Il 30 Gennaio del 2017, le lancette dell’Orologio dell’Apocalisse del bollettino degli scienziati nucleari, dei quali ben 16 premi Nobel, sono state spostate a due minuti dalla Mezzanotte.
La mezzanotte è l’ora dell’Apocalisse e gli indicatori per spostare le lancette sono: “la guerra nucleare e i mutamenti climatici…che dovrebbero stare in cima ai pensieri dei leader politici che governano il mondo…”
Ora una cosa è certa: questi problemi stanno in cima ai pensieri del Papa e capovolti, stanno in cima a quelli di Trump che non li ignora, non li evita, ma li prende di petto.
Le sue dichiarazioni di riarmo, anche nucleare e annullamento dell’accordo di Parigi sul riscaldamento globale, hanno spostato di un minuto le lancette dell’orologio apocalittico.
54 miliardi di dollari in armamenti e 1.000 miliardi per un nuovo programma nucleare. (Interesserà anche le basi di Ghedi e di Aviano).Vedremo di quanto si sposteranno le lancette per le dichiarazioni del segretario di stato Tillerson a proposito della Corea del Nord: “la pazienza di Washington si è esaurita….non si esclude l’opzione militare”.
La promessa o l’illusione per gli americani, sono i posti di lavoro per la riapertura delle miniere di carbone, e 28.000 dal ritiro del veto posto da Obama, ai due oleodotti Keyston e Dakota Access.
Senza Trump e anche se tutti rispettassero gli impegni presi a Parigi, sarebbe sempre da criticare l’inesistenza dei leader mondiali democratici e di sinistra, come pure la nostra facilità di “distrarre” la nostra attenzione su altre questioni.
Con Obama la produzione di petrolio negli USA era cresciuta da 7,2Mbg a 12,4 Mbg e moltiplicate le trivellazioni dei pozzi.
Dal 2014 il consumo mondiale di petrolio è salito a 94,6 Mbg/g (milioni di barili al giorno) con un aumento di 1,8Mbg. La Germania, per sostituire il nucleare è tornata massicciamente al carbone, così il Giappone. In Italia l’uso del carbone l’avevamo bloccato con le lotte negli anni ’80. In compenso Renzi ha dato via libera alle trivellazioni in terra e in mare. Nel Mantovano si progetta di far passare l’autostrada del gas (anche il metano è un combustibile fossile) attraversando zone terremotate, di pregio turistico e alimentare. Lo stesso avviene lungo la dorsale sismica degli Appennini, dove si aspettano ancora gli aiuti e invece arriva un bel tubo.
A2A la multiutility di Milano e Brescia ha pensato bene di fare una centrale a carbone nel Montenegro e portare l’energia elettrica in Italia. Renzi ha fatto subito una legge per diminuire le tasse all’energia importata.
Non c’è da stare allegri.
Il rapporto Stern spiega che l’aumento di due gradi, livello a cui si intende stabilizzare la temperatura del pianeta sono comunque un disastro :
Diminuzione del 30% della disponibilità di acqua in Africa e nel Mediterraneo.
Brusca riduzione della resa agricola nelle regioni tropicali.
40/60 milioni di persone esposte alla malaria.
10 milioni colpite da esondazioni.
Da 15 a 40% delle specie a rischio di estinzione
Fusioone del ghiaccio della Groenlandia.
Aumento di livello del mare di 7 metri
Brusche variazioni nella circolazione atmosferica.
Rischio di collasso dell’Antartico occidentale.
Rischio di collasso della circolazione termosalina atlantica.
E’ questa la verità?
Oppure lo sono i fallimenti e gli imbrogli che ci siamo raccontati?
Ricordate? Nel 1992, 25 anni fa, a Rio fu lanciato lo Sviluppo Sostenibile.
Ma a fine settembre del 2014, per la prima volta scoprimmo che avevamo consumato tutte le risorse annue a nostra disposizione e che intaccavamo quelle degli anni a venire; nel 2016e le abbiamo finite già l’8 agosto. Alla faccia dello sviluppo sostenibile.
E ricordiamo l’altro corno della contraddizione dell’Apocalisse.
Nel 2000, mentre si definivano gli obiettivi del Millenium 2000 – 2015, contro la povertà, la fame e la mancanza d’acqua potabile, in quel momento si stimava che 300 persone possedessero una ricchezza pari a quella della metà della popolazione più povera.
Nel 2015, gli obiettivi del millennio erano più o meno falliti e il numero dei possessori della ricchezza era sceso a 62. 62 persone da una parte e 3,7 miliardi dall’altra, con la stessa ricchezza. Oggi i 62 sono diventati 8. Si fronteggiano sui piatti della bilancia 8 persone contro tre o 4 miliardi.
Chiarissimo per il suo cinismo è il Rapporto del Pentagono del 2004.
le prossime guerre saranno combattute per questioni di sopravvivenza. Nei prossimi 20 anni diventerà evidente un calo significativo dalla capacità del pianeta di sostenere l’attuale popolazione.
Milioni di persone moriranno per guerre e per fame fino a ridurre la popolazione totale a una quantità sostenibile ( una versione rovesciata della sostenibilità).
Le zone ricche come USA ed Europa diventeranno “fortezze virtuali” per impedire l’ingresso di milioni di migranti, scacciati dalle terre sommerse o non più in grado di coltivare per mancanza di acqua. Le ondate di profughi sulle barche creeranno problemi significativi.
I governi che non sapranno garantire le risorse fondamentali e difendere i propri confini, sono destinati ad essere travolti dal caos e dal terrorismo.
E’ vero tutto ciò? Se è così, mi preoccupa non tanto Trump
ma la “distrazione” del popolo democratico, della sinistra europea, dei sindacati, dei tanti civilissimi movimenti, che rimandano l’immagine di un popolo che “balla mentre il Titanic affonda”. Balla, celebra la sua felicità, parla di sé, si appassiona per la sua civiltà, odia il “tamarro” Tramp come odiava il “tamarro” Berlusconi, ma…. soprattutto è schifato per l’ignoranza del popolo che li elegge.
Un popolo che ha sua volta odia loro e la sinistra.
Una forbice che si divarica sempre di più e non solo elettoralmente.
Ecco, Trump ha parlato a questo popolo gli ha offerto posti di lavoro e uno straccio di lavori di pubblica utilità, mentre la sinistra offre “voucher e unioni civili….liberismo economico e libertà individuali” modellando le priorità del proprio popolo.
Guerra mondiale, mutamenti climatici, nuova e drammatica universalità della nuova condizione di classe sono la verità del nostro tempo e non stanno in cima ai pensieri e al dibattito dei partiti di Sinistra in formazione. Non c’è in loro lo sforzo di produrre una Nuova Rivoluzione (anche questa parola la pronuncia solo il Papa) che saldi la riconversione ambientale dell’economia con la riconversione sociale dell’economia.
Lavoro e Beni Comuni sono nel mercato globale in perenne contraddizione.
Ritrovare la verità. Altrimenti ci viene addosso comunque e ci travolge tutti. Chi la narrerà ai lavoratori, ai pensionati, ai giovani? Chi ha narrato loro che il benessere occidentale e il welfare, sono sì il risultato di una storia di lotte che vanno difese con le unghie e con i denti, ma anche dall’aver ignorato i limiti della Casa comune, la rapina delle risorse dei paesi del Sud del mondo e la schiavitù imposta ai loro popoli?
Chi la narrerà ai lavoratori complici e vittime dei veleni, dell’inquinamento, del cibo spazzatura, dei rifiuti tossici fatti sparire?
Chi discuterà con loro le possibili e graduali alternative?
Negli USA qualcosa di nuovo nella direzione della riconversione integrale con Bernie Sanders si muove, in Europa averla ignorata ha più o meno portato al fallimento Syriza e Podemos. In Italia… meglio lasciar perdere.
Io sono di una generazione che la verità, anche quando era scomoda, la si andava a dire davanti ai cancelli dell’Acna di Cengio, di Paderno Dugnano, alla raffineria di Pero e fin dentro gli uffici della Centrale di Caorso.
Sono di una generazione che ha visto nascere le esperienze e le denunce dei “lavoratori verdi”. Mi vanto di averli avuti come amici. Ho visto all’opera il grande Luigi Mara e il suo gruppo di Castellanza. Ho conosciuto Aristide Brunelli a Caorso che mi informava del più piccolo incidente e a poco a poco costruiva consenso tra i suoi stessi compagni. Ho visto la sfida volontaristica di Casarolli e dei compagni di DP alla Breda che in nome della PACE fermarono per 15 giorni e 15 notti l’uscita dei generatori di vapore destinati ad una centrale nucleare in Iran, costruendo un muro davanti ai cancelli.
Sono di una generazione che pensa che anche i NO sono un programma e premessa per i SI.
Una generazione che con i NO ha vinto: fermando il carbone a Tavazzano e a Bastida Pancarana, il nucleare, le discariche dei rifiuti urbani e la privatizzazione dell’acqua, affermando le fonti alternative, la raccolta differenziata e il diritto all’acqua.
Non mi convincono le buone pratiche che ci riportano ai comportamenti individuali, o quelle che ai problemi determinati dalla tecnologia rispondono con soluzioni tecnologiche che spostano solo il problema. Oppure quelli che alla grande crisi idrica contrappongono i riduttori di flusso al rubinetto e la purificazione delle acque. Non credo alle grandi opere che spostano l’acqua da un paese all’altro e al degrado alimentare, contrappongono l’eccellenza alimentare, al problema energetico le lampadine a basso consumo e le auto elettriche, ecc….
Alla drammaticità della situazione si risponde soprattutto con movimenti collettivi e con proposte alternative che agiscono sulla politica e le istituzioni. Sbilanciamoci ha fatto una serie di documentate proposte alternative per un New Deal italiano.
Oggi si possono aggiungere alcune scelte da attuare subito.
Fermare i metanodotti, ma ricostruire le zone terremotate.
Fermare le trivellazioni e le operazioni di A2A, ma solarizzare le città in modo pubblico, decentrato, democratico e partecipato.
Fermare i progetti TAV, ma riparare la rete idrica italiana e riconsegnarla ai comuni. Fermare il ponte sullo stretto, ma riparare ponti e scuole che cadono a pezzi.
Fermare l’imbroglio di EXPO che continua con Human Tecnopole,
imbroglio dal momento che si parla di centinaia di milioni ricevuti da EXPO e di 21 milioni di avanzo, che in realtà sono 21 milioni restati in cassa. E gli altri ? Imbroglio che continua con il progetto di fare dell’area un polo della ricerca genetica nell’alimentazione e nella sanità. Che vuol dire OGM – trattamento delle malattie attraverso la manipolazione genetica. Ignorando che il 70% delle malattie è riconducibile all’inquinamento: dell’aria e dell’acqua e di ciò che mangiamo.
Oltre tutto è una ricerca pagata dal pubblico e governata dal privato.
150 milioni dati a un ente di diritto privato convenzionato con IBM alla quale verranno consegnate tutte le informazioni sanitarie di 60 milioni di italiani. Molto meglio fare invece dell’area un centro dei diritti al cibo, all’acqua e all’energia pulita.
Da dove cominciare? Si potrebbe mettere fine alla frammentarietà dei nostri impegni, creando ponti tra culture e fedi diverse, facendo convergere tutte le nostre forze su alcuni obiettivi, piantandola anche con gli integralismi laici.
Si potrebbe ripartire dalla questione delle questioni: la PACE su cui si formarono migliaia di giovani di sinistra. Chi parla ha fatte tutte le manifestazioni, era in piazza quando a Milano morì Ardizzone per la libertà di Cuba, sempre per il Viet Nam, contro i missili a Comiso, contro l’invasione dell’Iraq, i bombardamenti sulla Bosnia e la Serbia….Ripartire dalla PACE ci può ridare di nuovo un senso dell’impegno e delle parole compagno…fratello.
Emilio Molinari.
19/3/2017
Autore: farigius
EDITORIALE DI ALFONSO NAVARRA
DAL SOLE DELL’AVVENIRE AL SOLE DI PARIGI
Con Alex Zanotelli e Luigi Mosca il sottoscritto ha elaborato la teoria delle “tre bombe globali” che avremmo, da cittadini succubi e disattenti, lasciato attivare da chi comanda il mondo e che prima o poi ci faranno saltare in aria se non provvediamo a disinnescarle: ci riferiamo alla “bomba nucleare”, alla “bomba ecologica”, ed infine alla “bomba della diseguaglianza”.
Più volte abbiamo spiegato nei nostri interventi che l’attività dei sistemi militari, dell’economia accumulativa e del consumismo sfrenato possono creare delle crisi propriamente mortifere per la massima parte del genere umano, ed abbiamo persino individuato una logica scala di priorità, definita dal numero di morti per estensioni temporali che la deflagrazione delle “bombe” sopra citate può innescare. La precedenza va al disinnesco attraverso il disarmo della bomba atomica, che può uccidere subito, in qualsiasi momento, tutti i 7 miliardi che siamo, grazie ad un conflitto che può deflagrare per caso, per errore, per sabotaggio; poi viene la bomba ecologica, che, ad es. con il riscaldamento climatico, il cuore dell’interesse della presente pubblicazione, può sopprimere la totalità delle vite in 100 anni; infine c’è la bomba finanziaria da neutralizzare, che può fare collassare le società con sofferenze generalizzate e perdite massicce, in senso letteralmente fisico, di moltitudini umane.
Con la finanziarizzazione, imperniata su Wall Street come principale piazza finanziaria e sul dollaro come mezzo di pagamento internazionale, l’1% di straricchi (in realtà le 10.000 persone fisiche contate dal compianto Luciano Gallino) ha messo su una “megamacchina” che funziona come un’aspirapolvere della ricchezza verso questa élite parassitaria. Dall’economia di coloro che lavorano sui beni e sui servizi reali risucchia valore ed infine titoli di proprietà l’appropriazione rentier di chi gioca con azioni e valori monetari, numeri che identificano prezzi (tutta la realtà viene ridotta a quantità che ignora la qualità).
I conflitti in corso, sociali, religiosi, culturali, etnici, territoriali, interstatuali, se consideriamo la centralità del parametro della sopravvivenza generale, sono oggettivamente meno importanti, anche se dominano la scena mediatica e delle preoccupazioni pubbliche: ma fungono da micce che possono portare all’esplosione catastrofica, addirittura cataclismatica, delle “bombe” globali.
Secondo noi, che ci ispiriamo alla nonviolenza – lo abbiamo già accennato – il concetto più importante, che va oltre l’esclusivismo dei gruppi particolari (per quanto ampi possano essere), è l’attribuzione della priorità assoluta alle persone e all’insieme della famiglia umana, a partire dal rispetto della vita, delle vite di tutti.
Noi però non dovremmo rinviare al «Sole dell’avvenire», come facevano le ideologie ottocentesche che hanno dominato anche il novecento; il concetto di priorità dell’umanità va proposto nel presente: l’umanità, quella che c’è adesso, quella che concretamente lavora, soffre e spera oggi, è l’oggetto e lo scopo del nostro attivismo nella congiuntura attuale. Di qui lo slogan: “Prima l’umanità, prima le persone”, che ovviamente si contrappone agli individualismi assolutistici, agli “identarismi” particolaristici e ai “sovranismi” di ogni colore. E si contrappone soprattutto alla nuova ideologia in formazione tra le altissime sfere, quella tecnocratica del “post-umano” che affida alla “tecnologia della potenza” il sogno dell’avvento di una nuova sorta di esseri, immortali e superperformanti, frutto dell’incrocio, poggiante sull’infrastruttura della Rete, di ingegneria genetica, robotica ed intelligenza artificiale.
Il “Sole dell’avvenire” di allora diventa oggi il “Sole di Parigi” con riferimento esplicito alla
mobilitazione contro ciascuna delle tre “bombe” da parte della cittadinanza attiva internazionale, che sta ottenendo oggi dei risultati “storici” nel diritto internazionale, cioè nella nonviolenza efficace secondo le stesse parole di Papa Bergoglio.
Le conquiste miliari di questa mobilitazione sono due:
1) l’accordo di Parigi, del 12 dicembre 2015, che mette praticamente fuori legge, nella prospettiva di qualche decennio, i combustibili fossili;
2) il percorso istituzionale avviato al di fuori del Trattato di Non Proliferazione da parte degli Stati non nucleari che arriverà a mettere fuori legge gli ordigni “atomici”, forse già nella stessa Conferenza ONU che si aprirà il 27 marzo p.v. a New York.
Questa rivista, che è strumento delle competenze e dei movimenti che si sono battuti per tali risultati, vigilerà perché non restino sulla carta ma promuovano la conversione energetica (il modello rinnovabile al 100%) ed ecologica della società in alternativa alla barbarie ed al baratro in cui rischiamo di precipitare.
Contributo Carla Maria Baroni
SCALARE MILANO: Visioni Urbanistica Finanza Beni comuni – Convegno 7/3/2017
Contributo di MARIA CARLA BARONI Partito Comunista Italiano Lombardia
A me pare che la politica urbanistica del Comune di Milano sia schizofrenica, dissociata : recentemente si sono avviate le procedure per la revisione del Piano di Governo del Territorio, mentre un po’ di mesi fa si era già deciso di scorporare dal PGT tutta la sua polpa – il riuso e la riqualificazione degli ex scali ferroviari, così come il Comune aveva accettato supinamente la decisione di un rettore di spostare a Rho una parte consistente di Città Studi e prima ancora lo spostamento dell’Istituto dei Tumori e del Neurologico Besta a Sesto San Giovanni con la discussa operazione della Città della Salute, svuotando quasi completamente di funzioni il Municipio 3, popoloso quanto la città di Brescia.
Se si porterà a termine la procedura separata dell’Accordo di Programma tra Comune e FS Sistemi Urbani , il PGT rimarrà un guscio sostanzialmente vuoto, a cui rimarrà da decidere solo il riuso delle ex caserme.
Con l’AdP sugli scali si contraddice il nome e lo spirito di ciò che dovrebbe essere un PGT, il principale atto di un Comune: “governo del territorio” significa che le proposte strategiche dovrebbero essere indicate dal Comune e che le decisioni finali devono essere prese dopo aver coinvolto in un reale processo partecipativo pubblico tutti gli attori del territorio: non basta una fase di ascolto.
Ci viene detto che è urgente decidere sugli ex scali: ma queste aree sono inutilizzate da molti molti anni e quindi non c’è alcuna ragione oggettiva che impedisca di aspettare i tempi di una normale revisione del PGT. Non è certo nell’interesse della città e della cittadinanza tutta questa fretta, ma esclusivamente nell’interesse di FS Sistemi Urbani, che ambisce a quotarsi in Borsa dopo aver acquisito la possibilità di edificare sostanziose volumetrie.
Si pone anche il problema della proprietà delle aree: dato e non concesso che tale proprietà sia privata dal punto di vista strettamente giuridico, nella sostanza tale proprietà è pubblica, in quanto le aree erano state assegnate dal Comune per svolgervi una fondamentale funzione pubblica quale è quella della mobilità su ferro.
E qui entra in gioco il fatto che la riqualificazione degli scali deve servire anche per migliorare la mobilità di persone e merci nel nodo di Milano, che ha una valenza ben oltre lo stesso ambito metropolitano; deve servire in primo luogo i lavoratori e le lavoratrici che convergono giornalmente su Milano, migliorando la loro qualità della vita di pendolari e portando via via all’ abbandono dell’auto privata da parte di chi compie sempre lo stesso percorso giornaliero , a vantaggio della qualità dell’aria e della salute pubblica.
Emerge così che nel percorso verso l’AdP manca non solo la cittadinanza attiva, che non basta ascoltare: manca anche, se non soprattutto, la Città Metropolitana di Milano, che ha come compito primario “la cura dello sviluppo del territorio metropolitano” .
Attenzione alle parole: “cura dello sviluppo” significa voler approdare alla qualità del territorio in tutti i suoi aspetti.
Si dice talora che la Città Metropolitana come livello di governo viene ignorata perché di fatto non ha potere, né autorità, né risorse. Ma da chi e da che cosa dipende tutto ciò? Quali interessi vengono avvantaggiati dalla sostanziale negazione del ruolo della C.M.M.?
A me pare evidente che questa negazione risponde alla stessa logica volta alla distruzione del territorio come bene collettivo irriproducibile che aveva portato allo svuotamento delle Province in quanto titolari dell’unico strumento di pianificazione territoriale complessiva di area vasta esistente nel nostro Paese, e cioè del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale.
Eviscerare gli ex scali dal Piano Territoriale Metropolitano (rafforzato sulla carta rispetto al precedente P.T.C.P.), di cui è iniziata l’elaborazione, e dalla revisione del P.G.T. di Milano significa privilegiare gli interessi – finanziari? immobiliari? – di un unico soggetto che è solo formalmente privato in quanto ha la forma giuridica di una società di diritto privato.
Arrivando ora al contenuto del riuso e dalla riqualificazione degli ex scali propongo di insediare nei due più estesi – Farini e Romana – centri di ricerca su produzioni industriali e su nuovi materiali compatibili con l’ambiente e con la salute, per ottenere una pluralità di risultati: 1) dare un contributo all’intero Paese mettendo a punto prodotti e processi produttivi che non facciano ammalare e morire, che non distruggano aria, acque, suolo e cibo; 2) creare il primo passo per la reindustrializzazione dell’area metropolitana milanese che traduca in produzioni ecosostenibili quanto messo a punto nei centri di ricerca; 3) creare in una prima fase posti di lavoro altamente qualificati e duraturi per i nostri migliori talenti, ora costretti a fuggire all’estero subito dopo la laurea e per richiamare qualcuno già espatriato, e creare in una seconda fase molti posti di lavoro, anch’essi qualificati, in produzioni innovative in grado di competere sul mercato internazionale del lavoro; 4) contribuire a qualificare Milano come città della ricerca e della scienza anche in ambito internazionale, dando lustro alle sue istituzioni – Comune e Città Metropolitana – e alle sue università.
Durante l’ascolto della cittadinanza attiva del Municipio 5 era emersa anche la proposta di insediare nello scalo Romana, data anche la sua contiguità con il Parco Agricolo Sud Milano, di un centro di ricerca sull’agricoltura e l’alimentazione, utilizzando una parte del relativo suolo: condivido questa proposta, purchè prima la bonifica del terreno sia fatta a regola d’arte.
Ovviamente tutto ciò richiede consistenti fondi pubblici, da sottrarre a investimenti insensati e/o controproducenti, che invece vanno per la maggiore.
Per quando si passerà alla fase progettuale avanzo una proposta che riprende una lunghissima tradizione, dalle agorà della Magna Grecia alle piazze medioevali, rinascimentali, moderne, e talora contemporanee, così caratteristiche delle nostre città: organizzare gli edifici che comunque si costruiranno in tutti gli scali intorno a una piazza centrale bella e pedonale – meglio se rotonda, dalla forma accogliente – , che contempli anche la presenza di servizi pubblici, sedi istituzionali, luoghi di aggregazione e partecipazione, per dare ai cittadini e alle cittadine il senso di appartenenza a una collettività.
La maggior parte delle attuali piazze di Milano sono rotatorie intorno a cui circolano flussi ininterrotti di auto: perché allora non ne introduciamo alcune nuove riprendendo l’antica e mai interrotta tradizione della piazza italiana come centro della politica, e cioè della vita aggregata?
BENVENUTI!
Nasce un nuovo strumento di informazione per promuovere l’attuazione degli accordi globali per il contrasto ai cambiamenti climatici