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Il Pacifismo rivoluzionario

L’antimilitarismo operaio e il movimento socialista

Il Pacifismo rivoluzionario

L’antimilitarismo da Rosa Luxemburg alle incertezze che riflettevano le divisioni non solo all’interno della socialdemocrazia, ma anche tra i partiti dell’Internazionale

L'antimilitarismo operaio e il pacifismo rivoluzionario

L’antimilitarismo operaio e il movimento socialista

Tra le correnti politiche organizzate dell’epoca contemporanea spetta al movimento socialista e in generale al movimento operaio la posizione di maggior rilievo nell’ambito della lotta contro la guerra.

Più che di pacifismo del movimento operaio internazionale bisognerebbe parlare dell’antimilitarismo che accompagnò lo sviluppo del movimento soprattutto nell’era della seconda internazionale, che coincise con l’età dell’imperialismo, che sarebbe sfociata nello scontro tra le potenze del primo conflitto mondiale.

La questione della guerra e della pace divenne uno dei motivi di unificazione e anche di divisione dei rapporti tra i socialisti di diversi paesi.

Uniti nella condanna della guerra e nella convinzione della necessità di mantenere la pace, come condizione essenziale, con lo sviluppo economico, della crescita della classe operaia e connesse le prospettive di cambiamento rivoluzionario, i socialisti dei diversi paesi non furono altrettanto uniti nell’individuazione dei mezzi e di una strategia per impedire l’esplodere di una situazione bellica. L’affermazione delle politiche nazionali e la crescita dei diversi movimenti socialisti all’interno dei conflitti dei confini nazionali furono certamente all’origine della difficoltà di realizzare una piattaforma non solo politica, ma anche operativa unitaria, che partisse dal riconoscimento dell’identificazione della causa del socialismo con la causa della pace. Simbolicamente questa identificazione fu espressa nel modo più tangibile della festa del Primo Maggio, che diventò anche il simbolo della lotta per la pace come condizione indispensabile per l’emancipazione dei lavoratori.

Operativamente si affermò costantemente la tendenza a lasciare che ogni singolo partito socialista trovasse da solo gli strumenti per combattere il militarismo, la guerra, la brutalità della condizione bellica, ora votando contro le spese militari, ora teorizzando l’abolizione degli eserciti professionali, ora facendo proprie le istanze in favore dell’antimilitarismo, più tipiche del movimento pacifista borghese, dal quale il socialismo si distinse sempre per l’analisi di classe del militarismo e dell’imperialismo.

Le crisi internazionali del secolo XX acuirono, con la necessità di una concreta presa di posizione del movimento operaio internazionale, anche la difficoltà di condurre diversi partiti socialisti a una piattaforma unitaria.

Determinante nell’impedire l’accordo non solo sui principi, ma anche sui mezzi presi sempre dal persistente conflitto tra i socialisti francesi da una parte e i socialisti tedeschi dall’altra: oltre le diversità delle posizioni nella pratica antimilitarista.

Ciò che li divideva era la pregiudiziale che riservava ai singoli partiti nazionali la scelta dei mezzi per combattere il pericolo di guerra. Il grande sviluppo dell’agitazione antimilitarista però opera soprattutto della sinistra socialdemocratica, e per essa di Rosa Luxemburg, come campagna di massa, non si saldò una altrettanta chiara linea politica, e qui le incertezze riflettevano le divisioni non solo all’interno della socialdemocrazia tedesca, ma anche tra i partiti dell’internazionale. La crisi e la paralisi che condannò l’internazionale nell’agosto del 1914 all’indomani del primo conflitto mondiale non fu un esito improvviso inaspettato, ma il risultato del divorzio tra il potenziale di agitazione e di protesta e di incertezza di strategia politica dei partiti.

La riorganizzazione del movimento contro la guerra nel corso del conflitto mondiale avvenne fuori dei partiti ufficiali e fu una delle componenti della futura terza internazionale.

Note: Bibliografia –

E. Collotti, G. Di Febo, Dossier Storia, Contro la guerra. La cultura della pace in Europa, Giunti Edizioni

L. Bruti Liberati, Il clero italiano nella grande guerra, Editori Riuniti, Roma

S. Soave, Fermenti modernistici e democrazia cristiana, Giappichelli, Torino

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Gaia – Epidemiologia della guerra infinita

Recensione di Laura Tussi al Libro di Maurizio Marchi

Gaia – Epidemiologia della guerra infinita

Gaia: Ecoistituto del Veneto Alex Langer – Recensione di Laura Tussi: 82 conflitti tra il 1945 e il 2015, altro che pace

Gaia

Il Libro di Maurizio Marchi è realizzato con l’intento e con la volontà di abolire le guerre.

Il libro “Epidemiologia della guerra infinita. 82 conflitti tra il 1945 e il 2015” dello scrittore Maurizio Marchi è realizzato con l’intento e con la volontà di abolire le guerre ovunque vengano innescate dall’apparato, sistema e complesso industriale, militare e fossile e di disvelare la mitologia guerrafondaia e la politica del riarmo che la NATO propugna in quanto istituzione che, come millanta il potere e come vantano in maniera infondata i poteri forti, avrebbe garantito la pace dopo la seconda guerra mondiale fino ai giorni attuali. Infatti non si trova nella stampa cartacea e in Internet un libro, come questo, che possa elencare e che abbia i contenuti adeguati a effettuare e compilare una ricognizione dei conflitti armati e delle guerre nel mondo dal dopoguerra al periodo contemporaneo e attuale. Da un’intervista di Pax Christi, l’autore Maurizio Marchi afferma che scrivendo questo libro, che risulta costituire un’autentica ricerca dettagliata, un esaustivo compendio storiografico, ha imparato molto e è riuscito a entrare a conoscenza di realtà spesso ignorate dai massmedia tradizionali e censurate dai mainstream ortodossi. Marchi ha potuto focalizzare e appurare che sono avvenuti ben 82 conflitti tra il 1945 e il 2015, con 24 milioni di morti diretti, cioè deceduti a causa delle armi utilizzate nelle guerre, ossia violenza diretta e altrettante persone decedute per epidemie, esodi forzati di massa, inquinamento di grandi territori, carestie: quindi l’equivalente di un genocidio e di una ecatombe equiparabili a quelli della seconda guerra mondiale 1939/1945. Ma tutte le istituzioni e i politici di governo parlano invece di settant’anni di pace.Gaia Rivista dell'Ecoistituto del Veneto Alex Langer

Secondo l’opinione dello scrittore Maurizio Marchi, attivista di Medicina Democratica, ampiamente condivisa da tutti noi ecopacifisti per il disarmo nucleare unilaterale e per l’abolizione degli ordigni di distruzione di massa soprattutto nucleari, la guerra costituisce la “nocività assoluta” in quanto comporta i cosiddetti effetti collaterali sulle persone come la miseria, la malnutrizione e la fame, che conducono alla morte per stenti. Il presidente Mattarella nell’aprile 2019 in occasione del settantennale della fondazione della Nato, afferma che quest’istituzione ha garantito settant’anni di pace. Questa è un’affermazione basata su un dato falso. È un sillogismo errato. La Nato ha garantito una finta stabilità, un assetto sicuro, una pace surrettizia a una piccola parte dell’umanità ossia all’umanità che sta sotto l’egida della Nato, i paesi europei e la Turchia. Al contrario, ben 6 miliardi di persone sono vittime e hanno subito guerre atroci e devastanti e fatali. Le malattie più diffuse e connesse alla guerra possono essere anche semplici stati di raffreddamento, semplici disagi e banali patologie. Infatti quando i bambini e anche gli adulti sono malnutriti, addirittura il freddo e i virus presenti nell’aria possono essere letali. Oltre alle morti per violenza armata, le guerre distruggono e annientano l’ecosistema, l’ambiente e la salute delle popolazioni e degli stessi militari. Infatti sulle vittime da uranio impoverito, possiamo segnalare lo studio dell’epidemiologo Valerio Gennaro “incidenza di tumori maligni 1996-2012 in giovani militari italiani inviati in missione all’estero. Analisi preliminare dei dati della commissione parlamentare di inchiesta su uranio impoverito e vaccini” che quantifica molteplici, addirittura migliaia, casi di tumore. Il dato andrebbe esteso a tutti i militari, di qualsiasi nazionalità, coinvolti nelle guerre più recenti, in particolare in Jugoslavia, in Libia e soprattutto alle persone che hanno subito bombardamenti con questi proiettili devastanti e letali. Si contano un centinaio di migliaia di casi di tumori e altre patologie. Inoltre, interi territori sono dichiarati inagibili per le sostanze tossiche dei bombardamenti. Lo spargimento di altre sostanze tossiche, radioattive e chimiche, come l’agente Orange in Vietnam e la raffineria di Belgrado, comportano e comporteranno altre centinaia di migliaia di malformazioni e vittime in tutto il mondo (Cfr. “Il problema del cancro a Gaza” di Filippo Bianchetti, medico di base, Varese; Flavia Donati, psichiatra e psicoanalista, Roma; Fiorella Gazzetta, medico di base, Varese; Laura Franceschini, psichiatra, Imperia; Loretta Mussi, medico in pensione; Rosa Raucci, Direttore Pronto Soccorso di Aversa; Khaled Rawash, medico di base e criminologo, Imperia; Khader Tamimi, pediatra di base, Rho (MI) https://www.peacelink.it/palestina/a/46319.html). Il calcolo e la stima delle vittime indirette è molto più difficile, perché quando il conflitto armato è terminato e non “fa più notizia” e si spengono i riflettori sulla popolazione civile, le sostanze tossiche, chimiche e radioattive, le carestie ed epidemie continuano a mietere vittime anche se non hanno più incidenza e rilevanza cronachistica dettata e riportata dai massmedia tradizionali. Le guerre in Africa hanno causato la morte di 5 milioni di bambini e di 3 milioni con meno di un anno di vita. Uno studio recente pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet, frutto della ricerca di un team guidato dal Dottor Eran Bendavid della Stanford University in California, nel settembre 2018, sostiene l’assoluta veridicità di questa situazione drammatica in Africa. Si possono stimare 24 milioni di vittime, morti indiretti e non solo bambini nel periodo del dopoguerra dal 1945 al 2015 in tutto il mondo. Questi dati drammatici e di tragica evidenza sono riportati all’attenzione di un pubblico più vasto e attento grazie al libro “Epidemiologia della guerra infinita” di Maurizio Marchi. 

“Epidemiologia della guerra infinita”  giugno 2019 https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/515601/epidemiologia-della-guerra-infinita-2/     82 conflitti in tempi “di pace” tra il 1945 e il 2015 con 24 milioni di morti diretti più almeno altrettanti per carestie, epidemie, esodi forzati di massa (profughi), inquinamento di immensi territori, 600 pagine

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