenti e gli obiettori che nel mondo si rifiutano di imbracciare le armi e di andare in trincea per combattere e andare incontro all’autodistruzione immediata, ma anche e soprattutto all’annientamento dell’intero genere umano sono le variegate realtà di lotta e resistenze estrema che tutti insieme dobbiamo sostenere come società libere e pensanti in una nuova stagione di resistenza per la pace universale, contro i metodi autoritari del fascismo all’interno dell’ideologia liberale come esito della capitalizzazione a destra del sistema neoliberista. Infatti, la globalizzazione liberista e la politica economica neoliberista stanno dominando stabilmente il mondo a discapito delle sinistre social-liberali che non vogliono le guerre e i genocidi e lottano e resistono, al contrario di questo contemporaneo sistema congiunturale distorto, per il valore e l’ideale più alto: la pace.

Pubblicato il Lascia un commento

La Lombardia si prepara a fronteggiare un attacco nucleare? Intervista con Vittorio Agnoletto

di LAURA TUSSI

A pochi giorni dalla apertura all’ONU della terza conferenza degli Stati parte del Trattato di Proibizione delle armi nucleari TPNW. In Lombardia il pericolo di una guerra nucleare viene avvertito e si adottano misure di mitigazione.

Il medico Vittorio Agnoletto, docente presso l’Università Statale di Milano, è noto non solo per essere stato portavoce del Genoa Social Forum nel 2001 in occasione del G8, ma anche per il suo impegno nel dibattito pubblico su temi che mettono in relazione salute, ambiente e giustizia sociale. In particolare, ha lavorato attivamente nell’ambito della medicina sociale, promuovendo una riflessione critica sugli effetti delle politiche economiche e neoliberiste sul benessere delle popolazioni. Attraverso il suo lavoro accademico e la partecipazione a numerosi convegni e iniziative, Agnoletto ha contribuito a far luce sul legame tra salute pubblica e dinamiche sociali ed economiche, cercando di stimolare un approccio più umano e sostenibile alle politiche sanitarie. Lo ha intervistato la nostra Laura Tussi

Con il medico e attivista per la pace Vittorio Agnoletto commentiamo una serie di provvedimenti che la regione Lombardia ha adottato negli ultimi mesi per rispondere a una eventuale minaccia nucleare.
La regione Lombardia si sta preparando all’emergenza nucleare. A dicembre 2022, ha approvato una delibera che stabilisce le procedure di emergenza per il rischio radiologico e nucleare.
Un atto che potrebbe sembrare una semplice misura di prevenzione, ma che solleva interrogativi inquietanti: perché proprio ora? Perché includere riferimenti a scenari di terrorismo o incidenti industriali?
A due anni dall’approvazione, il piano regionale ha portato alla creazione di depositi di ioduro di potassio e a corsi di formazione per operatori sanitari.

Il 28 dicembre del 2022 la regione Lombardia ha approvato una delibera che riporta come titolo “Approvazione delle procedure regionali per le emergenze radiologiche e nucleari.” In questa delibera la regione prende in considerazione una possibile situazione di contaminazione diffusa e non chiaramente circoscrivibile. Tutto questo che significato ha?
Queste sono le parole presenti nella delibera e riporta degli esempi, tra i quali: atto terroristico, lavorazione accidentale di sorgenti, incendio con coinvolgimento di sorgenti. Non nomina ovviamente la possibilità della guerra nucleare, ma non bisogna essere particolarmente furbi per notare che questa delibera avviene esattamente 10 mesi dopo l’inizio della guerra in Ucraina e riprende una direttiva dell’Euratom che esisteva già da tempo la n. 59 del 2013.

Quindi cosa significa che per nove anni non se ne è fatto assolutamente nulla?
Dieci mesi dopo l’inizio della guerra in Ucraina la regione Lombardia approva questa delibera ed è una delibera a 360 gradi. Tant’è vero che contiene quattro allegati. Il primo allegato è relativo alla “Linee di indirizzo regionale per la gestione delle emergenze radiologiche nucleari” e dà tutte le indicazioni agli ambiti sanitari di come devono muoversi. Il secondo allegato tratta delle “Indicazioni per il campionamento di matrici alimentare di origine vegetale e acque destinate al consumo umano, nel caso di emergenze radiologiche e nucleari” e il terzo contiene le “Indicazioni per la protezione e il controllo degli animali produttori di alimenti e il controllo degli alimenti per animali e di quelli di origine animale destinati al consumo umano.”

Il quarto allegato dà le “Linee di indirizzo regionali per la gestione ospedaliera di persone esposte a irradiazioni e/o contaminazioni acute in relazione ed eventuali emergenze radiologiche.”

Quindi è proprio un quadro a 360 gradi?
Sì. Certamente. Vengono presi in considerazione tutti gli aspetti che possono verificarsi in caso di una contaminazione nucleare e sono fornite indicazioni precise alle ATS, alle ASST, agli ospedali e all’ARPA; in ogni ATS si precisa chi deve coordinare l’azione da un punto di vista sanitario e i diversi ruoli che dovranno svolgere gli operatori di queste strutture.

Trascorrono altri dieci mesi e alla fine di ottobre del 2023 subentra una seconda delibera. “Approvazione di schema di intesa tra regione Lombardia e Ministero della Salute per la custodia e messa in disponibilità di antidoti nei depositi regionali di regione Lombardia”.

Viene deciso di istituire 30 micro depositi sparsi nel territorio regionale dedicati allo stoccaggio di milioni di compresse di ioduro di potassio. È vero?
E’ così. Lo ioduro di potassio dovrebbe proteggere la tiroide dell’assorbimento di iodio radioattivo emesso in seguito a un incidente nucleare, però chiunque sa che le conseguenze sul corpo umano in caso di un’esplosione nucleare non si fermano certo alla tiroide e non dipendono solo dallo ioduro di potassio: vi possono essere problematiche che riguardano anche cesio, plutonio ed altri isotopi. Le conseguenze causate da alcuni isotopi radioattivi possono coinvolgere anche uno spazio situato a centinaia di chilometri di distanza da dove si verifica la tragedia nucleare.

Come procede in seguito la Lombardia?
Passa ancora un anno e arriviamo al novembre del 2024, quando la direzione generale del welfare della Lombardia organizza un corso intitolato “Procedure regionali per l’emergenza radiologiche e nucleari” che è rivolto agli operatori di Regione Lombardia, dell’ARPA e dell’ATS; inoltre, la Regione invita tutte le ATS a organizzare un corso simile. Non è un caso che il primo incontro venga organizzato dall’ATS di Brescia attorno a metà dicembre, mi pare il 18 dicembre, rivolto sempre al personale delle istituzioni citate prima.

Perché non è un caso?
Perché in provincia di Brescia vi è la cittadina di Ghedi dove sono stoccate delle bombe nucleari che non sono, oltretutto, neanche gestite dall’Italia, ma dagli Stati Uniti nel quadro di una collaborazione Nato.

Che cosa vuol dire?
Questo significa che, in caso di guerra nucleare, Ghedi diventa immediatamente un obiettivo.

Sono state poi individuate le strutture capofila?
Certo. E per quanto riguarda Milano, la struttura capofila per gestire soggetti potenzialmente esposti alle radiazioni, nonché soggetti provenienti da zone limitrofe, è l’ospedale di Niguarda. Questi i fatti.

Allora chiariamo bene alcuni passaggi. Primo, in questo caso, non ho nulla da criticare rispetto all’azione dell’assessore al welfare. È compito delle istituzioni provvedere alla protezione dei cittadini e di coloro che abitano il territorio e quindi da questo punto di vista, la regione sta prendendo le precauzioni che è in grado di assumere. Noi sappiamo che nel caso di una guerra nucleare servono a poco, ma non critico la scelta della regione di attivare questo tipo di interventi, perché sono interventi che hanno l’obiettivo di proteggere la popolazione. Siamo comunque di fronte ad un’indicazione nazionale proveniente dal governo, non è una scelta unicamente della regione Lombardia.

Significa che chi ci governa ha messo in considerazione che uno degli scenari futuri, possa essere quello del conflitto nucleare?
Certamente. Perché altrimenti non si sarebbero mossi immediatamente dal dicembre del 2022. Infatti, le armi nucleari a Ghedi ci sono da ben più che due anni.

Queste delibere lombarde sono la conferma di quello che noi pacifisti continuiamo a dire, ossia: attenzione perché, se andiamo avanti così, vi sarà un rischio di guerra nucleare con tutto quello che comporta. Ricordiamo quanto diceva Einstein: «Non so con quali armi verrà combattuta la terza guerra mondiale, ma la quarta verrà combattuta con clave e pietre».

Quindi questo che cosa vuol dire?
Significa che non siamo solo noi pacifisti a dire: guardate che sussiste il pericolo di un conflitto nucleare; chi ci governa ne è consapevole e mette in conto questo possibile rischio. Solo che questo rischio è dovuto anche alle scelte che stanno facendo e che hanno fatto e che faranno quelli che stanno governando; quindi, loro sono una delle cause di questo pericolo e anziché fermarsi e modificare le loro scelte politiche danno indicazioni per attivare precauzioni che, tutti sappiamo, sarebbero comunque insufficienti.

In questa situazione quasi contemporaneamente è avvenuto un altro fatto.
Il 16 dicembre 2024 un’azienda ha comprato una pagina intera del Corriere della Sera, quindi ha pagato una bella cifra, per annunciare che, dal febbraio 2025, quindi adesso, metterà a disposizione un kit per i rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari al modico prezzo di 1200 euro.

La paura della guerra come strumento per moltiplicare i propri profitti attraverso una pubblicità destinata a sua volta ad aumentare la paura del conflitto.

Dunque, morte, profitto, paura sono tre elementi fondamentali dell’attuale narrazione dominante?
Questo è lo scenario. Vi è anche chi alimenta la paura per specularci sopra politicamente e/o economicamente. Ho riflettuto molto se rendere pubblico tutto questo, perché io non voglio diventare a mia volta uno strumento per creare paura.

Poi però ho pensato che fosse un dovere civile spiegare quello che sta accadendo, perché questo può aiutare il movimento pacifista per dire: “non accusateci più di raccontare delle storie e non accusateci di creare falsi allarmismi, infatti la situazione è talmente seria che voi stessi, che siete al governo, avete dato ordine di fare tutto quello che ho raccontato fino adesso”

La mia scelta di rendere pubblica questa vicenda ha come obiettivo quello di cercare di aumentare la consapevolezza dei rischi che stiamo correndo e quindi di dare uno strumento in più al movimento pacifista.

Aggiungiamo che a Brescia si è formato ed è attivo da tanto tempo un comitato che lavora su questi argomenti, che ha mandato una lettera al prefetto di Brescia per sapere quali piani di prevenzione a livello territoriale sono stati presi per proteggere la popolazione così come previsto dalla legge. Qual è la risposta?
Il comitato ha detto mandateci i piani di prevenzione territoriale attuali e se non sono aggiornati, mandateci almeno quelli precedenti. Non è arrivato nulla. Le istituzioni hanno invece il dovere di preparare la popolazione su come si deve comportare in caso di un incidente nucleare. Questo in generale, nella zona di Brescia a maggior ragione a causa degli ordigni nucleari che sono presenti e quindi questi piani di protezione e di evacuazione dovrebbero essere pronti da tempo.

Aggiungo che oggi è ancora più importante dare queste informazioni di quanto lo poteva essere anche solo un mese fa, perché oggi il nostro governo ha scoperto le carte e ha detto chiaramente che ha intenzione di rilanciare il nucleare e i rischi, seppure differenti, ci possono essere anche con un utilizzo del nucleare civile.

Il governo vuole fare cartastraccia di un referendum?
Noi, società civile, ci opporremo e useremo tutti gli strumenti necessari per evitare un ritorno al nucleare.

Laura Tussi