Pubblicato il Lascia un commento

Memoria e Futuro: tra Resistenza e Nonviolenza creativa

Memoria e Futuro: tra Resistenza e Nonviolenza creativa

Memoria e Futuro: tra Resistenza e Nonviolenza creativa

https://www.peacelink.it/calendario…

Presentazione dei libri di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici.

 

Con
Vittorio Agnoletto,
Egidia Beretta Arrigoni,

Adelmo Cervi,
Giorgio Cremaschi. 

Per annunciare che parte del ricavato della vendita dei libri in presenza sarà devoluto alla Fondazione Vittorio Arrigoni – Vik Utopia, Restiamo Umani.

Per noi questo è un gesto molto importante e significativo soprattutto nella tragica congiuntura in cui imperversa l’umanità intera.

 

Lunedì 10 ottobre 2022 ore 21.00

Diretta Facebook – Spazio Foppette, Milano

https://fb.me/e/3D3lJZd2L

Pubblicato il Lascia un commento

Maratona mondiale di pensiero e azione per Julian Assange

Julian Assange per non dimenticare, per non dimenticarlo!

Messaggi a sostegno di Julian Assange dal mondo del giornalismo e della cultura per tutto il mondo.

Partecipano: Maurizio Acerbo, Vittorio Agnoletto, Sergio Cararo, Giorgio Cremaschi, Fabrizio Cracolici, Raffaele Crocco, Angelo Gaccione, Laura Tussi.

Modera: Gianmarco Pisa.

www.24hassange.org

Maratona mondiale di pensiero e azione per Assange.

 

WEBINAR SU ZOOM SABATO 15 OTTOBRE ore 21.

Diretta Facebook – spazio Foppette, Milano.

https://fb.me/e/28nfwIAvz

 

Promovono: Laura Tussi – Mondo senza guerre e senza violenza Milano e Pressenza, Agencia Internacional de noticias dedicada a noticias sobre paz y noviolencia.

Contatto: 328 772 7015 Laura Tussi / 3489898371 Nira Cabero

Questo articolo è stato pubblicato qui

Pubblicato il Lascia un commento

Le voci della ragione: conversazione con Vittorio Agnoletto

Le voci della ragione: conversazione con Vittorio Agnoletto

Laura Tussi conversa con Vittorio Agnoletto, medico, ex parlamentare europeo e soprattutto attivissimo in favore della tutela della salute, dei beni comuni, dell’impegno pacifista.

Tussi. Il tema della pace è ora più che mai urgente, sia per la guerra russo-ucraina, sia per le tensioni internazionali sempre più pericolose. Immagino che per un medico come lei, che si occupa di salute, cioè di vita, questa situazione deve costituire un grave allarme. Il pericolo riguarda anche il nostro ecosistema che le guerre e gli esperimenti nucleari aggravano. Un motivo in più perché gli ecopacifisti facciano sentire la loro voce di condanna.

Agnoletto. La guerra, oltre che morti, feriti e distruzione, porta anche inquinamento disastri ambientali e malattie. Si ragiona poco sul fatto che l’uso di armi esplosive, per esempio nelle aree urbane, crea grandi quantità di detriti e di macerie che possono causare un inquinamento dell’aria e del suolo. L’inquinamento provocato dalle guerre può provocare tanti e tanti problemi, per esempio, dal punto di vista ambientale, anche nelle falde acquifere: sono i cosiddetti danni collaterali della guerra, ma come impatto sono tutt’altro che collaterali. E poi non dimentichiamoci che le emissioni di CO2 di alcuni grandi eserciti possono addirittura essere maggiori di quelle emesse da intere nazioni. Esiste una ricerca della Lancaster University che dimostra quanto l’esercito degli Stati Uniti sia uno dei maggiori inquinatori. È l’istituzione che consuma più petrolio ed è uno dei principali emettitori di gas serra. L’esercito statunitense se fosse una nazione si collocherebbe tra il Perù e il Portogallo nella classifica globale degli acquisti di carburante. Si può fare anche un esempio purtroppo molto attuale: un F35 per percorrere 100 km consuma circa 400 litri di carburante che corrispondono all’emissione di 27.800 kg di Co2. L’aviazione tra le varie armi è quella che detiene la percentuale più alta di emissione all’interno del sistema di difesa USA. È necessario non dimenticare le malattie, le ricadute sull’ambiente e l’inquinamento ambientale che possono derivare da un conflitto. Rifacciamoci a un’esperienza storica che purtroppo conosciamo e della quale abbiamo parlato tante volte: le conseguenze della guerra in Iraq sono state, dal punto di vista sanitario, tremende. Pensiamo ai tumori, ai bambini nati deformi e a tante altre gravi condizioni di salute degli abitanti di quella regione, tutto questo non viene considerato. Va inoltre valutato anche un altro aspetto. I danni provocati dalla guerra sono anche collegati ad altri disastri sociali: pensiamo per esempio al fatto che intere popolazioni, migliaia, talvolta decine o centinaia di migliaia di persone sono obbligate ad abbandonare le loro case e finiscono nei campi per rifugiati, nei quali vivono una condizione molte volte ai limiti della dignità umana: mancano i servizi essenziali, sussiste una scarsità d’acqua e non ci sono, oppure sono assolutamente insufficienti, i servizi igienici. Senza contare la gestione dei rifiuti di simili aggregati umani e l’impatto ambientale che ne deriva. E quindi il risultato di una guerra – anche limitandosi ad osservare quello che accade nei territori coinvolti, senza analizzarne le conseguenze ad ampio raggio sull’economia globale – non si ferma “solo” ai morti e ai feriti ma è molto più ampio e devastante.

Tussi. Gli scienziati continuano a mettere in guardia i governi e gli Stati e parlano di baratro nucleare. Secondo molte autorevoli personalità ci stiamo incamminando su una via di non ritorno. Che cosa possiamo fare?

Agnoletto. Va precisato innanzitutto che non esiste un nucleare buono e un nucleare cattivo. È una tecnologia che prevede sempre un rischio. Un rischio che esiste, non eliminabile e che può avere delle conseguenze veramente pesantissime. Noto in questi giorni una contraddizione pazzesca da parte dell’establishment, sui giornali principali, sui grandi media, nelle parole dei portatori del pensiero unico in Italia come in tutta Europa. Viene lanciato un grande allarme per quello che può avvenire nella centrale nucleare di Zaporizhia – teniamo conto che 6 dei 15 reattori presenti in Ucraina sono collocati all’interno di questa centrale – ma contemporaneamente, per rispondere alla crisi energetica, quegli stessi paesi, quegli stessi protagonisti del pensiero unico spingono, attraverso i media mainstream, per un ritorno al nucleare. Questa è una contraddizione incredibile. Il ritornello di questi governi è: “Se il nucleare lo controlliamo noi, allora siamo sicuri. Incidenti non ci possono essere”. Proviamo, invece, a ipotizzare la possibilità che ci sia un incidente. Ci ritroveremmo in una situazione di stress collettivo ben superiore a quella che stiamo vivendo ora in relazione a quello che può accadere nelle centrali nucleari dell’Ucraina. Che cosa si può fare? Innanzitutto, dobbiamo valorizzare ulteriormente il grande impatto che ha avuto la campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari Ican che ha vinto anche il premio Nobel per la Pace nel 2017. Uno dei primi obiettivi è far sì che l’Italia firmi il Trattato voluto da Ican, il TPAN, Trattato Proibizione armi nucleari. Di questo il mondo politico non parla, ma è un obiettivo assolutamente fondamentale. Credo che i ragionamenti intorno alla guerra, in epoca nucleare, debbano modificarsi completamente. E non è un caso che la stessa chiesa cattolica abbia modificato totalmente la propria dottrina sulla guerra rispetto alla “guerra giusta”; ritengo che dovrebbe diventare senso comune la famosa affermazione di Einstein: “Non so con quali armi sarà combattuta la terza guerra mondiale. Ma la quarta sarà combattuta con pietre e bastoni”.

Agnoletto con Laura Tussi

Tussi. In questi giorni ho letto il pamphlet dello scrittore disarmista Angelo Gaccione Scritti contro la guerra. Un discorso molto radicale e che considera tutti gli Stati armati – per la loro ricerca bellica, per gli ordigni di sterminio sempre più terribili di cui si dotano, e per la gigantesca spesa militare – responsabili di un sistema criminale ai danni degli esseri umani e della natura. Sostiene che in era nucleare è divenuta obsoleta qualsiasi tipo di difesa armata e che bisogna rinunciarvi. Se per difesa intendiamo la salvaguardia della vita e dei beni di una Nazione. Lei che ne pensa? Gaccione sostiene che bisogna avviare il disarmo unilaterale senza contropartita, come ha fatto lo Stato del Costa Rica che nel libro è citato come esempio. Procedere allo scioglimento dell’esercito e riconvertire a scopi sociali la spesa militare. Per esempio, investendo nella sanità pubblica, nella strumentazione e nella ricerca. Suggerisce di spostare i militari delle tre armi nei settori della tutela del territorio, e molte altre idee preziose.

Agnoletto. La riflessione dello scrittore Angelo Gaccione mi sembra estremamente importante e profonda. Il punto è che in questo momento siamo molto lontani dalla situazione auspicata. Nel 2020 sono stati spesi oltre 2000 miliardi di dollari per investimenti militari e vi ricorderete che alla COP26 è stato molto complicato lavorare attorno a un accordo per assicurare solo 100 miliardi per una transizione ecologica dei paesi del Sud del mondo. Si è in tal modo, resa evidente un’assenza di consapevolezza totale attorno a questo tema. Consideriamo che nel pianeta, in questo momento, ci sono circa 13.000 armi nucleari e consideriamo che noi siamo tra quei paesi che ospitano alcune decine di testate nucleari degli Usa. Credo che la garanzia di non utilizzare le bombe nucleari sia una garanzia che non ci può lasciare tranquilli. Perché quando due paesi sono in guerra, iniziano il conflitto con le armi convenzionali, ma se uno dei contendenti rischia di soccombere e ha a disposizione l’arma nucleare, è possibile e probabile che decida di farvi ricorso. D’altra parte, abbiamo già visto come, nonostante tutte le convenzioni internazionali, le grandi potenze, a cominciare dagli Stati Uniti, non hanno mai avuto problemi a usare armi chimiche e gas tossici, che sono assolutamente vietati dalle convenzioni internazionali. Mi ha molto colpito in questi giorni come l’appello chiaro e durissimo di Papa Francesco sia stato totalmente ignorato dai grandi media. Le prime pagine sono andate tutte al discorso di Draghi al meeting di Comunione e Liberazione. Delle parole di Francesco non c’era praticamente traccia, al massimo qualche trafiletto nelle pagine interne. È una cosa inedita. Prima di Francesco, qualunque cosa diceva un papa diventava l’apertura dei telegiornali, addirittura esagerando, ignorando la laicità prevista dalla nostra Costituzione. Ora siamo invece di fronte a una cancellazione e a una vera e propria rimozione e censura. Sono rimasto anche colpito da come i giovani di CL, che in un’altra epoca e con altri Papi erano definiti i papaboys, hanno pressoché ignorato le parole di Francesco, anche se all’inizio della guerra, Comunione e Liberazione aveva fatto dichiarazioni orientate alla ricerca della pace. Ma questo è un papa scomodo perché non è disponibile a giustificare in nessun modo alcuna guerra e ha puntato il dito contro coloro che dalla guerra ricavano profitti. Francesco ha reso evidente come la guerra sia il risultato di grandi interessi economici interessati al controllo delle fonti energetiche e della logistica e non siano invece causate, come viene sostenuto, dalla difesa di grandi valori e ideali. Inoltre, ci dovrebbe preoccupare molto che lo schema della guerra, la logica amico/nemico, sia ormai applicata a qualunque settore della società. È quanto è avvenuto, ad esempio, in occasione della pandemia. In guerra si deve, tacere, obbedire e combattere. Non si può discutere, non si possono sollevare interrogativi. Questo rischia di essere il modello attorno al quale, oggi, viene costruita la nostra società. In questa condizione, credo che sia importante riprendere quelle tematiche che, per parlare della mia esperienza personale, stavano, ad esempio, alla base del movimento pacifista dei primi anni ’80. Penso alle grandi manifestazioni a Comiso alle quali ho partecipato nel 1983 contro l’installazione dei missili; un movimento pacifista in grado di praticare forme di disobbedienza civile. È necessario riprendere queste pratiche. In prospettiva, guardando ad un futuro purtroppo oggi lontano, dovremmo lavorare per una difesa civile nonviolenta – su questo mi sembra che ci sia un contributo interessante di Gaccione – che si fondi sull’attivismo e la difesa delle reti sociali presenti sul territorio. Alcune esperienze storiche possono esserci di riferimento, ma certamente è un percorso lungo, complesso che va attualizzato nella condizione odierna.

Agnoletto a Palazzo Reale di Milano
tra Moni Ovadia e Mimmo Lucano

Tussi. Sarebbe favorevole allo scioglimento della Nato? Gaccione scrive che dopo la fine del Patto di Varsavia, della Cortina di Ferro e con la caduta del Muro di Berlino, la Nato non ha più senso ed è divenuta un grave pericolo per la pace. Va eliminata, secondo lui. L’Italia dovrebbe uscire unilateralmente dalla Nato e chiudere le basi dove sono ospitate testate nucleari.

Agnoletto. Posso solo dire che sono totalmente d’accordo sullo scioglimento della Nato. L’azione che la Nato sta portando avanti in questi anni è addirittura in contrasto con il motivo stesso che ne giustificò la nascita. La Nato, infatti, era stata presentata come uno strumento di difesa dei territori europei all’epoca della guerra fredda. La situazione è totalmente cambiata: credo che si sia persa una grande opportunità, cioè la Nato andava sciolta contestualmente alla fine del Patto di Varsavia. Il non aver fatto questo, ne ha permesso la trasformazione in uno strumento militare in mano agli USA per intervenire in qualunque parte del mondo, tanto è vero che, proprio in questi ultimi mesi, sta potenziando la sua presenza nel Pacifico, seppure sotto una diversa sigla. Inoltre, il mancato scioglimento della Nato rende impossibile la formazione di un protagonismo autonomo sulla scena mondiale da parte dell’Unione Europea. Ha bloccato un’emancipazione dell’Unione Europea da una condizione di dipendenza dagli Stati Uniti, ad un soggetto capace di svolgere una propria azione autonoma e indipendente, che sappia pesare nel mondo a cominciare per esempio del Medioriente, dove l’Unione Europea, nonostante la vicinanza geografica, è totalmente priva di una propria strategia. Sono d’accordo che dobbiamo uscire dalla Nato – meglio sarebbe scioglierla – e che vanno chiuse tutte le sue basi militari presenti sul nostro territorio a cominciare da quelle che ospitano le testate nucleari.

Agnoletto tra F. Cracolici e L. Tussi
in una foto del 2013

Tussi. Perché secondo lei le forze politiche sono così refrattarie o ambigue verso il discorso del disarmo e della pace? Gaccione se la prende con gli uomini di cultura intruppatisi nel campo dei guerrafondai, ma non mi pare che i politici siano da meno.

Agnoletto. Noi abbiamo una classe politica – parlo non solo dell’Italia ma anche dell’Europa, anche se in Italia questo è più evidente – che è totalmente subalterna agli interessi di alcune lobby; in particolare per quanto riguarda l’Italia è subalterna alle lobby delle armi, di Big Pharma, cioè dell’industria farmaceutica e a coloro che controllano le fonti energetiche e la loro logistica. Ma non direi che la politica è ostaggio. La classe politica dirigente è strettamente intrecciata con i vertici di tali lobby e talvolta ha anche soggettivamente degli interessi economici diretti all’interno di queste aziende. In Italia stiamo andando verso i 38 miliardi all’anno di spesa militare; si sta passando nel giro di pochi anni da una spesa per le armi di 68 milioni al giorno a una di 104 milioni. La pressione del sistema è fortissima e qui si aggiungono altre considerazioni. Un’autonomia praticamente inesistente del 90% del mondo mediatico italiano che dipende per tutto dal sistema politico del quale ne è il megafono. Esistono certamente dei media critici, delle trasmissioni fuori dagli schemi e dei giornalisti d’inchiesta, ma sono delle eccezioni. Accade che leggendo i titoli possa essere difficile individuare quale quotidiano si sta sfogliando; a differenza di quanto accade anche negli USA, non abbiamo una tradizione di grandi media autonomi dal potere e interessati a svolgere un ruolo di controllo pubblico su chi governa. Nel mondo della cultura, anche qui con tutte le eccezioni del caso, vi è una forte tendenza a recitare il ruolo di menestrelli del potere. Abbiamo fatto tante critiche agli Stati Uniti, ma pensiamo al ruolo importantissimo dei media indipendenti e degli scandali che sono stati capaci di individuare fino a far cadere il presidente degli Stati Uniti. I libri di Gaccione e l’impegno che state portando avanti voi, Laura e Fabrizio, così come tanti siti on-line è un lavoro importantissimo che sta contribuendo a costruire coscienza critica.

La copertina del libro
sulla pandemia

Tussi. A chi lo accusa di scarso realismo, Gaccione controbatte scrivendo nel libro citato che è proprio il realismo degli uomini di potere ad averci condotti a questa drammatica situazione da apocalisse, e dunque, richiede un radicale cambio di pensiero. O disarmare o morire. O abolire armi, eserciti e alleanze militari o saltare in aria. È proprio così?

Agnoletto. Direi che è assolutamente così, concordo con l’essenza del ragionamento che propone Gaccione. Oggi messaggi che sembrano radicali e che possono apparire un’utopia rappresentano invece l’unica via che l’umanità ha davanti a sé per la propria sopravvivenza.

 

su Blog ODISSEA: https://libertariam.blogspot.com/2022/09/le-voci-della-ragione-vittorio.html

Questo articolo è stato pubblicato qui

Pubblicato il Lascia un commento

Prime note per una storia del movimento degli anni ’80 contro gli euromissili

Prime note per una storia del movimento degli anni ’80 contro gli euromissili

Prime note per una storia del movimento degli anni ’80 contro gli euromissili

Il movimento contro gli euromissili negli anni ‘80:

“Dalla Sicilia alla Scandinavia NO alla Nato e al patto di Varsavia”.

Di Laura Tussi

I movimenti nonviolenti e pacifisti perdono della loro creatività e proattività perché prendono il sopravvento i poteri forti e le lobby e le multinazionali delle armi che si spacciano da istituzioni progressiste.

 

Molto meno ingenti i movimenti e le manifestazioni pacifiste e nonviolente a Ghedi, a Aviano e a Buchel in Germania contro le famigerate bombe nucleari Usa B61-12 che verranno stoccate in queste basi Nato dislocate nei territori europei.

Al contrario un movimento di ampiezza senza precedenti quello contro gli euromissili nei primi anni ‘80.

Milioni di donne e uomini nelle piazze per cercare di contrastare i pericoli di guerra tra le due superpotenze USA e Urss e la loro corsa al riarmo simboleggiata dai nuovi missili Ss20, Cruise e Pershing. Oltre che in Europa, il movimento fu molto attivo negli Stati Uniti e presente anche nei paesi dell’Est, quelli del patto di Varsavia.

Un movimento che non riuscì a impedire l’installazione dei missili, ma che ha lasciato segni profondi.

Questo movimento fu formazione per tanti giovani, partecipazione democratica, invenzione di nuove forme di espressione e di lotta. Fucina di nuove idee e crescita della cultura pacifista e crogiolo di nuove sensibilità politiche e ideali e dell’ecopacifismo. Anni di intensa mobilitazione con ondate di manifestazioni di massa nelle città come non si era mai visto prima. La mobilitazione è ampia e diffusa in tutto il Paese. Anche nei centri più piccoli è un fervore di iniziative, nascono moltissimi comitati per la pace. Molto attive le riviste del tempo Guerra e pace, Segno, Bozze, Testimonianze.

Particolare attenzione si dedica al tema dell’educazione alla Pace da parte di riviste, scuole, docenti. Nel 1983 sarà il momento di massima mobilitazione europea contro gli euromissili, ma l’imponenza delle manifestazioni e la diffusione del movimento non cambiano le decisioni dei governi che confermano la decisione di installare i missili.

cresce la tensione in Libano, l’invasione USA di Grenada, l’arrivo dei primi missili rendono ancora più incandescente il clima internazionale. Ma la mobilitazione pacifista ha lasciato il segno, nelle coscienze dei partecipanti e dei cittadini, nel senso di appartenenza europeo e sicuramente anche nelle nuove prospettive che da lì a poco si apriranno alle speranze di pace e disarmo. Alla metà degli anni ’80 il clima si fa più disteso a livello internazionale e le trattative tra le due superpotenze portano agli accordi del 1987 per l’eliminazione dei missili a media gittata. Il contributo di tanta parte di popolazione del mondo in piazza per reclamare la pace ha avuto un ruolo innegabile, anche se subito l’installazione dei missili fu una cocente sconfitta del movimento. All’Est, il movimento pacifista ha svolto un ruolo nella preparazione del crollo dei regimi del cosiddetto socialismo reale.

Comiso non deve diventare l’Hiroshima di domani

Nel 1979 il governo italiano approva l’adesione al programma missilistico della Nato. Nel 1981 il governo Spadolini comunica la scelta del vecchio aeroporto militare Magliocco di Comiso in provincia di Ragusa quale base per l’installazione di una batteria di 112 missili Cruise a testata atomica. Enorme l’impatto nel paese, si teme un conflitto nucleare tra le due superpotenze USA e Urss con il coinvolgimento del nostro paese.

Comiso diventa un bersaglio principale.

In breve Comiso diventa anche e soprattutto una delle capitali mondiali di un nuovo pacifismo.

Un movimento di massa senza precedenti. Grande d’impegno delle donne. A Comiso le donne del gruppo La Ragnatela attuano un combattivo campo di opposizione alla base sull’esempio delle donne inglesi. Ecologisti e nonviolenti acquistano terreni nei pressi della base chiamandola “Verde vigna” e coltivano con metodi biologici. I cattolici per alcuni anni promuovono una via crucis contro i missili davanti alla base.

Sono indagati rapporti tra missili e mafia, un impegno che costò la vita al parlamentare del PCI Pio La Torre e al suo autista Rosario Di Salvo assassinati a Palermo nell’aprile del 1982. E al giovane seminatore di pace e legalità, con la sua radio, Peppino Impastato. Si sviluppò con vigore la denuncia e l’opposizione contro la militarizzazione di tutta l’isola. Gli organismi più rappresentativi dell’opposizione alla base furono il Cudip, il comitato unitario per il disarmo e l’indipendenza dei popoli e Imac, incontro internazionale contro i Cruise con forte componente antimilitarista e nonviolenta e che attuarono numerose iniziative davanti ai cancelli della base e qui le proteste ebbero duro contrasto da parte delle forze di polizia: svariate le cariche violente, tanti arresti, le denunce, i feriti, l’espulsione di militanti pacifisti stranieri. La base di Comiso e i suoi missili Cruise saranno dismessi poi nell’87 col trattato di Washington tra USA e Urss. Le principali iniziative tenute a Comiso in Sicilia sono state in quegli anni la manifestazione a Comiso con 30mila braccianti, contadini, giovani, intellettuali in corteo con lo striscione: Comiso non vuole diventare l’Hiroshima di domani. Nel 1981 in 100mila provenienti dalle regioni meridionali manifestano a Palermo con lo slogan: dalla Sicilia alla Scandinavia no alla Nato e al patto di Varsavia. Nel 1982 a Comiso, nuova grande manifestazione popolare. Da tutta Italia in 100mila sfilano in un corteo interminabile davanti all’aeroporto Magliocco.

Nei giorni successivi alcuni pacifisti cominceranno lo sciopero della fame e si apre a Vittoria il campo internazionale della pace che attiverà molte iniziative: marce, digiuni, blocchi.

Inizia da Palermo una lunga marcia di preghiera contro i missili con il buddista Morishita che arriva a Comiso dopo 50 giorni.

Giunge a Comiso la marcia Milano-Comiso promossa da un gruppo di intellettuali. In seguito la marcia Catania-Comiso.

A Comiso l’incontro internazionale delle donne su Donne e disarmo e in seguito varie donne denunciate per la protesta davanti ai cancelli dell’aeroporto: diverse sono arrestate.

Spianato con le ruspe il campo internazionale per la pace. Alcune donne straniere vengono espulse. Poi ancora una via crucis davanti alla base di Comiso promossa dalle Acli, Fuci e comunità cristiane di base.

In migliaia bloccano i cancelli dell’aeroporto e impediscono i lavori alla base: una mostra fotografica illustra la tragedia di Hiroshima. Parte la marcia Comiso-Ginevra organizzata dalle Acli e vi sono cariche della polizia contro i pacifisti che bloccano i cancelli. Ancora cariche nel settembre dell’83.

In migliaia manifestano davanti alla base di Sigonella: è la risposta dell’arrivo dei primi pezzi di Cruise. Nel 1984 Spadolini, ministro della difesa, comunica alla camera la piena operatività del primo gruppo di Cruise a Comiso.

 

Bibliografia:

L’incubo atomico:

  • Petrangeli Giulio, I partigiani della pace in Italia 1948-1953, in Italia contemporanea, 1999
  • Sereni Emilio, Per la libertà e la pace, contro la preparazione della guerra atomica. Discorso al Teatro Nuovo di Milano 1955, a cura del Comitato Milanese dei Partigiani della pace
  • Sorrenti Deborah, L’Italia nella guerra fredda. La storia dei missili Jupiter 1957-1963, Edizioni Associate, Roma 2003

Partigiani della pace:

  • Bobbio Norberto, la mia ‘coscienza atomica’ cominciò con Russell e Anders, in Giano, 1990
  • Parri Ferruccio, I missili e la pace, in Il Ponte, 1957
  • Movimento italiano della pace, Conferenza nazionale per la pace, 1958

 

Donne conto la guerra:

  • Luxemburg Rosa, Lettere contro la guerra, Berlino 1914-1918, Prospettiva, Civitavecchia 2004
  • Menapace Lidia, Chi ha paura delle donne in nero?, In L’Unità, 7 novembre 1990
  • Menapace Lidia, Ingrao Chiara (a cura di), Né in difesa, né in divisa. Pacifismo, sicurezza, ambiente, nonviolenza, forze armate. Una discussione fra donne, Felina, Roma
  • Morgantini Luisa, Donne soldato? No grazie, in Giano n. 28/1998

 

Approfondimenti su guerra e pace:

  • Bravo Anna, Donne contadine e Prima Guerra Mondiale, in Ricerche storiche, n.2, 1980
  • Lussu Emilio, Un anno sull’Altipiano, Einaudi, Torino 2000
  • Del Boca Angelo, La guerra d’Etiopia. L’ultima impresa del colonialismo, Longanesi, Milano 2010
  • Tranfaglia Nicola, Il fascismo e le guerre mondiali (1914-1945) Utet, Torino 2012

 

Riflessioni sulla contemporaneità:

  • Pugliese F., Abbasso la guerra. Persone e movimenti per la pace dall’800 a oggi, Grafiche futura, Mattarello – Trento
  • Pugliese F., I giorni dell’arcobaleno. Diario- cronologia del movimento per la pace, prefazione di Alex Zanotelli, Futura, Trento
  • Pugliese F., Per Eirene. Percorsi bibliografici su pace e guerra, diritti umani, economia sociale, Forum Trentino per la pace e i diritti umani, Trento
  • Pugliese F., Carovane per Sarajevo. Promemoria sulle guerre contro i civili, la dissoluzione della ex Jugoslavia, i pacifisti, l’ONU (1990-1999), Prefazione di Lidia Menapace, Introduzione di Alessandro Marescotti, Alfonso Navarra, Laura Tussi
  • Manifesti raccontano…Le molte vie per chiudere con la guerra,a cura di Vittorio Pallotti e Francesco Pugliese, Recensione di Laura Tussi, Prefazione di Peter Van Den Dungen, coordinatore generale della Rete Internazionale dei Musei per la Pace e Joyce Apsel, Università di New York
  • Strada G., Ma l’abolizione della guerra non è un’utopia di sinistra, in La Repubblica, 2006

 

Contributi femminili:

  • Franca Pieroni Bortolotti, La donna, la pace, l’Europa, Franco Angeli, Milano
  • Maria Montessori, La paix et l’éducation, Genève, Bureau International d’éducation, 1932
  • Anna Maria Mozzoni, La liberazione della donna, a cura di F. Pieroni Bortolotti, Mazzotta, Milano
  • Mirella Scriboni, in Guerre e pace, Marzo 2011

 

Approfondimenti sul pacifismo:

  • Pallotti V., Cinquant’anni di pace in Europa: eventi e immagini, a cura del centro di documentazione del manifesto pacifista internazionale, Bologna
  • Pallotti V., Perché? Guerra, corsa agli armamenti. Catalogo della mostra del manifesto contro… per una cultura di pace e nonviolenza, Bologna
  • Pallotti V., Camminare per la pace. Marce e cammini per la pace e la nonviolenza, Comune di Casalecchio di Reno – Casa per la pace “la filanda”, Bologna 2009

 

Approfondimenti:

  • Elorza, Documenti e discorsi del militare ingenuo, San Sebastian
  • Erasmo da Rotterdam, Contro la guerra, a cura di F.Gaeta, L’Aquila
  • Trattato sulla tolleranza, a cura di Palmiro Togliatti, Editori Riuniti Roma

 

Bibliografia ragionata:

  • Autori Vari, Bandiere di pace, Chimienti, Taranto
  • Aron, Pace e guerra tra le nazioni, tr.it. Comunità, Milano
  • Balducci E., Vinceremo noi pacifisti. Fosse anche tra mille anni, in L’Unità, 6 Marzo 1991
  • Bartels, L’Europa dei movimenti per la pace, in Giano n. 4/1990
  • Battistelli, Sociologia e guerra. Il problema della guerra nelle origini del pensiero sociologico, Archivio Disarmo, Roma
  • Bello Don Tonino, Alfabeto della vita, Paoline, Milano 2009
  • Bobbio, Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino, Bologna
  • Collotti, G. Di Febo, (a cura di), Contro la guerra. La cultura della pace in Europa (1789-1939), Dossier Storia, Giunti, Firenze
  • Rochat G., L’Antimilitarismo oggi in Italia, Claudiana, Torino
  • Taylor, English History 1914-45. Oxford University Press

 

Analisi storiche:

  • Rochat G., L’antimilitarismo oggi in Italia, Claudiana, Torino
  • Rochat G., La tradizione antimilitarista del movimento operaio italiano, in La critica sociologica, 1976
  • Rochat G., Breve storia dell’esercito italiano dal 1861 al 1943, Einaudi, Torino

 

Analisi:

  • Branson, M. Haienemann, L’Inghilterra degli anni Trenta, Laterza Bari
  • Ceadel, Pacifismi in Britain, Oxford University Press

Questo articolo è stato pubblicato qui

Pubblicato il Lascia un commento

Demoghela, il reggimento che non voleva combattere

Demoghela, il reggimento che non voleva combattere

​Venerdì 16 settembre ore 18.30, a Venezia in Campo Saffa (di fronte al civico 387/I) verrà messo in scena – a cura del “Collettivo DisarmArte”.- lo spettacolo teatrale “Demoghela, il reggimento che non voleva combattere”

Si tratta di una storia realmente accaduta e ripresa dal lavoro di ricerca di Mario Bonifacio, istriano, partigiano, persona estremamente interessante che dagli anni 60 ha vissuto nella nostra città.

Lui, quando ormai era ultranovantenne, ha ripreso la vicenda di guerra del reggimento del padre, composto prevalentemente da istriani e giuliano-dalmati poco inclini a combattere, specie per l’impero austro-ungarico in una zona di confine con l’impero russo: la Galizia.
Così questo reggimento ha avviato delle forme di non-combattimento e di opposizione alla guerra legate alla natura estremamente pacifica di quelle popolazioni, ai loro ideali e al loro vivere in zone di confine non facilmente condizionabili dai nazionalismi di quei tempi.
Una storia poco conosciuta e non riconosciuta ufficialmente, una storia da raccontare.
Allo spettacolo seguirà la proiezione di una videointervista inedita all’obiettore Giuseppe Bruzzone a cura di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici.
La serata è promossa da Ass.ne Il Villaggio, Ass.ne SOS Diritti, Ass.me Buongiorno Bosnia, Emergency Venezia, Festival dei matti, Mediterranea Venezia, APS Lungo la rotta balcanica nell’ambito della programmazione de “Le città in festa” del Comune di Venezia.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Pubblicato il Lascia un commento

Docenti Senza Frontiere: quaderni etici, neutri e solidali

Docenti Senza Frontiere: quaderni etici, neutri e solidali

Docenti Senza Frontiere è l´ideatrice di percorsi di formazione sui temi dell’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.

di Laura Tussi

Dal video di Quaderni Solidali (Foto di Docenti Senza Frontiere)

 L´attività è raccolta con interesse da diversi licei artistici e istituti d´arte in quanto offre ad essi una nuova opportunità di utilizzo delle competenze artistiche acquisite, unita all´attivazione di forti capacità critiche di rielaborazione del tema. I disegni realizzati diventano veicolo di sensibilizzazione e di partecipazione attiva per altri alunni trasformandosi in strumenti didattici quali diario, quaderno, raccoglitore ad anelli creati dall´associazione e promossi alle famiglie nella nota Campagna Quaderni Solidali.

La campagna di sensibilizzazione dei quaderni di Docenti senza frontiere, etici, neutri e solidali intende promuovere un cambiamento all’interno delle scuole attraverso il coinvolgimento delle famiglie come parte attiva del patto educativo con l’Istituto di appartenenza.

Aderire alla campagna quaderni solidali significa non solo sostenere il diritto allo studio e i progetti di solidarietà, ma anche dare alle scuole la possibilità di ricevere da parte di Docenti Senza Frontiere percorsi e iniziative con l’obiettivo ultimo di avvicinare i giovani a quel necessario confronto costruttivo con persone, popoli e altre culture che costituiscono la realtà in cui viviamo.

Gli obiettivi della campagna sono sostenere il diritto allo studio, rafforzare il patto educativo tra alunni, docenti e famiglie, sviluppare una concreta occasione di collaborazione in rete e fornire reciproco supporto organizzativo in merito alle iniziative attivate in accompagnamento alla campagna quaderni solidali.

Un obiettivo necessario consiste nel sostenere le stesse scuole aderenti, con progetti educativi, solidali, interculturali in linea con lo statuto di Docenti Senza Frontiere.

La campagna di quaderni solidali lanciata da Docenti Senza Frontiere nel 2011 è un servizio funzionale, che prevede l’assegnazione a ogni singolo alunno del fabbisogno complessivo per un intero anno scolastico di quaderni e del diario.

Gli alunni ricevono direttamente a scuola i quaderni con la tipologia di rigatura richiesta dagli insegnanti. I genitori acquistano a prezzi vantaggiosi. I quaderni risultano pratici per la suddivisione in base alle discipline, avendo copertine di diverso colore e sono utilizzabili con foderine trasparenti e non necessitano di etichette per il nome. La copertina del quaderno del diario etico, che individua la campagna annuale, viene scelta tra i bozzetti realizzati dagli alunni degli istituti superiori della provincia che ha indetto l’iniziativa.

A un percorso proposto da Docenti Senza Frontiere in collaborazione con associazione Mazingira sul tema della sostenibilità ambientale hanno partecipato una quarantina di alunni di un liceo artistico. Inquinamento, cambiamenti climatici, perdita di biodiversità sono stati i principali soggetti e disegni proposti dai giovani artisti che in omaggio hanno esposto le loro opere. Una interessante analisi della salvaguardia ambientale partendo da un soggetto a tutti ben conosciuto come il cibo.

Un altro tema: una grande immagine di fabbriche immerso nel grigio dei fumi di scarico offuscano la vista delle stelle a una mamma e a un bambino con la scritta: “io sono me più il mio ambiente e se non preservo quest’ultimo non preservo me stesso.“ di José Ortega y Gasset. Poi un’altra immagine ispirata da Andy Warhol: “credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare“.

Un altro soggetto è un’immagine di uno spettacolo cinematografico che induce i giovani a rendersi protagonisti dei cambiamenti ambientali che vogliono vedere attorno a loro soprattutto in relazione alla questione climatica.

Tutti i disegni realizzati dagli studenti sono stati inseriti nelle pagine del diario, dedicato anche al tema ambientale e che avrà un interno della copertina tutto da scoprire.

Il titolo della Mostra 2022 è “Oggi per domani: cooperare o competere?”.

Cooperare e competere sono due modi di vivere una situazione problematica e di raggiungere un obiettivo. Mentre la parola competere riporta alla mente un rapporto conflittuale nel quale l’altro diventa un ostacolo, un impedimento alla possibilità di dare visibilità a competenze personali, il termine cooperare richiama il fare insieme traendone vantaggio. In realtà l’etimologia di competere (cum: insieme, petere: andare verso) non ha una accezione negativa.

Quindi competere o cooperare? la risposta la troverete nelle passate, presenti e future opere degli studenti.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Pubblicato il Lascia un commento

I BAMBINI DELLA PACE

“La Pace sempre”

Proposta di un Flash Mob internazionale “LA PACE SEMPRE”

I bambini della Pace

Vi segnaliamo con gioia il video – che potete  trovare  sulla  pagina di Youtube https://youtu.be/besY2_BzS5ge – che gli amici Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, hanno realizzato. Per questo video sono state  utilizzate le immagini inviate dalle scuole italiane che il 4 aprile 2022 hanno partecipato al Flash Mob “La Pace sempre”. Al Flash Mob hanno aderito il  MCE – Movimento di Cooperazione Educativa e la Fimem – Federazione Internazionale dei Movimenti di Scuola Moderna.

Sulla Pagina facebook   https://www.facebook.com/Per-la-Pace-MCE-104530715563147  potete trovare tutti i materiali prodotti, anche quelli che non hanno trovato spazio nel video.

Di Pace c’è molto bisogno. Da alcuni mesi la guerra in Ucraina non dà tregua e ci sono tante vittime, soprattutto civili, che sono coloro i quali più soffrono per questo orrore. Muoiono militari di entrambi gli eserciti, donne e bambini sotto i bombardamenti e altri vittime di attentati.  Nonostante questo sembra che ancora nessuno abbia deciso di intraprendere una decisa azione per la Pace. Per questo c’è ancora bisogno che le scuole facciano la loro parte e che i bambini ed i ragazzi si mobilitino per salvare l’umanità dall’orrore della guerra. Per questo invitiamo tutte le scuole a caratterizzare con proprie iniziative didattiche, la giornata di Mercoledì 21 settembre, “Giornata internazionale della pace” promossa dall’Onu.  Da parte nostra proponiamo e lavoreremo per arrivare ad organizzare nei prossimi mesi  un Flash Mob per la Pace, coinvolgendo scuole di tutta l’Europa e del Mondo intero, chiedendo la partecipazione dei Movimenti di insegnanti aderenti alla Federazione dei Movimenti di Scuola Moderna (Fimem – Federation Internationale des Mouvements d’Ecole Moderne) presente in tutti i continenti.

 

Roberto Lovattini

Movimento di Cooperazione Educativa – Gruppo Territoriale di Piacenza

Pubblicato il Lascia un commento

La tempesta perfetta: conversazione con Fabrizio Cracolici

La tempesta perfetta: conversazione con Fabrizio Cracolici

Intervista di Laura Tussi e Adriano Arlenghi a Fabrizio Cracolici – Eremo di Betania, Campi MIR 2022. M.I.R. – Movimento Internazionale di Riconciliazione tra i popoli, ma mai con fascismo e nazismo.

La tempesta perfetta: conversazione con Fabrizio Cracolici


Cracolici
. La realtà delle cose mi porterebbe ad essere pessimista. Ma, se ci poniamo in una condizione di pessimismo, nulla potrà cambiare quindi non si può fare altro che investire nell’ottimismo e investire nelle azioni concrete e pensare e parlare a quelle realtà che sono le più coinvolte perché, purtroppo, noi, la nostra generazione e alcune generazioni hanno sbagliato. Non siamo riusciti a raggiungere determinati obiettivi e determinati livelli di idealità scritti nella carta costituzionale, frutto di grandi sacrifici, di tanti morti, di stragi, lutti, guerre. Quindi dalle basi, dalle esperienze e dai sacrifici che ci hanno dato e donato le generazioni passate, voglio rivolgermi all’unico gruppo di persone che può realmente fare qualcosa: i giovani. Sembra che i giovani siano sempre più, come si diceva appunto nella domanda, estraniati da questa realtà, ma al contrario sono molto attenti. È necessario aiutare i giovani; bisogna stare loro vicino e tenerli per mano. Occorre partecipare umilmente con quel piccolo contributo che noi siamo in grado di dare per la possibilità di attivarsi con le loro capacità ed energie, i loro mezzi, la loro creatività e cambiare questo pianeta. Come? Noi vediamo i Fridays For Future, vediamo Extinction Rebellion: sono giovani che hanno capito tutto. La realtà non va bene. Hanno capito che qualcosa nel pianeta è in corto circuito e ci sta portando alla distruzione e stanno protestando. Però spesso li vediamo protestare, ma senza la piena consapevolezza di quello che è la gravità e di quello che sta succedendo chiaramente. Quando il sistema, il potere, a questi giovani permette la possibilità di parlare, questo è già indice che non li teme ancora al punto tale di doverli tacitare e bloccare, perché in questo momento i giovani protestano in modo generico e simbolico. Parlano dicendo: “Salviamo il pianeta, non abbiamo un piano B, smettiamo di inquinare”.
Ragazzi dobbiamo cominciare a fare i nomi. Chi sono questi grandi inquinatori? È necessario stimolare queste aziende e multinazionali e lobby di potere prima di tutto a smettere di inquinare in questa maniera. In seguito dobbiamo stimolare i nostri governi ad attuare politiche green, politiche di Ecologia e in questi momenti con i soldi che vengono stanziati dalla comunità europea non si sta pensando a investire in green e ad investire in risorse energetiche, si sta investendo ancora e sempre in armi e nucleare e questa è la contraddizione. Ragazzi ascoltatemi il mio è un mettermi a disposizione vostra. Occorre andare da lor signori, da questi personaggi che fino adesso ci hanno raccontato che va tutto bene così e non è vero e dobbiamo dare le nostre motivazioni; dovete dare le vostre motivazioni. Bisogna dire: “Signori il pianeta è uno e lo è anche per voi. Accumulate potere, accumulate ricchezze, ma quando il pianeta si esaurisce? Sappiate che se sparirà, sparirete anche voi. Cosa ve ne fate di quei soldi? cosa ve ne fate di quel potere?
Quindi facciamo una rivoluzione vera, sincera quella che è proprio rivolta a salvare questo pianeta. Cambiamo modalità. Cambiamo modo di ragionare. Rivolgiamoci alla terra con più rispetto perché la terra non è nostra, noi siamo figli di Madre Terra; quindi, ricordiamoci che noi non abbiamo nessun diritto, nessun possesso sulla terra, noi facciamo parte della terra come ne fanno parte gli animali, i vegetali, le piante e ogni singolo elemento fa parte di Madre Terra. Non dobbiamo essere arroganti: dobbiamo essere al servizio del pianeta e trovare il cambiamento. Quindi giovani diamoci da fare. Io sono ottimista…

Questo articolo è stato pubblicato qui

Pubblicato il Lascia un commento

E’ cosa buona che tu esista! Alla ricerca di un nuovo umanesimo

E’ cosa buona che tu esista! Alla ricerca di un nuovo umanesimo

EVENTO: Campo MIR – Movimento Internazionale Riconciliazione tra popoli

Eremo di Betania, Padenghe Sul Garda (BS) 5 agosto 2022 alle ore 15:00 (Durata: 3 ore)

Venerdì 5 agosto 2022 alle ore 15.00 interverranno a Padenghe Eremo Betania, Laura Tussi e Fabrizio Cracolici.  Parleranno della “tempesta perfetta” che sembra addensarsi sul nostro futuro, ma anche della speranza di un nuovo mondo possibile.  Di seguito pubblichiamo la scheda di Laura Tussi e il testo da cui partirà il confronto con i partecipanti al campo Mir: https://www.peacelink.it/cerca/index.php?q=laura+tussi

Per maggiori informazioni: https://www.facebook.com/events/1818419335017295/ o lauratussi.pace@gmail.com

 

Tutto il mondo sembra svegliarsi di scatto da un torpore lungo secoli dove abbiamo anteposto il profitto (spesso di pochi) alla nostra vita, al nostro prossimo, al nostro ambiente. Occuparsi dell’ambiente significa avere cura dei nostri figli, dei nostri nipoti, degli altri, insomma del nostro futuro, ma anche rivolgere uno sguardo più umanistico verso chi per un motivo o per un altro oggi non gode delle stesse nostre possibilità. Il nucleare è l’antonomasia di questo concetto che è in sostanza la realizzazione delle sovrastrutture che l’uomo ha costruito per nascondere il fatto che è ancora pienamente dominato dai propri istinti animali seppur molto più sofisticati.

Il nucleare inteso come fornitore energetico non ha ancora i crismi di sicurezza e resilienza che il pianeta e chi lo abita necessitano, ma abbiamo tecnologie per eludere questa risorsa piuttosto agilmente, basterebbe volerlo. Oggi possiamo parlare con persone a migliaia di chilometri di distanza, ma spesso, quando lo facciamo è per promulgare i nostri interessi personali e non quelli di una società evoluta. Il desiderio di avere una vita migliore passa da una spinta personale, ma se questa è realizzata in modo egoistico allora non porta mai ad una felicità concreta. Se il nostro percorso invece viene da una condivisione di intenti, le cose sono destinate a rimanere. Siamo asserragliati dietro concetti più grandi di noi che spesso ci portano a sentirci complicati e profondi, ma quando volgiamo lo sguardo sul mondo in maniera totale ci accorgiamo che la strada su cui siamo è da cambiare. I conflitti appena scoppiati all’interno dell’evolutissima Europa ne sono una rappresentazione quasi grottesca: siamo un popolo ricco, madre della fratellanza, culla della filosofia, patria della Bellezza e l’unica cosa che riusciamo a fare davanti ad un problema nettamente politico è scatenare una guerra.

 

Pubblicato il Lascia un commento

Paolo Ferrero: verso nuovi orizzonti condivisi di pace e giustizia sociale

Paolo Ferrero

Conversazione con Paolo Ferrero, vicepresidente della Sinistra Europea. Occorre un soggetto plurale che si batta contro la guerra e non solo.

 

È necessario costruire un innovativo soggetto plurale e alternativo al modo di far politica attuale, assolutamente senza l’accordo con i poteri forti, tra cui banche, fondazioni, assicurazioni, fondi finanziari e altri. Come?
Penso che sia assolutamente necessario. Perché noi abbiamo avuto un tempo in cui in Italia la sinistra e in particolare Rifondazione Comunista erano stati la speranza del cambiamento. Noi abbiamo fallito sulla vicenda del governo Prodi e in seguito è stato il Movimento 5 Stelle che in qualche modo ha impersonato l’idea del cambiamento, ma sono falliti anche loro in modo drammatico perché il Movimento 5 Stelle aveva un consenso elettorale enorme e quindi avrebbe effettivamente potuto cambiare le cose e la situazione attuale. Nessuno attualmente impersona la necessità del cambiamento che invece è più forte di prima perché la gente sta peggio di prima. E quindi penso che bisogna aver chiaro che serve una soggetto dell’alternativa in grado di parlare non su una base ideologica, non sulla base delle appartenenze di quello che eravamo, ma a partire dalla soddisfazione dei bisogni sociali. Quindi il problema nostro è riuscire a entrare in relazione con le domande sociali, soprattutto con quelle persone che giustamente protestano e si ribellano in nome di cose di buon senso: ad esempio che vogliono smetterla di regalare i soldi delle loro tasse per le spese militari che non servono a niente, anzi fanno enormi danni. Quei fondi vengono letteralmente tolti, sottratti alla sanità pubblica, all’istruzione, all’assistenza agli anziani, alla spesa per gli asili nido. Quindi la nostra idea è costruire un’unione popolare. Il nome parla di questo desiderio, di questa idea. Non ci definiamo su una base ideologica, ma sulla base dell’utilità sociale affinché le persone invece che essere da sole e disperate possano trovare un luogo, una comunità, un movimento politico che faccia valere le loro ragioni per riuscire a vivere perché questo è il problema. Quindi questa è l’idea e anche la necessità.

Occorre un importante radicamento nella società civile e nelle varie istanze pacifiste. Qual è la tua visione?
Occorre costruire un importante radicamento nella società a partire dai bisogni sociali. Occorre organizzare le persone in un movimento politico, a partire dai comitati sui territori. L’esperienza degli ultimi anni dimostra che non è sufficiente essere presenti in parlamento per cambiare le cose. Non basta nemmeno essere presenti nel governo. Per cambiare le cose è necessario un radicamento sociale, quindi una forza nella società su cui far leva. Se pensiamo all’Italia, il Partito Comunista, dall’opposizione, ha cambiato molto di più l’Italia che non noi dal governo. Perché se tu sei forte nella società, sei in grado di egemonizzare, di spingerti verso la cultura dei rapporti di forza. E la società nel suo complesso, e quindi noi, dobbiamo costruire un movimento politico che si ponga l’obiettivo di organizzare le persone, di non lasciarle da sole ma di costruire quello che si giustamente si chiama una “forza politica”. Rompere la solitudine e il senso di impotenza è il punto fondamentale perché se ci pensate oggi il problema drammatico che le persone vivono è che tutte provano uno stato di malessere, di spoliazione, di deprivazione, ma questo non ha delle forme collettive di risposta e di soluzione. Ognuno è davanti al suo televisore o davanti al computer. Allora il problema della politica è proprio quello che diceva don Milani, ossia di fronte a un problema sortirne da soli è l’egoismo, sortirne insieme è la politica. Abbiamo il problema di rompere questo isolamento, di rompere queste solitudini, di costruire comunità sui territori e di costruire comunità politica nel paese dell’Italia: questa è l’idea quindi di radicamento sociale, ma proprio nel senso della capacità di costruzione di comunità e sui livelli del territorio per rompere le solitudini, per rompere gli isolamenti che le persone vivono, i lavoratori vivono, i pensionati vivono, le casalinghe vivono. E’ necessario costruire un legame sociale positivo.

Con l’assemblea tenutasi a Roma verso l’unione popolare cosa si vuole ottenere?

L’assemblea del 9 luglio a Roma è stata semplicemente un momento di lancio con molte persone che hanno sottoscritto un appello, promosso l’assemblea e in qualche modo hanno fatto partire il movimento. Adesso si continuano a raccogliere le firme sull’appello perché sono molte di più le persone che vogliono firmare e vogliono promuovere questo movimento e dobbiamo far partire completamente questa innovativa entità politica. Penso che la strada concreta saranno tante assemblee in giro per l’Italia e quindi quello che si è fatto a Roma va riprodotto su scala nazionale andando a discutere in tutte le città, in tutti i paesi del Paese e mettere insieme tutte quelle persone che sono da sole a lottare contro la guerra, a lottare contro le ingiustizie, a lottare per l’ambiente e a fare comunità. Tutto questo significa mettersi insieme in un percorso che parta dalle istanze sociali fondamentali. Invece di mettere al centro i profitti e le richieste di pochi, mettiamo al centro il benessere dei tanti, la redistribuzione della ricchezza, la difesa dell’ambiente. Quindi a Roma si è promossa la partenza di questo movimento e adesso occorrerà, città per città, territorio per territorio, costruire nei prossimi mesi questo movimento politico di massa.

Come sarà possibile l’opposizione al pensiero unico e bellicista e guerrafondaio di Draghi?

E’ necessario superare una cosa che oramai si è radicata nella testa della gente, ossia la mentalità da tifo calcistico. Tutto viene ridotto ad uno schieramento tra due squadre: una buona e l’altra cattiva. Adesso ti dicono: stai con Putin o con la Nato? No, io non sono per la Nato e non sono per Putin: sono contro tutti e due, fanno tutti e due parte del problema e non della soluzione. Noi dobbiamo sottrarci a questa divisione manichea e penso che gran parte dell’attività politica e culturale che dobbiamo fare è spiegare questo: le alternative che ci vengono proposte non sono le vere alternative, ma semplicemente ci chiedono se vogliamo stare nella padella o cadere nella brace e tra queste due vi è sempre un’alternativa in termini pacifisti tra uccidere ed essere ucciso. Esiste un’alternativa pacifista che è vivere e noi proprio questo dobbiamo affermare. Il problema non è se stai con Putin o con la Nato, perché bisogna essere contro tutti e due, contro la logica della guerra. Il problema non è se stai con un paese contro l’altro, perché il problema vero è di riuscire a prendere i soldi a quelli troppo ricchi e di utilizzarli per le persone più povere che sono italiane, francesi, tedeschi, spagnoli. Questa è la logica che dobbiamo attivare. E’ questa sorta di nazionalismo economico e bellicista in cui sembra che il mondo di nuovo sia diviso di qua o di là. No. Il mondo è diviso, ma non per nazioni o etnie, ma è diviso tra i ricchi e i poveri, se stai sopra o stai sotto e chi sta sopra, quel 10% troppo ricco, vive sulle spalle di chi sta sotto. Il nostro problema esattamente è quello. E’ distribuire le risorse, difendere l’ambiente, produrre dei diritti che valgano a partire dai più deboli perché la società e la civiltà di una società la si misura sempre solo sui diritti dei più deboli.

 

L’intervista integrale nel webinar:

su Blog ODISSEA:

https://libertariam.blogspot.com/20…