Pubblicato il Lascia un commento

Chiara Castellani, l’”angelo senza un’ala” che si batte per la pace e l’autodeterminazione in Congo

di Laura Tussi (sito)

Chiara Castellani, medica e chirurga, vive e opera da anni in Congo. Oggi si occupa di formazione, poiché un incidente l’ha privata del braccio destro. Con lei parliamo della situazione di questa terra martoriata dai conflitti interni e dall’ingerenza dei poteri occidentali, interessati alle abbondanti risorse del paese e insensibili alle drammatiche conseguenze che la loro politica predatoria genera sul territorio.

Chiara Castellani è un medico e chirurgo di guerra che opera in un piccolo villaggio del Congo. In seguito a un incidente, che ha visto la Jeep che la trasportava cadere in una grossa buca nel terreno provocata da una mina antiuomo ha perso un braccio. Chiara è come un angelo senza un’ala. Prima di questo tragico evento lavorava nell’ospedale del piccolo villaggio di Kimbau, nella provincia di Kenge, una grande città capoluogo di regione: operava e faceva nascere i bambini, soprattutto quelli di donne stuprate e violentate durante gli episodi di guerra tra le varie faide e i molteplici gruppi etnici che si contendono il territorio in quella zona.

La guerra in Congo è causata soprattutto da gruppi politici nemici e antagonisti che si contendono le miniere di coltan, litio e diamanti e i territori minerari, manovrati dai poteri forti. Chiara Castellani è l’angelo senza un’ala che continua comunque e imperterrita la sua missione in quella terra insanguinata. Adesso si occupa della formazione medica e chirurgica delle ostetriche, appunto perché con un solo braccio non può più operare direttamente.

Chiara Castellani al Policlinico Gemelli (foto di Reply Studio)
Tu hai creato dal basso la fondazione di volontariato Insieme a Chiara Castellani. Quali sono gli obiettivi che vi ponete?

La formazione è la chiave dello sviluppo economico e sociale, ma soprattutto dello sviluppo umano integrale. Me lo ha insegnato la mia grande maestra e amica, Rita Levi Montalcini. Lei avrebbe aggiunto “delle donne” e ne sono convinta anche io. Benché nei primi anni dopo l’amputazione abbia dovuto imparare a operare con la sinistra appoggiandomi alla mano destra dei miei infermieri, avere finalmente al mio fianco giovani medici laureati anche con il mio aiuto, mi ha permesso di cedere il testimone.

Fra quei giovani medici, i due posti di maggior responsabilità – la direzione dell’ospedale di riferimento di zona, equivalente al nostro distretto sanitario, di Kimbau dove come unico medico avevo lavorato per vent’anni, e la direzione dell’ospedale di riferimento Provinciale di Kenge – sono occupati da donne. Entrambe hanno fatto il primo triennio di studi all’università di Bandundu, alla facoltà di medicina che oggi abbiamo reso finalmente autonoma e capace di laureare medici anche per il triennio clinico, il più importante.

Quali sono i principi a cui ti ispiri?

Formazione per “volare tenendosi abbracciati”: è questo il sunto della poesia-preghiera del compianto Tonino Bello, apostolo della nonviolenza, presidente di Pax Christi, colui che scrisse che Dio creò gli uomini come “angeli con un’ala soltanto”. Poesia che ho fatto da tempo mia.

chiara castellani2
Il Congo è una terra molto difficile e resa sanguinaria perché sempre oggetto di manovre economiche, azioni belliciste e atti militareschi. Quanto l’Occidente cosiddetto civilizzato è responsabile di questa terribile situazione?

Molto: nella misura in cui i nostri telefoni cellulari hanno bisogno del coltan del Congo che costa meno se frutto di un sanguinoso contrabbando e dello sfruttamento di bambini minatori schiavi. Ai bambini viene oggi chiesto di estrarre a mani nude il cobalto indispensabile per le batterie delle auto elettriche, ecologiche per noi, letali a breve o lungo termine per loro. È una guerra economica e non tribale. Planetaria, delle transnazionali e non civile locale. Al centro ci sono il cobalto e il coltan, per non citare l’uranio utilizzato per le bombe di Hiroshima e Nagasaki.

Tu eri molto legata all’ambasciatore in Congo Luca Attanasio, recentemente vittima di un attentato che gli è costato la vita. Puoi raccontarci l’accaduto e le ragioni di questo terribile omicidio?

A mio avviso è riconducibile proprio a chi finanzia questa guerra di sfruttamento economico – una catena lunga di interessi strategici –, che ha individuato in Luca Attanasio un testimone scomodo. Luca sapeva troppo e soprattutto voleva sapere la verità. Troppi elementi poco chiari nella sua fine, ultimo in ordine di tempo il rifiuto del governo italiano di costituirsi parte civile.

La formazione è la chiave dello sviluppo economico e sociale, ma soprattutto dello sviluppo umano integrale

Hai avuto un colloquio privato con Papa Francesco. Cosa vi siete detti in quell’incontro?

“Giù le mani dall’Africa”, ha giustamente intimato Papa Francesco durante la sua visita in Congo. È questa visione chiara su ciò che realmente ostacola il decollo di un continente che unisce il nostro comune impegno per una pace mondiale basata sulla giustizia e su uno sviluppo umano integrale. Per tutto ciò ho chiesto e ottenuto il suo supporto incondizionato.

Secondo te, come afferma Alex Zanotelli, siamo davvero sul crinale del baratro nucleare? A cosa è servito il premio Nobel per la pace alla rete internazionale Ican per il disarmo nucleare universale e per la proibizione degli ordigni di distruzione di massa nucleari?

Rispondo ricordando l’amore incondizionato per la vita dei congolesi, che si esprime in un indelebile sorriso sulle labbra pur di fronte a enormi difficoltà e diventa anche rispetto per la vita altrui e impegno politico basato sulla partecipazione e sulla costruzione di uno stato di diritto attraverso le strategie della nonviolenza.

Intervista pubblicata sul sito ITALIA CHE CAMBIA

Pubblicato il Lascia un commento

Il 24 giugno manifestazione nazionale a Roma. Il governo Meloni ci ruba il futuro

di Laura Tussi (sito)

Tutte le misure che il governo Meloni sta assumendo da quando è in carica seguono un unico e coerente disegno: accodarsi alle decisioni della NATO, proseguendo nel coinvolgimento dell’Italia nella guerra in Ucraina, e sostenere le richieste delle grandi imprese per far ricadere i costi sociali sui lavoratori e i settori popolari. Mentre i fondi per l’avventura militare crescono, i salari e le pensioni rimangono fermi e si approvano nuove misure che allargano la precarietà del lavoro.

Non c’è un solo campo di intervento sociale dove il governo non stia agendo per favorire un aumento delle disuguaglianze e delle ingiustizie. Dalla grande emergenza abitativa provocata da un mercato con prezzi alle stelle e con un patrimonio di case popolari ridotto al lumicino, alla piaga di un sistema sanitario pubblico ormai completamente soppiantato dalle aziende private e una fetta larghissima di popolazione senza più risorse per curarsi.

Dalla eliminazione del reddito di cittadinanza, sostituito da uno strumento di ricatto utile solo a tenere ancora più in basso i salari, alla vergogna del Decreto Cutro che rende sempre più arduo il percorso di regolarizzazione per i lavoratori migranti. Dalla riforma del fisco che mira a eliminare quel poco di progressività che ancora conserva il nostro sistema di tassazione, fino alla ulteriore liberalizzazione degli appalti e dei contratti a tempo determinato che aumentano la ricattabilità del lavoro e ne indeboliscono le tutele.

Una sequela martellante di provvedimenti che vengono presi senza ascoltare la sofferenza che cresce nel paese né alcuna interlocuzione con la società che sia altra dai manager dei grandi interessi privati. Una logica che vediamo agire nella realizzazione degli impianti di gassificazione, da Piombino a Ravenna, come nella prosecuzione della Tav in Val di Susa, nel progetto del Ponte sullo Stretto o della base militare in programma a Coltano. Dietro le parole [o, chiacchiere] della transizione verde, il Governo prosegue nella devastazione dell’ambiente e nell’uso delle fonti fossili, contro queste politiche dobbiamo rivendicare giustizia ambientale e giustizia sociale.

Nelle politiche sul lavoro il mantra del governo è la moderazione salariale, che viene scambiata con una misera esenzione contributiva per alcuni mesi. Decenni di riduzione dei salari e una fortissima perdita di potere d’acquisto dovuta all’impennata dei prezzi (che non è affatto finita) non trovano nessuna risposta seria nei rinnovi contrattuali. Addirittura nel settore pubblico non è stata prevista dal governo nessuna risorsa per i contratti. E tutto questo, mentre è forte l’aumento dello sfruttamento nelle fabbriche, nei magazzini, in moltissimi settori lavorativi, dovuto all’intensificazione dei ritmi, all’allungamento della giornata di lavoro ed alla flessibilità sempre più selvaggia dei turni.

Anche i disegni di stravolgimento dell’ordinamento costituzionale, dall’autonomia differenziata ai propositi di presidenzialismo, rispondono ad una stessa logica di aumento delle disparità, sociali e territoriali, accanto ad un accentramento dei poteri e del controllo sulla società. Con il disegno di legge Calderoli, il governo vuole colpire i diritti sociali definendo i Livelli essenziali di prestazione, garantendo cioè il minimo delle prestazioni in modo da tagliare ancor di più i servizi pubblici e mantenere il Mezzogiorno in uno stato di arretratezza, utile solo per nuove servitù militari, energetiche e logistiche.

Mentre le condizioni economiche peggiorano e i nostri redditi valgono sempre meno, il governo Meloni si pone l’obiettivo di creare fratture nella società, favorire la guerra tra poveri, aumentare il controllo e trascinarci sempre più dentro un conflitto dagli esiti imprevedibili. E per farlo promuove una campagna di restaurazione culturale che aggredisce la scuola pubblica e attraversa tutti gli apparati del sistema informativo e della comunicazione. Diversità, sofferenze, povertà diventano obiettivi da attaccare, soggetti da discriminare ed escludere. I giovani, in particolare, li si vorrebbe irreggimentare in un sistema di sfruttamento e precarietà, lavoro gratuito, affitti alle stelle e soffocamento delle libertà.

Non c’è futuro con questo governo. 

Mettere insieme le forze, unire le nostre battaglie, costruire percorsi comuni è la via per non farci rubare il futuro.

Adesioni pervenute fino ad oggi:

Spazio No Ponte (Messina) – No Ponte Calabria – CMDT Calabria – Opposizione Studentesca d’Alternativa – Cambiare Rotta – Unione Sindacale di Base – Movimenti per il diritto all’abitare – Potere al Popolo – Partito della Rifondazione Comunista – Rete dei Comunisti – Comitati contro l’Autonomia Differenziata – Mi Riconosci – CALP Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali – Paese Reale – ManifestA – Comitato contro il Rigassificatore di Piombino (La Piazza della Val di Cornia) – Collettivo No al fossile Civitavecchia – Rete No Rigass No GNL – Stop allo scempio ambientale (Giugliano) – Genova City Strike – Giovani Palestinesi Roma – AIFWA (Pescara) – Rete Stop GNL Napoli – Medicina Democratica Napoli – La Città Visibile (Caserta) – Movimento Migranti e Rifugiati – Associazione Terra e Libertà di Torretta Antonacci – Comunità Palestinese – Giù le mani dall’Africa – Centro Internazionale Crocevia – Coniare Rivolta….
 

Donatella Di Cesare – Moni Ovadia – Francesca Fornario – Nicoletta Dosio – Ernesto Screpanti – Laura Tussi – Fabrizio Cracolici – Ennio Cabiddu – Giorgio Cremaschi – Luigi De Magistris – Claudio Defiores – Riccardo Faranda – Chiara Colasurdo – Danilo Conte – Arturo Salerni – Angelo D’Orsi – Bartolo Mancuso – Franco Russo – Vincenzo Perticaro – Patrizia Angiari – Clara Fanelli – Salvatore Graci – Chef Rubio – Paolo Bevilacqua – Enrico Calamai – Filippo Barbera – Paolo Ferrero – Maurizio Acerbo – Antonello Patta – Antonio Mazzeo – Paolo Fierro – Paola Nugnes…..
 

Le adesioni vanno inviate a:

adesionemanifestazione24giugno@gmail.com

Foto di Patrizia Cortellessa

Pubblicato il Lascia un commento

EireneFest. Un festival che porta la pace nel mondo con i libri per la nonviolenza

 – Laura Tussi – AgoraVox

(Foto di Olivier Turquet)

La seconda edizione del Festival internazionale del libro per la pace e la nonviolenza di Roma si è tenuta  dal 26 al 28 maggio 2023.

Il grande motore di idee e novità del festival ha letteralmente costruito tassello per tassello un mosaico di pace con più di un centinaio di presentazioni, incontri, mostre, spettacoli e performances.

E’ entrata ancora in azione per il secondo anno, in una nuova veste organizzativa e in una innovativa edizione, la grande macchina organizzatrice di idee e organizzativa di iniziative, che parte dal basso e, nonostante le difficoltà rispetto alla disponibilità di risorse umane ed economiche, ha visto l’impegno di decine di operatori e volontari per la pace e la nonviolenza intenti e impegnati a collaborare per la realizzazione della seconda edizione del festival internazionale del libro per la pace e la nonviolenza di Roma: il tutto a partire da un volontariato attivo e consapevole che crea grandi iniziative dal niente.

Un’autentica panoramica ad ampio raggio d’azione nonviolenta e intervento sociale e culturale sull’attualità degli eventi che accadono nel mondo: dalla guerra in Ucraina a tutte le guerre Nato, dalle morti per l’uranio impoverito alla tutela dell’ambiente e degli ecosistemi planetari compromessi dai dissesti climatici e dalle alterazioni climatiche. Un festival internazionale a 360 gradi a riguardo della panoramica mondiale relativa alle emergenze e minacce che incombono sull’intera umanità: dalla guerra nucleare alla disuguaglianza sociale globale, dalla violenza strutturale alle migrazioni forzate e al problema della violenza a tutti i livelli del macrosistema planetario.

Una ventata di informazioni e approfondimenti e notizie sull’attualità di questo nostro presente che certamente spaventa, ma queste iniziative come EireneFest, il festival del libro per la pace e la nonviolenza di Roma danno ampio respiro all’intera umanità, a ogni singolo attivista che si impegna in quanto persona per il bene, contro il male in assoluto.

Personalmente ho contattato e intervistato, per un excursus sulle conclusioni di questo straordinario festival, alcuni promotori e attivisti di questa grande struttura organizzativa di idee e progetti di pace contro l’odio e la violenza che imperversano nella congiuntura attuale dell’umanità e della Storia, con tutte le guerre nel mondo, dal Medio Oriente all’Ucraina.

La testimonianza di Gianmarco Pisa, un giovane del Comitato Promotore di EireneFest.

Secondo te, come afferma Alex Zanotelli, siamo davvero sul crinale del baratro nucleare? A che è servito, a noi e all’umanità intera, il Premio Nobel per la Pace alla rete internazionale ICAN per il disarmo nucleare universale e per la proibizione degli ordigni di distruzione di massa nucleari?

“Il Nobel per la Pace a ICAN, la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, è stato un riconoscimento di grande importanza.

Alcuni Nobel per la Pace sono stati assai controversi, pensiamo al premio a Barack Obama nel 2009 e quello all’UE nel 2012; altri, viceversa, avrebbero potuto costituire uno stimolo più forte a intraprendere azioni più concrete ed efficaci per conseguire gli scopi per i quali furono assegnati. Tra questi, appunto, l’ICAN, nel 2017.

Tuttavia, nelle motivazioni del premio è possibile rintracciare i motivi della sua importanza, non solo morale, ma anche politica: un riconoscimento all’impegno ‘a richiamare l’attenzione sulle catastrofiche conseguenze umanitarie di qualsiasi uso di ordigni nucleari’ e a ‘conseguire la totale proibizione di tali ordigni’.

Di fronte al rischio nucleare, è anche uno stimolo a dare più spazio alla diplomazia, a porre fine alle guerre, a impegnarsi per la trasformazione costruttiva dei conflitti e i Corpi civili di pace”.

https://youtube.com/watch?v=YKSPT08QnS4%3Ffeature%3Doembed

Con il libro Memoria e futuro edito da Mimesis Edizioni, che riceve i contributi scritti di molte personalità tra cui Vittorio Agnoletto, Moni Ovadia, Alex Zanotelli, siamo stati presenti, in collaborazione con l’attivista e scrittore di pace e videomaker Fabrizio Cracolici. In parte da remoto in parte in presenza con personalità di spicco del mondo dell’attivismo e della politica, da Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista, Sinistra Europea a Paolo Ferrero, già Vicepresidente della sinistra in Europa, fino al celebre Giorgio Cremaschi, Potere al Popolo.

https://youtube.com/watch?v=g_gRsBexf9o%3Ffeature%3Doembed

Altre testimonianze di Annabella Coiro, Centro di Nonviolenza Attiva e Federica Fratini, La Comunità per lo Sviluppo Umano.

Quest’anno Eirenefest ha dato molto spazio alle scuole e all’educazione. Perché e quale bilancio ne è scaturito?

“Riconosciamo che il persistere della violenza è frutto di una visione che la giustifica, di una cultura e di un’educazione che perdurano nel suggerire azioni violente. È necessario liberarsi della violenza con se stessi, con chi ci circonda, con l’ambiente. Questo significa ‘educare alla nonviolenza e con la nonviolenza’. 

È per questo che, in questa seconda edizione, il festival ha proposto un programma dedicato alla comunità educante, riconoscendo il ruolo della scuola e delle biblioteche nel creare le condizioni per un cambio di paradigma. Infatti il primo incontro del Festival è stato dedicato alle scuole, ad un tema poco conosciuto come il pericoloso avanzare della militarizzazione nelle classi; si è poi parlato di stereotipi come culla delle grandi discriminazioni e violenze di genere; si è discusso dei grandi maestri e maestre che, educando controvento, si uniscono in un unico fiume sotterraneo che cerca di liberarsi verso una scuola per tutte e tutti. Hanno partecipato istituti comprensivi e scuole superiori, docenti, dirigenti, rappresentanti delle istituzioni per costruire un dialogo multidisciplinare e intergenerazionale”.

E ancora Anna Polo della Redazione di Pressenza – International Press Agency.

All’interno di Eirenefest cosa è risultato di propositivo rispetto alle istanze portate avanti dal mondo pacifista?

“Il tema della pace è stato presente in varie iniziative nel corso del festival. Ne sottolineo in particolare due: la Terza Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza, che inizierà in Costa Rica il 2 ottobre 2024 e, dopo aver fatto il giro del pianeta, vi tornerà il 5 gennaio 2025, collegando azioni locali con il livello globale. La parte via mare della Marcia punta a dichiarare il Mediterraneo Mare di pace, di incontro tra culture e libero da armi nucleari.

La campagna Obiezione alla guerra promossa dal Movimento Nonviolento sostiene obiettori di coscienza, renitenti alla leva e disertori ucraini, russi e bielorussicon dichiarazioni congiunte, azioni concrete di solidarietà e supporto legale, carovane di pace, contatti con avvocati e difensori dei diritti umani e un obiettivo politico: la richiesta al governo italiano e in generale all’Europa di concedere lo stato di rifugiato politico a disertori e obiettori russi, ucraini e bielorussi.”

Scritto in collaborazione con il sito ITALIA CHE CAMBIA.

L’articolo originale può essere letto qui

Pubblicato il Lascia un commento

Paolo Ferrero: non smettere di lottare

 – Laura Tussi

Paolo Ferrero
Una recente iniziativa per la pace (Foto di Elab. Pressenza da Youtube)

Ho intervistato Paolo Ferrero direttore di Su la testa che parteciperà alla seconda edizione di  Eirenefest a Roma dal 26 al 28 Maggio prossimi.

Come hai formato la tua coscienza politica e la tua appartenenza di classe?

La mia appartenenza di classe più che formarla l’ho riconosciuta nel corso degli anni. Vivevo in un piccolo paese di montagna dove sostanzialmente tutti erano proletari e quindi la consapevolezza di appartenere ad una classe è venuta dal contatto con l’esterno. Per me era normale non andare all’università e ancora più era normale dopo le medie scegliere una scuola che permettesse di trovare un posto di lavoro, non certo il liceo. L’appartenenza agli strati popolari e la consapevolezza di una società divisa in classi è stata quindi un riconoscimento concreto di una realtà di fatto. Per quanto riguarda la coscienza politica invece c’è stato un intreccio tra la mia appartenenza alla chiesa Valdese e la socializzazione alla politica avvenuta nel corso dei primi anni delle scuole medie superiori. In quel caso le esperienze di lotta studentesca e di ribellione all’autorità si sono saldate con un percorso di presa di coscienza, di studio e di riflessione che è avvenuto soprattutto nella Federazione Giovanile Evangelica Italiana. Nella scuola ho scoperto la lotta e la ribellione, nell’organizzazione giovanile ho approfondito la riflessione e poi, in Democrazia Proletaria e ho cominciato a 17 anni la militanza politica.

Pensi che l’antifascismo possa condurre a percorsi di pacifismo e di nonviolenza?

Nel mio percorso formativo era ben presente la figura di Jacopo Lombardini, che partecipò alla resistenza nella valli valdesi, in qualità di commissario politico, senza mai impugnare un’arma e che morì dopo aver sopportato torture e privazioni nel campo di concentramento di Mauthausen. L’antifascismo della resistenza è stata una lotta armata di chi fu obbligato ad usare le armi per aprire la strada al dialogo e alla lotta di massa. L’antifascismo è costitutivamente finalizzato al superamento della necessità della violenza ed a porre fine alla guerra. L’antifascismo è il contrario della violenza come metodo di lotta politica e della guerra. Da questo punto di vista penso si possa dire che l’antifascismo è tendenzialmente non violento, definizione che io – obiettore di coscienza – sceglierei per me stesso. Non sono non violento assoluto, lo sono tendenzialmente e sono molto felice di aver raggiunto la veneranda età di 62 anni senza mai essere stato posto nella condizione di aver dovuto utilizzare la violenza.

Eirenfest è giunto alla sua seconda edizione con decine di protagonisti, scrittori, giornalisti, attivisti e una ampia vetrina di libri, saggi, romanzi. Cosa consigli e che suggerimenti puoi dare e un tuo augurio per il futuro a tutti gli organizzatori e relatori di questo importante festival del libro della pace e della nonviolenza?

Chi sono io per dare consigli? Posso solo dire che a mio parere il punto fondamentale è coniugare il pacifismo per motivi etici con il pacifismo per motivi materiali: perché è meglio della guerra. Ritengo sbagliata la divisione quando non la contrapposizione tra etica e interessi materiali. Noi – intendo noi comunisti – dobbiamo operare per connettere – al fine di raggiungere la pace, la giustizia e il superamento della violenza – le scelte etiche e la difesa degli interessi materiali di tutte e tutti coloro che dalla guerra hanno solo da perderci. La pace è possibile mantenerla o è possibile conquistarla perché la maggioranza delle persone capiscono che definisce un sistema di relazioni umane molto migliore della barbarie della guerra. Coniugare etica pacifista e non violenta con gli interessi materiali delle classi subalterne è a mio parere il più grande compito politico che un essere umano possa affrontare.

Eirenfest percorre la via più  lunga e difficile, quella del pacifismo finalistico, per convertire le coscienze. Un percorso di educazione alla pace. Pensi che invece sia più urgente un pacifismo istituzionale che tenti di indirizzare le politiche degli Stati verso la fraternità tra i popoli?

Perché mettere in contrapposizione percorsi diversi se finalizzati allo stesso scopo? Ognuno dia il suo contributo a partire dai propri convincimenti per permettere agli umani di discutere e di non uccidersi. Non è necessario fare gerarchie tra coloro che operano per la pace.

Noi tutti pacifisti e nonviolenti siamo i depositari del Premio Nobel per la pace a Ican per l’abolizione degli ordigni di distruzione di massa nucleari e per il disarmo nucleare universale. Quale messaggio puoi donare a tutti noi attivisti e all’intera umanità coinvolta nelle brutali espressioni della violenza guerresca, militarista, bellicista?

Di non smettere di lottare. Il disarmo costituisce l’unica strada attraverso cui gli essere umani possono pensare di poter continuare ad esistere su questo globo terrestre. La vera forza che hanno i principi morali è di non essere sottoposti alla verifica del consenso e della vittoria: continuare la lotta non violenta, senza inacidirsi e senza maturare un disprezzo per gli altri umani, è la cosa migliore che possono fare nell’ora presente attivisti pacifisti e non violenti.

Davvero l’umanità intera si trova sul crinale del baratro nucleare?

Si, penso di si. L’attuale guerra tra la Russia e la NATO è soggetta ad un’escalation continua da parte occidentale, Inghilterra in prima fila. Se l’escalation continua, arriveremo alla guerra nucleare. Se riusciremo a fermare questa guerra attraverso il dialogo e la trattativa, gli USA hanno già individuato nella Cina il prossimo nemico da abbattere.

Il rischio di guerra nucleare è insito nel tentativo del governo statunitense ed in generale dei paesi aderenti alla NATO di mantenere i propri privilegi economici sul resto del mondo. Rendere chiaro che è necessario costruire la cooperazione tra i popoli, che la guerra si può solo fermare e non si può vincere è il messaggio fondamentale che oggi dobbiamo comunicare.

Pubblicato il Lascia un commento

EVENTO

EireneFest, Festival del libro per la Pace e la Nonviolenza.

Resistenza e Nonviolenza creativa

26 maggio 2023

ore 21:00 

Mondo, ROMA ()

EireneFest, Festival del libro della Pace e della Nonviolenza. Resistenza e Nonviolenza creativa

EireneFest, Festival del libro della Pace e della Nonviolenza. Resistenza e Nonviolenza creativa.-.-.

In una società dominata da informazioni orientate dalle opinioni dell’1%, rimanere sui fatti e promuovere una corretta comunicazione, a partire dalla nonviolenza creativa, diventa una missione per chi abbia a cuore la verità.

Libro di riferimento:

Laura Tussi, a cura di, Resistenza e nonviolenza creativa, Mimesis Edizioni, Milano, 2022.-.-.

Interventi di:

LAURA TUSSI,

FABRIZIO CRACOLICI,

GIANMARCO PISA,

GIORGIO CREMASCHI,

PAOLO FERRERO.

Con collegamento internet e diretta streaming. Link: https://www.facebook.com/EireneFest

VENERDI’ 26 MAGGIO ore 21,00

Per maggiori informazioni:

https://www.facebook.com/EireneFest

Olivier Turquet

lauratussi.pace@gmail.com

Pubblicato il Lascia un commento

Tempi di fraternità.

Armi, sempre armi, fortissimamente armi.

Articolo scritto in collaborazione con le Riviste Italia Che Cambia e Tempi di Fraternità.

di LAURA TUSSI

Le spese per gli armamenti e per la difesa in generale ammontano a molti miliardi ogni anno e cioè circa 26 miliardi di euro nel 2022 solo in Italia. Cifre colossali fornite da Sipri – l’Istituto Internazionale di Ricerca sulla Pace di Stoccolma – e da Milex – l’Osservatorio sulle Spese Militari Italiane – relative al 2022, che sono però in esponenziale incremento. Secondo i dati dell’autorevole istituto e dell’importante osservatorio, la spesa militare globale nel mondo continua ad aumentare nonostante la crisi.

ALCUNI DATI SULLA SPESA BELLICA GLOBALE

Le spese militari nel mondo sono in costante ascesa: secondo Sipri, sono stati raggiunti i 2113 miliardi di dollari nel 2021, con un +0,7% in termini reali rispetto all’anno precedente. I primi dieci Paesi per spesa militare coprono il 75% del totale degli investimenti bellici, con i soli Stati Uniti che contribuiscono per il 43% e più indietro, al secondo posto la Cina e al terzo l’India.

Stati Uniti, Russia, Inghilterra, Francia, Cina, India, Pakistan e Israele posseggono complessivamente più di 25000 armi nucleari e di queste più di 5000 sono pronte all’uso e al lancio: abbastanza per distruggere più volte il nostro pianeta. Fra le potenze che stanno aumentando più rapidamente il budget destinato al comparto bellico c’è la Russia, che nel 2021, prima dell’invasione dell’Ucraina, lo ha incrementato del 2,9%, portandolo al 4,1% del prodotto interno lordo complessivo.

L’ITALIA E GLI F35

Per quanto riguarda il nostro paese, un caso interessante da analizzare è quello dell’acquisto degli F35. L’F35 è un cacciabombardiere d’attacco al suolo e come tale contrasta con un modello di difesa basato sulla difesa stessa e non sull’offesa, quale dovrebbe essere quello italiano, come sancisce anche la Costituzione repubblicana all’articolo 11. Questo tipo di cacciabombardiere è atto al trasporto delle famigerate e mortifere bombe termonucleari NATO B61-12.

Inoltre è esorbitante la cifra che l’Italia spende per l’acquisto di questi mostri da guerra: 14 miliardi di euro per 90 di questi aerei e il numero è stato ridotto nel 2012 grazie alle proteste e alla mobilitazione nate nel paese rispetto ai 131 cacciabombardieri F35 iniziali. Ma pur sempre una follia. Una spesa enorme e esorbitante, soprattutto in tempi di crisi e quando si taglia la spesa pubblica per sanità, servizi sociali, scuole, per i più deboli, per i malati.

Da notare che i 14 miliardi valgono solo per l’acquisto: Considerando poi, sulla falsariga di quanto fatto per i programmi canadesi e olandese, il costo totale “a piena vita” del programma (quindi con gestione e mantenimento completi) si può stimare un costo complessivo  dell’ordine di 50 miliardi di euro. Per il reddito di cittadinanza, che secondo molti pare essere la spesa statale che rischia di far fallire il nostro Paese e che invece ha costituito, seppure con alcune criticità, uno strumento fondamentale a sostegno delle persone più fragili, lo stato ha speso nel 2022 poco meno di 8 miliardi di euro! E la favola di 10.000 posti di lavoro che si sarebbero creati per la costruzione degli aerei si è presto sgonfiata: solamente qualche centinaio di lavoratori con un costo medio per persona esorbitante.

Con il costo di 1 cacciabombardiere F35 (stima media di 130 milioni di euro) potremmo: – costruire 387 asili nido con 11.610 famiglie beneficiarie e circa 3.500 nuovi posti di lavoro; oppure – 21 treni per pendolari con 12.600 posti a sedere; oppure – 32.250 borse di studio per gli studenti universitari; oppure – 258 scuole italiane messe in sicurezza (rispetto norme antincendio, antisismiche, idoneità statica); oppure – 14.428 ragazzi e ragazze in servizio civile per un anno; oppure – 17.200 lavoratori precari coperti da indennità di disoccupazione; oppure – 14.742 famiglie con disabili e anziani non autosufficienti aiutate con servizi di assistenza.

È dal 2005 che il mondo pacifista denuncia l’assurda follia di queste spese. Nel 2007 a Novara è nato un coordinamento di associazioni e organismi impegnati a contrastare l’assemblaggio dei cacciabombardieri nell’aeroporto militare di Cameri, vicino alla città. Si tratta di un coordinamento fondato sull’antimilitarismo e sull’autonomia dei soggetti istituzionali e varie sono state le iniziative di opposizione attivate. Contro il progetto F35 si è schierata anche la diocesi di Novara. Recentemente alcuni organismi come la Tavola della PaceUnimondoSbilanciamoci e altri ancora hanno promosso una campagna nazionale parallelamente a una giornata che si celebra ogni 25 febbraio con iniziative in molte città italiane e la raccolta di firme contro il progetto F35.

Il bilancio della difesa per la “guerra impossibile” è prevista, per il 2023, a 28,7 miliardi di euro. Inoltre, l’Italia destina alla spesa bellica l’1,54% – contro una media europea dell’1,3% – del prodotto interno lordo e prevede di raggiungere entro il 2028 una quota di almeno il 2%, come richiesto dalla NATO, mentre investe una percentuale inferiore, ad esempio, nella ricerca scientifica – 1,4% del PIL, contro una media europea del 2,1%. In un simile quadro risultano dunque fondamentali non solo l’azione dei movimenti pacifisti, ma soprattutto la presa di coscienza da parte dell’opinione pubblica, della quale facciamo parte tutti noi.

Ma occuparsi di armi, costruirle e venderle, fa bene alla nostra economia. Le esportazioni nel 2021 (ultimi dati disponibili) sono ammontate a 4,7 miliardi di euro. La società con il peso più rilevante è Leonardo, il cui maggiore azionista è il Ministero dell’Economia, che ha esportato armamenti per quasi 1,6 miliardi di euro. Il 53% è andato a Paesi membri della Nato, ma compaiono alcuni dati interessanti. Il Paese maggiore importatore è stato il Qatar e tra i primi compaiono anche Pakistan ed Emirati Arabi, Paesi nei quali i diritti umani non godono di grande rispetto. L’Egitto è infine un caso interessante: nel 2020 era il primo paese importatore, e nel 2021 è passato al diciottesimo posto.

Pubblicato il Lascia un commento

Nonviolenza e disarmo: ecco alcune letture di pace al Salone del Libro di Torino

Scritto da: REDAZIONE PIEMONTE CHE CAMBIA

Libri che spaziano tra varie tematiche, dalla pace al disarmo, saranno esposti al prossimo Salone Internazionale del Libro di Torino insieme ad altre eminenti realtà editoriali e importanti case editrici. L’evento si terrà dal Dal 18 al 22 maggio presso l’Oval di Lingotto Fiere e il Centro Congressi Lingotto: per l’occasione vi presentiamo alcune opere di Mimesis Edizioni che supportano realtà e comunità legate all’impegno civile, alla resistenza e alla nonviolenza.

Torino – Migliaia di libri, esposti al Salone Internazionale del libro di Torino, che rispecchiano l’alto valore e ideale della conoscenza e del sapere e che si tramandano di generazione in generazione nella storia dell’umanità. Sarà presente anche Mimesis Edizioni, con gli ultimi libri di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, scritti in collaborazione con molte altre personalità del mondo della cultura, della politica, dello spettacolo e dell’attivismo, sempre in prima linea per la pace e i diritti umani e contro ogni guerra e prevaricazione imperialista. La casa editrice Mimesis nasce infatti come associazione culturale nel 1987, su iniziativa di Pierre Dalla Vigna, con lo scopo di raccogliere e diffondere le idee che animano la riflessione italiana ed europea. 

LIBRI DI ATTUALITÀ

I libri sono correlati e collegati da un medesimo leitmotiv, da un coerente filo rosso che trasporta e conduce il lettore nella fascinazione della lettura e della conoscenza: dal concetto di nonviolenza all’esigenza del disarmo nucleare, dal clima alla pace, dalla solidarietà tra i popoli alle minoranze. Un altro grande tema approfondito è la Resistenza contro il nazifascismo durante la seconda guerra mondiale, oltre che l’attivismo per l’antifascismo, sia nelle lotte attuali che nello studio della storia passata.

Salone del Libro
Foto tratta da Unsplash

Tematiche che contraddistinguono le centinaia di presentazioni di libri che sono state condotte in questi anni con associazioni e molte altre organizzazioni italiane. Questa cospicua produzione si pone l’obiettivo di sostenere e solidarizzare con le varie realtà e comunità di impegno civile e di resistenza attiva contemporanea e di nonviolenza creativa presenti oggi nella nostra realtà nazionale e internazionale di attivismo nonviolento.

LIBRI PER LA PACE

I principali titoli presentati da Mimesis Edizioni sono Riace. Musica per l’umanità, il celebre libro con intervista a Mimmo Lucano che è stato presentato in RAI da Fabio Fazio nel corso della trasmissione Che Tempo che fa. Poi sarà esposto Memoria e Futuro, un autentico manuale di nonviolenza attiva con gli scritti di grandi uomini di pace, da Moni Ovadia ad Alex Zanotelli, a Vittorio Agnoletto.

Questa cospicua produzione si pone l’obiettivo di sostenere e solidarizzare con le varie realtà e comunità di impegno civile

Non ultimo, il libello Resistenza e Nonviolenza creativa, che porta gli scritti di Giorgio Cremaschi e Paolo Ferrero e che rappresenta un’analisi descrittiva di azioni di donne e uomini, portatori e portatrici di impegno contro la dittatura nazifascista. Persone che in epoca contemporanea hanno dato il loro piccolo e grande contributo per la pace, per i diritti umani e per un mondo libero da totalitarismi, ingiustizie e prevaricazioni sociali.

LIBRI SULLE QUESTIONI AMBIENTALI

Pamphlet Ecologico è il libro postumo di Virginio Bettini, a cura di Laura Tussi, Fabrizio Cracolici e Maurizio Acerbo, con scritti di Paolo Ferrero e del giovane accademico e ricercatore David Boldrin Weffort che fin da piccolo ha conosciuto e si è formato sui saggi del noto ecologista di fama mondiale Virginio Bettini. Un altro libro è La follia del nucleare: come uscirne: propone una riflessione intorno al tema del nucleare, a 70 anni dai bombardamenti nucleari di Hiroshima e Nagasaki, a 30 anni dalla catastrofe di Chernobyl, a 5 anni da quella di Fukushima. 

Mimesis Edizioni1
Foto di Mimesis Edizioni

Sarà presente anche il romanzo di Oliviero Sorbini dal titolo Le Rivelazioni, un suggestivo racconto di narrazione che presenta una metempsicosi di vite e di ideali tra più protagonisti che rappresentano la molteplicità di noi attivisti che lottiamo contro le estreme minacce che incombono sull’umanità: la guerra e il nucleare, i dissesti climatici, la disuguaglianza sociale globale e per comprendere il tutto, la violenza strutturale contro i più fragili del pianeta. Tutti questi vogliono essere i libri che, insieme a molti altri protagonisti del Salone Internazionale del libro di Torino, portano alle persone le importanti istanze culturali di impegno politico e attivismo pacifista necessarie ai giorni nostri.

Non ultimo, segnaliamo Passo dopo passo, la cura del sé, dell’altro, del territorio, del presidente onorario di FederTrek Paolo Piacentini, che partendo dall’idea di un nuovo umanesimo analizza la società attuale, in particolare rispetto alla contrapposizione fra il concetto di cura e quello di possesso. Il tutto declinato attraverso la cultura del cammino, un terreno che per Piacentini è di casa. Per chi fosse interessato, l’autore presenterà il libro giovedì 18 maggio alle 17:30 presso lo stand della Regione Toscana.

Pubblicato il Lascia un commento

Alex Zanotelli: è molto importante cominciare a tradurre la nonviolenza in termini concreti

 – Laura Tussi

Alex Zanotelli durante la prima edizione di Eirenefest (Foto di Pressenza)

Intervista a Alex Zanotelli che chiuderà Eirenefest, il festival del libro della pace e della nonviolenza, partecipando alla celebrazione dei 100 anni dalla nascita di Don Milani, domenica 28 Maggio presso i Giardini del Verano a Roma.

Quest’anno ricorre il centenario della nascita di don Milani e i trenta anni della scomparsa di don Tonino Bello. Queste fulgide figure della pace e della nonviolenza quanto hanno illuminato il tuo cammino di uomo dedito completamente al prossimo e al sostegno dell’umanità tutta, in ogni sua sfaccettatura e problematica?

Non è facile rispondere a questa domanda. Ambedue queste persone mi hanno profondamente influenzato. Don Milani non l’ho mai conosciuto personalmente, ma è stato una importante influenza nella mia vita e nel mio pensiero. Praticamente da quando sono diventato direttore di Nigrizia i suoi scritti mi hanno profondamente plasmato. La sua scelta degli ultimi, ma soprattutto le sue posizioni sulla guerra e sulle armi. E per me tutto questo è stato un grande insegnamento. E ho sempre ammirato il suo coraggio nell’affrontare la tempesta mediatica che ha subito per le sue posizioni. È stato veramente un uomo coerente. Per me è stata una persona, anche se non l’ ho mai conosciuto, che direi ha sempre camminato con me e mi ha aiutato nelle scelte che ho fatto nella vita. Invece per Tonino Bello, lui è stata una persona con la quale chiaramente ho camminato. Sono stato per un po’ di tempo anche a Lecce e andavo spesso nella sua diocesi. Non sapevo dell’esistenza di questo prete chiamato Don Tonino Bello. Il vescovo mi aveva invitato anche a fare i ritiri. E da allora per la prima volta ci siamo incontrati così direttamente. Mi ha detto: “Alex non hai l’idea di quante note prendevo quando tu parlavi”. Ma da quando ho fatto la scelta chiara sul problema delle armi e sono entrato in polemica con i potenti di allora e lì è saltato fuori subito l’appoggio di Don Tonino Bello. Veramente mi è stato molto vicino a tal punto che una volta quando sono stato silurato, lui mi ha poi sostituito portando avanti tutta questa vicenda. Appena è stato scelto come responsabile di Pax Christi Italia, mi ha chiesto di andare a fare una conferenza a Brescia. Era proprio il momento dei miei problemi per le questioni sulle armi e abbiamo tenuto una conferenza molto dura, attaccando e criticando pesantemente i costruttori di armi a Brescia. Immediatamente è scattata una inchiesta della procura di Brescia che per fortuna non è andata avanti perché dipendevo da Verona. Quindi è entrata la questura di Verona in tutto questo e, siccome mi conoscevano, mi è andata abbastanza bene. Incredibili sono state le investigazioni che hanno fatto. Sono andati nel paese dove sono nato, indagando quali erano le mie influenze politiche e così via. Ero sempre seguito, ovunque andavo a parlare, dalla digos, che prendeva nota di tutto quello che dicevo.

E’ stato Tonino Bello che ha avuto un coraggio incredibile a invitarmi a parlare a Brescia. Ho pagato, ma poi ha pagato anche lui perché ha preso lui su di sé quell’attacco sulla vendita di armi con tutto il problema del porto di Talomone e la triangolazione delle armi. Lui è andato avanti su questa strada e quando io ero a Korogocho, lui mi ha sempre seguito e accompagnato. Non dimenticherò mai la sua introduzione bellissima al mio primo libro “La Pasqua in agguato” titolo di questa prefazione straordinaria. E poi è stato lui quando ero a Korogocho a chiedermi di diventare direttore della rivista Mosaico di pace. Quando ho rifiutato, per ovvi motivi, mi disse che non poteva accettare il mio rifiuto. Perché, così mi ha detto: “Tu la tua vita l’hai spesa contro le armi, per la pace voglio che sia tu il direttore di Mosaico di pace”. E così sono rimasto tale come direttore della rivista Mosaico di pace. È stato un lungo percorso in cui abbiamo camminato assieme e mi ha molto influenzato a tal punto che, tanto per dire non è una questione religiosa o altro, ricordo che prima di partire per Korogocho, sono andato con l’editore a portargli il libro per cui aveva fatto la prefazione, tenendo presente che ero stato silurato dal Vaticano e lui come vescovo ha avuto molto coraggio. Sono rimasto colpito da Tonino Bello. Sono entrato in Episcopio: era tutto aperto. Vedevamo i Rom, i migranti dentro l’Episcopio che giravano tranquillamente. E che avevano stanze e dormivano lì. Siamo andati dal vescovo ero con l’editore e abbiamo fatto una importantissima conversazione. Alla fine ci siamo salutati. Siamo usciti e a un certo punto sentiamo una persona correre dietro di noi ed era Tonino Bello, con una cassetta piena di bottiglie di vino buono della Puglia. E l’editore che era un agnostico mi disse che se nel nostro governo ci fosse qualche ministro come Tonino Bello, forse avremmo un’Italia diversa. Ed è vero.

Eirenfest è giunto alla sua seconda edizione con decine di protagonisti, scrittori, giornalisti, attivisti e una ampia vetrina di libri, saggi, romanzi.

Cos’altro consigli e che suggerimenti puoi dare e un tuo augurio per il futuro a tutti gli organizzatori e relatori di questo importante festival del libro della pace e della nonviolenza?

Ho partecipato alla prima edizione di questo festival Eirenefest e parteciperò ancora.

Ringrazio prima di tutto coloro che lo organizzano e lo portano avanti. Secondo me è fondamentale divulgare e far passare e diffondere libri, testi, romanzi sui temi della pace e della nonviolenza. E continuare a fare passare messaggi: è fondamentale.

Ma è molto importante incominciare davvero a tradurre la nonviolenza in termini concreti.

Ho in mente i libri bellissimi e straordinari, la trilogia di Gene Sharp “Politica dell’Azione Nonviolenta”. Lui è uno scrittore americano che scrisse anche tra gli altri libri “Come abbattere un regime”.

Dovremmo avere piccoli libri divulgativi che aiutino le persone su azioni concrete di nonviolenza coerente.

Perché se il popolo comincia a muoversi e ragiona e comincia a usare tecniche nonviolente, diventano estremamente efficaci per mettere in discussione sistemi come il nostro che è fondato sulla violenza e sulle armi.

Poi un incoraggiamento ai gruppi che studiano la nonviolenza e la praticano concretamente.

È un messaggio che deve essere e è un passaggio che deve essere fatto e attivato.

Eirenefest percorre la via più  lunga e difficile, quella del pacifismo finalistico, per convertire le coscienze. Un percorso di educazione alla pace.

Pensi che invece sia più urgente un pacifismo istituzionale che tenti di indirizzare le politiche degli Stati verso la fraternità tra i popoli?

La mia opinione è molto chiara a questo punto. Non vedo a livello istituzionale al momento possibilità di cambiare. Bisogna renderci conto che gli Stati sono prigionieri del complesso militare e industriale. Lo vedo non solo negli USA, ma dappertutto. È la maggior industria. Ma anche in Italia sono sempre le armi la maggiore industria.

I governi sono prigionieri delle armi e delle banche che chiaramente finanziano. È quasi inutile quel tentativo istituzionale. Mentre è necessario continuare con insistenza dal basso e in questo senso non riesco a capire la mia sofferenza e dolore di vedere che la nonviolenza attiva non viene da Gandhi oppure da Martin Luther King, ma da Gesù di Nazareth. Loro si sono sempre ispirati a Gesù di Nazareth. Quello che trovo assurdo è che proprio nelle comunità cristiane questo pensiero non passa. Bisognerebbe vedere nelle comunità cristiane se sono seguaci di Gesù. Gesù ha inventato la nonviolenza attiva. Allora siano le comunità cristiane le prime ad agire.

Noi tutti pacifisti e nonviolenti siamo i depositari del Premio Nobel per la pace a Ican per l’abolizione degli ordigni di distruzione di massa nucleari e per il disarmo nucleare universale. Quale messaggio puoi donare a tutti noi attivisti e all’intera umanità coinvolta nelle brutali espressioni della violenza guerresca, militarista, bellicista?

Rimango dell’opinione che bisogna avere il coraggio di parlarsi chiaro. Il problema del nucleare è enorme e non è così semplice risolverlo. Penso che ci vuole molto coraggio da parte degli attivisti. Un grande resistente americano Daniel Berrigan, un gesuita, che ha sostenuto tutta la lotta contro la guerra in Vietnam. Berrigan ha fatto 44 mesi di carcere per tutte le varie azioni.

Veramente la polizia era terrorizzata dai due fratelli Berrigan. Daniel Berrigan diceva che fare la pace è altrettanto costoso di come fare la guerra. O ci metti la faccia e la pelle e hai il coraggio di sfidare anche andando in carcere, oppure è inutile.

Penso che abbiamo bisogno di questo tipo di azioni se vogliamo davvero sfondare il sistema.

Altrimenti facciamo solo proclami. Penso che ci vogliono azioni nonviolente serie che sono pagate con la galera e in tribunale. È necessario questo tipo di resistenza. Per affossare il sistema.

Davvero l’umanità intera si trova sul crinale del baratro nucleare?

Sì è vero. Siamo davanti a una guerra in Ucraina che diventa sempre più pericolosa. Teniamo presente che siamo davanti a due superpotenze nucleari. La Russia, la Nato e gli Stati Uniti. E non è uno scherzo. La Russia sempre con le armi nucleari e le ha spostate anche in Bielorussia. Altrettanto stanno facendo gli Stati Uniti. E apertamente tutto questo. E basta un niente per far saltare un qualcosa, un ingranaggio, un sistema informatico. Stiamo rischiando davvero molto. Perché la Russia deve essere condannata in tutti i termini possibili perché ha invaso un paese sovrano come l’Ucraina conducendo una guerra veramente assurda e criminale.

Ma questo non ci libera dai problemi. Noi occidentali siamo dentro altrettanto a questo meccanismo. Non prendiamoci in giro. Quando è caduto il muro di Berlino l’accordo tra Gorbaciov e Bush, accordo non scritto, ma orale tra i due era che la Nato non doveva prendere il posto occupato dall’ex patto di Varsavia. Quindi i paesi dell’est. Invece abbiamo circondato la Russia. Putin è caduto nella trappola e ha fatto un errore enorme con questa invasione.

Il problema è che l’Occidente ha continuato dal 2014 fino all’inizio della guerra a inviare armi. Americani e inglesi hanno preparato l’esercito e adesso Biden ci dice che la guerra deve continuare: “per indebolire la Russia e per fronteggiare la Cina“. Ora nell’Indo Pacifico navi da guerra. Il comandante delle truppe statunitensi è stato nelle Filippine dove gli americani hanno moltissime basi e il comandante ha chiesto altre cinque nuove basi che verranno costruite ex novo nelle Filippine.

Gli Stati Uniti hanno già dato i sottomarini nucleari all’Australia. Qui siamo sul piede di guerra. Rischiamo la terza guerra mondiale e nucleare ed è la fine. Ecco perché è importante far capire alle persone la follia totale che stiamo vivendo e il pericolo enorme.

Basta un niente e può saltare tutto.

Pubblicato il Lascia un commento

Europa per la pace: il 2 aprile è stato compiuto il primo passo di un lungo cammino

Scritto da: LAURA TUSSI

Il 2 aprile le strade di decine di città in tutto il mondo si sono riempite di persone che in maniera condivisa, creativa e nonviolenta hanno ribadito il loro NO alla guerra e all’industria delle armi. Ma la giornata di Europa per la pace è stata solo la prima di un calendario che si protrarrà per tutto il 2023, culminando con l’evento del 2 ottobre, Giornata internazionale della Nonviolenza.

Europa per la pace è stato un evento globale esteso a molte città e metropoli in tutto il mondo con l’intento di dire NO alle armi, laddove in quel NO è appunto compreso molto, dal diniego e il disappunto estremo per l’invio di armi in Ucraina e in tutti i luoghi di conflitto alla produzione stessa, al commercio e al trasporto degli armamenti, non solo quelli convenzionali, ma anche e soprattutto gli ordigni nucleari. 

Fra i promotori italiani di Europa per la pace un ruolo di spicco l’ha avuto Gerardo Femina, che abbiamo avuto modo di interpellare in questo articolo. «Uno dei focus dell’evento è stata l’impellente necessità di fare incontrare, convergere e dialogare esponenti di varie realtà culturali, sociali e civili. Ad esempio quelle religiose, laddove si considera il fenomeno religioso come un dato culturale di una civiltà dal cui dialogo con altre religioni non si può mai prescindere». 

Poi abbiamo l’incontro con le realtà laiche, agnostiche e atee; fra esse, alla grande iniziativa di Europa per la pace hanno aderito già dal 2007 varie personalità come Moni Ovadia e la compianta Margherita Hack, il cui pensiero è sempre vivo e costante tra i popoli. Un altro polo fondamentale è quello del pacifismo e della nonviolenza, che vede il contributo di illustri pensatori, dal sudamericano Silo, scomparso da qualche anno, a Pat Patfoort, da Edgar Morin a Stéphane Hessel. «Questi ultimi sostengono la teoria della complessità, secondo cui un conflitto armato presenta necessariamente ripercussioni ambientali, etiche, culturali ed economiche che hanno nell’immediato e nel futuro prossimo ripercussioni su tutto l’assetto ecosistemico mondiale e planetario».

gerardo femina
Gerardo Femina

Il 2 aprile 2023 è stato lanciato un messaggio etico, di pregnanza morale e vitale estesa e di coscienza e conoscenza planetaria che ha coinvolto migliaia di persone, di attivisti, di soggetti politici, culturali e civili impegnati per la pace e la nonviolenza. «Noi come realtà che si occupano di pace e nonviolenza a livello nazionale e internazionale siamo affiliati alla rete internazionale Ican, insignita del premio Nobel per la pace nel 2017 per aver partorito, emanato e prodotto il trattato ONU-TPAN per la messa al bando delle armi di distruzione di massa nucleari. E siamo depositari e promotori di questo Premio Nobel per la Pace». 

E ancora, grande protagonista di Europa per la pace è stata la convergenza di culture, di energie, prospettive di pace e nonviolenza e soprattutto di creatività. Perché la nonviolenza è creatività multiforme, che si adopera per affermare la pace con vari strumenti e mezzi. Come, ad esempio, creatività nonviolenta sono i Corpi civili di pace, l’intermediazione pacifica, l’obiezione di coscienza militare e alle spese nucleari, le manifestazioni contro la catena di controllo del sistema di potere per prevenire con l’energia dal basso i conflitti armati e per agire nelle convenzioni internazionali per l’interdizione degli armamenti, come le mine antiuomo e le armi batteriologiche.

Si è manifestato da Roma a Torino a Praga e ancora in molte altre città e capitali italiane ed europee come Catania e Milano, con vari flash mob in piazza Della Scala. Tra i promotori Nira Cabero, Patrizia Varnier, Anna Polo, Federica Fratini, Andrea Bulgarini e molte altre e altri. «La valutazione che abbiamo fatto della giornata del 2 aprile è senz’altro positiva», osserva Gerardo Femina.

In questo momento ciò di cui c’è bisogno è che le persone si facciano carico personalmente della situazione

«La partecipazione è andata al di là delle nostre aspettative e siamo rimasti stupiti da come molte persone abbiamo preso la cosa in mano e abbiano scatenato la propria creatività, dando vita a moltissime iniziative diverse. È stato incredibile, perché non c’era un programma ben preciso, ma le persone e le organizzazioni hanno semplicemente aderito a una proposta molto generica facendo il resto, riempendo questa proposta di contenuti».

In origine il 2 aprile era stato pensato come una data unica, ma quando ci si è incontrati per fare una valutazione di tutto quello che era successo in quella giornata, l’entusiasmo era talmente alto che si è deciso di trovare il modo per fare continuare questa iniziativa. Nessuno si era infatti  aspettato che la cosa potesse espandersi in questo modo, arrivando a toccare decine di città, addirittura in più continenti. Soprattutto considerato il fatto che tutto questo è stato fatto con tempi molto veloci e senza nessuna diffusione da parte dei media.

«In pratica è stato diffuso attraverso passaparola e contatti personali, un lavoro molto sentito in cui le persone hanno messo il meglio di sé, accantonando i personalismi e cercando la convergenza in tutti i modi. Ognuno si è fatto carico di pensare una iniziativa, prendere su di sé tutto il grave impegno di organizzarla e di fare in modo che le persone partecipassero. Una cosa notevole».

Non stiamo parlando di numeri enormi, ma di iniziative molto puntuali e sentite, in cui si è manifestata una tendenza interessante, proprio quella auspicata dallo slogan dell’iniziativa: “Prendiamo la pace nelle nostre mani”. «Questa frase non è casuale, ma è l’espressione di una riflessione più profonda. “Prendere la pace nelle proprie mani” è la nuova tendenza da ricercare e da approfondire, non è solo un motto ma un atteggiamento che va al di là dei modi consueti di intendere questo tipo di iniziative».

europa per la pace

Normalmente infatti siamo abituati a pensare a manifestazioni di massa, atti eclatanti dove le persone si sommano. Ma quello che è evidente è che in questo momento ciò di cui c’è bisogno è che le persone si facciano carico personalmente della situazione: oggi si stanno responsabilizzando e si stanno assumendo l’onere delle proprie idee, senza attendere che qualcuno dica loro cosa fare.

Questa nuova tendenza rappresenta una rivoluzione rispetto a ciò a cui siamo abituati e va nella direzione di una maggiore autonomia dell’opinione pubblica, di una crescente diversità delle espressioni e di una reale convergenza di queste diversità.  «Credo che sia la tendenza del futuro, che ha tantissimi aspetti positivi e che forse rappresenta l’unica via di uscita da questa situazione apparentemente disperata». Così è iniziata questa avventura di Europa per la pace, che da una singola giornata si è trasformata in un calendario di iniziative mensili che arriva fino al 2 ottobre, cheè una giornata importantissima, perché è la giornata internazionale della Nonviolenza.

Qui si può leggere l’appello di Europa per la pace, con un invito alle prossime iniziative, su cui vi terremo aggiornati e aggiornate: “Invitiamo tutti, organizzazioni e singoli cittadini, a sincronizzarsi in un calendario comune fino al 2 ottobre – Giornata mondiale della nonviolenza – in queste date: 7 maggio, 11 giugno, 9 luglio, 6 agosto, 3 settembre e 1° ottobre”.

Pubblicato il Lascia un commento

ATLANTE DELLE GUERRE E DEI CONFLITTI DEL MONDO.

Mai più l’arma nucleare

Nel marzo 1950, a Stoccolma, la campagna più estesa dei partigiani della pace nel mondo. Ripercorriamo quegli eventi, con uno sguardo al presente

di Laura Tussi

I lavori del Comitato del Congresso Mondiale sono stati aperti nel marzo 1950 a Stoccolma dalla scrittrice svedese Marika Shernstodt, con 150 delegati provenienti da molti Paesi del mondo. Per l’Italia, anche i sindaci di Bologna e Genova, Giuseppe Dozza e Gelasio Adamoli. Un appello di grande chiarezza ed efficacia che stimolò e raccolse l’impegno di milioni di donne e uomini ed ebbe un impatto clamoroso a livello di opinione pubblica e di classi dirigenti.

Firmarono tra gli altri, l’architetto Le Corbusier (pseudonimo di Charles-Édouard Jeanneret-Gris), l’attore e drammaturgo Eduardo De Filippo, il già premier italiano Francesco Nitti, il filosofo, storico e matematico Ludovico Geymonat, il dirigente d’azienda Vittorio Valletta, il giurista e politologo Norberto Bobbio, la partigiana e giornalista Ada Gobetti. Lo scrittore e saggista tedesco Thomas Mann dichiarò: “La bomba atomica costituisce una grave minaccia per l’umanità.

Gli scienziati che hanno inventato la bomba atomica hanno accarezzato una grande ambizione, ma essi, oggi, sono inquieti all’idea che possa servire all’infelicità degli uomini e dell’intera umanità. In America gli stessi scienziati si oppongono energicamente all’impiego di questa terribile arma e si sforzano di eliminarla. Lo dicono e lo scrivono. Il fisico Albert Einstein ne fece una vera e propria malattia (la bomba atomica si basa su una sua formula): “Ho firmato l’appello di Stoccolma, perché sostengo tutti i movimenti che si propongono di mantenere la pace”.

Nel 1950, durante la festa della Repubblica in Italia si celebra la raccolta delle firme che nel mondo sono già 100 milioni. Ma anche questa campagna è ostacolata e repressa. Anche il senatore Emilio Sereni, già partigiano e poi membro dell’Assemblea Costituente, viene arrestato. Proteste e scioperi si manifestano in varie parti d’Italia contro pretestuosi divieti di tenere comizi per la pace. Anche i dati sono drammatici. Nel periodo fino al 1953 molti sono stati arrestati e processati, diversi i morti e feriti. È il periodo di Mario Scelba, Ministro degli Interni dal 1947 al 1955, per il quale la Costituzione era una trappola. La censura preventiva su manifesti e volantini cesserà solo con la prima sentenza della Corte Costituzionale del giugno 1956, che dichiarerà illegittimo l’articolo 113 del codice penale fascista.

Nel giugno 1950 scoppiò la guerra di Corea, la cui origine è tuttora controversa sul piano politico e anche storiografico. È il primo conflitto armato di grandi dimensioni della Guerra Fredda. Il clima internazionale diventa sempre più cupo e la contrapposizione tra i due blocchi (Stati Uniti e URSS) si inasprisce. La repressione del dissenso e dell’attività dei partigiani della pace subiscono gravi accelerazioni e il Governo italiano giunge a negare la celebrazione del Secondo Congresso Mondiale previsto a Genova.

Lo scoppio della guerra rafforza però le ragioni della pace. Si estende la mobilitazione e cresce l’impegno della raccolta delle firme, nella consapevolezza di nuovi rischi che minacciano il mondo. Al Congresso di Varsavia dei Partigiani della Pace si dirà con chiarezza: “Anche se esistono tra noi diversità di opinioni sulle origini e le condizioni di scatenamento di questa guerra, dovremmo tuttavia preoccuparci innanzitutto di appoggiare tutte le iniziative che sono state e possono essere prese per far cessare il conflitto”.

A settembre il Presidente del Comitato Mondiale dei Partigiani della Pace, il politico francese e senegalese Gabriel D’Arboussier, annuncia il raggiungimento a livello globale di 400 milioni di firme: “Mai prima d’ora nella storia del mondo un così grande numero di persone si era riunito in un’azione comune”. In Italia, il senatore Emilio Sereni comunica che le firme sono oltre 16 milioni. Moltissimi sono i comitati per la pace costituiti nel Paese. Ma l’anno, il 1950, si chiude con una tensione internazionale sempre più alta. Il conflitto coreano si radicalizza e la possibile estensione angoscia il mondo.

Nell’appello di Stoccolma si proclama: “Noi esigiamo l’assoluto divieto dell’arma atomica, ordigno di intimidazione e di sterminio di massa delle popolazioni. Noi esigiamo la realizzazione di un rigoroso controllo internazionale per assicurare l’applicazione di questa decisione. Noi consideriamo che il governo il quale, per primo, utilizzasse contro qualsiasi Paese l’arma atomica, commetterebbe un crimine contro l’umanità e dovrà essere considerato come criminale di guerra. Noi chiamiamo tutti gli uomini di buona volontà e tutto il mondo a sottoscrivere questo appello”.

Da questa dichiarazione si può cogliere un parallelismo con gli obiettivi del Trattato Onu per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPAN), approvato il 7 luglio 2017 a New York al Palazzo di Vetro da 122 nazioni e dalla società civile organizzata e riunita nell’International Civil Society Action Network (ICAN). Grazie a questo trattato, l’ICAN e la Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari sono state insignite nel 2017 del Premio Nobel per la Pace.

Nella foto in copertina, un test nucleare nel deserto (© Alones/Shutterstock.com)