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Voci dall’attivismo mondiale di pace

Trailer della Campagna “Siamo tutti premi nobel per la pace con Ican”

Voci dall’attivismo mondiale di pace

Appello congiunto di Moni Ovadia, Alfonso Navarra, Alex Zanotelli, Laura Tussi, Luigi Ciotti, Fabrizio Cracolici, Vittorio Agnoletto

Voci dall’attivismo globale di pace

Appello congiunto di Moni Ovadia, Alfonso Navarra, Alex Zanotelli, Laura Tussi, Luigi Ciotti, Fabrizio Cracolici, Vittorio Agnoletto.

Trailer della Campagna “Siamo tutti premi nobel per la pace con Ican”: interventi dei relatori in ordine di comparizione nel filmato

 

A cura di Fabrizio Cracolici, Alfonso Navarra, Laura Tussi

 

Sono Moni Ovadia e sostengo ICAN (International Campaign to abolish nuclear weapons) campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari. A ICAN è stato conferito il premio Nobel per l’importanza del suo magistero di pace. Premio Nobel per la pace. Diventiamo tutti insieme a ICAN attivisti di pace, donne e uomini di pace. La questione in campo è assoluta: è la questione della vita. La differenza fra chi combatte per l’abolizione delle armi nucleari e chi invece non fa nulla e è indifferente, è il discrimine per chi vuole stare dalla parte della vita e chi invece accetta l’abbraccio della morte come condizione di esistenza. Dunque sostenete questa campagna: diventate attivisti della vita e non è difficile capire che cosa è in gioco. Siamo in gioco noi, ma sono in gioco i nostri figli, i nostri nipoti e i nostri pronipoti. Cominciamo dall’abolizione delle armi nucleari perché un giorno ci sia l’abolizione totale delle armi. di Moni Ovadia

 

Sono Alfonso Navarra dell’associazione Disarmisti Esigenti. “Svuotiamo gli arsenali, riempiamo i granai” questo motto lo dobbiamo al nostro grande presidente partigiano Sandro Pertini che, sicuramente, fosse ancora vivo, avrebbe gioito della notizia che il mondo sta per proibire le armi nucleari: con l’adozione di un trattato di proibizione delle armi nucleari nella conferenza Onu del 7 luglio 2017. Questo voto di 122 nazioni richiede un processo di ratifica. Questo trattato entrerà in vigore il giorno in cui il cinquantesimo stato avrà ratificato il testo del trattato Onu che è stato dovuto soprattutto alla spinta organizzativa della società civile internazionale che si è aggregata intorno alla campagna internazionale per l’abolizione degli armi necleari ICAN. ICAN in virtù di questo contributo nel 2017 ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace. Quando questo premio Nobel per la Pace è stato ritirato a Oslo, la direttrice esecutiva della campagna ha riconosciuto che si tratta di un riconoscimento dovuto all’impegno antinucleare di tutti gli attivisti del mondo. E è stato fatto un invito a unire e allargare le forze per passare da questa proibizione delle armi nucleari con cui l’Italia deve essere tra i promotori che hanno già ratificato il trattato ONU. di Alfonso Navarra

Voci dall'attivismo globale di pace

Sono padre Alex Zanotelli missionario comboniano. Sono profondamente solidale con ICAN che ha ricevuto il premio Nobel per la pace per questa campagna per l’abolizione delle armi nucleari. Sono contro tutte le armi nucleari prima di tutto come credente nel Dio della vita che mi porta a impegnarmi contro ogni forma di morte e l’atomica è uno strumento di morte: di morte globale. Inoltre come missionario sono contro le armi nucleari, perché le armi nucleari proteggono la profonda ingiustizia, proteggono quel 10 per cento della popolazione mondiale che oggi consuma il 90 per cento dei beni di questo mondo. Non posso sopportare e accettare un disordine del genere. Ecco perché ritengo fondamentale questa campagna e chiedo che l’Italia ratifichi finalmente il trattato ONU per l’abolizione delle armi nucleari. di Alex Zanotelli

 

Buonasera sono Laura Tussi faccio parte dell’associazione ecopacifista PeaceLink – telematica per la pace e sono promotrice e portavoce dell’associazione Disarmisti Esigenti – associazioni affiliate a ICAN – e per questo faccio parte della rete internazionale ICAN per il disarmo nucleare universale che è stata insignita Premio Nobel per la Pace 2017 per promuovere il progetto storico del diritto internazionale: l’abolizione degli ordini di distruzione di massa nucleari. Il governo italiano non ho ancora approvato e ratificato il trattato ONU del 7 luglio 2017 che è valso il Premio Nobel per la Pace e che è stato approvato a New York a palazzo di vetro con 122 nazioni e con la società civile organizzata in ICAN. Il trattato ONU del 7 luglio 2017 supera il vecchio TNP trattato di non proliferazione delle armi nucleari che legittima il nucleare per alcuni Stati e superpotenze e approva invece l’innovativo TPAN il trattato per l’abolizione degli ordigni nucleari. di Laura Tussi

 

Ciao sono Luigi Ciotti di Libera e del Gruppo Abele e sostengo anch’io la campagna “Siamo tutti premi Nobel per la Pace con ICAN” per l’abolizione delle armi nucleari e la sostengo con convinzione oggi più che mai perchè tocchiamo con mano tanti conflitti e tante guerre. Sono 47 ufficialmente i Paesi coinvolti in questi conflitti. Sono migliaia le armi nucleari operative. Sono milioni i profughi: si parla del 90/95% la percentuale di civili fra le vittime. Il doppio delle precedenti guerre mondiali. Sono circa 357 milioni i bambini – uno su sei – che vivono attualmente in zone colpite da conflitti, esattamente 75% in più rispetto a 25 anni fa. Allora perché l’Occidente continua ad ignorare, quando non a favorire, guerre feroci che trasformano tanti Paesi in un mattatoio e in uno scenario niente affatto di Pace e poi in gran parte taciuto e ignorato e censurato data l’enormità degli interessi in gioco? Credo che si debba dire vergogna alla spesa militare mondiale. L’anno scorso ha toccato una cifra impressionante: 1.739 – dato ufficiale – miliardi di dollari. E’ una vergogna. L’Italia occupa l’ottavo posto nell’esportazione di armi. Armi che vende anche a Paesi colpevoli di gravi violazioni dei diritti umani in deroga ha una legge che metteva i paletti: la legge 185 del 1990. Aspetto più indecente del problema allora la commistione tra le guerre e l’economia del profitto. Guerre combattute con armi, ma anche con armi economiche: per questo l’abolizione delle guerre e delle armi deve passare per la costruzione di giustizia, di un nuovo rinnovamento culturale, ma deve tutto questo calarsi in un più ampio discorso di promozione dei diritti umani, sociali e civili e nell’impegno per la dignità e la libertà delle persone. Dobbiamo ripartire per costruire la pace, consapevoli di dover procedere uniti, perché solo insieme, il desiderio di cambiamento diventa forza di cambiamento. di Luigi Ciotti

 

Sono Fabrizio Cracolici, Presidente ANPI Associazione Nazionale Partigiani d’Italia della sezione Emilio Bacio Capuzzo di Nova Milanese. Anch’io sostengo ICAN campagna per il disarmo nucleare universale che ha ottenuto il Premio Nobel per la Pace per il suo impegno sul grande tema di importanza fondamentale che è quello dell’abolizione degli ordigni nucleari e del disarmo nucleare universale. Oggi assistiamo a un imbarbarimento e a una continua presa di forza nei confronti dei più deboli, dei più diseredati e la prepotenza del potere sta sempre più contrastando i diritti di ogni cittadino. Per questo noi oggi siamo qui a testimoniare a sostegno di una campagna internazionale per il disarmo nucleare. Noi facciamo questo perché non vogliamo più che avvengano quegli eventi orribili avvenuti in passato e prima fra tutti la seconda guerra mondiale e poi il fascismo e il nazismo che hanno portato all’umanità odio, distruzione e morte e proprio per questo noi oggi contrastiamo chi vuole, con la deterrenza delle armi nucleari, imporre il terrore nel mondo. di Fabrizio Cracolici

 

Sono Vittorio Agnoletto e sostengo la campagna ICAN contro le armi nucleari. Credo che aver ottenuto il Premio Nobel per la Pace sia stato un risultato importantissimo, intanto perché si è dimostrato che anche nell’epoca della globalizzazione grandi movimenti sociali universali organizzati in tutto il mondo possono ottenere un risultato. Un risultato importante perché è in discussione il futuro dell’umanità. E noi italiani abbiamo anche obiettivi molto concreti. Primo: far si’ che l’Italia ratifica il trattato ONU. Secondo: ottenere che sul nostro territorio non vi sia più nessun ordigno nucleare e invece abbiamo ordigni nucleari della NATO e degli Stati Uniti. Terzo: uscire dalla Nato che è un’alleanza puramente offensiva.

Ma essere contro le armi nucleari significa anche prima di tutto battersi per la pace e noi sappiamo che non ci può essere pace senza giustizia sociale e sappiamo che si comincia a costruire la pace lavorando con i bambini, con i ragazzi, facendo formazione e educazione nelle scuole, formazione alla multiculturalità, formazione alla solidarietà e formazione ai grandi valori della vita, perché non dimentichiamo che la terra è il più grande bene comune di cui noi disponiamo. di Vittorio Agnoletto

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Giorno della Memoria, le letture consigliate per adulti e ragazzi sulla Shoah e le leggi razziali

Bibliografia sul Giorno della Memoria con il Libro Educazione e Pace di Laura Tussi

Giorno della Memoria, le letture consigliate per adulti e ragazzi sulla Shoah e le leggi razziali

La Biblioteca comunale di Riccione propone una piccola bibliografia ragionata di letture sul dramma e la vergogna di una tragica pagina di storia

24 gennaio 2020

Rimini Today

Bibliografia sul Giorno della Memoria con lIbri di Laura Tussi e Liliana Segre

In occasione del Giorno della Memoria 2020, la ricorrenza internazionale istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per commemorare l’immane tragedia dell’Olocausto (2005), la Biblioteca comunale di Riccione propone una piccola bibliografia ragionata di letture per adulti e ragazzi sul dramma della Shoah e sulla vergogna delle Leggi razziali. Tutti i titoli proposti sono disponibili al prestito e alla pubblica lettura.
Il Giorno della Memoria si celebra ogni 27 gennaio perché in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa, impegnate nella offensiva Vistola-Oder in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz, in Polonia, scoperchiandone l’abisso di orrore e di follia.

I titoli proposti

Roberto Scevola Norimberga: il male sotto accusa, Corriere della Sera, 2019
Laura Tussi Educazione e pace: dalla Shoah al dialogo interculturale, Mimesis, 2011
Helga Weiss Il diario di Helga: la testimonianza di una ragazza nei campi di Terezín e Auschwitz, Einaudi, 2014
Benjamin Wilkomirski Frantumi: un’infanzia, 1939-1948, Mondadori, 1996
Thomas Geve Qui non ci sono bambini: un’infanzia ad Auschwitz, Einaudi, 2011
Louise Jacobson Dal liceo ad Auschwitz: lettere, L’Unità, 1996
Elena Loewenthal La lenta nevicata dei giorni, Einaudi, 2013
Martin Amis La zona d’interesse, Einaudi, 2015
Laurel Holliday Ragazzi in guerra: diari segreti di adolescenti europei nel secondo conflitto mondiale, Il Saggiatore, 1996
Mary Berg Il ghetto di Varsavia: diario, 1939-1944, Einaudi, 1991
Hannah Arendt La banalità del male: Eichmann a Gerusalemme, Feltrinelli, 2001
Diane Ackerman Gli ebrei dello zoo di Varsavia, Sperling & Kupfer, 2009
Marco Nozza Hotel Meina: la prima strage di ebrei in Italia, Mondadori, 1993
Giancarlo Elia Valori Un albero per una vita: la persecuzione degli ebrei italiani e l’eroismo di chi li aiutò, Rizzoli, 2001
Fabio Amodeo, Mario José Cereghino La lista di Eichmann: Ungheria 1944: il piano nazista per vendere un milione di ebrei agli alleati, Feltrinelli, 2013
Romain H. Rainero  Le navi bianche: profughi e rimpatriati dall’estero e dalle colonie dopo la seconda guerra mondiale: una storia italiana dimenticata (1939-1991), Mergozzo, 2015
Nathalie Zajde I figli dei sopravvissuti, Moretti & Vitali, 2002
Daniel Jonah Goldhagen I volonterosi carnefici di Hitler: i tedeschi comuni e l’Olocausto, Mondadori, 1998
Marcello Pezzetti, Il libro della shoah italiana: i racconti di chi è sopravvissuto; Einaudi, 2009.

Letture per ragazzi:

Liliana Segre Scolpitelo nel vostro cuore: dal binario 21 ad Auschwitz e ritorno: un viaggio nella memoria Piemme, 2018
Lia Tagliacozzo La Shoah e il giorno della memoria EL, 2017
Andra e Tatiana Bucci Noi, bambine ad Auschwitz: la nostra storia di sopravvissute alla shoah Mondadori, 2018
Marta Palazzesi In Svizzera la cioccolata è più buona : una storia di amicizia nell’Italia della Shoah, EL, 2015
Frediano Sessi Auschwitz Sonderkommando: tre anni nelle camere a Einaudi Ragazzi, 2018
Frediano Sessi Ultima fermata: Auschwitz : storia di un ragazzo ebreo durante il fascismo Einaudi Ragazzi, 2016
Uri Orlev Milano Corri ragazzo, corri: romanzo, Salani 2011
Fred Uhlman Niente resurrezioni, per favore TEA, 1990
Giulio Levi 1940-1945, Gioele, fuga per tornare Fatatrac, 2007
Robert Sharenow La stella nel pugno Piemme 2012
Hetty E. Verolme Milano Hetty: una storia vera Il Castoro, 2012
Aranka Siegal Capro espiatorio EL, 1993.

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Conf stampa

DA PARTE DI ALFONSO NAVARRA – cell. 340-0736871 – A SPETTABILI REDAZIONI
CONFERENZA STAMPA IN SENATO: L’EMERGENZA CLIMATICA NON E’ SEPARABILE DALL’EMERGENZA NUCLEARE (E BATTIAMOCI INSIEME, CARA GRETA, PER EVITARE CHE IL CONCETTO DI EMERGENZA SIA STRUMENTALIZZATO DALLA LOBBY DELL’ATOMO)
 
                                                                             MERCOLEDI 18 DICEMBRE 2019 – ore 13.00 – 14.00

Sala “Caduti di Nassirya” presso il Senato della Repubblica –  Palazzo Madama

Dopo la conclusione della COP 25 di Madrid e dopo il consiglio europeo del 12 e 13 giugno 2020, ACCADEMIA KRONOS, DISARMISTI ESIGENTI e WILPF ITALIA, organizziamo una conferenza stampasulla base dell’appello che lanciammo in aprile, ancora sottoscrivibile on line su: https://www.petizioni.com/dichiarazione-emergenzaclimatica
Nel testo dell’appello sollecitiamo il governo a proclamare lo stato di emergenza climatica sottolineando i seguenti punti qualificanti, che contraddistinguono la nostra iniziativa da altre analoghe (e auspichiamo convergenti):
Considerare a partire da subito, la lotta al cambiamento climatico e la transizione a un’economia sostenibile (il Green New Deal) come la priorità del presente e dei prossimi anni, da sostenere con un grande programma di investimenti pubblici;
trovare le risorse, in primo luogo dalla cancellazione degli incentivi alle fonti fossili, dagli sprechi sulle Grandi Opere inutili, quindi dal risparmio sugli armamenti: usiamo  le forze della difesa (di protezione civile e dei modelli alternativi di difesa!) come energie per la salvaguardia dei territori e per l’adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici;
e soprattutto:
escludere in tutte le sedi l’opzione nucleare tra le possibili soluzioni al cambiamento climatico, con ciò ribadendo la volontà del popolo italiano espressa nel voto referendario del 2011.
Sottolineavamo nell’appello, e sottolineiamo, infine, la necessità di ampi processi partecipativi nell’elaborare, deliberale ed attuare i piani di transizione climatica secondo i principi di trasparenza, democrazia ed equità.
Tutti i primi firmatari sono invitati ad intervenire con brevi considerazioni analitiche e suggerimenti propositivi sull’intreccio tra emergenza climatica ed emergenza nucleare nell’incontro con la stampa che avrà luogo il 18 dicembre 2019, dalle ore 13 alle 14, alla Sala “Caduti di Nassirya” presso il Senato della Repubblica –  Palazzo Madama (vedi comunicato allegato).
Abbiamo esteso l’invito anche agli attivisti dei nuovi movimenti che esprimono un montante “risveglio” ecologista, soprattutto in settori giovanili della popolazione.
Ma rileviamo anche criticamente che  il “possibilismo” sul nucleare di Greta Thunberg (si vedano le seguenti dichiarazioni su facebook: https://m.facebook.com/gretathunbergsweden/photos/a.733630957004727/793436521024170/?theater&hc_location=ufi) può avere avuto il suo peso  negativo e riflettere il vento che ha portato l’ultimo Consiglio europeo, conclusosi questo 13 dicembre, ad inserire, in sostanza, il nucleare tra le energie “pulite” finanziabili dai cittadini europei.
Bisogna che tutto l’ecologismo di base, a nostro avviso, stia bene attento: è infatti possibile che una interpretazione distorta dell’istanza emergenziale porti a fare accettare il nucleare da fissione tra le possibili soluzioni, mentre è parte del problema.
Su questo punto, secondo i promotori, non sono affatto utili deleghe a “profeti” che, con la loro inesperienza, possono portare indietro la consapevolezza raggiunta in decenni di lotte e anche di vittorie, seppur parziali. Occorre anche una trasmissione (mai acritica, naturalmente) di saperi acquisiti con le pratiche di lotta “storiche”!
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Decarbonizzazione e emergenza climatica di Mario Agostinelli

UNA MOBILITAZIONE DELLA SOCIETA’ E DEL MONDO DEL LAVORO PER LA DECARBONIZZAZIONE E L’EMERGENZA CLIMATICA

Mario Agostinelli, Inchiesta Settembre 2019

Bill Mckibben, un ambientalista statunitense attivo anche come scrittore e giornalista, definito nel 2010 dal Boston Globe come “probabilmente l’ambientalista più influente della nazione”, ha lavorato sul cambiamento climatico per trent’anni e dice di aver imparato a liberare la sua angoscia e a tenerla sotto controllo. Ma, negli ultimi mesi, ammette che la sua angoscia vera riguarda i suoi figli. Questa primavera è stato registrato per la concentrazione di l’anidride carbonica nell’atmosfera il livello record di 415 parti per milione, superiore a quanto non sia mai stato in molti milioni di anni. L’estate è iniziata con il mese più caldo mai registrato, quindi Luglio è diventato il mese più caldo dell’era moderna. Il Regno Unito, la Francia e la Germania, hanno tutti raggiunto nuove alte temperature e il calore si è spostato verso nord, fino a quando la maggior parte della Groenlandia si è sciolta e immensi incendi siberiani hanno inviato grandi nuvole di carbonio verso il cielo. All’inizio di settembre, l’uragano Dorian si è fermato sopra le Bahamas, dove ha scatenato quello che un meteorologo ha definito “il più lungo assedio di tempo violento e distruttivo mai osservato” sul nostro pianeta. Gli avvertimenti scientifici di tre decenni fa sono i più micidiali avvisi di calore del presente e, per il futuro, ci impongono scadenze rigide. Lo scorso autunno, gli scienziati climatici di tutto il mondo hanno affermato che, se vogliamo raggiungere gli obiettivi fissati nell’accordo sul clima di Parigi del 2015, 

Nel mondo di Trump e Putin e Bolsonaro e delle compagnie di combustibili fossili che li sostengono, sembra impossibile modificare il quadro che si prospetta. Invece non è nemmeno tecnologicamente impossibile: nell’ultimo decennio è stato abbassato il prezzo dell’energia solare ed eolica rispettivamente del novanta e settanta per cento. Ma non basta, se oltre alla tecnologia non muta la direzione dell’economia capitalista e se non entra in campo, assieme ai movimenti planetari degli studenti e delle donne il movimento delle lavoratrici e dei lavoratori. **** 

In effetti la vera buona notizia è che, quando la crisi diventa più evidente, molte più persone si uniscono alla lotta. Nell’anno in cui gli scienziati hanno lanciato il loro allarme di è potuto riscontrare la proposta del Nuovo Green new Deal della Ocasio Cortez, gli exploit di Extinction Rebellion e la diffusione globale degli scioperi degli studenti avviata dall’adolescente svedese Greta Thunberg. E – grande novità per il nostro Paese – Il segretario Generale della CGIL Maurizio Landini afferma da Lilli Gruber e nellaassemblea programmatica riservata ai delegati dei luoghi di lavoro che il problema principale per il suo sindacato è contrastare il brusco cambiamento climatico a partire dai luoghi di lavoro. Sembra che ci siano finalmente che nasca una massa critica per sostenere un conflitto ed un risultato utile. 

La domanda tuttavia è pressante: quali sono le forze su cui contare per il cambiamento nel tempo necessario?

Alcuni di noi hanno iniziato a cambiare la propria vita, impegnandosi a volare di meno e a mangiare più in basso nella catena alimentare. Ma, qualunque siano le nostre intenzioni, ognuno di noi è attualmente costretto a bruciare una discreta quantità di combustibile fossile: se non c’è un treno che porta a destinazione, non puoi prenderlo. Altri – in realtà, spesso le stesse persone – stanno lavorando per eleggere candidati “più ecologici” che attuino pressioni per approvare programmi politici e avviare procedimenti giudiziari contro le grandi opere inutili.

Ma queste azioni potrebbero non ripagare abbastanza velocemente. Il cambiamento climatico è un test a tempo, uno dei primi che la nostra civiltà ha affrontato, e secondo i rapporti scientifici la finestra in cui inserire il cambiamento si restringe al passare dei mesi, non degli anni. Al contrario, il cambiamento culturale – ciò che mangiamo, il modo in cui viviamo – spesso avviene per generazioni e il cambiamento politico che comporta un lento compromesso sembra ostacolato dai negazionisti e da chi dirige la paura verso obiettivi escludenti e la sfiducia nella democrazia.

Forse va ammesso, assunto e scommesso sul fatto che i leader politici non sono gli unici attori del pianeta e che nella società attuale, con la vittoria incontrastata del liberismo, anche e soprattutto chi concentra la maggior parte del denaro e della ricchezza depredata a spese del lavoro e della natura, ha un potere che potrebbe essere esercitato in pochi mesi o addirittura ore. Mckibben suggerisce che la chiave per interrompere il flusso di carbonio nell’atmosfera sia quella di interrompere il flusso di denaro verso carbone, petrolio e gas. Bisogna da subito avviare la decarbonizzazione dell’economia e della società e interrompere il sostegno finanziario che spesso attori non consapevoli riservano al vecchio modello energetico ancora determinante. 

Shell ha definito il disinvestimento un “effetto negativo materiale” sulle sue prestazioni. La campagna di disinvestimento ha reso pubblica la notizia più eclatante dell’era del riscaldamento globale: che l’industria ha nelle sue riserve cinque volte più carbonio di quanto il consenso scientifico pensi che possiamo tranquillamente bruciare. Un’istituzione religiosa dopo l’altra si è spogliata di petrolio e gas e Papa Francesco ha convocato i dirigenti del settore energetico in Vaticano per dire loro che devono lasciare il carbone sottoterra. 

Il sistema bancario si è unita alle industrie del fossile per impedirne l’uscita di scena  Nei tre anni trascorsi dalla fine dei colloqui sul clima di Parigi, la banca Chase ha investito 196 miliardi di dollari in finanziamenti per l’industria dei combustibili fossili, molti dei quali per finanziare nuove iniziative estreme: trivellazioni in acque ultra-profonde, estrazione di petrolio artico, trivellazioni nell’Adriatico. Nei fatti, Jamie Dimon, il C.E.O. di JPMorgan Chase, è un barone del petrolio, carbone e gas quasi senza pari.

Lo stesso vale per le attività di gestione patrimoniale e assicurativa: senza di esse le società di combustibili fossili rimarrebbero quasi letteralmente a corto di gas. Ma il capitalismo non è noto per arrendersi alle fonti di entrate e non si preoccupa dello scioglimento della calotta artica.

Quando si riflette sulla dimensione di questi problemi, appare in tutta la sua povertà la dimensione della politica, che garantisce la costruzione di gasdotti come il TAP o la riconversione della centrali a carbone in impianti a gas fossile con la prospettiva di ritorno degli investimenti a 25 anni, che solo la politica e le tariffe in bolletta dei cittadini ignari e non la società o il mondo del lavoro o le prospettive del welfare possono garantire.

A questo proposito vorrei qui mettere in rilievo una riflessione ed una proposta sul sistema energetico e i cambiamenti climatici lanciata da una aggregazione di personalità del mondo scientifico, culturale, associativo. In essa (v. https://zeroemission.eu/riduzione-dei-gas-serra-al-2030-lappello-di-massimo-scalia/ ) si afferma che “La più grande minaccia di questo secolo” – il cambiamento climatico, la transizione all’instabilità climatica – si sta delineando con eventi sempre più drammatici e che le conseguenze del cambiamento climatico che si abbatte su uomini e cose con l’intensità degli eventi meteorologici estremi, documenta una più generale crisi ambientale: la devastazione di uno sviluppo fondato sulla spoliazione e il saccheggio delle risorse naturali, come conseguenza del modo capitalistico di produrre e consumare. Esemplare, al riguardo, il nuovo odioso colonialismo del landgrabbing, che attraverso i meccanismi della mera acquisizione di mercato priva intere popolazioni dei loro diritti, delle loro terre e delle loro acque senza dar loro nemmeno la possibilità di essere ascoltati o addirittura attraverso vere e proprie deportazioni. In America Latina, Asia e Africa sempre più grandi foreste, terre comunitarie, bacini fluviali e interi ecosistemi vengono spogliati e le comunità sfollate. La diversità biologica viene costantemente ridotta, la grande barriera corallina australiana è a rischio nei suoi 3000 km. Il respiro degli oceani è soffocato dalla plastica. 

Si ripropone la battaglia a favore dell’ambiente, contro il global warming e per una generale riconversione ecologica dell’economia e della società, come impegno culturale, sociale e morale. Si ricorda che la “Laudato si’” di Papa Bergoglio ha messo in risalto gli aspetti umani e spirituali di questa nuova visione.

Purtroppo però, i governi di tutto il mondo, colpevolmente lenti nell’applicare il Protocollo di Kyoto (2005) e oggi in ritardo nell’attuare gli impegni dell’Accordo di Parigi ratificati nel 2016 da 180 Paesi, non accelerano la loro azione per fare più efficacemente fronte al cambiamento climatico e mantenere l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura media globale entro 1,5 °C. A pagare lo sconquasso del clima sono soprattutto le popolazioni più povere e vulnerabili, colpite dalle migrazioni interne o dalla fuga disperata dalle loro terre, da fame, sete e malattie endemiche, marginalizzate nei loro territori, spesso nel nome stesso dello sviluppo e dell’innovazione. I rischi dovuti ai disastri ambientali accrescono tensioni e conflitti e nel 2017 hanno causato, da soli, l’esodo di 60 milioni di rifugiati ambientali, ma saranno quattro volte tanti nel giro di soli vent’anni. Non si tratta solo dell’accoglienza e della sicurezza. Occorre “costruire ponti”, capaci di ridurre la distanza tra chi ha troppo e chi non ha abbastanza, tra l’opulenza e la povertà, come indicato dagli obiettivi globali dell’Agenda 2030 proposta dalle Nazioni Unite. Occorre quindi modificare gli stili di vita, le culture e il modo di pensare se si vuole dare futuro al futuro. Trasformare i rifiuti in nuovi prodotti com’è tecnologicamente possibile, fare di più con meno, organizzare la società della sufficienza affinché ogni risorsa sia utilizzata senza sprechi e nel modo più appropriato fino all’autogestione. E, da subito, “decarbonizzare” l’economia sostituendo i combustibili fossili con le fonti rinnovabili.

Anche la voce della neo-presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, si è levata per proporre al Parlamento europeo a Strasburgo l’obiettivo di riduzione del 50-55% di CO2, il gas serra dominante, entro il 2030, facendo così schizzare a quel livello il target che la UE aveva in precedenza fissato al 32%. E, conseguentemente, di mantenere “un ruolo di guida della UE nei negoziati internazionali per far crescere il livello di ambizione delle altre principali economie entro il 2021”. 

Il Governo italiano, continuando a perseguire un atteggiamento vergognosamente caudatario, ha proposto nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) un obiettivo di solo il 33%. 

La novità offerta dallo straordinario protagonismo degli studenti di Fridayforfuture nell’ultima settimana di Settembre ed un primo coinvolgimento dei lavoratori e del loro sindacato, confermato dalle iniziative della CGIL e da una riflessione intensa e foriera di riflessioni nel suo gruppo dirigente, fa presumere che possa attuarsi in tutto il Paese la più ampia mobilitazione possibile

Il Governo non può sentirsi rappresentato sul tema del clima, come nei confronti dell’immigrazione, dall’involuzione a destra dei i Paesi di Visegrad in nome di un  miope privilegio degli “interessi nazionali”, che non si pone all’altezza della tremenda sfida e delle responsabilità che il cambiamento climatico impone a tutti.

Per favorire questa mobilitazione, per dargli il carattere capillare di confronto con cittadini, organi territoriali elettivi, istituzioni e enti pubblici, luoghi di lavoro e di socializzazione, organi di informazione, occorre pensare anche allo strumento di una legge d’iniziativa popolare che assuma l’obiettivo del 50% per l’Italia e indichi la carbon tax come mezzo principale per coprire la spesa pubblica finalizzata a quell’obiettivo. L’adesione del sindacato unitario a questa impresa è senz’altro determinante.

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Perché il governo italiano vota per inserire il nucleare tra le energie finanziabili dalla UE?

da parte Alfonso Navarra – Disarmisti esigenti
Alla cortese attenzione di gentili deputate e senatrici, deputati e senatori:
Danilo Toninelli – capo gruppo al Senato del M5S
Francesco Silvestri – vice capo gruppo vicario alla Camera del M5S
Andrea Marcucci – capo gruppo al Senato del PD
Graziano Delrio – capo gruppo alla Camera del PD
Loredana De Petris – capo gruppo al Senato di Gruppo Misto
Federico Fornaro – capo gruppo alla Camera di LeU
Davide Faraone – capo gruppo al Senato di Italia Viva
Maria Elena Boschi – capo gruppo alla Camera di Italia Viva

Ricordiamo i primi firmatari dell’appello sulla emergenza climatica lanciato nell’aprile 2019

Si può firmare ancora on line : https://www.petizioni.com/dichiarazione-emergenzaclimatica

Moni Ovadia – Alex Zanotelli – Edo Ronchi – Grazia Francescato – Guido Viale – Mario Salomone – Loredana De Petris – Vasco Errani – Vittorio Agnoletto – Alessandro Marescotti – Antonia Baraldi Sani – Oliviero Sorbini – Michele Carducci – Francesco Masi –

Quale contributo alla lotta per superare la crisi ecologica, composta di diversi aspetti interdipendenti, di fronte al fatto che è cambiata la maggioranza parlamentare ed abbiamo oggi un governo che vuole attuare un Green New Deal, riproponiamo la nostra richiesta di aprile: l’Italia proclami lo stato di emergenza climatica. Ricordiamo che questa nostra iniziativa ha contribuito alla presentazione di una mozione in tal senso al Senato, prima firmataria Loredana De Petris, ed una alla Camera, prima firmataria Rossella Muroni. 

Sollecitiamo i gruppi parlamentari a fissare la discussione e ad approvare la dichiarazione di emergenza climatica prima della apertura della COP 25 in Cile (si terrà ad inizio dicembre 2019, dal 2 al 13).
Da parte nostra e’ chiaro che ci impegniamo essere vigili affinché agli slogan mediatici seguano fatti seri: lavoriamo e lavoreremo in questo senso con le forze ecopacifiste e con i nuovi movimenti giovanili e nonviolenti di ribellione alla estinzione.
Ribadiamo – come già indicava l’appello di aprile – che esiste un intreccio tra minaccia climatica e minaccia nucleare e che a nessun livello e in nessun caso riteniamo si possa permettere che il nucleare possa essere prospettato e gestito tra le soluzioni alla crisi climatica.
Il nucleare come sistema della deterrenza è la massima espressione dell’attività bellica (quindi tra le principali fonti emissive); ed il ciclo del combustibile, anche esso di possibile uso militare, con la sua eredità di scorie radioattive non smaltibili, basta da solo a mettere a rischio la sopravvivenza umana.
Per l’Italia questa contrarietà alla tecnologia nucleare per applicazioni di massa oltretutto non è una opinione personale degli scriventi: va sempre premesso che il popolo italiano si è espresso contro l’energia nucleare in modo inoppugnabile con ben due voti referendari, nel 1987 e nel 2011.
A questo proposito chiediamo al governo italiano chiarimenti sulla posizione, come minimo incresciosa nei termini in cui la abbiamo appresa dalla stampa e dai blog*, che sarebbe stata presa al Consiglio Europeo del 25 settembre.
Chiediamo infatti spiegazioni su come sarebbe maturata la scelta di votare a favore dello slittamento di due anni dell’adozione della tassonomia per la classificazione degli investimenti sostenibili, decidendo per giunta di non escludere dalla finanza sostenibile i progetti legati all’energia nucleare.
Di questa esigenza di chiarimento, fortemente indicativa di quanto ci si possa fidare delle promesse verdi del nuovo governo, invitiamo a farsene carico i parlamentari sensibili mediante gli atti istituzionali opportuni.

 
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EMERGENZA NUCLEARE di Alfonso Navarra

26 SETTEMBRE , PETROV DAY, GIORNATA DI DISOBBEDIENZA NONVIOLENTA

IL GOVERNO RICONOSCA, INSIEME A QUELLA CLIMATICA, L’EMERGENZA NUCLEARE: ADERISCA, PER COMINCIARE, AL TRATTATO DI PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI

 

Ignorata dai più, la minaccia nucleare, sia militare che civile (due facce della stessa medaglia),

incombe come una spada di Damocle sulla nostra testa: ricorrendo ad una metafora analoga alla

“casa comune che brucia”, possiamo paragonarla al gas esplosivo che si accumula e inonda un

condominio dal tubo del metanodotto di cui non sia stata chiusa la valvola di flusso. 

Il rischio “atomico”, alimentato dalle competizioni di potenza, dalla corsa agli armamenti, dai conflitti,

nel suo intreccio con la minaccia climatica e con la minaccia della diseguaglianza sociale,

innescato da una qualsiasi scintilla, può deflagrare in ogni momento. E condurre in un amen al

completamento della sesta estinzione di massa.

Lo scoppio di una guerra nucleare può accadere persino per caso, per incidente o per errore di

calcolo, provocando, nel caso fortunato, quello di scambi missilistici localizzati (la guerra “di

teatro” o lo scontro tra medie potenze), la distruzione della civiltà umana (si dovrebbero, ad

esempio, fare i conti con inverni nucleari continentali!) e, nel caso peggiore, se totale e globale

conflitto tra superpotenze, della intera vita sulla Terra.

Noi, le promotrici e i promotori della presente iniziativa, non vogliamo lasciarci passivamente

trascinare nel baratro mortale verso il quale il sistema dell’accumulazione illimitata – per il

profitto e la potenza – ci sta orribilmente spingendo giorno dopo giorno! 

Un sistema che – ricorda il missionario comboniano Padre Alex Zanotelli –  si erge a protezione della profonda ingiustizia globale, servendo quell’1% di straricchi della popolazione mondiale, che con il 10% dei suoi maggiordomi “affluenti”, oggi consuma il 90% dei beni di questo mondo.

 Un sistema che coltiva una falsa idea della “sicurezza”, basata sulla dissuasione distruttiva quale principio difensivo: mi sento come Stato tanto più garantito nei riguardi delle potenziali offese altrui quanto più sono in grado di scatenare – ed il “nemico” ne deve essere credibilmente ammonito – forze fisiche che

uccidono e sterminano in modo massiccio e provocano disastri materiali catastrofici.

La deterrenza nucleare, cioè la preparazione e la minaccia dello sterminio atomico per sedicenti

esigenze di difesa, dimostra dove portano l’idea e la pratica della guerra, che è un male

incontenibile, scatenante il massimo possibile di violenza, di distruzione; e di inquinamento. I

complessi militari industriali e la logica della potenza degli Stati sono i motori propulsivi di

attività belliche e militari devastatrici, è ovvio, ma anche fortemente inquinanti, anzi forse le

più inquinanti in assoluto. Dobbiamo considerare che la macchina bellica, armata nella sua

ultima ratio di denti nucleari, va oggi normalmente a petrolio e molto spesso è in moto, nel suo

quotidiano ed ordinario esplicarsi, per il controllo delle limitate e localizzate fonti fossili. Si fa,

insomma, la guerra con il petrolio e la guerra per il petrolio! Ma un carro armato, un

cacciabombardiere, una portaerei che spara missili Cruise fanno guerra anche al clima oltre che

all’ambiente: non è da ritenersi irrealistica una stima intorno al 15% della CO2 emessa come

portato dei 1.700 miliardi annui di spese militari. Le strutture e le attività che tale spaventoso

budget lubrifica sono responsabili, va sottolineato ancora, di vittime umane, di sconvolgimenti

ambientali, di spostamenti forzati e drammatici di popolazioni; e di riscaldamento globale.

La deterrenza nucleare è ciò che porta alle estreme conseguenze la logica della guerra; è il suo

fondamento mentale (sono tanto più sicuro quanto più sono in grado di uccidere) ed il suo

coronamento ultimo: è ciò che può fare della pratica patologica dei conflitti armati una crisi con

lo sbocco non solo della morte di alcuni esseri umani, ma della morte di tutti gli esseri umani,

per sempre.

Essa gioca, rispetto all’apparato degli Stati-potenza e dei complessi militari industriali, un ruolo

analogo a quello della crisi climatica all’interno della più complessa crisi ecologica: non copre

tutte le patologie di un organismo malato, ma è una situazione di stress pericoloso che può

determinare determinare il passaggio immediato dallo stato di vivente allo stato di non vivente. Una persona

colpita da infarto a cui si ferma il cuore può essere malata di tantissime altre cose, può incubare

un terribile tumore. Ciò non toglie che diventa una priorità da parte dei soccorritori compiere

delle manovre adeguate o usare il defribillatore per ripristinare il battito cardiaco onde evitare

l’immediato decesso e quindi dare anche il tempo e le opportunità per curare tutte le altre

malattie. Senza contare che, a differenza che nel nostro esempio, l’intervento emergenziale,

soprattutto nel caso dell’intervento emergenziale sulla crisi climatica, può costituire di per sé

stesso un decisivo abbrivio al cambiamento totale di sistema. La manovra emergenziale cura

anche i tumori che affliggono la nostra civilizzazione rosa dal cancro della crescita illimitata (e

della proprietà oligarchica dei grandi mezzi di produzione e delle grandi masse monetarie)!

Accogliamo allora con gioia il risveglio della nuova generazione che sulla crisi climatica si sta

mobilitando in tutto il mondo: prende sul serio i rapporti della comunità scientifica mondiale, ha

capito che non c’è più tempo, che adesso è il momento di agire per garantirsi un futuro (e per

conservare il senso della storia umana sulla Terra)!

Allo stesso tempo ci sgomenta l’indifferenza generale con la quale si trascurano, anche nei cortei

per il clima, le terribili notizie sui trattati internazionali disdetti (quello sugli euromissili e lo

START che non verrà rinnovato), sulle migliaia di miliardi di dollari destinate ad ammodernare le

armi “fine del mondo”, sul moltiplicarsi e l’aggravarsi delle crisi in cui il “bastone atomico” viene

esplicitamente brandito (USA-Corea del Nord, USA-Israele-Iran, USA-Russia per l’Ucraina, India-

Pakistan, eccetera).

Siamo atterriti che nelle alte sfere militari si discuta con nonchalance, nella sottovalutazione e

persino nell’apatia dei media, di trasferire il potere decisionale sulle eventuali reazioni ad

attacchi nucleari a tecnologie immature e comunque controverse come l’intelligenza artificiale.

Siamo alla follia assoluta: consegnare la vita universale nelle mani della presunta coscienza delle

macchine!

L’inquinamento radioattivo, frutto della preparazione della guerra nucleare collegata alla

tecnologia pseudo civile di produzione elettrica, compie in silenzio il suo sporco lavoro di

aggressione alla materia vivente: Chernobyl è un mostro per nulla dormiente, l’acqua di

Fukushima viene scaricata nell’Oceano, le centrali francesi sono colpite da un incidente dietro

l’altro, le scorie radioattive che non si riescono a smaltire sono bombe a scoppio ritardato… ed

ancora l’opinione pubblica poco avvertita permette che possano essere riconosciuti quali

“ecologisti” i sostenitori della soluzione nucleare spacciata falsamente come energia pulita in

grado di ridurre le emissioni di CO2!

Si pensi, tra gli output del ciclo nucleare, al plutonio e alla sua capacità inquinante. “Il plutonio

è stato prodotto, concentrato e isolato in grandi quantità (centinaia di tonnellate) durante gli

anni della guerra fredda per la produzione di armi. Questi depositi, siano o meno in forma di

armi, rappresentano un rischio tossicologico significativo principalmente perché non esistono vie

facilmente praticabili per il loro smaltimento”.(da wikipedia). Si potrebbe dire più

correttamente che AL MOMENTO – E NELL’ATTUALE STADIO DELLA NOSTRA CIVILTA’ TECNOLOGICA –

NON ESISTONO VIE PRATICABILI PER LO SMALTIMENTO DEL PLUTONIO. Il plutonio, elemento artificiale che non esiste praticamente in natura, è talmente tossico e radioattivo che basta

inalarne una quantità infinitesima per sviluppare un cancro al polmone. La sua radioattività è

praticamente eterna sulla scala temporale umana: impiega 24.400 anni circa per dimezzare.

Dati antiquati del 2006 – quindi da aggiornare – ci dicono che:”Per scopi militari sono state

prodotte oltre 250 tonnellate di plutonio e più di 2200 tonnellate di uranio altamente arricchito

(HEU)”.(Relazione di Paolo Cotta Ramusino, presidente USPID, ad un seminario ENEA). E questi

dati non si riferiscono al materiale fissile, molto più consistente, prodotto per gli usi sedicenti

civili. Ad esempio, solo nel Giappone attualmente sarebbero stoccate 11 tonnellate di plutonio, mentre altre 36 tonnellate vengono trattate in Gran Bretagna e Francia per poi essere rinviate

indietro al governo di Tokio. Corrispondendo 1 tonnellata ad un milione di grammi ed essendo 1

grammo di plutonio ottimalmente distribuito capace di sviluppare 1,8 milioni di cancri al

polmone (Enzo Tiezzi ripreso da Gianni Mattioli e prima ancora da Helen Caldicott) basterebbe

un semplice calcolo aritmetico per dedurre che il solo plutonio giapponese sarebbe teoricamente

capace di sterminare centinaia di volte l’attuale umanità!

Ecco perché noi, cittadine e cittadini preoccupati, firmatari del presente appello ,

CONDIVIDENDO CON I GIOVANI “RISVEGLIATI” LA CONSAPEVOLEZZA DELLA CRISI CLIMATICA, MA CON UN TRAGICO SURPLUS DI COGNIZIONE SUL RISCHIO MORTALE COSTITUITO DAL NUCLEARE MILITARE E CIVILE, DENUNCIATO DA SETTORI CONSISTENTI DELLA COMUNITA’ SCIENTIFICA E DALLA STESSA ONU CHE HA AVVIATO IL PROCESSO DELLA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI

chiediamo a tutti i responsabili delle amministrazioni pubbliche, in primo luogo al Governo del

nostro Paese:

di riconoscere e dichiarare lo stato di emergenza nucleare dell’Umanità. L’emergenza proclamata

va intesa come la presa d’atto della sussistenza di un rischio di estinzione per la specie umana

del tutto inaccettabile, nel contrastare il quale occorre assumere responsabilità politica a tutti i

livelli con straordinaria determinazione e focalizzazione di impegno;

di considerare, di conseguenza, a partire da subito, come la priorità del presente, e dei prossimi

anni , la lotta per il disarmo e la denuclearizzazione volta ad eliminare tale rischio, da collegare

anche alla lotta contro il riscaldamento globale e per la transizione a un’economia sostenibile

(il Green New Deal);

di aderire da subito, come Paese al Trattato di proibizione delle armi nucleari, lanciato da una

Conferenza ONU del luglio 2017. E di fare sì che nelle sedi internazionali, a partire dalla

revisione del Trattato di Non Proliferazione programmata nel 2020, si proponga il principio

abrogazionista del nucleare come motore di un nuovo ordine giuridico internazionale e di

negoziati diplomatici globali che portino ad un effettivo disarmo;

di escludere in tutte le sedi l’opzione nucleare tra possibili soluzioni al cambiamento climatico,

con ciò ribadendo la volontà del popolo italiano espressa nel voto referendario del 2011.

Di fronte alla prospettiva per nulla astratta e risibile dell’estinzione, cui occorre ribellarsi,

riteniamo sia necessario andare oltre le campagne e le forme di lotta convenzionali ed

indichiamo, per combattere la minaccia nucleare concepita come emergenza, l’adozione di un

modello nonviolento di resistenza civile.

Invitiamo a moltiplicare le iniziative e le proteste e a promuovere la disobbedienza civile di

massa, indispensabile per gettare il peso dei “persuasi” nel dibattito pubblico e scuotere così le

coscienze sollecitando la sensibilizzazione e l’attivizzazione della base popolare da cui non si può

prescindere per superare la crisi globale che stiamo vivendo.

Indichiamo come possibile scadenza per una grande azione di disobbedienza civile, con forme

decentrate e diffuse, ma anche con un momento di convergenza sulla capitale Roma, il 26

settembre 2020.

Questa data è il Petrov day, è il giorno in cui l’ONU ha indicato la necessità del bando delle armi

nucleari in ricordo dell’obiezione di coscienza del colonnello sovietico che il 26 settembre 1983

riuscì ad impedire che un falso allarme dei computer su un attacco missilistico USA (in realtà onde elettromagnetiche del sole riflesse dalle nuvole!) scatenasse la risposta missilistica di

Mosca.

In questa data simbolica proponiamo alle donne e agli uomini di buona volontà, singoli o

organizzati, che ci si riunisca, si manifesti, si agisca con il cervello e con il cuore per

concretizzare la nostra volontà di ribellione ragionata e pacifica alla massima minaccia sicura

contro il futuro della sopravvivenza umana.

Protestiamo e disobbediamo, il 26 settembre, il Petrov Day, contro l’intreccio tra minaccia

nucleare e minaccia climatica, contro la minaccia delle tecnologie contro l’uomo e contro la

Natura, per la pace tra la società e la Terra e quindi per la pace tra gli esseri umani.

Le persone e le associazioni che vogliono attivarsi ci possono contattare a queste mail:

kronospn@tiscali.it

coordinamentodisarmisti@gmail.com

alfiononuke@gmail.com

 

Condividono le considerazioni di Alfonso Navarra: 

 

Moni Ovadia, Antonia Sani, Oliviero Sorbini, Luigi Mosca,

Francesco Masi, Michele Carducci, Adriano Ciccioni, Massimo Aliprandini .

 

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Greta Thunberg a New York

È tutto sbagliato. Io non dovrei essere qui. Dovrei essere a scuola dall’altra parte dell’oceano. Eppure venite tutti da me per avere speranza? Come osate! Avete rubato i miei sogni e la mia infanzia con le vostre parole vuote. Ciò nonostante, io sono una delle più fortunate. C’è gente che soffre. C’è gente che sta morendo. Interi ecosistemi stanno collassando. Siamo all’inizio di un’estinzione di massa. E Voi non siete capaci di parlare d’altro che di soldi e di favoleggiare un’eterna crescita economica.

Come osate!

Per più di 30 anni la scienza è stata molto chiara. Come osate continuare a distogliere lo sguardo e a venire qui a dire che state facendo abbastanza, quando non si vedono ancora da nessuna parte le politiche e le soluzioni che sarebbero necessarie? Con gli attuali livelli di emissioni, il nostro limite di CO2 rimanente sarà consumato in meno di 8,5 anni.

Dite che ci “ascoltate” e che capite l’urgenza. Ma, a parte il fatto che sono triste e arrabbiata, non voglio crederci. Perché se voi capiste pienamente la situazione e continuaste a non agire, allora sareste malvagi. E io mi rifiuto di crederci.

L’idea diffusa di dimezzare le nostre emissioni in 10 anni ci dà solo il 50% di possibilità di rimanere al di sotto di 1,5 gradi centigradi, con il rischio di innescare reazioni a catena irreversibili al di là di ogni controllo umano.

Forse per voi il 50% è accettabile. Ma questi dati non considerano i punti di non ritorno, la maggior parte dei circoli di retroazione, il riscaldamento aggiuntivo nascosto provocato dall’inquinamento atmosferico tossico o gli aspetti di giustizia ed equità. Contano anche sul fatto che la mia generazione e quella dei miei figli assorbirà centinaia di miliardi di tonnellate della vostra CO2 dall’aria con tecnologie quasi inesistenti. Un rischio del 50%, quindi, è semplicemente inaccettabile per noi, noi che dovremo convivere con le conseguenze.

Per avere una possibilità del 67% di rimanere al di sotto di un aumento della temperatura globale di 1,5°C — la migliore probabilità fornita dall’Ipcc (Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici) — al 1° gennaio 2018 il mondo aveva 420 gigatonnellate di anidride carbonica rimanenti da poter emettere. Oggi questa cifra è già scesa a meno di 350 gigatonnellate. Come osate far finta che questo problema possa essere risolto lasciando che tutto continui come prima e con qualche soluzione tecnica? Con gli attuali livelli di emissioni, quel limite di CO2 rimanente sarà completamente esaurito in meno di otto anni e mezzo.

Oggi non verranno presentate soluzioni o piani in linea con queste cifre. Perché questi numeri sono troppo scomodi. E non siete ancora abbastanza maturi per dire le cose come stanno.

Ci state deludendo. Ma i giovani cominciano a capire il vostro tradimento. Gli occhi di tutte le generazioni future sono su di voi. E se scegliete di deluderci vi dico che non vi perdoneremo mai. Non vi permetteremo di farla franca. Qui, ora, noi diciamo basta. Il mondo si sta svegliando. E il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o meno.

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Addio Giorgio Nebbia, maestro dell’ecologia

Dal blog di Edo Ronchi

Ho conosciuto Giorgio Nebbia nel 1983: ero un giovane parlamentare trentenne e lui pure deputato ma già professore e noto ambientalista cinquantenne. Ora che è morto, ai primi di luglio a 93 anni, mi vengono in mente tanti ricordi: le prime discussioni sull’energia nucleare, quelle più tardi sulla bonifica dell’ACNA di Cengio, i suoi puntuali commenti alle varie edizioni dell’Italia del Riciclo e tanti altri.

Giorgio non era mai generico e superficiale, era sempre aggiornato e competente, ma mai presuntuoso. Io che mi ero accostato a lui come a un maestro, mi sono trovato subito a mio agio, con una persona che, negli anni, è sempre stata cortese e disponibile, specie quando, su qualche specifica questione, non ero in sintonia con lui.

Il contributo culturale della sua laboriosa e lunga attività spero sia più conosciuto e valorizzato. So che, in buona parte, è raccolto presso il Centro di storia dell’ambiente della Fondazione Luigi Micheletti di Brescia. Vorrei, in suo ricordo, richiamare quello che ritengo fra i suoi più importanti contributi, non sempre compreso appieno nella sua portata: quello relativo al ruolo delle merci sia nella insostenibilità ecologica, sia nel cambiamento verso la sostenibilità .

Nei modelli di economia circolare ha grande rilievo la responsabilità estesa del produttore che coinvolge l’intero ciclo di vita del prodotto. Giorgio Nebbia partiva dal prodotto-merce e proponeva di ricostruire tutta la filiera coinvolgendo il produttore, ma anche il consumatore.

La battaglia contro l’inquinamento chimico di una certa agricoltura che aveva portato alla “Primavera silenziosa” nei campi era più efficace se si partiva dai residui chimici pericolosi per la salute che lasciava negli alimenti venduti ai supermercati, per fare un esempio.

Oppure per affrontare il problema della gestione di una massa crescente di rifiuti – altro tema caro a Giorgio Nebbia- non si potevano ignorare i modelli del consumismo delle merci che li generano. Giorgio è stato fra i primi a proporre l’ecodesign delle merci: di progettare i prodotti per il mercato in modo che generassero meno rifiuti, che fossero di lunga durata, riparabili e interamente riciclabili.

Come studioso delle merci sottolineava il peso del mercato, delle logiche economiche capitalistiche e di breve termine che lo determinano, nel definire caratteristiche di prodotti e di processi produttivi che generano insostenibilità ecologica. Individuato il problema si è già sulla buona strada per la soluzione che sta in modelli ormai affermati di economia mista – di mercato ma con significativo ruolo pubblico – di economia di mercato regolata in modo sostenibile, di meccanismi fiscali utilizzati per internalizzare costi e benefici non pienamente riconosciuti dal mercato e via dicendo.

Attenzione però che queste soluzioni non sono nate dal conformismo del pensiero economico tradizionale, ma, invece, proprio da quello critico, oltre che dalle esperienze di tanti fallimenti ambientali del mercato.

I portatori di pensiero critico come Giorgio Nebbia sono sempre percepiti come spigolosi, raramente sono comodi, spesso sono in dissenso radicale e minoritario. Anche per questo gli sono riconoscente: ben seminato caro Giorgio

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Emergenza climatica: che fare

di Guido Viale

Che cosa significa dichiarare l’Emergenza climatica, come hanno fatto i Parlamenti di Regno Unito e Irlanda (ma non quello italiano) e centinaia di comuni in tutto il mondo, tra cui Milano e, a seguire, Napoli? Nei fatti, niente. Dopo quella dichiarazione tutto prosegue come prima e i responsabili possono lavarsene le mani. Quella dichiarazione legittima però ogni richiesta fondata di fermare subito le attività che aggravano la situazione e di spostare al più presto le risorse finanziarie e umane disponibili su iniziative che concorrono al drawdown, a invertire le tendenze in atto. Per questo, oltre a Comuni, Municipi, Regioni, Scuole, Direzioni didattiche, Università, questa richiesta va presentata anche a tutti i corpi intermedi: stampa, tv, sindacati, associazioni, rappresentanze di imprese, diocesi, parrocchie, partiti.

Molte adesioni possono innescare un effetto valanga, che finirà per coinvolgere tutti, anche perché la situazione del clima sta peggiorando sotto i nostri occhi. L’importante è individuare, con ciascun interlocutore, le priorità (e non è facile, vista la nostra impreparazione); e poi incalzarlo perché alle parole seguano i fatti. Si può cominciare sottoponendo chi ha fatto la dichiarazione alla verifica delle tre regole di Extinction Rebellion, il movimento che ha bloccato mezza Londra per due settimane.

Primo: dire la verità (Tell the Truth). Che cosa hanno fatto, e che cosa intendono fare, quegli enti e i relativi responsabili – per esempio il sindaco di Milano, o i sindacati che andiamo a incontrare – per far sapere a coloro che rappresentano (elettori, lavoratori, ascoltatori, lettori, associati, dipendenti, studenti, fedeli, ecc.) che la vita e la convivenza umane su questo pianeta sono di fronte a un passaggio irreversibile che le renderanno, se non impossibili, decisamente ostiche per tutte le generazioni a venire, a partire da ora? Basta formulare pubblicamente questa domanda per scoperchiare un abisso. Se non si è negazionisti (cosa oggi impossibile) tutti gli interpellati devono ammettere di essere venuti meno alle proprie responsabilità: di aver ignorato o volutamente nascosto una cosa di una gravità sconvolgente, nota da tempo, che avrebbe dovuto imporre di abbandonare progetti, programmi e iniziative in corso o, per lo meno, di imprimere loro un cambiamento drastico. Perché non lo si è fatto? Difficile per loro rispondere; deve diventare altrettanto difficile non farlo.

Secondo: agire subito (Act now). Non deve più essere possibile dire una cosa e farne un’altra: dare una tessera onoraria a Greta e poi manifestare per tenere aperte le trivelle (ma di esempi come questi se ne contano decine). Se il rischio è immenso e imminente (ma non è un rischio; è una certezza), altrettanto grandi e immediati devono essere gli sforzi per prevenirlo. E se avviare nuovi progetti richiede tempo (ma non tanto: la rapida riconversione dell’industria degli Stati Uniti per fare fronte alla Seconda guerra mondiale citata da Stiglitz fa testo), fermare attività e interventi che aggravano lo stato del pianeta può essere fatto subito. E qui non c’è bisogno di studi: sono tutte le cose contro cui sono scesi in campo movimenti locali, nazionali, o mondiali: produzione e vendita di armi, Tav, Terzo valico, Olimpiadi, Tap, pesticidi, navi da crociera, nuove autostrade, altoforni dell’Ilva, invasione delle auto, ecc.

Bisogna riuscire a spiegare che per ogni posto di lavoro che si perde ce ne sono almeno due, e forse più – meno nocivi per chi li fa e per chi ci abita intorno e più utili per tutti – nelle attività necessarie alla conversione ecologica: negli impianti per le energie rinnovabili e l’efficienza energetica, nella ristrutturazione di tutti gli edifici, in un’agricoltura biologica che rispetti il suolo, avvalendosi di tutti i ritrovati della ricerca agronomica, nella riorganizzazione della mobilità sia urbana che di lunga percorrenza, nel riassetto e nella rinaturalizzazione dei territori, nella gestione e nel recupero di scarti e rifiuti, oltre che in tutte quelle attività da cui dipende direttamente il nostro benessere: sanità, istruzione, cultura, assistenza ai più deboli, ecc. E bisogna adoperarsi perché il passaggio da un posto di lavoro a un altro venga programmato consensualmente, con le modalità di una promozione sia economica che sociale. Se l’ingiustizia nasce dal mancato rispetto per la Terra, il suo risanamento porta con sé maggiore equità.

Terzo: promuovere la partecipazione (Call assemblies): è la conseguenza diretta degli altri due punti: nell’informare il maggior numero di persone possibile bisogna offrire a tutti l’opportunità di chiarire i dubbi e di scoprire che c’è una risposta possibile e necessaria. Ma per addentrarsi nelle cose da fare, occorre articolare l’obiettivo generale della transizione casa per casa, strada per strada, impresa per impresa, scuola per scuola, comune per comune, ecc. Solo chi vive, lavora o studia in un determinato ambito può sapere veramente che cosa si può fare e a che cosa si può rinunciare. Per ora nessuno di noi lo sa, perché non se ne è mai discusso. Per questo, con il supporto dei tecnici, le assemblee sono innanzitutto luoghi di auto educazione.

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Beppe Marazzi della LOC ci ha lasciati

Dopo una operazione chirurgica dall’esito infausto, di qualche giorno fa, e per un successivo infarto, da cui pure abbiamo sperato si riprendesse, stanotte ci ha lasciati uno dei pilastri della Lega Obiettori di Coscienza (LOC), Beppe Marazzi.
Dall’assemblea del 18 maggio 2015 era formalmente il presidente dell’associazione, affiancato nel coordinamento nazionale dal sottoscritto e da Massimo Aliprandini.
Era di qualche anno più giovane di me (lui del 1962 io del 1954) e apparentemente meglio messo in salute.
Lavorava in modo metodico e puntiglioso, con grande convinzione negli ideali antimilitaristi e nonviolenti, da volontario, al coordinamento organizzativo della campagna OSM-DPN (www.osmdpn.it; nuovo sito in allestimento: www.osmdpn.net) – la Campagna di obiezione di coscienza alle spese militari per la Difesa popolare nonviolenta – e sbarcava il lunario, con lavori non a tempo indeterminato, nell’amministrazione pubblica. La condizione penosa di tanti in questi anni di precariato dominante e montante!
Si era fatto i suoi bravi mesetti di galera (il posto giusto per l’uomo giusto in un sistema ingiusto!) per conquistare il diritto di tutti all’obiezione di coscienza al servizio militare.
Le sue lotte, che sono anche le nostre, oggi per lo più non riconosciute da tanti che si prendono il merito di inesistenti “cambiamenti”, hanno sicuramente contribuito in concreto e, a ben rifletterci, neanche tanto in piccolo, a rendere l’Italia ed il mondo un posto migliore.
Gli amici del gruppo LOC di Milano, tristi ma non rassegnati, lo abbracciano ancora idealmente: caro, generoso Beppe riverseremo nella nostra testimonianza disarmista e pacifista, per quanto ci riuscirà possibile, il tuo spirito di intelligenza pacata e ironica e la capacità, serena e paziente, di ricomposizione dei conflitti.
Ti autodefinivi anarchico ma eri fino in fondo un uomo scevro da pregiudizi ideologici e senza schemi precostituiti.
Se devo trovare un difetto, mi viene in mente solo il tifo, anche esso moderato, per l’Inter…
Un ragazzo d’oro, un buon amico e compagnone, fumatore e bevitore (con giudizio!) di birra, che purtroppo non vedremo più tra noi, e che mancherà all’affetto della compagna Bea e dei suoi fratelli.
Il suo spirito benevolo aleggia ancora nello scantinato stracolmo di carte che fa da archivio alla storia dell’obiezione di coscienza in Italia: non dimenticheremo lui e il suo contributo a questo patrimonio politico e culturale!
Alfonso Navarra