26 SETTEMBRE , PETROV DAY, GIORNATA DI DISOBBEDIENZA NONVIOLENTA
IL GOVERNO RICONOSCA, INSIEME A QUELLA CLIMATICA, L’EMERGENZA NUCLEARE: ADERISCA, PER COMINCIARE, AL TRATTATO DI PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI
Ignorata dai più, la minaccia nucleare, sia militare che civile (due facce della stessa medaglia),
incombe come una spada di Damocle sulla nostra testa: ricorrendo ad una metafora analoga alla
“casa comune che brucia”, possiamo paragonarla al gas esplosivo che si accumula e inonda un
condominio dal tubo del metanodotto di cui non sia stata chiusa la valvola di flusso.
Il rischio “atomico”, alimentato dalle competizioni di potenza, dalla corsa agli armamenti, dai conflitti,
nel suo intreccio con la minaccia climatica e con la minaccia della diseguaglianza sociale,
innescato da una qualsiasi scintilla, può deflagrare in ogni momento. E condurre in un amen al
completamento della sesta estinzione di massa.
Lo scoppio di una guerra nucleare può accadere persino per caso, per incidente o per errore di
calcolo, provocando, nel caso fortunato, quello di scambi missilistici localizzati (la guerra “di
teatro” o lo scontro tra medie potenze), la distruzione della civiltà umana (si dovrebbero, ad
esempio, fare i conti con inverni nucleari continentali!) e, nel caso peggiore, se totale e globale
conflitto tra superpotenze, della intera vita sulla Terra.
Noi, le promotrici e i promotori della presente iniziativa, non vogliamo lasciarci passivamente
trascinare nel baratro mortale verso il quale il sistema dell’accumulazione illimitata – per il
profitto e la potenza – ci sta orribilmente spingendo giorno dopo giorno!
Un sistema che – ricorda il missionario comboniano Padre Alex Zanotelli – si erge a protezione della profonda ingiustizia globale, servendo quell’1% di straricchi della popolazione mondiale, che con il 10% dei suoi maggiordomi “affluenti”, oggi consuma il 90% dei beni di questo mondo.
Un sistema che coltiva una falsa idea della “sicurezza”, basata sulla dissuasione distruttiva quale principio difensivo: mi sento come Stato tanto più garantito nei riguardi delle potenziali offese altrui quanto più sono in grado di scatenare – ed il “nemico” ne deve essere credibilmente ammonito – forze fisiche che
uccidono e sterminano in modo massiccio e provocano disastri materiali catastrofici.
La deterrenza nucleare, cioè la preparazione e la minaccia dello sterminio atomico per sedicenti
esigenze di difesa, dimostra dove portano l’idea e la pratica della guerra, che è un male
incontenibile, scatenante il massimo possibile di violenza, di distruzione; e di inquinamento. I
complessi militari industriali e la logica della potenza degli Stati sono i motori propulsivi di
attività belliche e militari devastatrici, è ovvio, ma anche fortemente inquinanti, anzi forse le
più inquinanti in assoluto. Dobbiamo considerare che la macchina bellica, armata nella sua
ultima ratio di denti nucleari, va oggi normalmente a petrolio e molto spesso è in moto, nel suo
quotidiano ed ordinario esplicarsi, per il controllo delle limitate e localizzate fonti fossili. Si fa,
insomma, la guerra con il petrolio e la guerra per il petrolio! Ma un carro armato, un
cacciabombardiere, una portaerei che spara missili Cruise fanno guerra anche al clima oltre che
all’ambiente: non è da ritenersi irrealistica una stima intorno al 15% della CO2 emessa come
portato dei 1.700 miliardi annui di spese militari. Le strutture e le attività che tale spaventoso
budget lubrifica sono responsabili, va sottolineato ancora, di vittime umane, di sconvolgimenti
ambientali, di spostamenti forzati e drammatici di popolazioni; e di riscaldamento globale.
La deterrenza nucleare è ciò che porta alle estreme conseguenze la logica della guerra; è il suo
fondamento mentale (sono tanto più sicuro quanto più sono in grado di uccidere) ed il suo
coronamento ultimo: è ciò che può fare della pratica patologica dei conflitti armati una crisi con
lo sbocco non solo della morte di alcuni esseri umani, ma della morte di tutti gli esseri umani,
per sempre.
Essa gioca, rispetto all’apparato degli Stati-potenza e dei complessi militari industriali, un ruolo
analogo a quello della crisi climatica all’interno della più complessa crisi ecologica: non copre
tutte le patologie di un organismo malato, ma è una situazione di stress pericoloso che può
determinare determinare il passaggio immediato dallo stato di vivente allo stato di non vivente. Una persona
colpita da infarto a cui si ferma il cuore può essere malata di tantissime altre cose, può incubare
un terribile tumore. Ciò non toglie che diventa una priorità da parte dei soccorritori compiere
delle manovre adeguate o usare il defribillatore per ripristinare il battito cardiaco onde evitare
l’immediato decesso e quindi dare anche il tempo e le opportunità per curare tutte le altre
malattie. Senza contare che, a differenza che nel nostro esempio, l’intervento emergenziale,
soprattutto nel caso dell’intervento emergenziale sulla crisi climatica, può costituire di per sé
stesso un decisivo abbrivio al cambiamento totale di sistema. La manovra emergenziale cura
anche i tumori che affliggono la nostra civilizzazione rosa dal cancro della crescita illimitata (e
della proprietà oligarchica dei grandi mezzi di produzione e delle grandi masse monetarie)!
Accogliamo allora con gioia il risveglio della nuova generazione che sulla crisi climatica si sta
mobilitando in tutto il mondo: prende sul serio i rapporti della comunità scientifica mondiale, ha
capito che non c’è più tempo, che adesso è il momento di agire per garantirsi un futuro (e per
conservare il senso della storia umana sulla Terra)!
Allo stesso tempo ci sgomenta l’indifferenza generale con la quale si trascurano, anche nei cortei
per il clima, le terribili notizie sui trattati internazionali disdetti (quello sugli euromissili e lo
START che non verrà rinnovato), sulle migliaia di miliardi di dollari destinate ad ammodernare le
armi “fine del mondo”, sul moltiplicarsi e l’aggravarsi delle crisi in cui il “bastone atomico” viene
esplicitamente brandito (USA-Corea del Nord, USA-Israele-Iran, USA-Russia per l’Ucraina, India-
Pakistan, eccetera).
Siamo atterriti che nelle alte sfere militari si discuta con nonchalance, nella sottovalutazione e
persino nell’apatia dei media, di trasferire il potere decisionale sulle eventuali reazioni ad
attacchi nucleari a tecnologie immature e comunque controverse come l’intelligenza artificiale.
Siamo alla follia assoluta: consegnare la vita universale nelle mani della presunta coscienza delle
macchine!
L’inquinamento radioattivo, frutto della preparazione della guerra nucleare collegata alla
tecnologia pseudo civile di produzione elettrica, compie in silenzio il suo sporco lavoro di
aggressione alla materia vivente: Chernobyl è un mostro per nulla dormiente, l’acqua di
Fukushima viene scaricata nell’Oceano, le centrali francesi sono colpite da un incidente dietro
l’altro, le scorie radioattive che non si riescono a smaltire sono bombe a scoppio ritardato… ed
ancora l’opinione pubblica poco avvertita permette che possano essere riconosciuti quali
“ecologisti” i sostenitori della soluzione nucleare spacciata falsamente come energia pulita in
grado di ridurre le emissioni di CO2!
Si pensi, tra gli output del ciclo nucleare, al plutonio e alla sua capacità inquinante. “Il plutonio
è stato prodotto, concentrato e isolato in grandi quantità (centinaia di tonnellate) durante gli
anni della guerra fredda per la produzione di armi. Questi depositi, siano o meno in forma di
armi, rappresentano un rischio tossicologico significativo principalmente perché non esistono vie
facilmente praticabili per il loro smaltimento”.(da wikipedia). Si potrebbe dire più
correttamente che AL MOMENTO – E NELL’ATTUALE STADIO DELLA NOSTRA CIVILTA’ TECNOLOGICA –
NON ESISTONO VIE PRATICABILI PER LO SMALTIMENTO DEL PLUTONIO. Il plutonio, elemento artificiale che non esiste praticamente in natura, è talmente tossico e radioattivo che basta
inalarne una quantità infinitesima per sviluppare un cancro al polmone. La sua radioattività è
praticamente eterna sulla scala temporale umana: impiega 24.400 anni circa per dimezzare.
Dati antiquati del 2006 – quindi da aggiornare – ci dicono che:”Per scopi militari sono state
prodotte oltre 250 tonnellate di plutonio e più di 2200 tonnellate di uranio altamente arricchito
(HEU)”.(Relazione di Paolo Cotta Ramusino, presidente USPID, ad un seminario ENEA). E questi
dati non si riferiscono al materiale fissile, molto più consistente, prodotto per gli usi sedicenti
civili. Ad esempio, solo nel Giappone attualmente sarebbero stoccate 11 tonnellate di plutonio, mentre altre 36 tonnellate vengono trattate in Gran Bretagna e Francia per poi essere rinviate
indietro al governo di Tokio. Corrispondendo 1 tonnellata ad un milione di grammi ed essendo 1
grammo di plutonio ottimalmente distribuito capace di sviluppare 1,8 milioni di cancri al
polmone (Enzo Tiezzi ripreso da Gianni Mattioli e prima ancora da Helen Caldicott) basterebbe
un semplice calcolo aritmetico per dedurre che il solo plutonio giapponese sarebbe teoricamente
capace di sterminare centinaia di volte l’attuale umanità!
Ecco perché noi, cittadine e cittadini preoccupati, firmatari del presente appello ,
CONDIVIDENDO CON I GIOVANI “RISVEGLIATI” LA CONSAPEVOLEZZA DELLA CRISI CLIMATICA, MA CON UN TRAGICO SURPLUS DI COGNIZIONE SUL RISCHIO MORTALE COSTITUITO DAL NUCLEARE MILITARE E CIVILE, DENUNCIATO DA SETTORI CONSISTENTI DELLA COMUNITA’ SCIENTIFICA E DALLA STESSA ONU CHE HA AVVIATO IL PROCESSO DELLA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI
chiediamo a tutti i responsabili delle amministrazioni pubbliche, in primo luogo al Governo del
nostro Paese:
di riconoscere e dichiarare lo stato di emergenza nucleare dell’Umanità. L’emergenza proclamata
va intesa come la presa d’atto della sussistenza di un rischio di estinzione per la specie umana
del tutto inaccettabile, nel contrastare il quale occorre assumere responsabilità politica a tutti i
livelli con straordinaria determinazione e focalizzazione di impegno;
di considerare, di conseguenza, a partire da subito, come la priorità del presente, e dei prossimi
anni , la lotta per il disarmo e la denuclearizzazione volta ad eliminare tale rischio, da collegare
anche alla lotta contro il riscaldamento globale e per la transizione a un’economia sostenibile
(il Green New Deal);
di aderire da subito, come Paese al Trattato di proibizione delle armi nucleari, lanciato da una
Conferenza ONU del luglio 2017. E di fare sì che nelle sedi internazionali, a partire dalla
revisione del Trattato di Non Proliferazione programmata nel 2020, si proponga il principio
abrogazionista del nucleare come motore di un nuovo ordine giuridico internazionale e di
negoziati diplomatici globali che portino ad un effettivo disarmo;
di escludere in tutte le sedi l’opzione nucleare tra possibili soluzioni al cambiamento climatico,
con ciò ribadendo la volontà del popolo italiano espressa nel voto referendario del 2011.
Di fronte alla prospettiva per nulla astratta e risibile dell’estinzione, cui occorre ribellarsi,
riteniamo sia necessario andare oltre le campagne e le forme di lotta convenzionali ed
indichiamo, per combattere la minaccia nucleare concepita come emergenza, l’adozione di un
modello nonviolento di resistenza civile.
Invitiamo a moltiplicare le iniziative e le proteste e a promuovere la disobbedienza civile di
massa, indispensabile per gettare il peso dei “persuasi” nel dibattito pubblico e scuotere così le
coscienze sollecitando la sensibilizzazione e l’attivizzazione della base popolare da cui non si può
prescindere per superare la crisi globale che stiamo vivendo.
Indichiamo come possibile scadenza per una grande azione di disobbedienza civile, con forme
decentrate e diffuse, ma anche con un momento di convergenza sulla capitale Roma, il 26
settembre 2020.
Questa data è il Petrov day, è il giorno in cui l’ONU ha indicato la necessità del bando delle armi
nucleari in ricordo dell’obiezione di coscienza del colonnello sovietico che il 26 settembre 1983
riuscì ad impedire che un falso allarme dei computer su un attacco missilistico USA (in realtà onde elettromagnetiche del sole riflesse dalle nuvole!) scatenasse la risposta missilistica di
Mosca.
In questa data simbolica proponiamo alle donne e agli uomini di buona volontà, singoli o
organizzati, che ci si riunisca, si manifesti, si agisca con il cervello e con il cuore per
concretizzare la nostra volontà di ribellione ragionata e pacifica alla massima minaccia sicura
contro il futuro della sopravvivenza umana.
Protestiamo e disobbediamo, il 26 settembre, il Petrov Day, contro l’intreccio tra minaccia
nucleare e minaccia climatica, contro la minaccia delle tecnologie contro l’uomo e contro la
Natura, per la pace tra la società e la Terra e quindi per la pace tra gli esseri umani.
Le persone e le associazioni che vogliono attivarsi ci possono contattare a queste mail:
kronospn@tiscali.it
coordinamentodisarmisti@gmail.com
Condividono le considerazioni di Alfonso Navarra:
Moni Ovadia, Antonia Sani, Oliviero Sorbini, Luigi Mosca,
Francesco Masi, Michele Carducci, Adriano Ciccioni, Massimo Aliprandini .