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Ghedi e Aviano e Sigonella e Taranto e altri presidi militarizzati dalla Nato, come Comiso negli anni ’80, non devono diventare l’Hiroshima di domani !

I nuovi euromissili ipersonici della NATO. Le basi come Comiso non devono diventare l’Hiroshima di domani!

di Laura Tussi

“Abbiamo pubblicato nei giorni scorsi un articolo e un appello firmato da Laura Tussi con altri intellettuali e attivisti, tra i quali i membri del Capitolo italiano REDH cui aderisce anche il nostro giornale Faro di Roma, contro il rischio incombente della guerra nucleare, sempre più prossima in quanto la Nato ha deciso di schierare e installare nuovamente gli euromissili, tanto contrastati in passato, anche con le manifestazioni di Comiso. Oggi la situazione è ancora più grave in quanto gli euromissili che la Nato vuole installare in Germania entro il 2026 sono oltre che nucleari, anche ipersonici, ovvero caratterizzati da: velocità ipersonica (ossia superiore a 5 volte quella del suono, circa 340 m/s [Mach 1]), traiettoria per la maggior parte endo-atmosferica e non balistica, alta manovrabilità e teoricamente non intercettabili. Insomma armi capaci di estinguere ogni forma di vita”. (Salvatore Izzo)

Nel 1979 il governo italiano approva l’adesione al programma missilistico della Nato

In migliaia manifestano davanti alla base di Sigonella: è la risposta dell’arrivo dei primi pezzi di Cruise.

Nel 1984 Spadolini, ministro della difesa, comunica alla camera la piena operatività del primo gruppo di Cruise a Comiso

Nell’immediato, il governo Spadolini comunica la scelta del vecchio aeroporto militare Magliocco di Comiso in provincia di Ragusa quale base per l’installazione di una batteria di 112 missili Cruise a testata atomica.

Comiso non deve diventare l’Hiroshima di domani !

Enorme l’impatto nel paese, si teme un conflitto nucleare tra le due superpotenze USA e Urss con il coinvolgimento del nostro paese.

In breve Comiso diventa anche e soprattutto una delle capitali mondiali di un nuovo pacifismo, un innovativo movimento pacifista che oggi purtroppo è assente

Un movimento di massa senza precedenti. Grande l’impegno delle donne. A Comiso le donne del gruppo La Ragnatela attuano un combattivo campo di opposizione alla base sull’esempio delle donne inglesi.

Comiso diventa un bersaglio principale

Ecologisti e nonviolenti acquistano terreni nei pressi della base chiamandola “Verde vigna” e coltivano con metodi biologici. I cattolici per alcuni anni promuovono una via crucis contro i missili davanti alla base. 

Indagini della commissione parlamentare antimafia sui rapporti tra missili e mafia, un impegno che costò la vita al parlamentare del PCI Pio La Torre e al suo autista Rosario Di Salvo assassinati a Palermo nell’aprile del 1982

E costò la vita anche al giovane seminatore di pace e legalità, con la sua radio, radio Aut, Peppino Impastato. Si sviluppò con vigore la denuncia e l’opposizione contro la militarizzazione di tutta l’isola.

Molteplici le sigle e i movimenti e gli organismi di base più rappresentativi contro la guerra e l’olocausto nucleare, tragici eventi realmente rappresentati dai missili Cruise a testata atomica

Gli organismi più rappresentativi dell’opposizione alla base a Comiso furono il Cudip, il comitato unitario per il disarmo e l’indipendenza dei popoli e Imac, incontro internazionale contro i Cruise con forte componente antimilitarista e nonviolenta e che attuarono numerose iniziative davanti ai cancelli della base e qui le proteste ebbero duro contrasto da parte delle forze di polizia: svariate le cariche violente, tanti arresti, le denunce, i feriti, l’espulsione di militanti pacifisti stranieri.

La base di Comiso vedrà dismessi i missili Cruise. Ma quanti altri presidi militari della Nato potranno diventare le Hiroshima e Nagasaki di un futuro molto prossimo?

La base di Comiso e i suoi missili Cruise saranno dismessi poi nell’87 col trattato di Washington tra USA e Urss.

Le principali iniziative tenute a Comiso in Sicilia sono state in quegli anni la manifestazione a Comiso con 30mila braccianti, contadini, giovani, intellettuali in corteo con lo striscione: Comiso non vuole diventare l’Hiroshima di domani !

Nel 1981 in 100mila provenienti dalle regioni meridionali manifestano a Palermo con lo slogan: dalla Sicilia alla Scandinavia no alla Nato e al patto di Varsavia. Nel 1982 a Comiso, nuova grande manifestazione popolare. Da tutta Italia in 100mila sfilano in un corteo interminabile davanti all’aeroporto Magliocco.

Nei giorni successivi alcuni pacifisti cominceranno lo sciopero della fame e si apre a Vittoria il campo internazionale della pace che attiverà molte iniziative: marce, digiuni, blocchi

Inizia da Palermo una lunga marcia di preghiera contro i missili con il buddista Morishita che arriva a Comiso dopo 50 giorni. Giunge a Comiso la marcia Milano-Comiso promossa da un gruppo di intellettuali. In seguito la marcia Catania-Comiso.

A Comiso molte donne protestano e denunciano e manifestano per contrastare i missili Cruise della Nato. Donne di Pace che ancora oggi lasciano un segno dei tempi nella memoria collettiva

A Comiso si tiene l’incontro internazionale delle donne su Donne e disarmo e in seguito varie donne vengono denunciate per la protesta davanti ai cancelli dell’aeroporto: diverse sono arrestate.

Spianato con le ruspe il campo internazionale per la pace

Alcune donne straniere vengono espulse. Poi ancora una via crucis davanti alla base di Comiso promossa dalle Acli, Fuci e comunità cristiane di base.

La partenza della marcia da Comiso a Ginevra nonostante le cariche e le violenze della polizia contro la pluralità dei manifestanti

In migliaia bloccano i cancelli dell’aeroporto e impediscono i lavori alla base: una mostra fotografica illustra la tragedia di Hiroshima. Parte la marcia Comiso-Ginevra organizzata dalle Acli e vi sono cariche della polizia contro i pacifisti che bloccano i cancelli. Ancora cariche nel settembre dell’83.

I movimenti nonviolenti e pacifisti perdono della loro creatività e proattività perché prendono il sopravvento i poteri forti e le lobby e le multinazionali delle armi che si spacciano da istituzioni progressiste

Molto meno ingenti i movimenti e le manifestazioni pacifiste e nonviolente a Ghedi, a Aviano e a Buchel in Germania contro le famigerate bombe nucleari Usa B61-12 stoccate in queste basi Nato dislocate nei territori europei.

Al contrario un movimento di ampiezza senza precedenti quello contro gli euromissili nei primi anni ‘80

Milioni di donne e uomini nelle piazze per cercare di contrastare i pericoli di guerra tra le due superpotenze USA e Urss e la loro corsa al riarmo simboleggiata dai nuovi missili Ss20, Cruise e Pershing. Oltre che in Europa, il movimento fu molto attivo negli Stati Uniti e presente anche nei paesi dell’Est, quelli del patto di Varsavia.

Un movimento che non riuscì a impedire l’installazione dei missili, ma che ha lasciato segni profondi.

Questo movimento pacifista a partire da Comiso fu formazione per tanti giovani, partecipazione democratica, invenzione di nuove forme di espressione e di lotta

Fucina di nuove idee e crescita della cultura pacifista e crogiolo di nuove sensibilità politiche e ideali e dell’ecopacifismo. Anni di intensa mobilitazione con ondate di manifestazioni di massa nelle città come non si era mai visto prima.

La mobilitazione è ampia e diffusa in tutto il Paese

Anche nei centri più piccoli è un fervore di iniziative, nascono moltissimi comitati per la pace. Molto attive le riviste del tempo Guerra e pace, Segno, Bozze, Testimonianze.

Particolare attenzione si dedica al tema dell’educazione alla Pace da parte di riviste, scuole, docenti. Nel 1983 sarà il momento di massima mobilitazione europea contro gli euromissili, ma l’imponenza delle manifestazioni e la diffusione del movimento non cambiano le decisioni dei governi che confermano la decisione di installare i missili

cresce la tensione in Libano, l’invasione USA di Grenada, l’arrivo dei primi missili rendono ancora più incandescente il clima internazionale. Ma la mobilitazione pacifista ha lasciato il segno, nelle coscienze dei partecipanti e dei cittadini, nel senso di appartenenza europeo e sicuramente anche nelle nuove prospettive che da lì a poco si apriranno alle speranze di pace e disarmo.

Negli anni ’80 il Trattato INF firmato da Reagan e Gorbaciov apre a orizzonti infiniti di speranza per una distensione pacifica e pacifista a livello internazionale. Quindi per lo smantellamento degli euromissili

Alla metà degli anni ’80 il clima si fa più disteso a livello internazionale e le trattative tra le due superpotenze portano agli accordi del 1987 per l’eliminazione dei missili a media gittata.

La mobilitazione pacifista della popolazione dal basso ebbe un ruolo innegabile per lo smantellamento dei Cruise. Ma oggi dove è tutta quella mobilitazione di persone per la pace?

Il contributo di tanta parte di popolazione del mondo in piazza per reclamare la pace ha avuto un ruolo innegabile, anche se subito l’installazione dei missili fu una cocente sconfitta del movimento. All’Est, il movimento pacifista ha svolto un ruolo nella preparazione del crollo dei regimi del cosiddetto socialismo reale.

Dopo il Trattato INF degli anni ’80 il clima si acutizza fino alle attuali disposizioni Nato del vertice di Washington, dopo i summit di Madrid e Vilnius, non solo sugli euromissili, ma verso una rincorsa estrema al riarmo e alla militarizzazione

In una congiuntura storica e politica e sociale come quella attuale si assiste praticamente inermi  e inerti ad un’escalation delle tensioni militari a livello internazionale e mondiale.

Un estremo appello del mondo del pacifismo per gridare e affermare il nostro dissenso contro il riarmo e l’annientamento di tutte le forme di vita sulla Terra

Per questo come pacifisti abbiamo pensato di diffondere e prima ancora di strutturare una raccolta di firme del mondo del disarmo e della nonviolenza provenienti anche dall’attivismo di base e dal basso per contrastare gli euromissili Nato

Gli euromissili ai tempi di Comiso a testata nucleare, mentre gli euromissili che la Nato vuole installare in Germania entro il 2026 sono oltre che nucleari, anche ipersonici

Ai tempi di Comiso gli euromissili erano a testata convenzionale e atomica, invece attualmente sono anche ipersonici e nucleari come scrive Domenico Gallo.

Da Bloch a Hessel a Morin: il richiamo dei grandi moniti per la pace nel mondo da parte di importanti intellettuali e padri costituenti dell’Onu e della giurisprudenza del diritto internazionale

Una raccolta di firme contro questi ordigni militari di distruzione di massa costituisce un richiamo al principio di responsabilità e al ‘principio speranza’ per un appello al ragionamento perché da ‘homo sapiens stiamo diventando homo demens’, come sostiene Alex Zanotelli.

Un appello come grido di allarme dell’intera umanità contro il grave pericolo della deterrenza nucleare nel contesto di una nuova e altamente distruttiva guerra fredda

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Riferimenti: PeaceLink

Approfondimenti: FARO DI ROMA

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Un articolo e un appello del mondo pacifista all’umanità intera contro gli euromissili Nato

Di Laura Tussi 

In collaborazione con: Maurizio Acerbo, Ennio Cabiddu, Sergio Cararo, Fabrizio Cracolici, Giorgio Cremaschi, Paolo Ferrero, Stefano Galieni, Moni Ovadia.

E Capitolo italiano della Rete in Difesa dell’Umanità – REDH (Luciano Vasapollo, Rita Martufi, Salvatore Izzo)

Il terrore degli euromissili contro la Russia che possono innescare un contrattacco nucleare irreversibile per il futuro dell’umanità intera e della sua storia e del suo valore
Attualmente subentra impellente il rischio della guerra nucleare sempre più prossima in quanto la Nato ha deciso di schierare e installare nuovamente gli euromissili, tanto contrastati in passato, anche con le manifestazioni di Comiso con numerose personalità del pacifismo e con semplici attivisti di pace, che hanno pagato anche con il carcere la loro obiezione alle armi.

Questo nostro articolo a supporto e a sostegno dell’appello di PeaceLink sottoscritto da oltre 1000 pacifisti e personalità del mondo della cultura e della politica e dello spettacolo e da attivisti di pace e nonviolenza e dalle realtà e comunità di base

Gli euromissili condannano inesorabilmente l’umanità all’avvento dell’escalation militare e nucleare perché la Russia potrà scatenare un contrattacco contro gli Stati Uniti e la Nato.

Questo articolo equivale a un proclama e a un appello per destabilizzare l’Establishment e smettere di continuare sul crinale del baratro dell’escalation militare e nucleare

Con questo articolo, sottoscritto in collaborazione con alcune importanti personalità del mondo della cultura e della politica, vogliamo rilanciare un proclama e un appello preoccupato e allarmante, perché la scelta di schierare euromissili è un grave atto di disumanità e è un procedimento abbietto e abominevole e un provvedimento assurdo.

Dopo il Trattato INF degli anni ’80 il clima si acutizza fino alle attuali disposizioni Nato del vertice di Washington, dopo i summit di Madrid e Vilnius, non solo sugli euromissili, ma verso una rincorsa estrema al riarmo e alla militarizzazione

In una congiuntura storica e politica e sociale come quella attuale si assiste praticamente inermi  e inerti ad un’escalation delle tensioni militari a livello internazionale e mondiale.

Un estremo appello del mondo del pacifismo per gridare e affermare il nostro dissenso contro il riarmo e l’annientamento di tutte le forme di vita sulla Terra

Per questo come pacifisti abbiamo pensato di diffondere e prima ancora di strutturare una raccolta di firme del mondo del disarmo e della nonviolenza provenienti anche dall’attivismo di base e dal basso per contrastare gli euromissili Nato che, ai tempi di Comiso erano a testata convenzionale e atomica, invece attualmente sono anche ipersonici e nucleari come scrive Domenico Gallo.

Da Bloch a Hessel a Morin: il richiamo dei grandi moniti per la pace nel mondo da parte di importanti intellettuali e padri costituenti dell’Onu e del diritto internazionale

Una raccolta di firme contro questi ordigni militari di distruzione di massa costituisce un richiamo al principio di responsabilità e al ‘principio speranza’ per un appello al ragionamento perché da ‘homo sapiens stiamo diventando homo demens’, come sostiene Alex Zanotelli.

Un appello come grido di allarme dell’intera umanità contro il grave pericolo della deterrenza nucleare nel contesto di una nuova guerra fredda

Un appello accorato dal mondo pacifista affinché la guerra nucleare non torni a minacciare il nostro futuro prossimo. La mobilitazione ecopacifista tuttora in atto rappresenta una lampante denuncia contro il sistema di potere e la catena di controllo del sistema di potere e di guerra e contro la militarizzazione in generale e consiste in una netta dimostrazione di quanto la cittadinanza attiva e la società civile possano denunciare e farsi sentire innalzando dal basso voci differenti e istanze plurime in una comune corale per la creazione di una pace che alimenti la giustizia sociale e i diritti civili e soprattutto umani.

Il mondo ecopacifista e l’attivismo dal basso e soprattutto una consapevole massa critica per contrapporre la ragione della pace all’oscurantismo di una nuova era nucleare

La mobilitazione delle popolazioni e della massa critica può influenzare le decisioni governative e dei vertici come dimostra la storia. E questo appello di contrapposizione agli euromissili è un emblematico esempio.

Gli euromissili costituiscono una vera strategia di annientamento per la contrapposizione di due blocchi di potenza e l’escalation nucleare si estende in Medio Oriente sino all’Indo Pacifico

La petizione contro gli euromissili Nato non costituisce una mera raccolta di firme e consensi, ma vuole diventare un movimento di massa critica e pacifista con opinioni ben nette e impostate che richiamino l’attenzione alle ripercussioni e alle conseguenze catastrofiche delle scelte della politica che si basa sulla deterrenza nucleare. Che non è solo convenzionale, ma appunto rischia tramite un’escalation atomica di trasformarsi a tutti gli effetti in deterrenza nucleare.

Tornano gli euromissili come a Comiso, ma questa volta nucleari e ipersonici: una tragica e oscurantista svolta epocale

Quindi stanno tornando gli euromissili come a Comiso e siamo di fronte al nuovo pericolo epocale. Infatti gli euromissili Nato non sono solo convenzionali in quanto sono destinati a diventare nucleari. Questa panoramica e discussione sull’escalation militare e guerresca e di deterrenza nucleare globale senza confini e limiti giungerà anche nello scacchiere dell’Indo Pacifico.

I troppi vertici della Nato: da Madrid a Vilnius a Washington, dove si decide la corsa al riarmo estremo e la militarizzazione forzata anche dei vertici, dei governi, delle istituzioni e della società civile

Durante l’ultimo vertice Nato di Washington, si è annunciato e predisposto il dispiegamento di nuovi euromissili finalizzati alla deterrenza globale a partire dalla Germania nel 2026. Questo è proprio un segnale negativo, un segno dei tempi atroce e tragico per la pace sul pianeta con un procedere pessimo e pericoloso verso un’escalation nucleare globale.

E il mondo ecopacifista rischia di trovarsi all’improvviso poco pronto e preparato tra la concreta realtà di una nuova guerra fredda e l’incubo dell’Armageddon nucleare

Gli euromissili trasformeranno madre terra in un posto ancora più pericoloso anche in seguito alle gravi emergenze in atto come i cambiamenti climatici e non solo: appunto la deterrenza nucleare. Per questa pazzesca rincorsa al riarmo vengono sottratte risorse e predisposti disinvestimenti destabilizzanti e fondanti e necessari non solo all’istruzione, ma anche e soprattutto alla sanità pubblica e allo Stato sociale.

Dal Trattato INF che portò al progressivo anche se parziale smantellamento dei missili nucleari ci ritroviamo ancora ricattati dall’inferno nucleare a partire dai proclami spregevoli e criminali dei potenti di turno

Il grande momento e movimento ecopacifista per il disarmo e l’accordo INF firmato da Gorbačëv e Reagan portarono al quasi totale smantellamento degli euromissili nucleari a medio raggio. Ma oggi le forze e i poteri forti come gli Stati Uniti e la Nato conducono nuovamente il pianeta terra verso un’ulteriore corsa al riarmo con la deterrenza e gli ordigni di distruzione di massa nucleari.

L’Europa che era l’emblema del continente della pace a partire dal proclama dei partigiani di Ventotene, si ritrova a essere corresponsabile direttamente con la complicità degli stati uniti e della Nato del riarmo e dell’invio di armi ai paesi belligeranti e corresponsabile del genocidio a Gaza e nel Congo e in altre guerre dimenticate dell’Africa e nel mondo

L’Europa ha vissuto momenti storici di stabilità relativa e di precaria sicurezza, spesso al contrario percepiti come momenti di conquiste definitive di un continente che ha visto ben due guerre mondiali e la guerra fredda.

Ma l’incubo della militarizzazione nucleare continua a incombere in Europa con la potenzialità di una nuova guerra fredda tra superpotenze

Con il ritorno degli euromissili, il mondo si trova a dover far fronte a una minaccia e una impellente emergenza che può rendere madre terra non più un luogo accogliente, ma molto pericoloso e purtroppo non più abitabile da tutti gli esseri viventi e non solo dal genere umano.

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Riferimenti per l’appello contro gli euromissili Nato: PeaceLink e FARO DI ROMA

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Un presidio per contrastare la base Nato Solbiate Olona: i perché e i retroscena

di Laura Tussi

Le realtà ecopacifiste si oppongono con il presidio davanti alla base NATO di Solbiate Olona per demolire il mito della forza e della militarizzazione e della deterrenza nucleare, della base dell’Alleanza Atlantica che vuole abbattere i Russi e le forze terroristiche, secondo la perversa logica NATO

Come apprendiamo dall’Agenzia Ansa, l’Italia, con il suo Comando NATO di Rapida Operatività (Nrdc-Ita) e multinazionale con sede operativa a Solbiate Olona (VA), è il quartier generale della nuova forza di reazione della NATO. Il nuovo assetto operativo vedrà crescere il numero di soldati, che arriveranno a 300 mila unità, oltre a mezzi e tecnologie. Come si evince dallo studio dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università di Varese.

L’Italia accresce ulteriormente il proprio impegno in campo bellico, diventando la sede della nuova forza di reazione rapida dell’Alleanza Atlantica in contrasto con i nostri alti ideali di pace e solidarietà e accoglienza

L’inaugurazione del nuovo strumento NATO si è svolta lunedì primo luglio 2024 nella base di Solbiate Olona, in provincia di Varese, dove hanno sede le forze NATO italiane a dispiegamento rapido. Sarà proprio questa la sede provvisoria della NATO, fino a che non verranno realizzate strutture permanenti specificamente dedicate ad essa.

La Nato si è già riunita nei summit di Madrid, Vilnius e Washington dove ha anche approntato l’installazione degli euromissili ipersonici in Germania entro il 2026. Altro passo verso l’escalation militare e la conflagrazione nucleare e il conseguente annientamento della vita sulla terra

Lo scopo della nuova Forza NATO, la cui creazione è stata annunciata al termine del summit di Vilnius del 2023, è quella di “produrre effetti con un preavviso più breve di quanto sia stato possibile in precedenza”, aumentando così la capacità operativa dell’Alleanza.

Per protestare tutto il nostro dissenso di ecopacifisti in contrasto al sistema di guerra criminogeno della NATO, si è svolta domenica 28 Luglio una manifestazione con presidio davanti alla base NATO Solbiate Olona

Quartier generale Nato: Solbiate Olona dice no. Un presidio innanzi alla base Nato di Solbiate Olona, domenica 28 luglio 2024 dalle 15 alle 17, è la risposta della popolazione locale alla scelta di collocare nella base stessa il quartier generale della nuova forza di reazione della Nato: l’Arf (Allied Reaction Force). Oltre alla questione etica relativa alla militarizzazione del territorio, infatti, emerge la preoccupazione per l’incolumità della popolazione, in vista di un’escalation bellica che negli ultimi anni sembra essere ricercata con sempre maggiore insistenza. “Dal nostro punto di vista la Nato non è un’alleanza di difesa, ma aggressiva.”, specifica il manifestante Elio Pagani, presidente di “Abbasso la Guerra OdV Venegono”: “Noi siamo per il suo scioglimento”. Il numero dei presenti è andato aumentando nelle ore seguenti, stabilizzandosi su un totale di circa cinquanta persone e poi aumentando fino a oltre un centinaio tra i membri di associazioni come “Assemblea Popolare di Busto Arsizio” e “Osservatorio Contro la Militarizzazione delle Scuole e delle Università Varese”. Non manca chi è venuto da più lontano, come Beppe Corioni, arrivato da Brescia in rappresentanza del “Centro Sociale 28 Maggio Rovato” e “Donne e Uomini Contro la Guerra Brescia”. E altre realtà.

Questa è la logica perversa delle nuove forze NATO dispiegate a Solbiate Olona un paese della provincia di Varese in Lombardia

Il fine esplicito della nuova Forza multinazionale è quello di concentrarsi sul contrasto alle ‘principali minacce’ contemporanee, poste “dalla Russia e dai principali gruppi terroristici”, secondo quanto sostengono i generali e i comandanti in capo delle forze NATO, permettendo di “rafforzare la deterrenza in pace o in crisi” e di “creare un dilemma strategico per gli avversari”.

La nuova Alleanza mette diabolicamente in campo un assetto militare multiforze che oltre a essere dannoso, è criminale nei confronti di tutti noi cittadini non solo delle vicinanze, ma dell’intero assetto terrestre e villaggio globale

L’Alleanza permette, in caso di necessità, di coordinare una risposta multiforze da parte di altri componenti dell’Alleanza in tempi estremamente rapidi, mettendole a disposizione del Comandante supremo delle forze NATO, massima autorità dell’Alleanza. Le missioni che questa unità può svolgere sono molteplici e vanno dalla “riserva strategica dispiegabile in caso di crisi” alla “dissuasione dell’escalation verticale o orizzontale”, passando per la “risposta a crisi legate a situazioni emergenti”.

Tutti mezzi e misure di attacco e di offensiva che noi ecopacifisti non possiamo tollerare e ammettere e permettere

Si è svolta lunedì 1 luglio 2024, alla base Nato di Solbiate Olona, sede operativa di Nrdc-Ita, la cerimonia che ha sancito l’assunzione per i prossimi tre anni del ruolo di guida dell’Arf per il Comando Nato di Solbiate Olona, comandato dal generale di corpo d’armata. Il passaggio di consegne è avvenuto alla presenza della massima autorità militare dell’Alleanza in Europa e del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, il generale di corpo d’armata.

Come ecopacifisti non ammettiamo il dispiegamento di forze militari per la costituzione di un nuovo Quartier generale. Sono manovre criminali inammissibili in un paese come l’Italia la cui Costituzione “ripudia la guerra”

Secondo i poteri forti e i comandanti in capo e i generali NATO, questo nuovo ruolo rafforzerà anche le relazioni già stabilite dal Comando NATO di Solbiate Olona, consentendogli di collaborare con nuovi partner e alleati militari per condividere competenze ed esperienze, dimostrando nel contempo i migliori principi di coesione e legittimità. Secondo la logica perversa del potere.

Il nuovo assetto operativo militare vedrà crescere il numero di soldati, che arriveranno a 300 mila unità, oltre a mezzi e tecnologie, ordine che la NATO ha imposto a seguito dell’intervento della Russia in Ucraina

Tra i partecipanti all’inaugurazione gli studenti dell’Istituto Falcone, noto per promuovere attività di PCTO (alternanza scuola lavoro) presso la base NATO, e sempre in prima fila quando si tratta di aprire le porte ai militari o di garantire la presenza degli alunni alla base NATO.

Il mondo della scuola e dell’infanzia viene sempre più coinvolto in queste disposizioni militari e esercitazioni guerresche, quando i bambini soprattutto hanno diritto alla pace e alla felicità nel nostro Paese e in tutto il mondo

In questa occasione sono stati coinvolti anche i bambini delle scuole materne, come la Scuola Materna paritaria di Fagnano Olona, dove “gli scoiattoli” sono stati accompagnati alla Base NATO di Solbiate Olona, e i bambini «hanno potuto esplorare i luoghi in cui i militari si addestrano e lavorano; hanno conosciuto i mezzi militari usati nelle missioni, le fasi di una missione seguendo con curiosità e attenzione», come si leggeva sulla loro pagina fb in un post rimosso dopo le rimostranze ricevute. Inoltre pochi giorni prima, sempre con un post pubblicato sulla loro pagina fb, comunicano che poiché «Il mondo militare affascina da sempre i bambini. Abbiamo trasformato la nostra scuola in una base per l’addestramento militare, la battaglia in trincea e un ospedale da campo con le migliori infermiere». 

Quanto avviene non è casuale ma sostenuto da protocolli d’intesa firmati da rappresentanti dell’Esercito con il Ministero dell’Istruzione, gli Uffici Scolastici Regionali e Provinciali e le singole scuole.

Le scuole si trasformano sempre di più in caserme e le caserme entrano sempre di più nelle nostre scuole

Dobbiamo cercare di fermare questo processo di militarizzazione, iniziato almeno una ventina di anni fa non solo nella provincia di Varese ma in tutta Italia, deriva ignorata da gran parte delle persone e spesso anche dagli stessi docenti.

Approfondimenti su FARO DI ROMA, Quotidiano online

e su TRANSFORM – Organo Sinistra Europea

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Transform – Una recensione al Libro Le Rivelazioni di Oliviero Sorbini

di Laura Tussi

Romanzo di Oliviero Sorbini – Mimesis Edizioni 

“Le Rivelazioni”, del caro amico Oliviero Sorbini, non è un romanzo “ortodosso”. In realtà si tratta di tre racconti diversi di cui uno solamente, il principale, quello che svolge un ruolo da filo conduttore, ha un suo finale. Gli altri due, uno sotto forma di narrativa, l’altro scritto come una sceneggiatura cinematografica, sono dichiaratamente incompleti. E non è certo un caso perché l’autore più volte fa riferimento al valore di ciò che non necessariamente ha una sua conclusione: “Raccontare l’amore di una persona per le piante, non ha un finale. La persona morirà senz’altro e poi moriranno le piante, magari secoli dopo. Ma quell’amore è esistito e ha lasciato la sua impronta nel mondo. Se lo racconti non hai bisogno di descrivere un finale.”

Nel romanzo di Oliviero Sorbini si assiste ad uno scambio di testimone fra i personaggi. E la stessa cosa l’autore intende fare con il lettore. È un gioco, serio, ma pur sempre un gioco, che porta il lettore a rendersi conto che la sua realtà quotidiana può essere interpretata diversamente. L’umanità ha bisogno di aiuto e forse molti di noi sono Protouomini, ovvero persone con origini extraterrestri, in grado di dare il proprio contributo. Personalmente, e so di non essere la sola, leggendo “Le Rivelazioni”, mi sono riconosciuta come una “protodonna”. Credo che questo fosse il vero obiettivo dell’autore: condurre il lettore ad immedesimarsi nel ruolo di “diverso”, ovvero di potenziale “protouomo”.

L’umanità ha bisogno di aiuto, questo ormai lo sappiamo tutti, per uscire dalla crisi climatica e non autodistruggersi con gli ordigni nucleari. L’autore sembra dire che la situazione è giunta ad un punto tale di pericolosità che soltanto con l’ausilio di entità extra terrestri potremo trovare la via della salvezza.

“Voglio farti una domanda …. Noi siamo mandati da Dio?”

“No, noi non siamo gli inviati di Dio, creatore dell’universo. Per molti aspetti, potremmo essere considerati degli Angeli. Ma non conosciamo Dio creatore. Però sappiamo molto degli Dei degli uomini…”.

Queste le prime righe del Prologo, che assumono un pieno significato solo a lettura ultimata. Il narratore ci conduce pagina per pagina a scoprire e intendere la trama, apparentemente spezzata dalla divisione in cinque parti: prologo, parte prima, parte seconda, parte terza e parte ultima.

Un gioco, ho scritto, perché il lettore viene invitato a comporre un puzzle o un mosaico che volutamente l’autore rende complicato, anche con l’uso martellante dello stesso nome: Philip, Felipe, Filippo. Certo, e questa può essere intesa anche come una critica, non è un romanzo per tutti. Per gustarlo e comprenderlo credo sia necessario amare la lettura.

Il narratore ci spiega di aver conosciuto anni prima uno scrittore americano che gli ha lasciato due manoscritti: l’inizio di un romanzo dal titolo “Quando ero Filippo” e la prima stesura di una sceneggiatura per un film, Revelations. La prima parte è costituita da un romanzo non completato e parla di un uomo di circa cinquant’anni che viene avvicinato da un personaggio misterioso che lo porterà alla scelta di abbandonare la sua vita a Roma per trasferirsi a Buenos Aires. Perché? La risposta è nel titolo: Filippo ha ricevuto la “rivelazione” e dunque è pronto a mettere a disposizione della causa la propria persona ed il proprio talento artistico. E qui sta il primo indizio importante della tesi del romanzo. Le arti soprattutto e prima di ogni altra cosa hanno scandito lo sviluppo dell’umanità. I Protouomini agiscono privilegiando principalmente l’uso delle arti, dalla musica alla pittura. Infatti, a Buenos Aires, Filippo, ora diventato Felipe, si trova a vivere in una piccola comunità artistica composta da una pittrice ed un musicista. Tutti loro hanno subito dei dolori dai quali non si sono ripresi. Sarà la causa, la salvezza dell’umanità ed il prevalere del bene sul male, a dar loro una nuova ragione per vivere con entusiasmo e con un senso e un significato pregnanti.

Nella seconda parte il protagonista è uno scrittore americano, Philip, che riceve la “rivelazione”. E qui ritroviamo però alcuni dei personaggi del romanzo, la pittrice e lo scultore. La spiegazione di questa apparente casualità è che si tratta di due manoscritti provenienti dalla stessa mano, quella dello scrittore americano che abbiamo incontrato nel prologo e dunque si tratta di due bozze diverse sostanzialmente della stessa storia. Dunque, una delle tesi dell’autore, è che attraverso le arti, l’altruismo e le innovazioni, anche tecnologiche possibili, e mai attraverso l’uso delle armi, che l’umanità potrà trovare uno sbocco diverso da quello della sua stessa estinzione. Emerge lo spirito pacifista ed ambientalista di Sorbini, non a caso soggetto attivo nella comunicazione ambientale da decenni, anche nella sua vita professionale.  È questo aspetto che mi ha attratta fin dalla prima lettura del libro e per questo ho voluto scriverne la prefazione. Sono convinta infatti che il movimento pacifista e il movimento ambientalista necessitino di nuove modalità e forme di comunicazione. E l’autore sembra invitare ognuno dei lettori a divenire soggetto attivo nell’uso della fantasia, l’unica “arma” legittima perché il bene comune trionfi sull’egoismo devastante dei potenti del nostro tempo.

di Laura Tussi

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Libera Cittadinanza – Mosaico di Pace: due “maledetti pacifisti” intervistano Nico Piro

DI LAURA TUSSI e FABRIZIO CRACOLICI 

Libera Cittadinanza: https://www.liberacittadinanza.it/articoli/pace-guerra/mosaico-di-pace-due-maledetti-pacifisti-intervistano-nico-piro

 Quando finirà la guerra in Ucraina? Cosa pensano gli italiani del conflitto? Qual è l’approccio migliore, quello militare o quello diplomatico? Muovendosi trasversalmente fra vari temi e attingendo dalla sua lunga esperienza di inviato di guerra, Nico Piro riflette sulla situazione attuale in Ucraina e sulle possibili vie d’uscita da un conflitto la cui fine sembra sempre più lontana.

“Maledetti pacifisti” è il titolo dell’ultimo libro del giornalista e reporter di guerra Nico Piro. Un titolo provocatorio che vuole sottolineare come un’informazione equa, obiettiva e libera sulla guerra sia uno strumento di pace fondamentale per contrastare una deriva bellicista che oggi si sta espandendo non solo sul piano politico, ma anche su quello culturale.

Il suo Maledetti pacifisti, vincitore del premio Ilaria Alpi, è un importante libro di denuncia, dal titolo provocatorio. Ma è davvero ancora possibile fare giornalismo al servizio del lettore e non del pensiero unico bellicista? Nico Piro è un inviato di guerra con una lunga esperienza e proprio con lui abbiamo parlato di conflitti, di pace e di comunicazione in merito a questi due temi centrali, soprattutto nell’epoca attuale.

1- Nico Piro, giornalista Rai e inviato di guerra, tu che sei stato insignito anche del premio Ilaria Alpi, e hai scritto l’importante libro di denuncia, dal titolo provocatorio, “Maledetti pacifisti”, quanto ritieni ancora possibile fare giornalismo al servizio del lettore e delle persone e non al servizio del pensiero unico bellicista? Per l’alto ideale della Pace.

La Pace: vi è sempre una possibilità. Perché dipende da noi e oggi dipende da ognuno di noi. Diceva Teresa Sarti Strada che ogni persona deve fare il suo pezzettino e però poi questi pezzettini vanno insieme e formano un mosaico che può cambiare il mondo.

Credo sinceramente che ciascuno di noi è chiamato a fare la differenza e occorre avere la determinazione e la forza di fare la differenza. Poi ovviamente non è facile, ma non è stato mai niente facile. Credo che dobbiamo per esempio con grande forza fare informazione seria, equa, vera, che deve riprendere la battaglia di Gino Strada per l’abolizione della guerra e i tempi sono più che maturi e qualcuno dirà “Ma è impossibile abolire la guerra”.

Ma per la verità, se non ricordo male, sembrava impossibile anche abolire l’apartheid fino agli anni ottanta e poi ci siamo riusciti. Sembrava pure impossibile abolire il segregazionismo razziale in America negli anni sessanta. Poi una donna a un certo punto si è seduta sul posto sbagliato in autobus e ha cambiato tutto. Quindi dobbiamo crederci. Ovviamente crederci significa anche essere pronti a pagare dei prezzi, ma credo che tutto sommato ce la possiamo fare.

2-Che pensi del silenzio assoluto intorno alla conferenza di Vienna sul TPAN, il trattato Onu di proibizione delle armi nucleari che è valso alla rete internazionale Ican il Premio Nobel per la pace nel 2017 per il disarmo nucleare universale? Una vera svolta per il mondo pacifista. Un Premio Nobel per la pace collettivo di cui i testimoni siamo tutti noi nonviolenti e pacifisti affiliati alla rete Ican. E’ una rivoluzione e una speranza per l’umanità intera. E che pensi del fatto che questo trattato ONU, il TPAN, non venga ratificato dai paesi Nato, compreso il nostro? L’egida Nato incombe su molti paesi come il nostro e impone in tutto il mondo guerre, distruzioni, massacri, terrorismo e genocidi.

Purtroppo siamo in una fase in cui i grandi progressi degli anni novanta sul controllo delle armi e delle armi nucleari sono in fase di forte risacca. Stiamo tornando indietro. Quindi credo che invece di ragionare sullo specifico episodio, sia il caso di pensare a cosa sta accadendo a livello complessivo. Purtroppo quelli che un tempo erano un disvalore, ora sono tornati ad essere un valore e cioè le armi e gli armamenti.

Viviamo una corsa globale verso il commercio e il trasporto di armi. Pensiamo al caso del Parlamento italiano. In Italia non siamo riusciti a metterci d’accordo come forza politica. Anzi non sono riusciti a mettersi d’accordo su, per esempio, come fermare la strage quotidiana di morti sul lavoro. Eppure è un’emergenza di cui tutti conosciamo l’evidenza. Tutti i giorni vi è più di un morto sui giornali. Un morto che è uscito di casa non per andare a fare la guerra, ma per andare a lavorare. Eppure in poche ore il Parlamento italiano è riuscito a mettersi d’accordo sull’innalzamento delle spese militari al 2 per cento del PIL, senza per giunta porsi il problema di quanti ospedali, quanti ambulatori, quante scuole, quanti asili chiuderemo per alzare le spese in Italia al 2 per cento.

Quindi credo che il tema oggi sia specificamente quello della abolizione della corsa al riarmo e questa corsa agli armamenti va fermata perché le armi assolutamente fanno un immane danno. Perché di fatto alimentano il ciclo della guerra, ma non solo: sottraggono soldi per utilizzi civili e questo è davvero qualcosa di molto, molto preoccupante.

3-Il pensiero unico bellicista è il risultato dell’enorme potere della industria degli armamenti per cui hanno ragione coloro che affermano che le guerre esistono perché le armi una volta prodotte vanno vendute con adeguata strategia di marketing?

No. Credo che ci sia un problema generale. L’industria delle armi fa il suo lavoro. Semplice. Il problema vero è invece il fatto che ormai si è imposta nello spazio mediatico una cultura della guerra che è la guerra normalizzata. E credo che il vero tema sia questo. Cioè la pace non ha sponsor, la guerra sì. Anche perché la guerra produce profitti monetari e non monetari per una serie di centri di potere. Esempio la politica. Boris Johnson è uno che ha usato il conflitto armato in Ucraina per riscattarsi, riuscendoci per qualche mese poi alla fine ha capitolato. Ha dovuto capitolare per riscattarsi dai disastri combinati dal suo governo in pandemia per il covid.

E quindi il problema vero è che la pace sponsor non ne ha. La pace non ha voce. La pace non ha chi investe sulla pace e questo è, secondo me, colpa dei governi per cui quando comincia una guerra, quando si prepara una guerra, si levano solo e più forte delle altre le voci di chi sostiene il conflitto bellico. Diciamo che nel caso dell’invasione russa dell’Ucraina e il seguente scontro guerresco, si è creata una situazione senza precedenti. Vale a dire è la prima volta che abbiamo memoria di un conflitto e a maggior ragione perché il pensiero unico bellicista non vuole solo avere ragione. Il pensiero unico bellicista lancia uno stigma su tutti quelli che la pensano diversamente. Il pensiero unico bellicista corrode la democrazia. Quindi il tema che ci dobbiamo porre è se oggi non possiamo parlare di pace senza essere trattati da nemici della Patria al soldo del nemico. Domani di cosa non potremo parlare?

4-Ritieni che dopo l’occasione mancata in Italia siano maturi i tempi per un Partito della Pace che si presenti in tutti gli Stati membri alle prossime elezioni europee? E’ necessario che la pace possa essere rappresentata in politica.

Ma io non credo onestamente alla politica, solo politica, intesa come partitica. Sono un dilettante. Quindi non mi applico. Credo che avere un partito della Pace sia limitante. Perché poi alla fine che cos’è la pace? la pace è progresso. Un emblema della pace: Aldo Capitini. Nei giorni scorsi Sono stato alla biblioteca di San Matteo degli Armeni a Perugia dove ho presentato il mio libro “Maledetti pacifisti”. In quella biblioteca sono conservati tutti i suoi documenti, i carteggi e le lettere e mi ha colpito vedere e capire in realtà questa figura. Quell’asceta della pace: Aldo Capitini. E’ una figura che ha fatto una scelta per la Pace. In realtà lui metteva tutto insieme: la pace è progresso. Perché la pace è creativa a vari livelli per tutti.

L’Italia, non dimentichiamolo mai, perché non lo dicono, sta vivendo il più lungo periodo di pace della sua storia che coincide col massimo periodo di benessere del nostro paese. La pace creativa dà dividendi per tutti. La guerra profitti per pochi. Il problema è che la pace li crea a lungo termine. Evidentemente della pace invece ci dobbiamo prendere cura. Perché per questo tipo di occupazione se letteralmente la pace è limitata – perché noi abbiamo bisogno anche di pace sociale – è necessario che questa categoria di pace si diffonda in tutti i settori. Non vi è solo la pace, ma anche la pace dei morti del lavoro, vi è la giustizia, cioè il progresso. Ci sono i diritti. Credo che vada tutto ottenuto insieme. Quindi credo che sia limitante condurre una attiva campagna sulla pace che non tenga conto del progresso. Esattamente come la Resistenza italiana che è stato un fenomeno molto complesso che poi in realtà non voleva difendere solo la nazione, ma voleva difendere il cambiamento. Voleva un paese migliore e poi anche la difesa dell’ integrità territoriale, ma non era solo questo. Era un fenomeno complesso. (Cfr. Resistenza e Nonviolenza creativa, Mimesis Edizioni 2022)

5 -Puoi azzardare una previsione di come finirà tra Russia e Ucraina e quanto durerà la simpatia e l’accoglienza in Europa in favore dei profughi ucraini? Anche se la guerra è sempre fondata sulla violenza.

Spero che la Polonia e i vari paesi imparino da questa vicenda: la gente che fugge dalle guerre va accolta. Non solo se l’altro da noi ha la nostra stessa religione e il nostro stesso colore di pelle. Va accolta sempre. Quindi, me lo auguro. Me lo auguro profondamente. Mi auguro la solidarietà verso i profughi ucraini esattamente come non cessi verso i profughi delle altre guerre. Il problema è che per non cessare deve cominciare. E Crotone ci insegna che non è cominciato o meglio la solidarietà è episodica. Poi un altro tema. Il cosa accade quando proviamo a fare delle previsioni sulla guerra? E’ sempre molto difficile perché la guerra alla fine è un gioco di adattamento alla violenza.

Le guerre sono cose complesse. Ma si reggono su un principio molto semplice: l’adattamento. Io colpisco te. Tu colpisci me. Io mi adatto al tuo colpo affinché non sia un colpo letale e tu ti adatti al mio affinché non sia un colpo letale. Per cui man mano che questo equilibrio di adattamento resta in piedi le guerre durano tra alti e bassi, ma durano. Le guerre lampo esistono solamente nelle speranze dei generali e dei dittatori, ma in realtà le guerre, basta considerare l’Afghanistan, che è l’archetipo dei conflitti contemporanei, cominciano, ma non finiscono. Esistono persone al mondo che hanno il potere di scatenare conflitti micidiali, ma non vi è nessuno su questo pianeta capace di fermarli. Perché non dipende da noi.

Perché quando è scoperto il vaso di Pandora della guerra, i demoni che ne escono fuori hanno una loro autonomia. Quindi non me la sento di fare previsioni. Dico però una cosa. Di stare attenti perché quando si dice “l’unica strada è la guerra” di fatto si prende una pallina e la si butta nella roulette. Ma nella roulette ci sono due colori. Il rosso e il nero. Lo zero è statisticamente trascurabile. Il rosso e il nero: e non è detto che la pallina si fermi dal lato che noi preferiamo. Quindi per questo scegliere la guerra cercando di immaginare una punizione per il cattivo è un modo per affrontare le cose. Tra l’altro il caso afghano ci insegna. La Prima Guerra Mondiale ci insegna. Ma questo conflitto non ha una soluzione militare. Ha solo una soluzione diplomatica. E’ chiaro nel momento in cui prendiamo atto di questo. Prima si arriva a una soluzione diplomatica, prima le persone smettono di morire. Il che mi sembra un tema di cui nessuno si sta facendo carico. Si continua a parlare di questo Risiko, della guerra, senza ricordarci che in mezzo esiste gente che muore.

6-Alla luce dei risultati elettorali, ritieni ancora che la maggioranza degli italiani siano per la pace o vogliono essere solo lasciati in pace?

Mi sembra abbastanza relativo. Credo che gli italiani stiano sentendo dal primo momento il peso della guerra perché i sondaggi sono concordi. Quando sono arrivati gli aumenti del gas, la fine del turismo Russo, la fine delle importazioni, danni per l’economia, inflazione, per cui anche un po’, secondo me, è banale dire che gli italiani non vogliono la guerra perché vogliono farsi i fatti loro. Mi sembra che sia in atto anche un processo di criminalizzazione dei poveri. Cioè i poveri vengono accusati di essere contro la guerra perché non vogliono pagare le bollette. Però una famiglia di basso reddito deve pagare le spese familiari e il reddito è già indirizzato verso l’ineliminabile, ossia l’energia, quindi luce e gas e la spesa. Quindi quello che c’è da mangiare. Poi l’affitto. Ma a che cosa deve rinunciare la gente? queste persone a cosa devono rinunciare? al cinema? all’auto? e probabilmente non la usano più. Alle vacanze? mai fatte. Quindi diciamo questo: a me ricorda un po’ la battuta che gira ancora in Russia su Stalin quando gli dicevano “Compagno segretario il popolo è contrario” e lui rispondeva “Cambiate il popolo”. Cioè se c’è un dato di fatto che in Italia la gente è contro la guerra, ma perché dobbiamo dire tutti i giorni che la gente è stupida?

7-Hai mai conosciuto obiettori di coscienza russi?

No. Anche perché in realtà è un fenomeno che è nato dopo. Soprattutto dopo la costrizione al servizio militare straordinaria di settembre. Gli obiettori di coscienza, i cosiddetti renitenti alle armi, alla leva ci sono anche in Ucraina. Cioè di recente vi è stata un’operazione dei servizi segreti ucraini contro i vertici della Compagnia Portuale di Odessa perché accusati di fabbricare finti documenti di imbarco per consentire ai giovani di non partecipare alla guerra.

Non è giusto verso l’Ucraina raccontarla come la stiamo raccontando cioè come un paese in armi. Ucraina significa terra di confine, quindi Terra di Mezzo e quindi è un paese dove è stata scritta la canzone Sole mio: non è stata composta a Napoli. E’ stata scritta a Odessa. E’ un paese di una complessità notevole. Con un versante filo russo più vicino alla Russia dove sono arrivati negli anni ’30 migliaia e migliaia di russi portati da Stalin per le miniere di carbone. Poi una parte che si sente più polacca. Un paese complesso come l’Italia. E poi noi, l’Italia è un paese complesso per eccellenza. Ma è un paese complesso e quindi come tale va trattato. Non credo sia giusto verso l’Ucraina. Una narrazione funzionale al pensiero bellicista, ma non è giusto definirla come un paese che non si vuole arrendere, dove il popolo vuole combattere fino alla fine, ma credo che il popolo voglia pace e pane e avere magari anche corrente elettrica e gas eccetera.

8 – Cosa puoi dire a due “Maledetti pacifisti” che tutti i giorni si scontrano con altri Maledetti pacifisti per riuscire a trovare una unione di intenti per creare delle azioni serie e concrete al fine di apportare un cambiamento? Quindi l’intenzione del tuo lavoro è una provocazione.

Il fatto di affermare: “Ma questi maledetti pacifisti”. Noi pacifisti veniamo sempre messi un po’ alla berlina. “Il solito pacifista…” Quando porti delle nuove istanze dai sempre fastidio. Però già è importante riuscire noi stessi a metterci insieme e a portare azioni un po’ più concrete e un po’ più con voce. Un po’ più pacifisti. Siamo frastagliati. Siamo divisi. Non vi è più omogeneità perché si fanno avanti i poteri forti spacciati da progressisti: la sinistra con l’elmetto e le destre.

La destra è un universo. Insomma un universo ampiamente frammentato. Pensiamo a tutti i gruppi che stanno più a destra. Le sigle. Pensiamo alle divisioni che oggi ci sono al governo. Eppure riescono sempre a trovare l’unità tra loro. Per noi pacifisti, il tema è superare le differenze e stare insieme per il grande obiettivo. Il grande obiettivo non è solo la pace in Europa e il disarmo. Il grande obiettivo è salvare la democrazia italiana. Perché il pensiero unico bellicista corrode la democrazia. Oggi è questo il problema e se non lo capiamo ci mettiamo in una posizione di enorme difficoltà. Per il futuro. Perché se il popolo della pace con tutte le sue diversità oggi non riesce a reclamare lo spazio non lo reclamerà a lungo.

Quindi credo che noi dobbiamo assolutamente fare lo sforzo – ognuno di noi – di provare a radunare questo mondo variegato del pacifismo. Insomma dall’estate, cioè da quando sono tornato stabilmente in Italia sto girando e sto andando praticamente ovunque. Più di 40 date e in realtà per parlare di pace e di questi argomenti. È un modo per stare a contatto con la vera Italia. La cosa brutta e triste è quando alla fine poi, come mi dovrebbe in realtà lusingare, ma non è così, le persone alla fine mi dicono che si sono sentiti meno sole perché vuol dire che allora le cose stanno veramente messe male. Perché se qualcuno tiene una conversazione e dove non è qualcuno, ma sono tanti e si ripetono e ti vengono a dire grazie. Mi dicono così. “Questa sera ci siamo sentiti meno soli” e vuol dire che siamo in una situazione gravissima. In questo paese stiamo marciando negli anni ’20 degli anni bui del fascismo e questo ci deve far paura. Per questo dobbiamo porci e opporci con forza, perché se non ci opponiamo con forza a questo, tutto il resto diventa assolutamente relativo. Perché poi torniamo alle gabbie salariali. Ma poi dopo le gabbie salariali in concreto cosa troviamo? La giornata di 8 ore lavorative? I contratti nazionali di lavoro? La leva obbligatoria? Dove stiamo andando? Questo è il tema che dovrebbe preoccupare tutti. Piuttosto che esibirsi a chi è più bellicista.

(Cfr. Laura Tussi, con scritti di Fabrizio Cracolici, Giorgio Cremaschi e Paolo Ferrero, Resistenza e Nonviolenza creativa, Mimesis Edizioni 2022)

In collaborazione con Fabrizio Cracolici, attivista di Pace, scrittore e membro direttivo ANPI Monza e Brianza e in collaborazione con il sito Italia Che Cambia

L’articolo è stato pubblicato qui.

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Sovranità Popolare Rivista – Alex Zanotelli. Contro la guerra e il riarmo: boicottare le banche armate

9 MILIARDI E MEZZO DI EURO IL VALORE DELLE OPERAZIONI SEGNALATE DALLE BANCHE ITALIANE RELATIVE AL COMMERCIO DI ARMI

Sovranità Popolare Rivista: https://www.sovranitapopolare.org/2023/08/01/boicotta-le-banche-armate/

fiera delle armi

Intervista di Laura Tussi a Alex Zanotelli

Le esportazioni militari aumentano il proprio quantitativo in maniera esponenziale. La spesa bellica e i sistemi d’arma sono esportati nei paesi che oltraggiano i diritti del genere umano.

Le banche finanziano questo sistema guerrafondaio e la trasparenza del commercio e dell’export degli armamenti è ai minimi storici. Quando ha preso avvio la campagna di pressione sulle banche armate e in cosa consiste?

Sono arrivato a una sola conclusione ormai.

Non ho mai visto un governo italiano così prigioniero del complesso militare industriale di questo Paese. Spaventoso. Ma davvero dentro lo stesso governo questo prostrarsi alla Leonardo è impressionante. Veramente. Mai visto. Questo di solito era riferito agli Stati Uniti. In Italia siamo arrivati alla stessa identica situazione.

E questo è gravissimo. Proprio l’altro giorno si è tenuto un incontro fatto a Roma dalla Aiad che è l’associazione del comparto Militare italiano. Tra l’altro era presente Crosetto. Ha detto che lui vuole cambiare e modificare la legge 185 perché sta bloccando troppo la vendita di armi.

Inoltre è molto preoccupato per le banche etiche perché diventa difficile adesso trovare soldi dalle banche che si sentono accusate di non essere etiche. Per cui lui ha deciso di fondare una grande nuova banca che investa soltanto nel militare. Quindi siamo davvero messi malissimo.

Penso che diventi fondamentale in questo momento proprio l’invito a tutti a evitare e soprattutto boicottare le banche armate. E veramente siamo arrivati a un punto di parossismo totale.

Con la guerra in Ucraina verranno prodotte molte armi. La guerra in Ucraina andrà avanti perché è importante produrre armamenti e poi smaltirli subito. E si procede così. Sempre.

Soprattutto quello che mi preoccupa di più non è tanto la società civile, che purtroppo non è molto cosciente, ma mi preoccupa il problema delle comunità cristiane. Il livello dovrebbe essere molto chiaro: non possono lasciare i loro soldi in mano alle banche che investono nella produzione di armi. Quel povero Gesù di Nazareth era il profeta della nonviolenza. Il grande teologo Enrico Chiavacci, al Concilio Vaticano Secondo, ha detto una cosa molto chiara. Un cristiano è obbligato a sapere dove tieni i propri soldi e in quali banche. E come quella banca usa quei soldi. E’ un dovere questo fondamentale per ognuno di noi. Quello che mi sconcerta di più è questo silenzio da parte delle comunità cristiane. E anche da parte delle parrocchie, delle diocesi, dei vescovi. Non riesco a capirlo. Ormai noi cristiani siamo talmente conformati al sistema economico, finanziario, militarizzato e ne facciamo parte. Accettiamo come una cosa normale che i nostri soldi vengano investiti in tutta questa infernale produzione. Penso che sia importante un appello alle comunità. A tutti i cittadini perché davvero devono incominciare veramente a fare una scelta sostanziale.

Non vogliamo la guerra. Siamo per la pace.

Ma se poi i soldi li depositiamo in una banca che investe in armi e ordigni militari, il fatto non è coerente. Davvero è necessario aiutare i cittadini a capirlo questo. E non è facile. Perché chiaramente sono pochi coloro che portano avanti questo discorso, ma è fondamentale. Altrimenti andremo avanti a spendere davvero per continuare a costruire armi a non finire. L’anno scorso abbiamo speso in Italia e abbiamo investito per 32 miliardi di euro in armi. Ma è pazzia collettiva. Sono tutti soldi che poi vengono tolti alla scuola, alla sanità pubblica e avanti così. La campagna di boicottaggio delle banche armate dovrebbe davvero molto motivare la gente a capire che i propri soldi non possono essere usati per costruire armamenti che ci stanno conducendo inesorabilmente a questo disastro planetario. Siamo sul crinale del baratro dell’esplosione nucleare.

E quindi dell’inverno nucleare.

E dall’altra parte, ricordiamoci, pesano altrettanto sull’ecosistema queste guerre che provocano un altissimo tasso di inquinamento e qui siamo davanti ad una estate molto calda.

Vendere armi nelle zone calde, nelle aree di conflitto armato è vietato dalla legge 185/1990 come anche dalla nostra Costituzione.

L’export di armamenti è veicolato verso i paesi impegnati nella guerra contro lo Yemen, verso i paesi come l’Egitto di al Sisi e la Turchia di Erdogan.

Puoi argomentare queste considerazioni?

Il problema drammatico. Il Ministro della Difesa Crosetto è molto preoccupato della 185 perché blocca troppo la vendita d’armi e lui vorrebbe al contrario accelerarla. E’ una legge nata su una lunga battaglia di cui ho fatto parte all’inizio con la rivista Nigrizia. Poi mi hanno “defenestrato” e sono andato in Africa. Ma quel movimento, che includeva tantissime organizzazioni, ha portato poi alla legge 185 che è l’unica legge, l’unica questa legge 185, è unica anche in Europa, nessun’ altra nazione in Europa ha una legge del genere. E’ un piccolo strumento, per prevenire un sacco di disastri, che abbiamo tra le mani, per cui è fondamentale allora incominciare a difendere questa legge davvero ostinatamente, ma per difenderla soprattutto è necessario anche pagare di persona.

I caricatori del porto di Genova i Calp, ma anche di altri porti, si sono rifiutati per esempio di caricare le armi sulle navi destinate all’ Arabia Saudita per la guerra contro lo Yemen. I portuali stanno pagando di persona. Sono incriminati. Rischiano di essere processati. E’ necessario correre il rischio di essere processati. Di avere il coraggio davvero di arrivare a questo. Diventa ormai fondamentale quello che è la disobbedienza civile.

Proprio giorni fa ho partecipato a un incontro sul caporalato in Campania e il vescovo emerito di Caserta Monsignor Nogaro ha detto proprio queste parole che è arrivato il tempo di gridare che è necessaria oggi la disobbedienza civile. Siamo arrivati a questo punto. Per cui dobbiamo davvero disobbedire.

Questo però vuol dire pagando nella propria vita e non è facile. So che questo non è facile. Ma siamo davvero messi alle strette oggi. Il cittadino che capisce quanto è folle un po’ tutto questo sistema drammatico deve davvero avere il coraggio. Vale questo per le armi.

L’idea di base della campagna di pressione sulle banche armate è valida perché tende a bloccare questo sistema di commercio di armamenti. In quali modalità?

Le modalità di questa campagna di boicottaggio delle banche armate è molto semplice. E’ necessario comprendere il problema. Si deve reagire. E’ necessario semplicemente ritirare i propri soldi dalla banca che investe in armi e vedere di trovare una banca etica, ossia un’altra banca che non investe in armi. E’ fondamentale questa azione. Tutto questo non è facile perché è chiaro che gli interessi anche spesso sono tanti perché certe banche, come le tre banche principali in Italia Unicredit, Intesa Sanpaolo e Deutsche Bank danno alti dividendi che sono molto più vantaggiosi che in altre banche dove non investono in armi e quindi ognuno anche qui ci perde a livello personale. Alla fine però a questo punto dobbiamo vedere di cominciare a capire che non si può continuare così e quindi bisogna davvero muoversi in questo senso.

Per fare questo per arrivare a che sia efficace la campagna, penso che ci siano due fattori fondamentali. Finora abbiamo lanciato questa campagna con Pax Christi e le tre riviste Nigrizia, Missione Oggi, Mosaico di pace, ma non basta. Stiamo premendo per esempio a livello di chiesa. La chiesa italiana faccia un passo in avanti a questo livello. Non è possibile questo continuo investimento in armi e spero davvero che si riesca a arrivare a questo boicottaggio delle banche armate.

Ma poi ci vorrebbe anche per la società civile la capacità da parte almeno di alcuni giornalisti di rilanciare con forza tutta questa azione, perché molta gente non sa nulla di queste cose. Sono nella totale ignoranza, per cui questo è fondamentale. Questa campagna davvero si deve rilanciare con grande forza. Solo così mettiamo in crisi il sistema. L’altra cosa che chiaramente è ancora più dura sarebbe una disobbedienza civile di tanti che lavorano in fabbriche d’armi che si rifiutino di continuare a fare il proprio lavoro. Purtroppo il problema è che questo sistema in cui viviamo è un sistema che non ha nessun valore e ideale. Ho scritto recentemente in occasione del funerale di Berlusconi che l’amoralità, cioè non moralità di Berlusconi è diventata l’etica del popolo italiano.

Purtroppo questo è il problema.

Il problema fondamentale è che non ci sono più valori e non più ideali e questo richiede soprattutto da parte della rete della Chiesa che, nelle esperienze religiose, occorre tornare davvero a formare una coscienza di valori perché i cittadini mi sembra che abbiano perso la percezione di quello che sta avvenendo e bisogna arrivare alla coscienza di principi che è fondamentale.

Sfiora di molto i 9 miliardi e mezzo di euro il valore delle operazioni segnalate dalle banche italiane relative al commercio di armi.

Le riviste missionarie Nigrizia, Mosaico di pace e Missione oggi come denunciano il fatto che gli istituti di credito si sono messi al servizio delle aziende belliche?

In generale le tre riviste sono molto chiare sulla denuncia di tutto questo. E’ incredibile. Nove miliardi di utili. Praticamente di una gravità estrema. Utili fatti sulle armi. Fatti sulla pelle e sul massacro di tanta gente. Alla fine è fondamentale dire che le tre riviste continuano in questa loro denuncia però non è sufficiente. Sono tre voci e tra le riviste missionarie che non hanno gran peso alla fine nella società italiana. Ci vorrebbe davvero che qualche televisione seria o qualche grosso giornale iniziasse una campagna fondamentale per questo livello di denuncia. Ma chiaramente il problema è che sono tutti parte del sistema e basta vedere un giornale e chi lo paga, da dove ricevono fondi economici e quindi diventa veramente difficile. Penso che anche questa è una vera e propria missione. Sono un missionario e a volte sembra sempre di parlare al deserto. Ma è importante continuare a declamare la nostra posizione. Invitare tutti davvero a incominciare a riflettere su come usano e come i propri soldi vengono usati. Vale per le banche armate; vale anche per chi investe in fossili: le aziende e anche le banche. E’ la stessa cosa; perché sono le due realtà che ci stanno portando alla possibilità che la presenza umana non ci potrà più essere in futuro per l’esplosione nucleare o per l’estate incandescente. Per cui diventa un problema anche l’investimento sui fossili. E’ difficilissimo fare passare queste scelte. E’ una lotta costante, ma dobbiamo continuare senza stancarci.

Anche il PNRR sarà sempre più proiettato all’investimento e produzione di armi?

Aumenta la produzione di armi e si tolgono i fondi dalle scuole, dalla sanità, dalla cultura, dall’istruzione.

Il PNRR cioè il piano nazionale di ripresa e resilienza si utilizza per le armi e chiaramente toglie anche la spina alla sanità, ma anche a Bruxelles adesso non so cosa abbiano deciso effettivamente. Perché sembra che la proposta di uno dei programmi è che il PNRR venga utilizzato per le armi e non so come il Parlamento Europeo abbia votato con discussioni che stanno andando avanti, ma è chiaramente qualcosa di estremamente grave questo. Il PNRR dovrebbe servire alla società, alla società civile e soprattutto servire a portare avanti la scuola. Sto vedendo a Napoli il disastro scolastico che abbiamo, ma altrettanto, non soltanto a livello di scuola. Ma la sanità. E’ pauroso il crollo della sanità. Così i fondi vanno a finire in armi e non ci sono più per tutto il resto. Questa è una cosa assolutamente grave.

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MEI – Meeting artisti e etichette indipendenti. FABRIZIO CRACOLICI: “SPIEGO AI GIOVANI LA STORIA PER COSTRUIRE UN FUTURO MIGLIORE”

INTERVISTA di LAURA TUSSI

di LAURA TUSSI

Nipote di un ferroviere che ha pagato a caro prezzo la coerenza con i suoi ideali, Fabrizio Cracolici è attivista, ricercatore storico e video maker. Uno degli obiettivi del suo lavoro è costruire un ponte fra passato e futuro, fra i giovani che molti anni fa hanno combattuto per la libertà e quelli di oggi, che si trovano ad affrontare nemici per certi versi ancor più insidiosi. Gli strumenti per batterli? Informazione e consapevolezza.

Realizzare questa intervista è stato un po’ complicato per certi versi. Il motivo? «Queste domande mi sono state rivolte da Laura Tussi, la mia compagna di vita e anche di lotta. Da diversi anni e con piena consapevolezza dell’importanza di fare il mio pezzo di strada, mi occupo di memoria storica e cerco di praticare una forma di attivismo comunicativo e sociale», spiega Fabrizio Cracolici, ricercatore e attivista per la pace, i cambiamenti climatici e i diritti umani. «Spiegare oggi ai giovani la storia – specifica –, nelle sue discrasie e profonde ingiustizie, può rappresentare un’opportunità per trasmettere anticorpi contro le infinite ingiustizie e violenze purtroppo sempre più presenti nella società odierna».

Da dove e quando nasce la passione per questi temi?

Diverse esperienze di vita mi hanno portato a occuparmi di questi temi. In primis la storia tormentata della mia famiglia. Quando ero piccolo amavo ascoltare le storie incredibili vissute durante il tristissimo periodo nazifascista. Nonno Ignazio era un ferroviere che per non aver messo la firma al fascio è stato confinato per 14 anni a Prestranek, in ex Jugoslavia. Mi diceva: “Con una tessera avrei potuto stare tranquillo e invece ho praticato una scelta pienamente consapevole che ho pagato pesantemente. Perché l’ho fatto? Perché come Cristiano trovavo l’agire fascista agli antipodi del Vangelo”.

Nel mio percorso di crescita e di consapevolezza ho avuto la fortuna di incontrare persone speciali che hanno risvegliato in me la capacità dì indignarmi. Ricordo il mio incontro con il comandante partigiano Giovanni Pesce. La fortuna di condividere molte esperienze con il caro amico Don Andrea Gallo e oggi una fitta collaborazione e stima con il caro amico Alex Zanotelli. In questo preciso momento con gioia immensa vedo negli occhi di Laura la grande forza che lei, con le sue grandi capacità umane, è stata in grado di trasmettermi.

Da dove nasce la tua passione per i video sociali, che sono parte integrante della tua attività di divulgazione?

Penso che realizzare video sociali possa essere un buon mezzo per comunicare attivamente messaggi e pratiche. Le giovani generazioni comunicano così. E noi abbiamo il dovere di stare quanto più possibile vicini a loro, con i loro mezzi e le loro capacità ricettive e percettive. Trasmettere qualcosa alle future generazioni è e deve essere una priorità assoluta.

Cosa ti senti di dire a chi vuole avvicinarsi all’attività di video maker sociale?

Una cosa sola mi sento di dire e cioè che è necessario essere estremamente concreti oltre che creativi e comunicativi. Occorre spalancare gli occhi e la mente al mondo che ci circonda percependo le aspettative nascoste di chi sa che esistono enormi problemi, ma non ne è pienamente consapevole. I mezzi di comunicazione del potere purtroppo sono estremamente sofisticati e funzionali; sono in grado di manipolare e plagiare a proprio piacimento la mente di tante, troppe persone e proprio per questo nasce in me la volontà di “bucare lo schermo” mettendo a disposizione contenuti, facendo controindicazione e controinformazione.

Salviamolo Salviamoci. Video Spot. Un progetto che nasce per affrontare i gravi problemi dei cambiamenti climatici.

https://www.facebook.com/laura.tussi/videos/1401301907325777

Per molti anni sei stato presidente della sezione di Nova Milanese dell’ANPI – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. Perché proprio nell’Anpi?

Rispondo rimandando a questa lettera aperta che ho scritto lo scorso anno, rivolta proprio all’ANPI. Essere un dirigente dell’Anpi è per me un grande onore. Far vivere la grande esperienza Partigiana dei nostri padri rappresenta la mia volontà di non dimenticare facendo tesoro di chi prima di me ha lottato per un mondo libero dall’orrore delle guerre arrivando anche al sacrificio della propria vita. Lottare per amore di giustizia e di pace e non per odio, rappresenta un messaggio fortissimo per le future generazioni.

L’esperienza partigiana ha impresso all’umanità la volontà di non abbandonarsi alla rassegnazione e alla disperazione e ha raccontato e tramandato vicende fortemente ingiuste che purtroppo sono presenti, anche se in modi diversi, in questo periodo storico complicato. Sì, perché assistiamo alla volontà di potentati militari e industriali che al prezzo di molte vite umane rivendicano il controllo di beni e di ricchezze. Le guerre oggi, come in passato, sono imposte per arricchire pochi a discapito della stragrande parte dell’umanità. Questo mi hanno insegnato i partigiani e questo è il motivo del mio impegno oggi nell’ANPI.

Memoria e futuro: queste due parole cosa rappresentano per te?

Memoria e futuro sono due parole diverse, ma a parere mio praticamente uguali. Ora vi spiego il perché. Parto dalla parola “futuro”, che per antonomasia rappresenta le future generazioni, i giovani. Se aspiriamo alla salvezza dell’umanità dobbiamo assolutamente rivolgerci a loro. Oggi le nuove generazioni, a detta dei media controllati dal potere, sono assenti. Questo è assolutamente falso perché i giovani ci sono, sono presenti e attivi e sono anche estremamente consapevoli dei problemi che ricadono sull’intera umanità. Esiste però un problema! Il potere li teme e di conseguenza li nasconde e offusca ogni loro azione.

I ragazzi di ieri che abbracciano i giovani di oggi. Questo è il pieno significato e valore della memoria storica

Per capire questa mia affermazione l’unica operazione che posso fare è chiamare in causa la seconda parola della domanda e cioè “memoria”. In cosa consiste la memoria? La memoria sono i giovani. Si proprio i giovani. Chi ha resistito lottando contro gli orrori del mondo durante la resistenza antifascista? I giovani. Chi ha lottato per la rivendicazione di diritti basilari nel 1968? I giovani.
Chi ha partecipato ai social forum mondiali sui diritti umani? I giovani. Senza i giovani di altre generazioni, senza le loro lotte, oggi tutti noi ci troveremo sicuramente in una condizione estremamente pesante e insostenibile.

I ragazzi di ieri che abbracciano i giovani di oggi. Questo è il pieno significato e valore della memoria storica. Fare tesoro del passato per costruire il futuro. Ecco perché sono a me molto care le parole memoria e futuro, che sono diventate il titolo di un nostro saggio con contributi scritti di Moni Ovadia, Vittorio Agnoletto, Alex Zanotelli e altri importanti attivisti. Da queste due parole noi ci impegniamo perché, come dicono oggi i nuovi attivisti, il tempo sta per scadere e noi dobbiamo fare tutto il possibile per invertire la rotta, per salvarci ancora oggi tutti insieme.

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Mosaico di Pace: due “maledetti pacifisti” intervistano Nico Piro

di Laura Tussi (sito)

Quando finirà la guerra in Ucraina? Cosa pensano gli italiani del conflitto? Qual è l’approccio migliore, quello militare o quello diplomatico? Muovendosi trasversalmente fra vari temi e attingendo dalla sua lunga esperienza di inviato di guerra, Nico Piro riflette sulla situazione attuale in Ucraina e sulle possibili vie d’uscita da un conflitto la cui fine sembra sempre più lontana.

di LAURA TUSSI e FABRIZIO CRACOLICI

“Maledetti pacifisti” è il titolo dell’ultimo libro del giornalista e reporter di guerra Nico Piro. Un titolo provocatorio che vuole sottolineare come un’informazione equa, obiettiva e libera sulla guerra sia uno strumento di pace fondamentale per contrastare una deriva bellicista che oggi si sta espandendo non solo sul piano politico, ma anche su quello culturale.

Il suo Maledetti pacifisti, vincitore del premio Ilaria Alpi, è un importante libro di denuncia, dal titolo provocatorio. Ma è davvero ancora possibile fare giornalismo al servizio del lettore e non del pensiero unico bellicista? Nico Piro è un inviato di guerra con una lunga esperienza e proprio con lui abbiamo parlato di conflitti, di pace e di comunicazione in merito a questi due temi centrali, soprattutto nell’epoca attuale.

1- Nico Piro, giornalista Rai e inviato di guerra, tu che sei stato insignito anche del premio Ilaria Alpi, e hai scritto l’importante libro di denuncia, dal titolo provocatorio, “Maledetti pacifisti”, quanto ritieni ancora possibile fare giornalismo al servizio del lettore e delle persone e non al servizio del pensiero unico bellicista? Per l’alto ideale della Pace.

La Pace: vi è sempre una possibilità. Perché dipende da noi e oggi dipende da ognuno di noi. Diceva Teresa Sarti Strada che ogni persona deve fare il suo pezzettino e però poi questi pezzettini vanno insieme e formano un mosaico che può cambiare il mondo.

Credo sinceramente che ciascuno di noi è chiamato a fare la differenza e occorre avere la determinazione e la forza di fare la differenza. Poi ovviamente non è facile, ma non è stato mai niente facile. Credo che dobbiamo per esempio con grande forza fare informazione seria, equa, vera, che deve riprendere la battaglia di Gino Strada per l’abolizione della guerra e i tempi sono più che maturi e qualcuno dirà “Ma è impossibile abolire la guerra”.

Ma per la verità, se non ricordo male, sembrava impossibile anche abolire l’apartheid fino agli anni ottanta e poi ci siamo riusciti. Sembrava pure impossibile abolire il segregazionismo razziale in America negli anni sessanta. Poi una donna a un certo punto si è seduta sul posto sbagliato in autobus e ha cambiato tutto. Quindi dobbiamo crederci. Ovviamente crederci significa anche essere pronti a pagare dei prezzi, ma credo che tutto sommato ce la possiamo fare.

2-Che pensi del silenzio assoluto intorno alla conferenza di Vienna sul TPAN, il trattato Onu di proibizione delle armi nucleari che è valso alla rete internazionale Ican il Premio Nobel per la pace nel 2017 per il disarmo nucleare universale? Una vera svolta per il mondo pacifista. Un Premio Nobel per la pace collettivo di cui i testimoni siamo tutti noi nonviolenti e pacifisti affiliati alla rete Ican. E’ una rivoluzione e una speranza per l’umanità intera. E che pensi del fatto che questo trattato ONU, il TPAN, non venga ratificato dai paesi Nato, compreso il nostro? L’egida Nato incombe su molti paesi come il nostro e impone in tutto il mondo guerre, distruzioni, massacri, terrorismo e genocidi.

Purtroppo siamo in una fase in cui i grandi progressi degli anni novanta sul controllo delle armi e delle armi nucleari sono in fase di forte risacca. Stiamo tornando indietro. Quindi credo che invece di ragionare sullo specifico episodio, sia il caso di pensare a cosa sta accadendo a livello complessivo. Purtroppo quelli che un tempo erano un disvalore, ora sono tornati ad essere un valore e cioè le armi e gli armamenti.

Viviamo una corsa globale verso il commercio e il trasporto di armi. Pensiamo al caso del Parlamento italiano. In Italia non siamo riusciti a metterci d’accordo come forza politica. Anzi non sono riusciti a mettersi d’accordo su, per esempio, come fermare la strage quotidiana di morti sul lavoro. Eppure è un’emergenza di cui tutti conosciamo l’evidenza. Tutti i giorni vi è più di un morto sui giornali. Un morto che è uscito di casa non per andare a fare la guerra, ma per andare a lavorare. Eppure in poche ore il Parlamento italiano è riuscito a mettersi d’accordo sull’innalzamento delle spese militari al 2 per cento del PIL, senza per giunta porsi il problema di quanti ospedali, quanti ambulatori, quante scuole, quanti asili chiuderemo per alzare le spese in Italia al 2 per cento.

Quindi credo che il tema oggi sia specificamente quello della abolizione della corsa al riarmo e questa corsa agli armamenti va fermata perché le armi assolutamente fanno un immane danno. Perché di fatto alimentano il ciclo della guerra, ma non solo: sottraggono soldi per utilizzi civili e questo è davvero qualcosa di molto, molto preoccupante.

3-Il pensiero unico bellicista è il risultato dell’enorme potere della industria degli armamenti per cui hanno ragione coloro che affermano che le guerre esistono perché le armi una volta prodotte vanno vendute con adeguata strategia di marketing?

No. Credo che ci sia un problema generale. L’industria delle armi fa il suo lavoro. Semplice. Il problema vero è invece il fatto che ormai si è imposta nello spazio mediatico una cultura della guerra che è la guerra normalizzata. E credo che il vero tema sia questo. Cioè la pace non ha sponsor, la guerra sì. Anche perché la guerra produce profitti monetari e non monetari per una serie di centri di potere. Esempio la politica. Boris Johnson è uno che ha usato il conflitto armato in Ucraina per riscattarsi, riuscendoci per qualche mese poi alla fine ha capitolato. Ha dovuto capitolare per riscattarsi dai disastri combinati dal suo governo in pandemia per il covid.

E quindi il problema vero è che la pace sponsor non ne ha. La pace non ha voce. La pace non ha chi investe sulla pace e questo è, secondo me, colpa dei governi per cui quando comincia una guerra, quando si prepara una guerra, si levano solo e più forte delle altre le voci di chi sostiene il conflitto bellico. Diciamo che nel caso dell’invasione russa dell’Ucraina e il seguente scontro guerresco, si è creata una situazione senza precedenti. Vale a dire è la prima volta che abbiamo memoria di un conflitto e a maggior ragione perché il pensiero unico bellicista non vuole solo avere ragione. Il pensiero unico bellicista lancia uno stigma su tutti quelli che la pensano diversamente. Il pensiero unico bellicista corrode la democrazia. Quindi il tema che ci dobbiamo porre è se oggi non possiamo parlare di pace senza essere trattati da nemici della Patria al soldo del nemico. Domani di cosa non potremo parlare?

4-Ritieni che dopo l’occasione mancata in Italia siano maturi i tempi per un Partito della Pace che si presenti in tutte gli Stati membri alle prossime elezioni europee? E’ necessario che la pace possa essere rappresentata in politica.

Ma io non credo onestamente alla politica, solo politica, intesa come partitica. Sono un dilettante. Quindi non mi applico. Credo che avere un partito della Pace sia limitante. Perché poi alla fine che cos’è la pace? la pace è progresso. Un emblema della pace: Aldo Capitini. Nei giorni scorsi Sono stato alla biblioteca di San Matteo degli Armeni a Perugia dove ho presentato il mio libro “Maledetti pacifisti”. In quella biblioteca sono conservati tutti i suoi documenti, i carteggi e le lettere e mi ha colpito vedere e capire in realtà questa figura. Quell’asceta della pace: Aldo Capitini. E’ una figura che ha fatto una scelta per la Pace. In realtà lui metteva tutto insieme: la pace è progresso. Perché la pace è creativa a vari livelli per tutti.

L’Italia, non dimentichiamolo mai, perché non lo dicono, sta vivendo il più lungo periodo di pace della sua storia che coincide col massimo periodo di benessere del nostro paese. La pace creativa dà dividendi per tutti. La guerra profitti per pochi. Il problema è che la pace li crea a lungo termine. Evidentemente della pace invece ci dobbiamo prendere cura. Perché per questo tipo di occupazione se letteralmente la pace è limitata – perché noi abbiamo bisogno anche di pace sociale – è necessario che questa categoria di pace si diffonda in tutti i settori. Non vi è solo la pace, ma anche la pace dei morti del lavoro, vi è la giustizia, cioè il progresso. Ci sono i diritti. Credo che vada tutto ottenuto insieme. Quindi credo che sia limitante condurre una attiva campagna sulla pace che non tenga conto del progresso. Esattamente come la Resistenza italiana che è stato un fenomeno molto complesso che poi in realtà non voleva difendere solo la nazione, ma voleva difendere il cambiamento. Voleva un paese migliore e poi anche la difesa dell’ integrità territoriale, ma non era solo questo. Era un fenomeno complesso. (Cfr. Resistenza e Nonviolenza creativa, Mimesis Edizioni 2022)

5 -Puoi azzardare una previsione di come finirà tra Russia e Ucraina e quanto durerà la simpatia e l’accoglienza in Europa in favore dei profughi ucraini? Anche se la guerra è sempre fondata sulla violenza.

Spero che la Polonia e i vari paesi imparino da questa vicenda: la gente che fugge dalle guerre va accolta. Non solo se l’altro da noi ha la nostra stessa religione e il nostro stesso colore di pelle. Va accolta sempre. Quindi, me lo auguro. Me lo auguro profondamente. Mi auguro la solidarietà verso i profughi ucraini esattamente come non cessi verso i profughi delle altre guerre. Il problema è che per non cessare deve cominciare. E Crotone ci insegna che non è cominciato o meglio la solidarietà è episodica. Poi un altro tema. Il cosa accade quando proviamo a fare delle previsioni sulla guerra? E’ sempre molto difficile perché la guerra alla fine è un gioco di adattamento alla violenza.

Le guerre sono cose complesse. Ma si reggono su un principio molto semplice: l’adattamento. Io colpisco te. Tu colpisci me. Io mi adatto al tuo colpo affinché non sia un colpo letale e tu ti adatti al mio affinché non sia un colpo letale. Per cui man mano che questo equilibrio di adattamento resta in piedi le guerre durano tra alti e bassi, ma durano. Le guerre lampo esistono solamente nelle speranze dei generali e dei dittatori, ma in realtà le guerre, basta considerare l’Afghanistan, che è l’archetipo dei conflitti contemporanei, cominciano, ma non finiscono. Esistono persone al mondo che hanno il potere di scatenare conflitti micidiali, ma non vi è nessuno su questo pianeta capace di fermarli. Perché non dipende da noi.

Perché quando è scoperto il vaso di Pandora della guerra, i demoni che ne escono fuori hanno una loro autonomia. Quindi non me la sento di fare previsioni. Dico però una cosa. Di stare attenti perché quando si dice “l’unica strada è la guerra” di fatto si prende una pallina e la si butta nella roulette. Ma nella roulette ci sono due colori. Il rosso e il nero. Lo zero è statisticamente trascurabile. Il rosso e il nero: e non è detto che la pallina si fermi dal lato che noi preferiamo. Quindi per questo scegliere la guerra cercando di immaginare una punizione per il cattivo è un modo per affrontare le cose. Tra l’altro il caso afghano ci insegna. La Prima Guerra Mondiale ci insegna. Ma questo conflitto non ha una soluzione militare. Ha solo una soluzione diplomatica. E’ chiaro nel momento in cui prendiamo atto di questo. Prima si arriva a una soluzione diplomatica, prima le persone smettono di morire. Il che mi sembra un tema di cui nessuno si sta facendo carico. Si continua a parlare di questo Risiko, della guerra, senza ricordarci che in mezzo esiste gente che muore.

6-Alla luce dei risultati elettorali, ritieni ancora che la maggioranza degli italiani siano per la pace o vogliono essere solo lasciati in pace?

Mi sembra abbastanza relativo. Credo che gli italiani stiano sentendo dal primo momento il peso della guerra perché i sondaggi sono concordi. Quando sono arrivati gli aumenti del gas, la fine del turismo Russo, la fine delle importazioni, danni per l’economia, inflazione, per cui anche un po’, secondo me, è banale dire che gli italiani non vogliono la guerra perché vogliono farsi i fatti loro. Mi sembra che sia in atto anche un processo di criminalizzazione dei poveri. Cioè i poveri vengono accusati di essere contro la guerra perché non vogliono pagare le bollette. Però una famiglia di basso reddito deve pagare le spese familiari e il reddito è già indirizzato verso l’ineliminabile, ossia l’energia, quindi luce e gas e la spesa. Quindi quello che c’è da mangiare. Poi l’affitto. Ma a che cosa deve rinunciare la gente? queste persone a cosa devono rinunciare? al cinema? all’auto? e probabilmente non la usano più. Alle vacanze? mai fatte. Quindi diciamo questo: a me ricorda un po’ la battuta che gira ancora in Russia su Stalin quando gli dicevano “Compagno segretario il popolo è contrario” e lui rispondeva “Cambiate il popolo”. Cioè se c’è un dato di fatto che in Italia la gente è contro la guerra, ma perché dobbiamo dire tutti i giorni che la gente è stupida?

7-Hai mai conosciuto obiettori di coscienza russi?

No. Anche perché in realtà è un fenomeno che è nato dopo. Soprattutto dopo la costrizione al servizio militare straordinaria di settembre. Gli obiettori di coscienza, i cosiddetti renitenti alle armi, alla leva ci sono anche in Ucraina. Cioè di recente vi è stata un’operazione dei servizi segreti ucraini contro i vertici della Compagnia Portuale di Odessa perché accusati di fabbricare finti documenti di imbarco per consentire ai giovani di non partecipare alla guerra.

Non è giusto verso l’Ucraina raccontarla come la stiamo raccontando cioè come un paese in armi. Ucraina significa terra di confine, quindi Terra di Mezzo e quindi è un paese dove è stata scritta la canzone Sole mio: non è stata composta a Napoli. E’ stata scritta a Odessa. E’ un paese di una complessità notevole. Con un versante filo russo più vicino alla Russia dove sono arrivati negli anni ’30 migliaia e migliaia di russi portati da Stalin per le miniere di carbone. Poi una parte che si sente più polacca. Un paese complesso come l’Italia. E poi noi, l’Italia è un paese complesso per eccellenza. Ma è un paese complesso e quindi come tale va trattato. Non credo sia giusto verso l’Ucraina. Una narrazione funzionale al pensiero bellicista, ma non è giusto definirla come un paese che non si vuole arrendere, dove il popolo vuole combattere fino alla fine, ma credo che il popolo voglia pace e pane e avere magari anche corrente elettrica e gas eccetera.

8 – Cosa puoi dire a due “Maledetti pacifisti” che tutti i giorni si scontrano con altri Maledetti pacifisti per riuscire a trovare una unione di intenti per creare delle azioni serie e concrete al fine di apportare un cambiamento? Quindi l’intenzione del tuo lavoro è una provocazione.

Il fatto di affermare: “Ma questi maledetti pacifisti”. Noi pacifisti veniamo sempre messi un po’ alla berlina. “Il solito pacifista…” Quando porti delle nuove istanze dai sempre fastidio. Però già è importante riuscire noi stessi a metterci insieme e a portare azioni un po’ più concrete e un po’ più con voce. Un po’ più pacifisti. Siamo frastagliati. Siamo divisi. Non vi è più omogeneità perché si fanno avanti i poteri forti spacciati da progressisti: la sinistra con l’elmetto e le destre.

La destra è un universo. Insomma un universo ampiamente frammentato. Pensiamo a tutti i gruppi che stanno più a destra. Le sigle. Pensiamo alle divisioni che oggi ci sono al governo. Eppure riescono sempre a trovare l’unità tra loro. Per noi pacifisti, il tema è superare le differenze e stare insieme per il grande obiettivo. Il grande obiettivo non è solo la pace in Europa e il disarmo. Il grande obiettivo è salvare la democrazia italiana. Perché il pensiero unico bellicista corrode la democrazia. Oggi è questo il problema e se non lo capiamo ci mettiamo in una posizione di enorme difficoltà. Per il futuro. Perché se il popolo della pace con tutte le sue diversità oggi non riesce a reclamare lo spazio non lo reclamerà a lungo.

Quindi credo che noi dobbiamo assolutamente fare lo sforzo – ognuno di noi – di provare a radunare questo mondo variegato del pacifismo. Insomma dall’estate, cioè da quando sono tornato stabilmente in Italia sto girando e sto andando praticamente ovunque. Più di 40 date e in realtà per parlare di pace e di questi argomenti. È un modo per stare a contatto con la vera Italia. La cosa brutta e triste è quando alla fine poi, come mi dovrebbe in realtà lusingare, ma non è così, le persone alla fine mi dicono che si sono sentiti meno sole perché vuol dire che allora le cose stanno veramente messe male. Perché se qualcuno tiene una conversazione e dove non è qualcuno, ma sono tanti e si ripetono e ti vengono a dire grazie. Mi dicono così. “Questa sera ci siamo sentiti meno soli” e vuol dire che siamo in una situazione gravissima. In questo paese stiamo marciando negli anni ’20 degli anni bui del fascismo e questo ci deve far paura. Per questo dobbiamo porci e opporci con forza, perché se non ci opponiamo con forza a questo, tutto il resto diventa assolutamente relativo. Perché poi torniamo alle gabbie salariali. Ma poi dopo le gabbie salariali in concreto cosa troviamo? La giornata di 8 ore lavorative? I contratti nazionali di lavoro? La leva obbligatoria? Dove stiamo andando? Questo è il tema che dovrebbe preoccupare tutti. Piuttosto che esibirsi a chi è più bellicista.

(Cfr. Laura Tussi, con scritti di Fabrizio Cracolici, Giorgio Cremaschi e Paolo Ferrero, Resistenza e Nonviolenza creativa, Mimesis Edizioni 2022)

In collaborazione con Fabrizio Cracolici, attivista di Pace, scrittore e membro direttivo ANPI Monza e Brianza e in collaborazione con il sito Italia Che Cambia, l’articolo è stato pubblicato qui.

 Questo articolo è stato pubblicato qui

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Libera Cittadinanza – Armageddon nucleare? non lo vogliamo. La pace siamo noi

DI LAURA TUSSI 

 

La deterrenza nucleare, che è una gara di potere, è sempre usata dalle superpotenze in termini ricattatori e assurdi e crudeli per tutta l’umanità soprattutto nell’attuale guerra in Ucraina

Dal nucleare civile al nucleare militare: il ‘gioco’ è fatto.

È un momento grave per la storia dell’umanità: viviamo all’ombra di circa 25.000 ordigni di distruzione di massa nucleari che possono annientare il pianeta per molte volte.

Questa situazione è resa oggi ancora più delicata dalla corsa verso il nucleare civile, che è ritenuto da molti una buona alternativa all’uso del carbone e dei fossili, principali responsabili dell’effetto serra e dei cambiamenti climatici.

Ma siamo sicuri che il nucleare civile sia un’alternativa valida per i costi e per la sicurezza? I costi sono altissimi e si calcola che negli Stati Uniti il nucleare civile in questi quattro decenni sia costato parecchi miliardi di dollari.

E la possibilità degli incidenti è alta.

Ad esempio l’incidente in Giappone a Fukushima. Ma pensiamo anche al disastro di Chernobyl.

Attualmente sappiamo che il 90 per cento delle 800mila persone addette al risanamento di Chernobyl hanno contratto tumori.

Ma il problema più rilevante è che l’industria nucleare non sa cosa fare dei rifiuti nucleari e che possono durare fino a 20.000 anni.

Il nucleare civile non è una soluzione per i cambiamenti climatici, ma una cinica scommessa dell’industria nucleare di salvare se stessa.

Il nostro deve essere un NO chiaro anche al nucleare civile.

Vari conflitti imposti dai poteri forti a rischio di guerra nucleare.

Dopo la fine del secondo conflitto mondiale, con la paura universale di violenza da parte di tutta l’umanità, con il suo spaventoso carico di morte e distruzioni, al contrario la politica rassicurante attualmente sostiene che non ci possiamo lamentare in quanto il mondo ha vissuto oltre settant’anni di pace, proprio grazie al cosiddetto ‘equilibrio nucleare’.

Nulla di più falso!

La deterrenza nucleare, che è una gara di potere, è sempre usata dalle superpotenze in termini ricattatori e assurdi e crudeli per tutta l’umanità soprattutto nell’attuale guerra in Ucraina.

 Ma si dimentica di dire che dal 1945 ai giorni attuali, i conflitti armati veri e propri sono stati più di un migliaio e che nel mondo permangono numerosi, endemici focolai di conflitto violento e armato che hanno fatto decine di milioni di morti e fanno tuttora la fortuna dei produttori di armi e del complesso militare e industriale e fossile e energetico. Con in testa la Nato e gli Stati Uniti l’industria delle armi si alimenta a dismisura innescata come una miccia dal sistema, apparato, complesso militare e industriale e fossile.

L’irrisolta conflittualità armata Mediorientale, che può sfociare nell’irreversibile epilogo nucleare

Uno dei punti nevralgici, che può innescare un conflitto nucleare esplosivo come una miccia all’ennesima e infinitesimale potenza, è rappresentato dal Medio Oriente, una regione per molti aspetti strategica, in primis per il fattore energetico, nella quale negli ultimi decenni la crisi si è ancora più aggravata con le due guerre contro l’Iraq e quella in Afghanistan, il focolaio nevralgico dell’Iran e l’irrisolto problema israelo-palestinese e analizzando il quadro bellico da varianti logistiche e valutando la situazione in un quadro differente, geopoliticamente parlando, possiamo includere anche la attuale e gravissima guerra in Ucraina.

L’irrisolto problema tra Israele e Palestina rappresenta senza dubbio l’elemento più emblematico e drammatico di questa situazione geopolitica dai connotati tragici, che sembrano praticamente irrisolvibili e indistricabili strategicamente.

Lo stesso dramma della Siria va inserito in questo contesto con il rischio già attuale di un’estensione della guerra civile nell’intera regione. Pare che il nodo vero, il terreno sul quale misurare la possibilità reale di una prospettiva di pace, convivenza e cooperazione in quella terra di conflitto, resta senza dubbio alcuno quello dei rapporti tra Israele e Palestina e non è certo a caso che sin dall’ultimo decennio del secolo scorso e anche nei primi anni del nuovo millennio, proprio in quell’area mediorientale, si è manifestato un forte e prioritario impegno umanitario e attivismo del mondo pacifista.

La società civile per “ricomporre l’infranto”

Ecco la ragione per la quale sembra opportuno, e forse necessario, ricostruire, sia pure sommariamente, il senso e la portata di un impegno umanitario e nonviolento e un attivismo di pace molto vivi e sentiti, che hanno visto esprimersi la generosità e la disponibilità di centinaia di donne e di uomini, di decine di istituzioni locali, di numerose associazioni che, generazione dopo generazione, hanno seminato nella terra, culla delle religioni monoteiste la cultura della pace e della convivenza, dove la società civile e le opere di volontariato laico si spendono per “ricomporre l’infranto”.

Sarebbe troppo lungo ricordare le innumerevoli iniziative lungo le quali si è dispiegato questo fondamentale impegno umanistico ancor prima che umanitario, dal “Times for Peace” che ha circondato con una catena umana di italiani, europei, israeliani e palestinesi le mura di Gerusalemme, fino ai progetti di concreta solidarietà con la comunità della cittadina di Rafha nel sud della striscia di Gaza e con la cittadina di Beit Yala alle porte di Betlemme, solo per ricordare i più significativi, oltre all’impegno di più di cinquanta comuni italiani sul terreno della cooperazione, nel tentativo di mettere assieme, far parlare, far interagire, far cooperare i rappresentanti di questi due popoli: Israele e Palestina.

di Laura Tussi

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Alex Zanotelli: contro la guerra e il riarmo, boicottare le banche armate

Scritto da: LAURA TUSSI

Alex Zanotelli interviene con decisione sul tema delle banche armate per sostenere la campagna di sensibilizzazione sugli investimenti non etici degli istituti finanziari e per difendere la legge 185 dagli attacchi del ministro Crosetto e della lobby delle armi. La sua esortazione contiene due inviti fondamentali, uno alla consapevolezza e all’informazione e un altro alla disobbedienza civile.

Pochi giorni fa si è tenuto un incontro organizzato dall’AIAD – la Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa – alla presenza del ministro Crosetto, che si è detto favorevole a modificare la legge 185 perché sta bloccando troppo la vendita di armi. Le reazioni a questo attacco non si sono fatte attendere e uno dei primi a intervenire è stato Alex Zanotelli: «Non ho mai visto un Governo italiano così prigioniero del complesso militare industriale di questo Paese e questo è gravissimo», ci ha detto. 

Un altro aspetto preoccupante che emerge dalle dichiarazioni di Crosetto riguarda il rapporto fra guerra e finanza.

Il ministro si è detto molto preoccupato per le banche etiche perché – a detta sua – diventa sempre più difficile trovare soldi dalle banche che si sentono accusate di non essere etiche. Per questo ha dichiarato di voler fondare una nuova banca che investa soltanto nel militare. Per questo penso che diventi fondamentale in questo momento proprio l’invito a tutti a evitare e soprattutto boicottare le banche armate. Con la guerra in Ucraina verranno prodotte molte armi ed essa andrà avanti perché è importante produrre armamenti e poi smaltirli subito. È il solito modo di procedere.

zanotelli
Alex Zanotelli
Cosa ti preoccupa di più di questa situazione?

Quello che mi preoccupa di più non è tanto la reazione della società civile, che purtroppo non è molto cosciente, quanto quella delle comunità cristiane. Il livello dovrebbe essere molto chiaro: non possono lasciare i loro soldi in mano alle banche che investono nella produzione di armi. Quel povero Gesù di Nazareth era il profeta della nonviolenza. Il grande teologo Enrico Chiavacci al Concilio Vaticano Secondo ha detto una cosa molto chiara: un cristiano è obbligato a sapere dove tiene i propri soldi, in quali banche e come quella banca usa quei soldi. 

Quello che mi sconcerta di più è quindi il silenzio da parte delle comunità cristiane, delle parrocchie, delle diocesi, dei vescovi. Non riesco a capirlo. Ormai noi cristiani siamo talmente conformati al sistema economico-finanziario militarizzato che accettiamo come una cosa normale che i nostri soldi vengano investiti in tutta questa infernale produzione. Penso che sia importante un appello alle comunità e a tutti i cittadini perché davvero adesso devono compiere una scelta sostanziale. Non vogliamo la guerra, siamo per la pace, ma se poi i soldi li depositiamo in una banca che investe in armi e ordigni militari la coerenza viene meno. È necessario aiutare la gente a capire questo, ma non è facile. 

Come valuti oggi il mercato degli armamenti in Italia?

L’anno scorso abbiamo investito per 32 miliardi di euro in armi. È pazzia collettiva. Sono tutti soldi che vengono tolti alla scuola, alla sanità pubblica e ad altri settori vitali. La campagna di boicottaggio delle banche armate dovrebbe motivare la gente, far capire che i suoi soldi non possono essere usati per costruire armamenti che ci stanno conducendo inesorabilmente a un disastro planetario. E dall’altra parte ricordiamoci quanto pesano sull’ecosistema queste guerre, che provocano un altissimo tasso di inquinamento e qui siamo davanti all’estate incandescente. 

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Il ministro Crosetto
Vendere armi nelle zone calde, nelle aree di conflitto armato è vietato dalla legge 185/1990, come anche dalla nostra Costituzione. L’export di armamenti è veicolato verso i paesi impegnati nella guerra contro lo Yemen, verso i paesi come l’Egitto di al Sisi e la Turchia di Erdogan. Puoi argomentare queste considerazioni?

Il problema è drammatico. Il Ministro della Difesa Crosetto è molto preoccupato della 185 perché ostacola la vendita d’armi, che lui al contrario vorrebbe accelerare. È una legge nata in seguito a una lunga battaglia di cui ho fatto parte con la rivista Nigrizia. Poi mi hanno “defenestrato” e sono andato in Africa, ma quel movimento, che includeva tantissime organizzazioni, ha portato alla legge 185, che è unica in Europa. È un piccolo strumento per prevenire un sacco di disastri ed è fondamentale difenderlo ostinatamente, anche a costo di pagare di persona. 

I caricatori del porto di Genova, i Calp –ma anche quelli di altri porti –, si sono rifiutati di caricare le armi sulle navi destinate all’ Arabia Saudita per la guerra contro lo Yemen. I portuali stanno pagando di persona, sono incriminati e rischiano di essere processati. Ma oggi diventa fondamentale la disobbedienza civile. Giorni fa ho partecipato a un incontro sul caporalato in Campania e il vescovo emerito di Caserta, Monsignor Nogaro, ha detto proprio queste parole: «È arrivato il tempo di gridare che è necessaria la disobbedienza civile. Siamo arrivati a questo punto. Dobbiamo davvero disobbedire». 

Questo però vuol dire pagare nella propria vita e so che questo non è facile. Eppure il cittadino che capisce quanto è folle questo sistema drammatico deve avere il coraggio. Questo per le armi ma non solo: ho sempre appoggiato tutte le manifestazioni di Ultima Generazione, fanno bene a fare quello che fanno perché oggi stiamo andando verso il disastro ecologico.

armi nucleari 1
L’idea di base della campagna di pressione sulle banche armate è valida perché tende a bloccare questo sistema di commercio di armamenti. Con quali modalità?

Le modalità di questa campagna di boicottaggio delle banche armate è molto semplice. È necessario comprendere il problema e reagire. Basta semplicemente ritirare i propri soldi dalla banca che investe in armi e vedere di trovare una banca etica, ossia un’altra banca che non investa in armi. È fondamentale questa azione. Tutto questo non è facile perché è chiaro che gli interessi sono tanti perché certe banche – come le tre banche principali in Italia: Unicredit, Intesa Sanpaolo e Deutsche Bank – danno alti dividendi, che sono molto più vantaggiosi, e quindi ognuno anche qui ci perde a livello personale. Ma dobbiamo cominciare a capire che non si può continuare così.

Penso che il successo dipenda da due fattori fondamentali. Finora abbiamo lanciato questa campagna con Pax Christi e le tre riviste NigriziaMissione Oggi e Mosaico di pace, ma non basta. Stiamo premendo affinché la chiesa italiana faccia un passo in avanti. Ma allo stesso tempo ci vorrebbe anche da parte della società civile la capacità di rilanciare con forza tutta questa azione, perché molta gente non sa nulla di queste cose. 

Il secondo fattore è la disobbedienza civile dei tanti che lavorano in fabbriche d’armi: che si rifiutino di continuare a fare il proprio lavoro. Ho scritto recentemente – in occasione del funerale di Berlusconi – che l’amoralità, cioè la non-moralità, è diventata l’etica del popolo italiano. Questo è il problema: non ci sono più valori né ideali e questo richiede un intervento soprattutto da parte della rete della Chiesa, che deve ricominciare a formare una coscienza di valori. 

La campagna di boicottaggio delle banche armate dovrebbe motivare la gente, far capire che i suoi soldi non possono essere usati per costruire armamenti


Il valore delle operazioni segnalate dalle banche italiane relative al commercio di armi sfora i 9 miliardi e mezzo di euro. Le riviste missionarie Nigrizia, Mosaico di pace e Missione oggi come denunciano il fatto che gli istituti di credito si sono messi al servizio delle aziende belliche?

In generale le tre riviste sono molto chiare sulla denuncia di tutto questo ed è fondamentale che continuino in questa loro denuncia, che però da sola non è sufficiente. Sono tre voci che non hanno gran peso nella società italiana. Bisognerebbe che qualche televisione o qualche grosso giornale iniziasse una campagna sul tema, ma chiaramente il problema è che sono tutti parte del sistema: basta vedere un giornale e chi lo paga, da dove riceve fondi. Penso che anche questa sia una vera e propria missione. Sono un missionario e a volte sembra sempre di parlare al deserto, ma è importante continuare a declamare la nostra posizione. 

Non smetterà mai di invitare tutti a riflettere su come i nostri soldi vengono usati. Vale per le banche armate, ma vale anche per chi investe in fossili. Sono due facce della stessa medaglia, perché sono le due realtà che ci stanno portando alla possibilità che la presenza umana sul pianeta venga meno. 

Anche il PNRR sarà sempre più proiettato all’investimento e produzione di armi?

Il PNRR dovrebbe servire alla società civile, soprattutto servire a portare avanti la scuola e la sanità, ma se i fondi vanno a finire in armi e non rimangono che le briciole per tutto il resto. Questa è una cosa gravissima.