La bicicletta di Giulio Regeni
Canzone e video per Giulio Regeni
La bicicletta di Giulio
di Marco Chiavistrelli.
Editing:
Fabrizio Cracolici & Laura Tussi
Quando l’attore Pif recuperò la bicicletta di Giulio Regeni che era rimasta a Cambridge, dove studiava quando si era recato in Egitto, scrissi questa canzone. Fabrizio e Laura ne hanno fatto oggi un video.
Giulio amava andare in bici, me lo immagino tra il fiume e i boschi. Giulio amava studiare, ricercare, vivere. La sua esistenza è stata interrotta in uno stato barbaro dove i servizi segreti possono violentare e torturare per nove giorni un innocente, orrendamente, fino alla morte. Con la coda di depistaggi e falsificazioni. La madre lo riconobbe dalla punta del naso e disse che di fronte al cadavere del figlio aveva visto passare tutto il male del mondo. Questa canzone cerca di ricordare ancora, con mille altre testimonianze, quella vita spezzata, i suoi studi, le sue passioni, come se quella bicicletta potesse ancora parlare.
LA BICICLETTA DI GIULIO
Il diritto era smarrito nella grande fossa
senza umana religione,
con l’esercito che avido trabocca
nello stato e ne è padrone,
coi sevizi assatanati di ricchezza ebbra
abuso di violenza
col governo che rintraccia ombre
e uccide gli innocenti e copre teste,
così Giulio che volava tra pirati furbi
e eroi di base afflitti
nel vedere la miseria e la violenza
abbattere l’Egitto,
così quel fiore dolce di valore e grande intelligenza
si ritrovò distrutto ed incolore
della vita umana a farne proprio senza.
Quanti bei ricordi in quella bicicletta
sulle rive del fiume del vento la presenza,
o nei boschi di Cambridge il respiro fiero
dei canoisti in canotta col cuore più leggero…
Dimmi perchè poi studiare non può esser bello
descrivere il mondo come è
parlare con questo e quello,
e rinnovare con le parole l’oscuro lato di noi
che spesso ci soverchia l’anima e ci spenge
con tutti i nostri perchè.
E le piaghe si rinnovano ogni giorno
in quel corpo martoriato
mentre a Giulio scotennano il cuore
e arroventano il costato,
e le perfide ferite sotto i piedi
e quelle orecchie mutilate
ed il respiro che diviene rantolo
e trasuda sul selciato.
Se per nove giorni l’hanno spinto
nell’inferno in terra
e hanno divertito i loro istinti più bestiali
la putrida violenza col sorriso,
che non voleva avere nuovi giorni
e quel ragazzo un po’ spigliato che quieto domandava cose
e studiava sempre senza fare mai peccato..
Quanti giorni lievi su quella bicicletta
le foreste arcane e dal fiume quella brezza
e quei suoi sorrisi di fidanzata
quei capelli sottili come seta profumata…
Dimmi perchè il mondo non vola
sulle terrazze del tempo
e perchè la rossa aurora
a volte mi fa piangere dentro,
dimmi perchè la razza umana
non scopre di essere la sola
a emozionarsi allo stormire del vento
che tra le fronde un lamento lieve fa…
Sperando nella libertà, la mia bicicletta va.
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