Con Laura Tussi, Fabrizio Cracolici, Maurizio Acerbo, Giorgio Cremaschi.
Modera Leonardo Marotta
Pamphlet ecologico, un libro ecologista e pacifista. E’ un libro postumo di Virginio Bettini, un uomo libero e giusto, un maestro per generazioni di studenti, un supporto scientifico per centinaia di comitati ed associazioni ambientaliste. Virginio è stato docente dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia (ora Università IUAV di Venezia), eurodeputato dei Verdi arcobaleno, e uno dei maggiori esponenti dell’ecologismo scientifico (una parola orrenda in uso negli anni ’90). Il libro, che tratta temi di ecologia, città paesaggio e pianeta, risponde a molte domande, ed è a cura di Maurizio Acerbo, Fabrizio Cracolici, Laura Tussi, con la prefazione di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici; l’introduzione di Maurizio Acerbo, un intervento di Paolo Ferrero, la postfazione di Alfonso Navarra e il contributo di David Boldrin Weffort parla dei temi dell’ecologia per il futuro nostro e del pianeta, in modo semplice, lucido, simpatico e soprattutto contro la guerra.
Siamo di fronte a un momento chiave per la transazione ecologica: molti dei paesi occidentali sono lungi dal ridurre le loro emissioni di gas serra, che foreste e suolo non riescono più ad assoribire. Alcuni Stati europei hanno preso delle misure, tutt’altro che incisive, mentre le sovvenzioni al settore delle energie fossili sono più che raddoppiate negli ultimi dieci anni. Ci si aspetterebbe allora un certo impegno in profonde riforme delle politiche pubbliche e dell’economia ma, nonostante le buone idee non manchino, si fatica ancora a implementare nuovi progetti con efficacia su scala globale.
Presentazione del pamphlet ecologico di Virginio Bettini e del suo modello su ambiente e paesaggio.
Presentano i curatori del libro Laura Tussi, Maurizio Acerbo e Fabrizio Cracolici, partecipa Giorgio Cremaschi, moderatore Leonardo Marotta.
Da decenni la Sardegna e il suo popolo sono ostaggio di interessi politici e militari che sfruttano il territorio impoverendolo, facendo ammalare o scappare chi lo abita, inquinando e alimentando la cultura della guerra. Tuttavia l’isola ha saputo reagire e sono innumerevoli le iniziative di contrasto a questi abusi, per conquistare l’autodeterminazione e diffondere i valori della pace e della nonviolenza.
Sardegna – “Questa sola parola: non vogliamo più armi, non facciamo più armi”
David Maria Turoldo
La Sardegna è una delle regioni italiane più militarizzate, tra basi militari, poligoni, servitù militari, dove si addestrano eserciti di tutto il mondo. Nell’isola migliaia di ettari di territorio sono interessati a servitù militari e per varie migliaia di chilometri di mare è vietata la navigazione, così come la pesca, durante le esercitazioni militari. Tre sono i grandi poligoni: Salto di Quirra, Capo frasca, Teulada. La maggior parte della superficie italiana soggetta a servitù militari si trova in Sardegna. Insopportabili gli effetti sulla vita, la salute, l’ambiente, l’economia della popolazione.
I MOVIMENTI PACIFISTI SI OPPONGONO
È dal dopoguerra che nell’isola sono attivi movimenti pacifisti diffusi che hanno contestato e contrastato un destino deciso altrove al servizio di strategie politiche e militari che calpestano la volontà delle popolazioni locali. Una solida tradizione di lotta e resistenza contro la militarizzazione e la guerra, per la tutela della salute e dell’ambiente intrecciate per le lotte sociali e con le lotte sociali, per la rinascita e la risoluzione dei problemi economici e sociali della popolazione. Da questa esperienza nascono i celebri murales di Orgosolo, che parlano con l’arte e raffigurano le lotte per la pace, episodi di vita quotidiana, l’emancipazione della donna, le culture locali e altro ancora.
I POLIGONI DI QUIRRA, CAPO FRASCA E CAPO TEULADA
Il poligono missilistico sperimentale di Quirra è il più vasto d’Europa: istituito nel 1957 è utilizzato soprattutto dalle industrie che producono armi. Gran parte della popolazione ha abbandonato il proprio territorio nel corso degli anni e vi sono numerosissimi casi di tumore. Vari anche i casi di incidenti, di missili finiti fuori rotta, fuori dal poligono con danni e rischi abnormi.
Sulla costa occidentale vi è il poligono di tiro di Capo frasca. Nel 1969 il primo incidente si verifica quando un aereo mitraglia una barca della cooperativa del golfo di Marceddì e ferisce un pescatore. Da allora numerosi gli incidenti segnalati. La militarizzazione di questa zona è stata la fine del paese di Sant’Antonio di Santadi, perché l’esproprio di terreni ha costretto gli abitanti ad emigrare. E anche qui la popolazione si è ribellata con la rivolta di Cabras nel 1978.
A Capo Teulada, più a sud, si trova il poligono per esercitazioni terra, aria, mare. Il secondo poligono di Italia per estensione. Anche qui tanti rischi per la popolazione a cominciare dagli errori e dall’inquinamento ambientale derivano dall’utilizzo dei famigerati proiettili all’uranio impoverito.
Questi i siti principali, ma tutta l’isola è disseminata di tante altre installazioni militari: l’aeroporto Nato di Decimomannu, la base di capo Marrargiu, il porto militare di Cagliari, le polveriere, i radar, i depositi di carburante. In passato e per molto tempo nell’isola di Santo Stefano dell’arcipelago de La Maddalena la marina USA aveva una nave appoggio per sommergibili nucleari, in piena guerra fredda. L’oppressione che penalizza la Sardegna in misura abnorme e iniqua ha trasformato la felice posizione di centralità mediterranea in una maledizione per il popolo sardo e quelli dell’altra riva.
LA STRATEGIA MILITARE NATO-USA
Dagli anni cinquanta, nel quadro della strategia militare NATO-USA la Sardegna è usata come immensa base. A partire dagli anni novanta, i vertici militari annunciano ripetutamente con estrema chiarezza che l’importanza strategica dell’isola è potenziata e destinata a crescere. I segni forti e palesi del rafforzarsi della schiavitù militare non sono colti né dalle istituzioni né dalla classe dirigente, entrambe arroccate nella tradizionale politica del “non vedo, non sento, non parlo”.
Sono invece segni colti dalle popolazioni costrette loro malgrado a convivere con le devastanti attività militari. Il progetto eterodiretto imposto alla Sardegna lentamente produce nel popolo sardo degli anticorpi. L’insofferenza popolare, fortemente radicata, nonostante da mezzo secolo si tenti di soffocarla e di anestetizzarla sembra scuotersi dall’atavica rassegnazione.
I PACIFISTI SI MOBILITANO E DENUNCIANO
Per merito dei pacifisti sardi, emergono i casi di leucemia provocati dall’uso dell’uranio impoverito in Bosnia e nei poligoni. Importante il convegno a Cagliari nel luglio 2007 riguardante l’opposizione alle basi militari in Sardegna e nel mondo. Si parla di sindrome di Quirra, unitamente alla sindrome dei Balcani. Nel 2001 la coraggiosa denuncia del medico e sindaco Antonio Pili fa emergere i dati da brivido sui tumori a Quirra: quindi un lavoro dal basso porta alla luce anche la drammatica situazione di un paese confinante con il lato sud ovest del poligono.
L’oppressione che penalizza la Sardegna in misura abnorme e iniqua ha trasformato la felice posizione di centralità mediterranea in una maledizione per il popolo sardo
L’esproprio delle risorse naturali e il conseguente strangolamento della fragile economia provocato dall’ingombrante e minacciosa presenza militare suscita ondate ricorrenti di opposizione popolare. Pastori e pescatori di volta in volta si mobilitano in un’ostinata difesa del poco lavoro che è stato loro concesso di svolgere, nei pochi pascoli devastati dai giochi di guerra, nelle ristrette zone di mare, ormai saturo di ordigni bellici. Negli anni novanta i pescatori del Sulcis si mobilitano e ottengono risultati.
Strati crescenti di popolazione vanno acquisendo una sempre maggiore consapevolezza del ruolo che le basi militari giocano nelle politiche militari della Sardegna, per i diritti umani negati, il diritto all’uso sostenibile delle risorse, il diritto al controllo democratico del territorio, il diritto a vivere senza l’incubo dell’olocausto nucleare, dell’uranio impoverito, della morte lenta per leucemia. E la lotta contro la guerra di aggressione in Iraq si va lentamente intrecciando e rafforzando a vicenda con queste problematiche, dando spessore alla consapevolezza che ripudiare la guerra comporta il rifiutare le basi e i poligoni della guerra stessa.
L’ISOLA DI PACE NEL MEDITERRANEO
Diventa sempre più profondo e visibile l’abisso che separa il ruolo di lugubre scuola di guerra, aggressivo bastione armato del Mediterraneo imposto alla Sardegna dalle alte sfere internazionali, e il progetto di futuro, deciso dalla Sardegna, dal suo popolo e dalle istituzioni di ospitale crocevia di popoli e culture delle due rive del Mediterraneo.
Nel corso della sua storia millenaria la Sardegna non ha mai mosso guerra di aggressione ad altri popoli. È sempre stata isola di pace e intende essere isola di pace. La lotta conferma che non esiste governo né forza armata che non possono essere sconfitti da un popolo quando il popolo ha la ragione e la volontà di lottare per far prevalere i suoi diritti e le sue esigenze.
Noi pacifisti e nonviolenti lavoriamo per liberare la Sardegna dalla presenza militare con l’obiettivo che tutto l’apparato che sostiene e fomenta la guerra così come schiavitù, razzismo, ingiustizia sociale, finisca al più presto nell’archeologia della storia. Crediamo che la Sardegna possa dare un enorme contributo perché enorme è il peso della pressione militare che la mortifica. Liberandosi del ruolo di vittima, si libera del ruolo di complice e concorre a liberare l’umanità dall’incubo della guerra.
In un documento del 2012 i comitati pacifisti e le famiglie dei militari uccisi da tumore chiedono con forza la sospensione delle attività dei poligoni dove si sono registrate patologie di guerra. L’evacuazione dei militari esposti alla contaminazione dei poligoni; il ripristino ambientale; la bonifica seria e credibile delle aree terrestri e marine contaminate; il risarcimento dei malati alle famiglie; il ripudio della guerra e delle sue basi concentrate in Sardegna; l’impiego delle risorse ai fini di pace. Vorrei menzionare per concludere il libro Sono morto come un vietcong. Leucemie di guerra della giovane pacifista sarda Giulia Spada, una forte denuncia e importante presa di posizione e testimonianza a favore della pace.
Bibliografia di approfondimento
Bobbio Norberto, Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino, Bologna 2009
Mastrolilli Paolo, Lo specchio del mondo. Le ragioni della crisi dell’ONU, Laterza, Roma 2005
Mini Fabio, Perché siamo così ipocriti sulla guerra? Un generale della Nato racconta, Chiarelettere, Milano 2012
Pugliese Francesco, Abbasso la guerra. Persone e movimenti per la pace dall’800 a oggi, Grafiche futura, Mattarello – Trento
Fonti analitiche
Gagliano Giuseppe, Studi politico-strategici. La conflittualità non convenzionale nel contesto delle ideologie e dei movimenti antagonisti del novecento, Vol. II, edizioni New Press – Como, I Edizione 2007
Che fine ha fatto la legge per il controllo sull’esportazione di armi? La legge 185 sull’export di armi è sotto attacco. Nel 2021 l’Italia ha revocato sei licenze per la fornitura di armi e missili ad Arabia Saudita e Emirati arabi uniti. La reazione del settore della difesa non si è fatta attendere, mettendo nel mirino la norma della legge 185/1990 “la revoca delle licenze non dovrebbe essere l’eccezione ma la regola” spiega rete pace e disarmo. La legge del 1990 prevede che siano vietate la fabbricazione, l’importazione, l’esportazione, il transito di armi biologiche, chimiche e nucleari, nonché la ricerca preordinata alla loro produzione e la cessione della relativa tecnologia.
Un excursus nel passato
E’ dal 1984 che il comitato contro i mercanti di morte chiede maggiori controlli.
Nel 1987 diversi coraggiosi magistrati hanno tolto il coperchio che copriva questi traffici tutti poco conosciuti e molto illeciti. Grazie alle inchieste giudiziarie, l’opinione pubblica ha conosciuto il significato di triangolazione. Ossia come ci si poteva arricchire con la guerra Iran Iraq, con la spregiudicatezza di molte industrie belliche e la connivenza di troppi industriali statali.
È sempre nel 1987 che si è iniziato a distribuire in parlamento il testo di una legge che controllasse il commercio di armamenti, la prima legge della Repubblica italiana.
Il governo che inizialmente aveva proposto un suo disegno di legge più orientato a promuovere le esportazioni che a limitarle, ha cambiato atteggiamento. Spinto dai parlamentari più pacifisti, si è aperto un dialogo con le proposte di maggior controllo fatte dall’opposizione.
Però avendo scelto la strada giusta, il governo ha ingranato la marcia più lenta. Di 31 articoli che formavano la legge, solo uno e mezzo sono approvati in sede legislativa dalla commissione parlamentare appositamente costituita.
Le industrie belliche si attivano
Intanto, fuori dal palazzo, le industrie non sono rimaste ad aspettare. Dopo il calo delle esportazioni di armi, verificatosi a partire dal 1984, cercano di lanciarsi con i finanziamenti statali. Il progetto di una nuova legge straordinaria per l’acquisto di nuove armi che sta nel cassetto degli Stati maggiori, sembra fatta più per rilanciare le industrie belliche che per affrontare la nuova fase di disarmo. Il secondo obiettivo delle industrie belliche è quello di fare un salto tecnologico che le renda più competitive sui mercati internazionali. Queste industrie tendono ad accollare i costi del salto tecnologico allo Stato. Le spese per la ricerca e lo sviluppo militare sono in continuo aumento negli ultimi anni.
La nonviolenza contro i mercanti di morte
Ancora una volta i mercanti di morte si ritrovano a fare affari. Nel 1989 a Genova si inaugura la settima edizione della Mostra navale Italia, la principale esposizione di sistemi d’arma nel nostro paese. Per entrare alla Mostra, i mercanti di morte dovranno scavalcare migliaia di pacifisti seduti di fronte ai cancelli.
L’opposizione nonviolenta è organizzata dal comitato contro la mostra insieme a decine di organizzazioni e associazioni laiche, sindacali, religiose, culturali, insieme a partiti e movimenti giovanili e ad associazioni per la pace. Il pacifismo in Liguria era impegnato da anni perché la città si rifiutasse di operare e di ospitare la filiera e la fiera delle armi che finiscono vendute innanzitutto al terzo mondo e persino ai paesi belligeranti.
La discussione è riuscita a coinvolgere anche le amministrazioni locali e ha provocato polemiche a non finire. Ma evidentemente le ragioni degli organizzatori della mostra sono state più convincenti dell’appello rivolto dai pacifisti alla popolazione locale.
Invito a non legittimare le armi e la violenza
Il comitato contro la mostra ha comunque invitato le autorità a non legittimare con la propria presenza l’inaugurazione della Mostra di armi: ci sarà qualcuno che vorrà almeno con questo piccolo gesto testimoniare di aver ascoltato le voci di Pace? L’appuntamento per i pacifisti di tutti Italia dunque era a Genova insieme per dire con la forza della nonviolenza NO alla mostra e SI al disarmo e alla riconversione dell’industria bellica.
L’attualità del boicottaggio degli armamenti
Attualmente vediamo ancora la Liguria al centro del ciclone mediatico perché il Movimento dei portuali di Genova e La Spezia sono impegnati a boicottare il traffico di armi e a rifiutarsi di caricare ordigni militari di distruzione sulle navi che salpano dai porti.
Un appello al mondo del pacifismo perché è molto triste tutto ciò che succede in questa martoriata madre terra. Gli eventi non volgono al meglio.
Una cosa rattrista molto ed è il fatto che tra noi pacifisti non vi sia Unione di intenti. Troppe divisioni e per questo i potenti possono fare oramai tutto quello che vogliono.
Per i poteri forti la guerra ad oltranza anche con la possibilità dell’utilizzo di armi di distruzione di massa nucleari è la via per la Pace. Diamo il giusto senso alle parole. La guerra non può essere pace e la pace deve sussistere perché non è guerra.
Dobbiamo rifondarci come umanità e dobbiamo farlo subito: non vi è più tempo. Superiamo i problemi che ci dividono e torniamo assieme a lottare per la Pace, la Pace che hanno tentato di donare all’intera umanità i nostri padri Partigiani. Facciamolo per loro, per noi e per le future generazioni. Stiamo chiedendo accoratamente una tregua di pace per una guerra tra Ucraina e Russia e Nato che sta seminando morte e disperazione. Chiediamo al mondo del pacifismo una tregua anche tra di noi in modo da essere più efficaci e soprattutto credibili nel contrastare le guerre che stanno avvenendo. Un invito a vedere questo meraviglioso video “I bambini della Pace”: Impariamo dai bambini che sono la speranza per un mondo senza guerre.
IN FOTO: I disegni della mia mamma Angela Belluschi che raccontava sempre le avventure incredibili e a rischio di morte di mio nonno Luigi sabotatore dell’industria bellica, come operaio alla Breda di Sesto San Giovanni e Resistente durante il ventennio fascista e contro il regime nazifascista. Mamma ha realizzato vari disegni nei limiti dell’età e della grave patologia. Alcuni disegni sono pubblicati nel mio libro Resistenza e Nonviolenza creativa.
POST SCRIPTUM: Grazie cara Mamma per questa bellissima rosa colorata. Mia mamma Angela Belluschi soffre di Alzheimer e i servizi sociali adibiti alla cura di questa malattia scarseggiano. Ormai la sanità pubblica e lo stato sociale sono ridotti all’osso perché i vari governi investono sempre e sempre di più in armi e ordigni militari e in guerra. Voglio denunciare la mancanza di stato sociale e di assistenza agli anziani e ai più deboli, in quanto i governi continuano a investire in armi e in guerra e questo è un vero crimine da parte delle istituzioni nei confronti dei più bisognosi e delle frange deboli della società. Mentre mamma vuole e ha sempre voluto la pace come noi tutti.
Docente, giornalista e scrittrice, si occupa di pedagogia nonviolenta e interculturale. Ha conseguito cinque lauree specialistiche in formazione degli adulti e consulenza pedagogica nell’ambito delle scienze della formazione e dell’educazione. Coordinamento Italia Campagna Internazionale ICAN – Premio Nobel per la Pace 2017 per il disarmo nucleare universale, collabora con diverse riviste telematiche tra cui Pressenza, Peacelink, Ildialogo, Unimondo, AgoraVox ed ha ricevuto il premio per l’impegno civile nel 70esimo Anniversario della Liberazione M.E.I. – Meeting Etichette Indipendenti, Associazione Arci Ponti di Memoria e Comune di Milano. Autrice dei libri: Sacro (EMI 2009), Memorie e Olocausto (Aracne 2009), Il dovere di ricordare (Aracne 2009), Il pensiero delle differenze(Aracne 2011), Educazione e pace (Mimesis 2012), Un racconto di vita partigiana – con Fabrizio Cracolici, presidente ANPI Nova Milanese (Mimesis 2012), Dare senso al tempo-Il Decalogo oggi. Un cammino di libertà (Paoline 2012), Il dialogo per la pace. Pedagogia della Resistenza contro ogni razzismo (Mimesis 2014), Giovanni Pesce. Per non dimenticare (Mimesis 2015) con i contributi di Vittorio Agnoletto, Daniele Biacchessi, Moni Ovadia, Tiziana Pesce, Ketty Carraffa, Antifascismo e Nonviolenza (Mimesis 2017), con Alfonso Navarra, Adelmo Cervi, Alessandro Marescotti. Collabora con diverse riviste di settore, tra cui: “Scuola e didattica” – Editrice La Scuola, “Mosaico di Pace”, “GAIA” – Ecoistituto del Veneto Alex Langer, “Rivista Anarchica”. Promotrice del progetto per non dimenticare delle Città di Nova Milanese e Bolzano www.lageredeportazione.org e del progetto Arci Ponti di memoria www.pontidimemoria.it. Qui il suo canale video.
Lo Spazio Gloria di Como, dal 2007, ha reso omaggio a Fabrizio De André con l’evento “Dai Diamanti non Nasce Niente”, che giunge quest’anno alla 17esima edizione. L’evento ha sempre visto una fortissima partecipazione di pubblico e ha contribuito, fin dalla prima edizione, all’intensa attività culturale per il cineteatro comasco, confermando il valore della presenza sul territorio di un importante spazio che in questi anni ha presentato rassegne cinematografiche, concerti, iniziative musicali e teatrali di notevole qualità e valore artistico. Per dirla con le parole di De André, lo Spazio Gloria si conferma una “goccia di splendore” e di cultura che deve brillare sempre alta nel cielo lariano.
La storia.-.
Sul palco del Gloria, oltre alla costante presenza di Renato Franchi & l’Orchestrina del Suonatore Jones – il cantautore legnanese è il direttore artistico dell’evento – hanno suonato e cantato numerosi artisti: i comaschi Luca Ghielmetti, D’Altrocanto, Sulutumana, Filippo Andreani, Settegrani, Andrea Parodi, Lele Complici e Michele Tiso, Marco Belcastro, i genovesi Andrea Sigona, Lele Ravera e Bricchi, Gotti e Lambicchi, e poi i varesini Re della Cantina, Chiara Jeri da Livorno, Fab Ensemble da Venezia, Roberto Durkovic da Pavia, i ragazzi de Le Nuvole e la Cirigliano Band. Ricordiamo, inoltre, la partecipazione di Alessio Lega e di Oliviero Malaspina, collaboratore di Fabrizio e del figlio Cristiano.
Edizione 2023: i protagonisti
Marinella .-.
Aprirà la serata un’artista dalla forte personalità, proveniente da Modena: Marinella (Marinella Vescovini), da sempre vicina alla canzone d’autore e impegnata in tutta la penisola in diverse serate-tributo al repertorio dei cantautori italiani, specialmente di Fabrizio De André. Una voce particolare e una chitarra acustica per interpretazioni di grande impatto, rese suggestive dagli originali arrangiamenti.
Figli di un Temporale .-.
I saronnesi “Figli di un temporale” amano la canzone d’autore italiana e non solo, con una particolare devozione per i brani e la figura di Faber. Il nome che hanno scelto, tratto dalla famosa “Fiume Sand Creek” di Bubola e De André, è il giusto biglietto da visita di questa eclettica band, che si presenta in formazione elettrica.
Gio Bressanelli.-.
Gio Bressanelli, da Crema, è un sensibile cantautore di notevole esperienza, con all’attivo diversi album di proprie composizioni. La sua grande passione per Fabrizio De André lo vede spesso impegnato in concerti dedicati alle sue canzoni, interpretate sempre con originalità. Si presenta sul palco del Gloria con una formazione acustica.-.
La quarta proposta della serata è tutta comasca! Il palco sarà affidato alla band-rivelazione dell’edizione dello scorso anno. Si tratta dei “404 “, ensemble composto da quattro giovani musicisti, che per l’occasione proporranno quattro brani di Faber nella loro suggestiva e personale interpretazione. Ricordiamo inoltre che lo scorso 16 dicembre il gruppo ha prodotto “Interrotti”, il suo secondo lavoro discografico.
Renato Franchi &
Orchestrina del Suonatore Jones.-.
La serata si concluderà, come sempre, con il set di Renato Franchi & l’Orchestrina del Suonatore Jones, direttori artistici e coordinatori della rassegna dalla prima edizione del 2007. La formazione, che ha all’attivo centinaia di concerti e una quindicina di album con brani originali, nasce dall’amore per il rock, la canzone d’autore e per Fabrizio De André. La band, che attualmente sta completando la registrazione delle tracce del nuovo album, che uscirà in aprile 2023, chiuderà l’evento proponendo con particolari arrangiamenti le canzoni di Faber ed un brano del proprio repertorio. La serata si concluderà salutando il pubblico con tutti gli artisti sul palco, con una jam session dedicata a De André e ai suoi pezzi più amati.-.
Durante la serata, condotta dal giornalista Alessio Brunialti, interverranno gli scrittori Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, che presenteranno la pubblicazione “Memoria e futuro” dal Premio Nobel per la pace, note di Resistenza e Nonviolenza creativa tra memoria e futuro per una nuova umanità, oltre i totalitarismi: contro ogni guerra.
Sarà inoltre presente lo stand della rivista musicale online “L’isola che non c’era”.
Che fine ha fatto la legge per il controllo sull’esportazione di armi? La legge 185 sull’export di armi è sotto attacco.
Nel 2021 l’Italia ha revocato sei licenze per la fornitura di armi e missili ad Arabia Saudita e Emirati arabi uniti.
La reazione del settore della difesa non si è fatta attendere, mettendo nel mirino la norma della legge 185/1990 “la revoca delle licenze non dovrebbe essere l’eccezione ma la regola” spiega rete pace e disarmo.
La legge del 1990 prevede che siano vietate la fabbricazione, l’importazione, l’esportazione, il transito di armi biologiche, chimiche e nucleari, nonché la ricerca preordinata alla loro produzione e la cessione della relativa tecnologia.
Un excursus nel passato
E’ dal 1984 che il comitato contro i mercanti di morte chiede maggiori controlli.
Nel 1987 diversi coraggiosi magistrati hanno tolto il coperchio che copriva questi traffici tutti poco conosciuti e molto illeciti. Grazie alle inchieste giudiziarie, l’opinione pubblica ha conosciuto il significato di triangolazione. Ossia come ci si poteva arricchire con la guerra Iran Iraq, con la spregiudicatezza di molte industrie belliche e la connivenza di troppi industriali statali.
È sempre nel 1987 che si è iniziato a distribuire in parlamento il testo di una legge che controllasse il commercio di armamenti, la prima legge della Repubblica italiana.
Il governo che inizialmente aveva proposto un suo disegno di legge più orientato a promuovere le esportazioni che a limitarle, ha cambiato atteggiamento. Spinto dai parlamentari più pacifisti, si è aperto un dialogo con le proposte di maggior controllo fatte dall’opposizione.
Però avendo scelto la strada giusta, il governo ha ingranato la marcia più lenta. Di 31 articoli che formavano la legge, solo uno e mezzo sono approvati in sede legislativa dalla commissione parlamentare appositamente costituita.
Le industrie belliche si attivano
Intanto, fuori dal palazzo, le industrie non sono rimaste ad aspettare. Dopo il calo delle esportazioni di armi, verificatosi a partire dal 1984, cercano di lanciarsi con i finanziamenti statali. Il progetto di una nuova legge straordinaria per l’acquisto di nuove armi che sta nel cassetto degli Stati maggiori, sembra fatta più per rilanciare le industrie belliche che per affrontare la nuova fase di disarmo. Il secondo obiettivo delle industrie belliche è quello di fare un salto tecnologico che le renda più competitive sui mercati internazionali. Queste industrie tendono ad accollare i costi del salto tecnologico allo Stato. Le spese per la ricerca e lo sviluppo militare sono in continuo aumento negli ultimi anni.
La nonviolenza contro i mercanti di morte
Ancora una volta i mercanti di morte si ritrovano a fare affari. Nel 1989 a Genova si inaugura la settima edizione della Mostra navale Italia, la principale esposizione di sistemi d’arma nel nostro paese. Per entrare alla Mostra, i mercanti di morte dovranno scavalcare migliaia di pacifisti seduti di fronte ai cancelli.
L’opposizione nonviolenta è organizzata dal comitato contro la mostra insieme a decine di organizzazioni e associazioni laiche, sindacali, religiose, culturali, insieme a partiti e movimenti giovanili e ad associazioni per la pace. Il pacifismo in Liguria era impegnato da anni perché la città si rifiutasse di operare e di ospitare la filiera e la fiera delle armi che finiscono vendute innanzitutto al terzo mondo e persino ai paesi belligeranti.
La discussione è riuscita a coinvolgere anche le amministrazioni locali e ha provocato polemiche a non finire. Ma evidentemente le ragioni degli organizzatori della mostra sono state più convincenti dell’appello rivolto dai pacifisti alla popolazione locale.
Invito a non legittimare le armi e la violenza
Il comitato contro la mostra ha comunque invitato le autorità a non legittimare con la propria presenza l’inaugurazione della Mostra di armi: ci sarà qualcuno che vorrà almeno con questo piccolo gesto testimoniare di aver ascoltato le voci di Pace? L’appuntamento per i pacifisti di tutti Italia dunque era a Genova insieme per dire con la forza della nonviolenza NO alla mostra e SI al disarmo e alla riconversione dell’industria bellica.
L’attualità del boicottaggio degli armamenti
Attualmente vediamo ancora la Liguria al centro del ciclone mediatico perché il Movimento dei portuali di Genova e La Spezia sono impegnati a boicottare il traffico di armi e a rifiutarsi di caricare ordigni militari di distruzione sulle navi che salpano dai porti.
Un appello al mondo del pacifismo perché è molto triste tutto ciò che succede in questa martoriata madre terra. Gli eventi non volgono al meglio.
Una cosa rattrista molto ed è il fatto che tra noi pacifisti non vi sia Unione di intenti. Troppe divisioni e per questo i potenti possono fare oramai tutto quello che vogliono.
Per i poteri forti la guerra ad oltranza anche con la possibilità dell’utilizzo di armi di distruzione di massa nucleari è la via per la Pace. Diamo il giusto senso alle parole. La guerra non può essere pace e la pace deve sussistere perché non è guerra.
Dobbiamo rifondarci come umanità e dobbiamo farlo subito: non vi è più tempo.
Superiamo i problemi che ci dividono e torniamo assieme a lottare per la Pace, la Pace che hanno tentato di donare all’intera umanità i nostri padri Partigiani.
Facciamolo per loro, per noi e per le future generazioni.
Stiamo chiedendo accoratamente una tregua natalizia di pace per una guerra tra Ucraina e Russia e Nato che sta seminando morte e disperazione.
Chiediamo al mondo del pacifismo una tregua anche tra di noi in modo da essere più efficaci e soprattutto credibili nel contrastare le guerre che stanno avvenendo.
Un invito a vedere questo meraviglioso video “I bambini della Pace”.
Impariamo dai bambini che sono la speranza per un mondo senza guerre.
IN FOTO: I disegni della mia mamma Angela Belluschi che raccontava sempre le avventure incredibili e a rischio di morte di mio nonno Luigi sabotatore dell’industria bellica, come operaio alla Breda di Sesto San Giovanni e Resistente durante il ventennio fascista e contro il regime nazifascista. Mamma ha realizzato vari disegni nei limiti dell’età e della grave patologia. Alcuni disegni sono pubblicati nel mio libro Resistenza e Nonviolenza creativa.
L’ultimo libro di Gaia – Rivista dell’Ecoistituto Alex Langer e del suo Direttore Michele Boato dal titolo Nonviolenza in azione traccia accuratamente e in modalità molto pertinenti i ritratti di oltre un centinaio di persone che con le loro idee e soprattutto con le azioni concrete in cui si incarna la nonviolenza, dimostrano che anche le più difficili situazioni possono essere affrontate e risolte applicando metodi nonviolenti, con creatività, coraggio e coerenza.
Un libro che si può ben ricollegare al saggio Resistenza e Nonviolenza creativa (Mimesis Edizioni) come prosecuzione analitica diretta e ulteriore approfondimento.
La prima parte del libro di Michele Boato prevede la descrizione dell’emergere di azioni nonviolente dall’antichità ai nostri giorni, dove la trattazione comincia dalla storia di Hatshepsut, regina d’Egitto, che attiva trattati commerciali e non guerre nonostante i primi scioperi degli schiavi egizi, fino ad arrivare, con un salto storiografico, alla plebe romana che non collabora con il potere e agisce tramite la non collaborazione e compie uno scacco al predominio dei Patrizi. E i fratelli Gracchi con la riforma agraria e in seguito Gesù di Nazareth con la verità disarmata che vince la violenza. I primi cristiani che sono obiettori al servizio militare.
E ancora sono analizzate due figure emblematiche della nonviolenza attiva come Francesco e Chiara d’Assisi e poi da distanze storiche e spazio-temporali Bartolomeo de Las Casas e i gesuiti antirazzisti in Paraguay.
E ancora l’epopea dei quaccheri e la nonviolenza nei primi anni di lotta per l’indipendenza americana e gli scioperi operai dell’ottocento e quelli antifascisti e antinazisti e gli anni ‘70 in Italia e nel mondo.
Di seguito, nella seconda parte, un’intensa trattazione contro le guerre mondiali e le dittature nazifasciste: da Remigio Cuminetti con i testimoni di Geova quali primi obiettori, da Leone Tolstoj con la teoria della non resistenza a Rosa Luxemburg con il motto rimaniamo umani e Demoghela, il reggimento che non voleva combattere.
Di seguito, come proseguimento storiografico, Giacomo Matteotti un faro per la resistenza al fascismo e come approfondimento storico la resistenza nonviolenta in Norvegia fino all’occupazione nazista e alla resistenza nonviolenta in Danimarca.
Poi si giunge alla contemporaneità con Tina Anselmi una vita per la giustizia e la libertà e Tina Merlin Partigiana, giornalista e al fianco della gente.
Giorgio Perlasca è il giusto tra le nazioni.
Si analizza la figura di Simone Weil filosofa libertaria e operaia e partigiana, per poi trattare di Hanna Arendt contro ogni totalitarismo.
La terza parte vede un approfondimento contro la guerra nucleare e tutte le guerre da Bertrand Russell e Einstein con l’appello famoso e celebre contro l’ecatombe nucleare.
E in seguito Aldo Capitini dall’antifascismo alla nonviolenza con la prima marcia per la pace Perugia Assisi e poi ancora Pietro Pinna che apre le strade all’obiezione di coscienza.
Vengono menzionati inoltre i Nonviolenti in Italia: il MIR, Regis, Salio, i Marasso, il movimento nonviolento, Valpiana, Sini, Marescotti.
La trattazione poi si concentra su Carlo Cassola isolato dal mondo della Cultura e dall’establishment dell’epoca a causa della sua Lega per il disarmo unilaterale e Giorgio La Pira non solo ‘sindaco santo’. In seguito Lorenzo Milani e Ernesto Balducci per cui l’obbedienza non è più una virtù e la lunghissima lotta per la legge sull’obiezione di coscienza e ancora i beati i costruttori di pace con Albino Bizotto, Lisa Clark, Alex Zanotelli. E Alex Langer, una vita per la convivenza dal sud Tirolo all’ex Jugoslavia.
Vengono menzionati i portuali di Genova e La Spezia che si rifiutano di imbarcare armi di sterminio e il colonnello sovietico Stanislav Petrov che salva il mondo dall’apocalisse nucleare negli anni ’80, in piena guerra fredda.
La quarta parte prevede la trattazione della nonviolenza nei paesi dell’Est, con il 1989, anno dell’abbattimento del muro di Berlino, crepa determinante nell’impero sovietico. E Gorbaciov, con la fine dell’Unione Sovietica, proiettato verso prospettive antitotalitarie e per il disarmo nucleare mondiale e universale.
La quinta parte vede la nonviolenza contro il colonialismo e il razzismo, da Gandhi per giungere al periodo contemporaneo e di stringente attualità dell’Italia antirazzista che vede, tra le altre e gli altri, le personalità più attive: Gino Strada e Carola Rakete.
In Italia Gino Strada ha posizioni critiche verso tutti i governi e la Nato con gli Stati Uniti per il loro sostegno alle guerre e addirittura per la partecipazione diretta in vari conflitti recenti – Afghanistan, Iraq, Serbia – e per l’aumento delle spese militari e le politiche sull’immigrazione con respingimenti al limite del crimine.
In particolare critica la partecipazione dell’Italia all’intervento Nato in Afghanistan valutata da Strada e da Emergency, che vi opera, come una barbarie contro la popolazione afghana in aperta violazione dell’articolo 11 della Costituzione italiana. Intervento spinto da interessi economici. La posizione di Gino Strada è un esempio di pacifismo radicale.
Con la sesta parte viene trattata dall’autore del libro la nonviolenza per i diritti civili, la democrazia e contro la mafia: da Peppino Impastato a Danilo Dolci il Gandhi italiano ad Angelo Vassallo a Rigoberta Menchù la pasionaria degli indios del Guatemala.
Questo saggio tratta di conflitti militari, politici, economici e sociali (nel prossimo volume, nel 2023, la difesa dell’ambiente), avvenimenti di grandissimo valore ma quasi sconosciuti, assenti o minimizzati da quasi tutti i libri di storia. Si parte da millenni fa per arrivare ai nostri giorni, con figure maschili e molte femminili, troppo spesso in ombra, cancellate dalla storia ufficiale, che ricorda quasi solo sovrani, condottieri, filosofi, politici e artisti maschi.
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Il libro “Memoria e futuro” e le installazioni “I Love You Earth” di Yoko Ono: due modalità per risvegliare le coscienze al rispetto dell’ambiente
I love you, earth, you are beautiful
I love the way you are I know I never said it to you But I wanna say it now
I love the way you shine I love your valleys, I love your mornings… Over blue mountains, over green fields I wanna scream about it now
Gli esseri umani appartengono alla Madre Terra, unico ecosistema globale di esseri viventi e non viventi. Questo fondamentale presupposto dovrebbe essere il punto di partenza per condurre uno stile di vita sostenibile e rispettoso dell’ambiente. E se i governi non danno risposte convincenti a questa esigenza, sono gli attivisti, ma anche gli artisti, che spesso si mobilitano per cercare di diffondere questo messaggio. Pensiamo al noto movimento giovanile Fridays for Future, ma anche, in ambito musicale, all’ultimo album “Karma Clima” dei Marlene Kuntz, in cui Cristiano Godano e soci hanno affrontato il tema del cambiamento climatico (link alla recensione: http://www.lisolachenoncera.it/rivista/recensioni/karma-clima/ )
Tra i molti esempi di campagne ed interventi di sensibilizzazione promossi in tempi recenti, vorrei citare due esempi relativi allo scorso anno ma che sono ancora di stringente attualità. Del resto, gli effetti del riscaldamento globale sono stati visibili nel corso di tutto questo 2022, con temperature notevolmente superiori alle medie stagionali; su un altro fronte, lo scoppio del conflitto russo-ucraino ha poi risvegliato i fantasmi della possibilità di una guerra nucleare, oltre alle pesanti ricadute sugli equilibri mondiali ed ambientali. Pertanto, ogni evento o azione a favore del disarmo e della tutela del pianeta merita di essere adeguatamente illustrato e valorizzato.
Il primo esempio è costituito dall’operato di un collettivo, composto da alcuni esponenti del gruppo “Disarmisti Esigenti” e da altri aderenti alla Campagna Internazionale per la messa al bando delle Armi Nucleari (ICAN). Essi hanno lanciato, tramite la pubblicazione del libro “Memoria e Futuro” edito da Mimesis e pubblicato nel marzo 2021, un appello per la costituzione di una Rete per l’Educazione alla Terrestrità. Promotore dell’iniziativa è stato AlfonsoNavarra, che ha curato il volume insieme a Laura Tussi e Fabrizio Cracolici.
“Terrestrità” è un neologismo che esprime un semplice concetto: gli esseri umani sono tutti figli di una Grande Madre, la Terra, un super-organismo vivente, pertanto le loro scelte devono essere in armonia con essa, nell’ottica della protezione e dell’utilizzo consapevole delle sue risorse. Il libro è un’opera collettiva, uno strumento culturale militante in cui personaggi impegnati in diversi ambiti hanno voluto apportare il proprio contributo al complesso dibattito relativo alle problematiche ambientali. Lo spirito che lo anima affonda le sue radici nella memoria valorizzante l’esperienza della Resistenza, nell’ottica di un futuro in cui il rispetto verso il sistema complessivo della vita comporti anche la definitiva proibizione della produzione e dell’utilizzo degli ordigni atomici.
Buona parte del volume è dedicata alla questione del disarmo nucleare, rispetto alla quale il nostro Paese non ha preso, purtroppo, una posizione decisiva. Tra il 21 ed il 23 giugno scorso, infatti, a Vienna ha avuto luogo il primo incontro delle parti del Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPAN). Quest’ultimo, entrato in vigore nel gennaio 2021, è il primo trattato internazionale il cui obiettivo è l’eliminazione totale di questo tipo di armi, partendo dal loro devastante impatto umanitario e ambientale. In qualità di membro della NATO, l’Italia non ha però partecipato alla conferenza di negoziazione del TPAN e si è allineata alla ferma opposizione dell’Alleanza atlantica nei confronti del Trattato.
La restante parte dell’iniziativa editoriale è invece composta da una serie di riflessioni a sostegno della RET. Tra gli autori che hanno contribuito alla realizzazione del volume mediante una serie di articoli o interventi, oltre ai già citati Cracolici, Navarra e Tussi, possiamo menzionare Moni Ovadia, che si rivolge ai giovani in una lettera aperta (scritta a quattro mani con Navarra) affinché prendano posizione contro la guerra e l’emergenza climatica; padre Alex Zanotelli, che formula un invito a rivedere i nostri stili di vita all’insegna di una maggiore sostenibilità; Vittorio Agnoletto ed il suo auspicio nei confronti di un Servizio sanitario nazionale efficiente, libero e gratuito. E poi un ricordo di Stanislav Petrov, il giovane colonnello sovietico che nel 1983 sventò un attacco nucleare dell’URSS nei confronti degli USA; il riferimento a Papa Francesco e alla sua enciclica Laudato si’, alla quale lo stesso Moni Ovadia ha dedicato uno spettacolo (link alla recensione: https://marynowhere.com/2021/08/10/moni-ovadia-lutopia-e-possibile/); il lungo excursus, a firma di LuigiMosca, del percorso compiuto dall’umanità “per uscire dalla barbarie”. Su tematiche analoghe, infine, si sono espressi anche Mario Agostinelli, Antonella Nappi, Rocco Altieri, Antonia Baraldi Sani, Giuseppe Farinella, Oliviero Sorbini, Nadia Scardeoni, Antonio Ciccioni, Mario di Padova, Pola Natali Cassola e i musicisti Renato Franchi, Gianfranco D’Adda e Agnese Ginocchio, che a vario titolo hanno aderito alla Rete per l’educazione alla Terrestrità. Significativo è infatti l’apporto che gli operatori culturali, sociali e gli educatori svolgono in questo senso, affinché avvenga il riconoscimento della Madre Terra come “l’albero vitale cui, come foglie, siamo indissolubilmente legati per la vita” (Luigi Mosca, p. 114).
A questa pubblicazione, che prende una posizione precisa in termini di impegno e militanza, vorrei accostare un’esperienza che appartiene all’ambito artistico, indubbiamente molto diversa nelle sue modalità, ma il cui scopo è il medesimo: risvegliare le coscienze passando per la parte emotiva degli individui, tramite il coinvolgimento dell’intero sistema percettivo, invitando chi osserva ad un coinvolgimento personale che possa indirizzarlo ad aderire, consciamente o inconsciamente, all’idea di “Terrestrità”. Lo scorso anno Yoko Ono, artista da sempre impegnata in prima linea nella diffusione della cultura della pace e nella difesa della causa ambientalista, ha realizzato un progetto denominato “I Love You Earth”, costituito da una serie di grandi poster sparsi per le strade d’Inghilterra.
Si tratta di una tipologia di intervento che ricorda i manifesti con la scritta “War Is Over” affissi nel 1969 per iniziativa di John Lennon e della stessa Yoko come invito a fermare la guerra del Vietnam. Concepita originariamente come titolo della traccia dell’album “Starpeace” (1985), poi ripubblicata in “Warzone” (2018), già utilizzata in una campagna del 2017, la frase “I Love You Earth” è stata tradotta in opera d’arte in occasione dell’Earth Day, per due settimane, nel mese di aprile 2021.Organizzata dalle Serpentine Galleries nell’ambito di “Back to Earth”, un progetto che invitava poeti, artisti, architetti e scienziati a offrire il loro contributo per un mondo migliore, la rassegna si è sviluppata “occupando” una serie di spazi pubblicitari all’aperto, convertendoli in grandi “vetrine” con slogan dedicati all’amore per il pianeta Terra.
Negli intenti di Ono, la campagna vuole agire come una “provocazione gentile”, stabilendo una relazione attiva tra artista e spettatore. “I Love You Earth” vuole infatti essere un “promemoria” per coloro che vedono i cartelli affinché possano chiedersi: “amo la Terra? Come sto esprimendo questo rapporto d’amore? Potrei fare di più?” In questo modo anche i semplici passanti sono incoraggiati a fermarsi un momento e riflettere sui propri sentimenti di responsabilità verso il pianeta. La pratica di Ono di usare semplici affermazioni, domande o istruzioni come un modo per “spostare “le percezioni, spesso profondamente, può essere fatta risalire alla fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta, quando in qualità di artista di avanguardia passò dal sollecitare il suo pubblico a interagire con le sue opere “fisiche” a presentare le “istruzioni” come atti artistici veri e propri. Il suo libro “Grapefruit”(1964) – (link alla recensione: https://marynowhere.com/2018/10/20/instructions-for-life-un-assaggio-di-grapefruit/), uno dei suoi lavori più influenti di sempre, che ispirò anche John Lennon nella composizione di Imagine, comprende una raccolta di inviti ed “istruzioni” al lettore, molti dei quali attirano l’attenzione sulla terra, il cielo, il vento e altri elementi naturali, coinvolgendolo attivamente nel processo creativo e alimentando la sua presa di coscienza nei confronti della Madre Terra. L’atto artistico, come sempre avviene nei lavori di Yoko, si realizza e si completa pertanto solo tramite l’interazione tra chi ha ideato l’opera e chi ne usufruisce. Un pensiero d’amore verso la Terra non è un gesto risolutivo, ma può portare ad una riflessione nell’ottica di raggiungere l’obiettivo della “terrestrità”.
Quello di “terrestrità” è un concetto fondamentale, che ognuno di noi è chiamato a fare proprio secondo le proprie possibilità, in qualità di attivista, artista, educatore, studente o cittadino. Perché non è la Terra ad appartenere all’uomo, ma è l’uomo ad appartenere alla Terra: pertanto è necessario, in tutti i modi possibili, alimentare la memoria storica, soprattutto quella del nostro passato recente, per costruire un futuro in cui la frase “I Love You Earth” non sia solo uno slogan, ma si realizzi in gesti, scelte e politiche concrete.
Il rifiuto della guerra è il filo che lega tante storie di singoli e di gruppi di lavoratori. L’obiezione professionale all’industria bellica è fatta di rallentamenti, sabotaggi, scioperi ma anche di progetti per la riconversione dell’industria bellica, osservatori sull’industria militare, proposte per la difesa civile nonviolenta. Abbiamo bisogno di recuperare la storia di chi, in tanti modi diversi, si è opposto e si oppone a eserciti, naia e guerre
Mio nonno materno Luigi Belluschi è un esempio di obiezione professionale all’industria bellica. Durante il ventennio fascista e sotto l’occupazione nazifascista ha lavorato come operaio specializzato, ossia gruista sugli altiforni, presso la Breda di Sesto San Giovanni. Lavorava in produzione bellica per il regime nazifascista, ma da varie fonti, come l’archivio Aned di Sesto San Giovanni, è riemerso che veniva licenziato e in seguito riassunto più volte. Era infatti un sabotatore: rallentava la produzione bellica oltre a sabotare i tralicci del telefono con i suoi compagni. I fascisti venivano a cercarlo e mia nonna rispondeva che era in “produzione bellica”. Da varie fonti, da mia madre e da mio zio, risulta che non l’abbiano mai deportato nell’oltralpe e nei lager nazifascisti perché serviva a produrre le armi. Un lavoro estremamente faticoso e logorante sugli altiforni: lo hanno schiavizzato in Italia. Non lo hanno mai deportato, sebbene fosse comunista e avesse partecipato a Milano agli scioperi del 1943 e 1944. Era del 1904. Non apparteneva a formazioni partigiane, era un “cane sciolto”. Un Resistente e ha contribuito alla Resistenza antifascista.
Esempi di obiezione all’industria bellica
Caso significativo di obiezione all’industria bellica nel nostro Paese è quello degli 805 lavoratori delle officine Moncenisio di Condove vicino a Torino che il 24 settembre 1970 approvano all’unanimità in assemblea una mozione contro la produzione di armi dell’azienda. Il documento dice:
“I lavoratori delle officine Moncenisio, considerando che il problema della pace e del disarmo li chiama in causa come lavoratori coscienti e responsabili e che la pace è supremo interesse e massimo bene del genere umano, preoccupati dei conflitti armati che tuttora lacerano il mondo, diffidano la direzione della loro officina dall’assumere commesse di armi, proiettili, siluri o altro materiale destinato alla preparazione o all’esercizio della violenza armata di cui non possono e non vogliono farsi complici. Chiedono alle organizzazioni sindacali di appoggiare la loro strategia di pace. Invitano caldamente i lavoratori italiani in tutto il mondo a seguire il loro esempio di coerenti e attivi costruttori di pace”.
Un’iniziativa che ebbe larga eco e contribuì a dare nuovi impulsi alle lotte per le conversioni a fini pacifici delle industrie belliche.
I lavoratori pacifisti obiettori alla produzione di armi
Noti sono poi i casi di singoli lavoratori che si sono rifiutati di produrre armi: Maurizio Saggioro si rifiuta di produrre componenti per armi presso la Metalli Pressati Rinaldi di Bollate vicino a Milano. Nel gennaio 1981 chiede il trasferimento ad altro reparto, ma viene licenziato.
Nel 1983 Gianluigi Previtali si dimette dall’Aermacchi di Varese contro la produzione di armamenti.
Negli ultimi anni, i portuali del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali (Calp) di Genova si sono più volte rifiutati di caricare le navi di armi.
E ancora dal comitato di riconversione RWM – azienda che produce ordigni bellici e bombe – in Sardegna è nata l’idea di ridare speranza al territorio attraverso un modello di impresa sostenibile, con un’economia pulita e posti di lavoro, dove la pace si mette in rete. Come l’operaio della RWM Giorgio Isulu che circa un anno fa ha iniziato il suo nuovo lavoro nell’azienda agricola “l’Agrumeto”.
L’antagonismo sindacale all’interno dell’Aermacchi di Varese
Intorno agli anni Ottanta del 1.900 nacque, nel contesto della Aermacchi di Varese, un gruppo di attivisti antimilitaristi grazie al sostegno della FLM in un primo momento e della Fim – Cisl in un secondo momento; un gruppo informale che promosse collette di solidarietà con popoli e movimenti vittime del fuoco delle armi italiane attraverso tecniche di conflittualità non convenzionali come scioperi, digiuni e collettivi di fabbrica per giungere nel 1986 alla disobbedienza civile attraverso l’aperta adesione di alcuni suoi componenti all’obiezione di coscienza congiunta all’uso del digiuno di cinque giorni contro gli euromissili, contro la corsa al riarmo e per denunciare nel 1988 l’Aermacchi in quanto industria violatrice degli embarghi Onu contro Iran e Iraq.
Una proposta di legge per la riconversione dell’industria bellica
La reazione nel gennaio del 1991 del direttivo aziendale fu largamente prevedibile: l’attivazione della cassa integrazione della cellula di lavoratori antimilitaristi. Espulsioni che crearono condizioni per la nascita nel 1991 del comitato cassintegrati Aermacchi per la pace e il diritto al lavoro, il quale grazie ai preziosi contributi del MIR, della Cisl, delle Acli e del comitato contro la guerra del Golfo di Busto Arsizio riuscì a portare le proprie lagnanze fino alla 21ª commissione del lavoro del parlamento, attraverso una struttura a rete. E nel 1993 a formulare una proposta di legge regionale per la promozione della riconversione dell’industria bellica formalmente presentata da una coalizione politica trasversale di centro sinistra.
Anche a seguito di questa iniziativa, prese avvio l’osservatorio sull’industria militare. A distanza di breve tempo per evitare ulteriore incremento di licenziamenti, Aermacchi riuscì a esercitare una pressione uguale per intensità e contraria per la finalità sulle istituzioni politiche sindacali volte a favorire l’approvazione in tempi brevi del nuovo modello di difesa. L’operazione raggiunse l’auspicato obiettivo soprattutto grazie a pezzi di sindacato di FIM, Fiom e Uilm.
In ottemperanza al principio costituzionale del ripudio della guerra di cui all’art.11 e al fine di favorire l’adempimento dei doveri inderogabili di difesa della patria di cui all’art. 52, per Difesa Civile Non Armata e Nonviolenta opposta al Nuovo Modello di Difesa si intende uno strumento di difesa che non comporta l’uso delle armi e alternativo a quello militare.
L’alternativa nonviolenta al nuovo modello di difesa
In primo luogo, sotto il profilo ideologico, l’interpretazione data dagli attivisti contrari al nuovo modello di difesa è di tipo ecopacifista ed è suffragata dalle analisi dei periodici Giano, il manifesto, Metafora verde, dalla rivista Capitiniana Azione nonviolenta e infine dagli studi di Allegretti editi dall’edizione cultura della pace.
Quanto alle istituzioni politico culturali nel cui ambito si muovono gli attivisti, queste sono la FNM – Cisl, IRES e la rete di formazione non violenta e l’IPRI, mentre gli strumenti di comunicazione di massa attraverso i quali hanno promosso una strategia di controinformazione antimilitarista sono stati: Alfazeta, periodico ufficiale della CISL, Radio Popolare e Avvenimenti. In secondo luogo l’attivismo con Nanni Salio segretario dell’IPRI, propone un’alternativa radicale seguendo le indicazioni di Galtung e Sharp al modello di difesa tradizionale che agevolmente possiamo riassumere nel modo seguente: l’attuazione a livello politico della nonviolenza non solo costituisce un reale pericolo per il totalitarismo dell’est ma anche e soprattutto per il capitalismo occidentale.
Il movimento per la pace e la nonviolenza
Una reale comprensione della nonviolenza ci consentirà di comprendere la natura profondamente sovversiva che la connota; infatti è il movimento per la pace che si fa portavoce della nonviolenza e ha come suo principale scopo quello di costruire una società civile profondamente diversa da quella attuale perché in grado di risolvere le varie tipologie di conflitti in modo nonviolento. Contrariamente ai modelli di difesa tradizionali, adattare a livello politico la difesa nonviolenta, equivale a conferire alla società civile la possibilità di risolvere i conflitti dimostrando in tal modo quanto profondamente legata sia alla nonviolenza la democrazia partecipativa.
Proprio per queste motivazioni è opportuno che il modello dell’attivismo sia esteso e rafforzato così come è opportuno democratizzare l’ONU istituendo nel suo contesto forze di intervento nonviolento.
Un esempio in questa direzione ci viene offerta dalla presenza delle Peace Building International in zone di guerra come il Guatemala, lo Sri Lanka o delle organizzazioni come i volontari della pace.
Bibliografia – Pagani Elio, Alcune riflessioni sull’obiezione professionale alla produzione militare, su Approfondimenti – Mosaico di pace online Bibliografia di approfondimento – Bobbio Norberto, Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino, Bologna 2009 – Mastrolilli Paolo, Lo specchio del mondo. Le ragioni della crisi dell’ONU, Laterza, Roma 2005 – Mini Fabio, Perché siamo così ipocriti sulla guerra? Un generale della Nato racconta, Chiarelettere, Milano 2012 – Pugliese Francesco, Abbasso la guerra. Persone e movimenti per la pace dall’800 a oggi, Grafiche futura, Mattarello – Trento Fonti analitiche – Gagliano Giuseppe, Studi politico-strategici. La conflittualità non convenzionale nel contesto delle ideologie e dei movimenti antagonisti del novecento, Vol. II, edizioni New Press – Como, I Edizione 2007 – La scelta dell’obiezione di coscienza. Tutelare chi si oppone alle armi. Avvenire 9 Dicembre 2022, Primo Piano.
Ero una giovane studentessa di liceo classico quando è scoppiata la prima guerra del Golfo. E fervevano i preparativi per le manifestazioni. Con i miei pennarelli preparavo le immagini per gli striscioni da esibire in piazza a Milano. E gli appelli di protesta.
L’operazione “Tempesta nel deserto”
Sono i primi giorni del 1991 quando arrivano le immagini dell’attacco USA: inizia l’operazione ‘tempesta nel deserto’.
La guerra è cominciata: inizia una nuova fase storica.
Saddam invade il Kuwait nell’agosto 1990. Negli anni ‘80 era stato amico e alleato degli Stati Uniti, sostenuto nella guerra contro l’Iran.
Finita la guerra con l’Iran decide di annettersi il territorio del Kuwait, i confini del quale erano stati disegnati nel 1922 dal console britannico Cox.
Gli Stati Uniti prima decidono di non interferire, poi attaccano l’ex alleato e formano una coalizione di nazioni per costringere Saddam a lasciare il Kuwait. Quindi il contestato via libera dell’ONU e l’invio di un’armata di 750mila uomini nel Golfo. L’area è strategica: qui sono concentrati i due terzi delle riserve mondiali di petrolio.
Sembra un regolamento di conti tra Saddam e Bush.
I pacifisti del mondo si mobilitano per cercare di fermare l’imponente macchina di guerra.
Il protagonismo della marcia per la Pace Perugia Assisi e di molte manifestazioni contro la guerra
A ottobre del 1990 in 100mila marciano per le strade della Perugia Assisi per dire NO ai venti di guerra e SI a una soluzione negoziata della questione. Ma la preparazione della guerra da parte dei guerrafondai è molto avanzata.
Il mondo pacifista si mobiliterà nelle settimane successive.
La corsa alla guerra sembra inarrestabile.
In Italia nel gennaio 1991, durante la vigilia della scadenza dell’ultimatum a Saddam, una folla enorme sfila per le vie di Roma nella manifestazione nazionale contro la guerra.
In 200mila con l’angoscia dello scontro imminente gridano il loro accorato NO alla paurosa macchina della guerra ormai pronta. Il Papa dinanzi al corpo diplomatico afferma: “fermatevi o sarà il declino dell’uomo”.
Manifestazioni pacifiste si susseguono in tutta Europa e in molti altri paesi. Niente sangue per il petrolio. Questo è il grido di milioni di persone in moltissimi cortei in Francia, in Germania.
Manifestazioni nelle principali città.
In 100mila protestano a Londra in Trafalgar Square.
Il 16 gennaio scade l’ultimatum dell’ONU.
Il forte e coerente impegno dei movimenti pacifisti
In Italia il governo decide di partecipare alla guerra di Bush. Il paese è col fiato sospeso.
A Roma i pacifisti presidiano Montecitorio per tutta la notte. Di nuovo la guerra. Malgrado l’articolo 11 della Costituzione che subisce un attacco senza precedenti. Di notte l’attacco. Notte di angoscia. La mattina l’Italia della Pace in piazza nei grandi e nei piccoli centri, decisa a salvare le ragioni della pace e a raggiungere la pace contro i guerrafondai.
Cortei ovunque e studenti in piazza. A Roma sfilano in 50mila.
E è sciopero generale indetto da Cgil, Cisl e Uil. Molto partecipate le manifestazioni nelle città.
A Taranto cortei al porto e proteste sulla banchina. Altre due navi militari partono tra il pianto dei familiari e dei soldati e i cortei dei pacifisti. Per giorni si susseguono le proteste e le iniziative di opposizione all’attacco statunitense e alla partecipazione dell’Italia in netto contrasto con lo spirito e la lettura della Costituzione.
Di nuovo nel mondo gli amanti della pace scendono in piazza contro la guerra.
La casa bianca è circondata da migliaia di pacifisti Statunitensi. Moltissimi i manifestanti arrestati in pochi giorni dagli Stati Uniti.
Tante manifestazioni anche in Europa. Dalla tenda della Pace di Firenze in piazza della Repubblica partono tra l’altro centinaia di cartoline dirette ai parlamentari che hanno approvato l’intervento in guerra: ‘La informo che alle prossime elezioni non le darò la preferenza’.
L’appello per la pace di Tonino Bello
Monsignor Tonino Bello, vescovo di Molfetta, lancia un appello per l’obiezione di coscienza: ‘L’obiezione di coscienza all’uso della violenza bellica e alle spese militari che la permettono deve suonare anche come volontà della società civile di porre sotto controllo democratico il comportamento delle Istituzioni statali in materia di politica estera internazionale’.
Molti i manifestanti intorno alla base militare di San Damiano di Piacenza, base che ospita i cacciabombardieri tornado impegnati nel Golfo.
‘Fuori la guerra dalla storia’ dice un cartello. Contro la guerra del Golfo è forte l’ondata pacifista.
Un movimento molto intenso, ma di breve durata. Tanti gli appelli anche di giuristi, contro la guerra e contro la violazione dell’articolo 11 della Costituzione. Uno è firmato tra gli altri dai giudici Coiro e Colombo, duramente attaccati dal presidente Cossiga.
A febbraio parte l’offensiva di terra dell’esercito americano. Si firma il cessate il fuoco temporaneo. Gli USA hanno vinto, ma Saddam rimane al potere. I morti iracheni, nessuno saprà mai quanti, si parla di 200mila, la metà civili.
Una guerra di tipo nuovo presentata come “operazione di polizia internazionale”, secondo uno schema che sarà riproposto in modo più raffinato negli anni a venire con le missioni di pace e le surrettizie guerre umanitarie.
Comincia qui la cancellazione dell’ONU e del suo ruolo. La eliminazione del diritto internazionale incardinato nelle Nazioni Unite per tornare ad un diritto internazionale pre ONU ossia precedente all’ONU e alla rilegittimazione della guerra quale strumento per la risoluzione delle controversie internazionali.
Bibliografia:
Bobbio Norberto, Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino, Bologna 2009
Mastrolilli Paolo, Lo specchio del mondo. Le ragioni della crisi dell’ONU, Laterza, Roma 2005
Mini Fabio, Perchè siamo così ipocriti sulla guerra? Un generale della Nato racconta, Chiarelettere,Milano 2012
Pugliese Francesco, Abbasso la guerra. Persone e movimenti per la pace dall’800 a oggi, Grafiche futura, Mattarello – Trento
In una società dominata da informazioni orientate dalle opinioni dell’un per cento padrone del mondo, rimanere sui fatti e sulla loro corretta comunicazione diventa una missione per chiunque abbia a cuore la verità.
Uno degli strumenti democratici per la trasmissione delle conoscenze e l’invito alla critica resta la scuola. In questo libro si parla dello stato dell’istruzione pubblica con passione e da un punto di vista di chi ha vissuto in quell’ambito, perciò ne conosce anche gli aspetti poco pubblicizzati. Partendo da quella realtà si va oltre e la curatrice attraverso un’analisi storica ci porta dallo scorso millennio alla ricerca delle soluzioni originali, creative, soprattutto nonviolente dei problemi che affliggono la società degli esseri umani e del loro rapporto con la natura. Educazione, attivismo e ricerca di un progetto sociale inclusivo trovano nelle pagine di questo libro cittadinanza e conferma. Una serie di spunti forniti da Laura Tussi, Alex Zanotelli – autore della prefazione -, Paolo Ferrero e Giorgio Cremaschi, giusto per citare i più conosciuti, contribuiscono a dipingere il grande murales del mondo autentico ovvero di quello misconosciuto dagli informatori istituzionali, dove la fanno da padroni i giornali, le televisioni ed in parte internet. Scritti provocatori, perché intesi a suscitare un dibattito critico senz’altro più fecondo rispetto alle opinioni del flusso informativo autoritario e da se stesso ritenuto indiscutibile. Ultimo aspetto, ma per questo più importante, rimane per il sottoscritto l’occhio femminile con il quale si analizza il mondo. Una visione diversa da quella spesso prevaricatrice propria del percepire maschile. Un filo ideale tra le esperienze storiche di Maria Montessori e le declinazioni presenti di Rosetta D’Agati; non è un caso, seconde me, se Laura Tussi inizia con la grande rivoluzionaria nel campo dell’istruzione e termina con un’insegnante in prima linea. Un libro da leggere per ricordare, ma anche per ricevere un impulso che ci faccia continuare a volere un futuro migliore: un incitamento implicito a credere che non tutto deve procedere senza il nostro coinvolgimento, perché ogni esperienza individuale può portare benefici per tutti.
“Resistenza e nonviolenza creativa” di Laura Tussi con prefazione di Alex Zanotelli, Mimesis Edizioni