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Movimento di Cooperazione Educativa: nuove proposte per un’educazione consapevole

Scritto da: LAURA TUSSI

Da decenni maestri e maestre con una visione illuminata e lungimirante provano a gettare le basi per un modello educativo più consapevole e creativo, fondato sullo spirito critico e sulla valorizzazione dei talenti. Oggi questa missione è portata avanti, fra gli altri, dal Movimento di Cooperazione Educativa, che si è riunito recentemente in un’assemblea nazionale.

NapoliCampania – Si è da poco conclusa la 72a assemblea nazionale del Movimento di Cooperazione Educativa tenutasi a Napoli nei giorni 14, 15 e 16 aprile. L’associazione fu fondata nel 1951 a Fano sulla scia del pensiero pedagogico e sociale di Célestin ed Elise Freinet. All’indomani della guerra, nel momento di pensare alla ricostruzione, alcuni maestri quali Giuseppe Tamagnini, Adriana Fantini, Aldo Pettini, Ernesto Codignola e più tardi Bruno Ciari, Mario Lodi, Alberto Manzi, Albino Bernardini, Giovanna Legatti e tanti altri si unirono attorno all’idea di una cooperazione solidale che diviene crescita e integrazione sociale.

A 72 anni di distanza rimangono vivi gli ideali iniziali; d’altra parte la scuola non sembra avere fatto propri quei cambiamenti che già le giovani maestre e i giovani maestri auspicavano. La discussione, come al solito avvincente e approfondita, ha tenuto conto delle problematiche che attraversano e hanno attraversato le scuole alla luce della pandemia e delle guerre, che mettono angoscia e privano di sicurezza il futuro dei giovani. L’educazione alla pace e alla nonviolenza infatti rappresentano da sempre uno dei punti cardine dell’attività pedagogica dell’associazione.

Movimento di Cooperazione Educativa 1

I partecipanti all’assemblea hanno convenuto che, nonostante il superamento dei programmi nazionali – prescrittivi dal punto di vista dei contenuti dell’apprendimento – e il passaggio alla scuola del curricolo operato dalle indicazioni nazionali del 2012, molti docenti costruiscono ancora il loro programma sulle materie da trasmettere, come accadeva nella vecchia scuola, tanto criticata dai maestri come Mario Lodi: il soggetto che apprende, oggi come ieri, non è al centro del progetto educativo.

I cambiamenti intervenuti nella ricerca pedagogica faticano a riflettersi nella scuola di tutti i giorni; nelle aule in molti casi si ricorre ancora  a pratiche trasmissive, centrate sulle discipline scollegate tra loro, il libro di testo, la lezione frontale. Le attività rimangono  lontane dalla vita interiore dei soggetti e  non favoriscono lo sviluppo di capacità critiche, creative e di libera espressione così come l’imparare ad apprendere, l’acquisizione di abiti mentali, l’apprendimento per lo sviluppo di competenze. 

Privato degli strumenti reali per intervenire sulla realtà, il pensiero ripiega nell’omologazione, quando non si spinge a sposare addirittura il paradigma neoliberista del successo individuale

Ed è in questo contesto che le più giovani e i più giovani tra gli insegnanti percepiscono le contraddizioni di un invito all’esercizio del pensiero critico: privato degli strumenti reali per intervenire sulla realtà, per l’assenza di occasioni autentiche di confronto intergenerazionale, il pensiero ripiega nell’omologazione, quando non si spinge a sposare addirittura il paradigma neoliberista del successo individuale come sola condizione per l’esigibilità di qualsiasi diritto. 

Le tecniche cooperative sono fondamentali in questa direzione, perché realizzano contesti e propongono pratiche socio-costruttive e cooperative, riconoscono la centralità del soggetto, danno dignità e valore ai portati culturali, alle lingue e ai linguaggi presenti nel gruppo e ai bisogni formativi di ognuno e ognuna. 

Movimento di Cooperazione Educativa 2

Ancora una volta, al termine dell’assemblea, i partecipanti tornano ciascuno nelle proprie realtà con tanto entusiasmo e idee da proporre nelle classi, con la consapevolezza che la situazione politica attuale richiede tenacia e capacità propositive a tutti i livelli. L’Assemblea Nazionale del Movimento di Cooperazione Educativa non ha mancato di ribadire il proprio impegno per la pace e per una diversa cultura della risoluzione dei conflitti con l’utilizzo di mezzi nonviolenti. 

Ha altresì sottolineato l’importanza di avviare una riflessione sull’eventuale costituzione di un gruppo nazionale di ricerca-azione e di educazione alla pace che approfondisca le tematiche per la risoluzione nonviolenta dei conflitti, per la giustizia e l’uguaglianza nel mondo e per l’affermazione dei diritti dell’infanzia e l’adolescenza, che verrà eventualmente formalizzato nella prossima assemblea, nel 2024.

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Raffaele Crocco: “La pace non dev’essere la fine di una guerra, ma la normalità”

Scritto da: LAURA TUSSI

Il contrasto alle guerre e alla cultura bellicista che le alimenta deve districarsi su più piani, da quello politico a quello culturale, dalla presenza fisica nelle piazze e nelle strade a una nuova semantica di pace. Lo sostiene, fra gli altri, il giornalista e inviato di guerra Raffaele Crocco, direttore di Unimondo e Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo.

Quella di Raffaele Crocco è una vita spesa a costruire e montare reportage e a portare testimonianze dai vari luoghi di conflitto armato nel mondo per contribuire prima di tutto a un’informazione seria, vera, equa, giusta. Oltre a essere giornalista Rai e inviato di guerra infatti, Raffaele è anche direttore di due progetti divulgativi, Unimondo e Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo, che trattano di vari temi che spaziano dalla nonviolenza ai conflitti nel mondo, senza dimenticare ovviamente l’attuale e stringente situazione in Ucraina.

Come si pongono Unimondo e Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo rispetto a queste prospettive apocalittiche, ma che possono con il tempo concretizzarsi e diventare realtà, soprattutto tramite l’escalation bellica tra le due superpotenze coinvolte nel conflitto ucraino?

Noi che siamo pacifisti e nonviolenti non parteggiamo per una parte o per un’altra, anche se cerchiamo di comprendere e studiare le motivazioni geopolitiche di entrambe. Ma ci si rende sempre più conto che la ragione non sta e non sarà mai con il potere guerrafondaio, con il militarismo a oltranza, con il reclutamento di miseri uomini per la guerra, con il continuo invio di armi in questa congiuntura bellicista e oscurantista e guerrafondaia. 

raffaele crocco
Raffaele Crocco

È proprio da ogni singola persona, dalla gente che scende nelle piazze contro la guerra che deve partire un’emanazione di pace. Dobbiamo a tutti i costi costruire la pace. Fare convergenza di popoli, genti, minoranze con energie fisiche e emotive e creatività a oltranza per ottenere la pace tramite la nonviolenza attiva che parte da ogni singola persona – per approfondire questi concetti si legga il saggio Resistenza e Nonviolenza creativa. I cittadini dal basso in ogni angolo del pianeta possono fare la pace, parafrasando le parole di Gino Strada. È necessario una presa di posizione pacifista di tutte le popolazioni senza farsi intimorire dalle strategie belliciste, militariste, guerresche dei poteri forti.

Raffaele Crocco, come argomenti queste affermazioni sui tuoi canali divulgativi?

In realtà la risposta è più semplice di quanto sembri: la pace è la cosa più intelligente che possiamo proporre. Dobbiamo lavorare su questo, trasformando il pacifismo in atto politico, cioè nella costruzione concreta di una società che sappia misurare con esattezza e convenienza i benefici della pace. Una società che si fondi sul rispetto dei diritti umani e che in quel rispetto trovi nuove formule per la distribuzione della ricchezza, l’uso delle risorse naturali e l’applicazione dei diritti individuali e collettivi. 

guerre mondo
È una rivoluzione che va portata avanti anche sul piano culturale?

Se ci pensiamo, consideriamo normalità la guerra e questo è semplicemente stupido. È come se considerassimo normale vivere ammalati, con qualche momento eccezionale in cui siamo sani. Ora, questa idea che a molti appare irrealizzabile è invece una strada percorribile. Noi abbiamo gli strumenti e le conoscenze per rendere reale questo progetto. Allora, andiamo per gradi: la cosa magnifica sarebbe iniziare a parlare di Pace in tempo di Pace. Intendo che dovremmo smetterla di legarla sempre alla fine di una qualche guerra. Questo ci costringerebbe a usare parole nuove e diverse. Soprattutto ci porterebbe a leggere la storia in modo differente e a immaginare l’educazione, la scuola, come luoghi di costruzione della cittadinanza attiva.

Una costruzione e una costruzione lenta, inesorabile, difficile, inflessibile, quotidiana, che coinvolge tutti e ciascuno. Un agire – la pace è azione, non immobilismo o indifferenza – che trasforma “l’utopia” in concretezza. Noi sappiamo esattamente cosa fare. Sappiamo che la guerra è effetto, non causa. Vuol dire che arriva là dove diritti umani, libertà, equa distribuzione del reddito restano lettera morta. 

In tutto questo il ruolo dell’informazione è fondamentale. Credo, con tutta la prudenza del caso, che lo sviluppo della rete abbia portato benefici abbattendo costi, pigrizie e creando buona informazione. Si sono moltiplicate le testate impegnate nel diffondere cultura della pace e nel dare notizie precise di ciò che accade nel Pianeta. L’informazione poi si è moltiplicata nelle occasioni pubbliche di incontro, stimolando curiosità e interesse.

Consideriamo normalità la guerra e questo è semplicemente stupido. È come se considerassimo normale vivere ammalati, , con qualche momento eccezionale in cui siamo sani

Qual è il ruolo del movimento pacifista in tutto ciò?

Altrettanto importante però è il lavoro “pratico”, creato da  gruppi, associazioni e ONG pronte ad operare sul campo, sia intervenendo nelle emergenze e nella salvaguardia reale del diritto umanitario, sia operando nei territori per far crescere la cittadinanza consapevole, legando i principi del consumo responsabile, della crescita sostenibile, del rispetto dell’ambiente e dei diritti alla grande partita ella costruzione quotidiana della Pace. Nei fatti, oggi possiamo probabilmente contare su una rete operativa e consapevole molto più presente e solida di trent’anni fa. Magari è meno appariscente.

La militanza si manifesta molto meno nella partecipazione alla protesta in piazza, ma è forte e la troviamo nella piccola, ma diffusa e responsabile azione quotidiana. Abbiamo conoscenza, strumenti e voglia di cambiare le cose. È essenziale smetterla di pensare sia impossibile. È fondamentale mettersi alle spalle le grida e gli slogan di chi sguaina la spada e grida alla guerra come “inevitabile”. La storia non è non sarà dalla loro parte. Non per bontà. Semplicemente per intelligenza.

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Maledetti pacifisti: la pace passa anche attraverso il racconto della guerra

di Laura Tussi (sito)

“Maledetti pacifisti” è il titolo dell’ultimo libro del giornalista e reporter di guerra Nico Piro. Un titolo provocatorio che vuole sottolineare come un’informazione equa, obiettiva e libera sulla guerra sia uno strumento di pace fondamentale per contrastare una deriva bellicista che oggi si sta espandendo non solo sul piano politico, ma anche su quello culturale.

 

Il suo Maledetti pacifisti, vincitore del premio Ilaria Alpi, è un importante libro di denuncia, dal titolo provocatorio. Ma è davvero ancora possibile fare giornalismo al servizio del lettore e non del pensiero unico bellicista? Nico Piro è un inviato di guerra con una lunga esperienza e proprio con lui abbiamo parlato di conflitti, di pace e di comunicazione in merito a questi due temi centrali, soprattutto nell’epoca attuale.

L’Europa e il mondo intero inseguono la pace. È possibile raggiungerla?

Vi è sempre una possibilità, perché dipende da noi. Diceva Teresa Sarti Strada che ogni persona deve fare il suo pezzettino, ma poi questi pezzettini vanno messi insieme e formano un mosaico che può cambiare il mondo. Credo sinceramente che ciascuno di noi sia chiamato a fare la differenza e per questo occorrono determinazione e forza. Credo che si debba partire da un’informazione seria, equa, vera, che deve riprendere la battaglia di Gino Strada per l’abolizione della guerra.

nico piro13

I tempi sono più che maturi, anche se qualcuno dirà che è impossibile abolire la guerra. Eppure sembrava impossibile anche abolire l’apartheid fino agli anni ottanta e poi ci siamo riusciti. Sembrava impossibile abolire il segregazionismo razziale in America negli anni sessanta. Poi una donna a un certo punto si è seduta sul posto sbagliato in autobus e ha cambiato tutto. Quindi dobbiamo crederci. Ovviamente crederci significa anche essere pronti a pagare dei prezzi, ma credo che tutto sommato ce la possiamo fare.

Che pensi del silenzio assoluto intorno sul TPAN, il trattato Onu di proibizione delle armi nucleari che è valso alla rete internazionale Ican il Premio Nobel per la pace nel 2017? Una vera svolta per il mondo pacifista, ma cosa comporta il fatto che questo trattato non viene ratificato dai paesi Nato, compreso il nostro?

Purtroppo siamo in una fase in cui i grandi progressi degli anni novanta sul controllo delle armi, in particolare di quelle nucleari, sono in fase di forte risacca. Stiamo tornando indietro. Credo che invece di ragionare sullo specifico episodio, sia il caso di pensare a cosa sta accadendo a livello complessivo. Purtroppo quelli che un tempo erano un disvalore – le armi e gli armamenti – ora sono tornati a essere un valore. Viviamo una corsa globale verso il commercio e il trasporto di armi.

Pensiamo al caso del Parlamento italiano: in poche ore il Parlamento è riuscito a mettersi d’accordo sull’innalzamento delle spese militari al 2% del PIL, senza per giunta porsi il problema di quanti ospedali, quanti ambulatori, quante scuole, quanti asili chiuderemo per alzare quella voce. Quindi credo che il tema oggi sia fermare la corsa al riarmo perché di fatto si alimenta il ciclo della guerra, ma non solo: si sottraggono anche soldi alla società civile e questo è davvero molto preoccupante.

L’Italia sta vivendo il più lungo periodo di pace della sua storia, che coincide con quello di massimo benessere del nostro paese

Hanno ragione coloro che affermano che le guerre esistono perché le armi, una volta prodotte, vanno vendute con adeguate strategie di marketing?

No. Credo che occorra una visione più ampia: l’industria delle armi fa il suo lavoro. Semplice. Il problema vero è il fatto che ormai si è imposta nello spazio mediatico una cultura della guerra che è quella della “guerra normalizzata”. Il vero tema è questo: la pace non ha sponsor, la guerra sì. Anche perché la guerra produce profitti monetari e non monetari per una serie di centri di potere. Un esempio? Boris Johnson è uno che ha usato il conflitto armato in Ucraina per riscattarsi, riuscendoci per qualche mese per poi capitolare alla fine. Ma ha sviato l’attenzione dalle proteste suscitate dalla gestione della pandemia.

Vi è dunque una precisa responsabilità politica?

La pace non ha voce. La pace non ha investitori e questo è, secondo me, colpa dei governi. Quando si prepara una guerra, le voci predominanti sono spesso quelle di chi sostiene il conflitto. Il pensiero unico bellicista lancia uno stigma su tutti quelli che la pensano diversamente, corrode la democrazia. Quindi il tema che ci dobbiamo porre è: possiamo oggi parlare di pace senza essere trattati da nemici della Patria al soldo del nemico?

Ritieni che dopo l’occasione mancata in Italia siano maturi i tempi per un Partito della Pace che si presenti in tutti gli Stati membri alle prossime elezioni europee?

Onestamente non credo alla politica partitica. Credo che avere un partito della pace sia limitante. Perché poi alla fine che cos’è la pace? Nei giorni scorsi Sono stato alla biblioteca di San Matteo degli Armeni a Perugia dove ho presentato il mio libro Maledetti pacifisti. In quella biblioteca sono conservati tutti i documenti di Aldo Capitini, un profeta della pace. Mi ha colpito vedere e capire questa figura secondo cui la pace è progresso, è forza creativa.

Cosa vuol dire pace oggi in Italia?

L’Italia – non dimentichiamolo mai, anche se quasi non si può dire – sta vivendo il più lungo periodo di pace della sua storia, che coincide con quello di massimo benessere del nostro paese. La pace creativa dà dividendi per tutti, la guerra profitti per pochi. Il problema è che la pace li crea a lungo termine. Ma della pace ci dobbiamo prendere cura e dobbiamo diffonderla in tutti i settori, dalla giustizia ai diritti. Credo che vada tutto ottenuto insieme. Considero limitante condurre una attiva campagna sulla pace che non tenga conto di tutti questi aspetti.

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Antifascismo è Pace

di Laura Tussi (sito)

Lunedì 24 aprile ore 18.00

Antifascismo è Pace

Laura TUSSI e Fabrizio CRACOLICI con la speciale partecipazione di Roberto LOVATTINI presentano il libro/intervista con DVD:

Giovanni Pesce. Per non dimenticare.

E il saggio storico:

Un racconto di vita partigiana. Il ventennio fascista e la vicenda del Partigiano Emilio Bacio Capuzzo.

Entrambi i saggi sono Editi da MIMESIS.

Presentazione nella prestigiosa e alternativa e soprattutto antifascista sede della Cooperativa popolare infrangibile 1946 di Piacenza.

Link Facebook: https://www.facebook.com/cooperativapopolareinfrangibile1946/?locale=it_IT

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Educazione e Pace. Ma siamo sul crinale del baratro nucleare?

di Laura Tussi (sito)

Lunedì 8 Maggio 2023 aprile ore 18.00 

Educazione e Pace. Ma siamo sul crinale del baratro nucleare?

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-.-.-.-Presentano Laura TUSSI e Fabrizio CRACOLICI con la partecipazione di Gianmarco PISAMaurizio ACERBOVittorio AGNOLETTOGiorgio CREMASCHIPaolo FERRERO e con la speciale presenza attiva di ALEX ZANOTELLI.-.-.-

Per non arrendersi mai alla guerra. Non dobbiamo mai smettere di lottare per la pace, per il nostro diritto alla pace che è un ideale alto e sommo e incardinato nel diritto internazionale.-.-.-

Per dire basta all’invio di armi in Ucraina e in tutto il mondo e stop sanzioni e NO alle politiche del nucleare a oltranza. Per dire basta al ricatto da parte delle superpotenze della terza guerra mondiale e del terribile epilogo dell’armageddon nucleare.-.-.-

*Evento e Diretta Facebook* https://fb.me/e/sWAwrM9NQuesto articolo è stato pubblicato qui

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CONVEGNO

La pace è possibile?

12 aprile 2023

ore 18:30 (Durata: 1 ore)

Mondo, Mondo ()

Evento di MSGSV Argonauti per la Pace, Mondo Senza guerra e senza violenza, Nuova Resistenza e Nira Cabero

Mercoledì 12 aprile ore 18.30 *La pace è possibile?* Presentano Laura TUSSI e Fabrizio CRACOLICI con la partecipazione di Maurizio ACERBO, Federica FRATINI, Giorgio CREMASCHI, Ennio CABIDDU.-.-.- Per dire basta all’invio di armi in Ucraina e in tutto il mondo e stop sanzioni e NO alle politiche del nucleare a oltranza. Per dire basta al ricatto da parte delle superpotenze della terza guerra mondiale e del terribile epilogo dell’armageddon nucleare.

Evento Facebook https://fb.me/e/17C0AQzvf

Per maggiori informazioni:

https://fb.me/e/17C0AQzvf

Nira Cabero

lauratussi.pace@gmail.com

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Agnese Ginocchio, la cantautrice per la pace: “Abituarsi al male significa divenirne complici”

di Laura Tussi (sito)

Da millenni la musica è un linguaggio universale, in grado di veicolare in maniera emozionante e diretta ogni tipo di messaggio. E uno dei messaggi che in questa epoca ha più bisogno di essere diffuso è quello della pace, dell’accoglienza e della nonviolenza. È proprio ciò che fa Agnese Ginocchio, cantautrice e attivista per la pace, che con la sua musica tocca temi centrali dell’attualità, come per esempio la tragedia di Cutro.

Scritto da: LAURA TUSSI

CasertaCampania – Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri.

Don Lorenzo Milani

Appelli di pace, inviti alla riflessione e messaggi contro ogni guerra e razzismo comunicati attraverso la “musica impegnata”. Agnese Ginocchio è una cantautrice per la pace che attraverso note musicali e testi di denuncia spinge a riflettere sui nostri devastanti problemi civili e sociali, ultimo in ordine cronologico il naufragio di Cutro, avvenuto il 26 febbraio scorso nel mar Ionio. Sono questi i temi a cui si dedica l’artista campana, attivista per la pace e per i diritti dei migranti, argomenti centrali e ricorrenti nella sua produzione musicale.

«Sono una cantautrice di impegno civile», spiega Agnese. «Denuncio in continuazione perché non si dimentichi il dramma dei migranti che fuggono dalle loro terre a causa di povertà, guerre, miseria, terrorismo, genocidi, manovre economiche e disastri ambientali. Queste iniziative si svolgono in solidarietà con il “digiuno di giustizia” promosso da padre Alex Zanotelli. Il messaggio del mio nuovo video contiene anche un frammento tratto dalla Profezia del grande Pier Paolo Pasolini dedicata al dramma dei migranti nel lontano 1962».

A questo e a molto altro ancora si rivolge l’infaticabile impegno di Agnese Ginocchio, cantautrice che è stata paragonata a Joan Baez. Agnese è testimonial di pace e organizza importanti manifestazioni per diffondere la cultura della pace, dell’amore e della nonviolenza, collaborando anche con istituti scolastici e con varie realtà amministrative e istituzionali sul territorio nazionale.

«Cutro è la nostra umanità, non possiamo far finta di nulla», riprende Agnese tornando sul recente, tragico avvenimento. «Un dramma immane come i tanti naufragi avvenuti nel Mare Nostrum, trasformatosi nel cimitero più oscuro d’Europa. Ci siamo tutti dentro: voltare lo sguardo altrove significa essere indifferenti. Occorrono politiche eque, politiche di pace, fondate su leggi giuste che abbattano muri di divisione, e nel contempo leggi severe che condannino e fermino coloro che, collusi con le mafie, provocano l’illegalità delle migrazioni».

È necessario compiere ogni sforzo perché si giunga a una seria risoluzione: in primis far cessare le guerre e riportare giustizia e legalità, per mettere fine al fenomeno delle migrazioni forzate

Agnese afferma l’amore e la solidarietà nei confronti del mondo con la sua mite, ma sicura e caparbia ostinazione che sostiene l’acribia nel denunciare “in direzione ostinata e contraria”: «Respingere chi sta fuggendo per implorare salvezza e per chiedere aiuto significa divenire complici di questa ingiustizia. È necessario compiere ogni sforzo perché si giunga a una seria risoluzione: in primis far cessare le guerre e riportare giustizia e legalità, per mettere fine al fenomeno delle migrazioni forzate. Le guerre stanno ammazzando il futuro».

Il fenomeno delle migrazioni forzate è causato dalla povertà, dalla distruzione delle risorse naturali e dalla desertificazione, che provocano una reazione a catena. Ma il nostro Occidente cosiddetto civilizzato come dovrebbe reagire a tutto questo? «I migranti – risponde Agnese – consapevoli di ciò a cui vanno incontro implorano salvezza e fuggono dalle loro terre in cerca di nuova vita, di accoglienza, assistenza, solidarietà, ma lungo il tragitto spesso incontrano la morte. Uomini, donne, bambini, ormai sono numeri che non tornano».

Ricordava Don Lorenzo Milani – di cui quest’anno ricorre il centenario dalla nascita – che “l’Obbedienza non è più una virtù”. Agnese Ginocchio, fondatrice del Movimento per la Pace casertano e campano e promotrice della grande mobilitazione della Fiaccola della Pace, ancora una volta alza il suo grido di condanna e lo fa con i suoi strumenti nonviolenti che usa da sempre: la voce, la chitarra e i testi delle canzoni da lei composte. Una voce fuori dal coro che denuncia l’indifferenza di questo tempo che schiaccia sogni e speranze di quell’umanità e di quei disperati in cammino, in cerca di libertà e di Pace.

Lo ha ricordato poco tempo fa in occasione del suo intervento durante la giornata Mondiale della Donna svoltasi presso l’Aula Magna dell’Azienda Ospedaliera di Caserta, durante la Tavola Rotonda promossa da AVO Caserta a cui hanno preso parte medici e psicologi impegnati nel recupero della persona, con un focus particolare sulla testimonianza delle Donne Iraniane. Agnese ha dichiarato con forza e fermezza: «Siamo schiacciati sotto il peso insormontabile del cinismo e dell’assuefazione. Abituarsi al male significa divenirne complici. Ecco il motivo per cui non possiamo starcene zitti».

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Due “Maledetti pacifisti” intervistano Nico Piro.

di Laura Tussi

In collaborazione con Fabrizio Cracolici, attivista di Pace, scrittore e membro direttivo ANPI Monza e Brianza e in collaborazione con il sito Italia Che Cambia

1- Nico Piro, tu che sei stato insignito anche del premio Ilaria Alpi, e hai scritto l’importante libro di denuncia, dal titolo provocatorio, “Maledetti pacifisti”, quanto ritieni  ancora possibile fare giornalismo al servizio del lettore e delle persone e non al servizio del pensiero unico bellicista? Per l’alto ideale della Pace.

La Pace: vi è sempre una possibilità. Perché dipende da noi e oggi dipende da ognuno di noi. Diceva Teresa Sarti Strada che ogni persona deve fare il suo pezzettino e però poi questi pezzettini vanno insieme e formano un mosaico che può cambiare il mondo.

Credo sinceramente che ciascuno di noi è chiamato a fare la differenza e occorre avere la determinazione e la forza di fare la differenza. Poi ovviamente non è facile, ma non è stato mai niente facile. Credo che dobbiamo per esempio con grande forza fare informazione seria, equa, vera, che deve riprendere la battaglia di Gino Strada per l’abolizione della guerra e i tempi sono più che maturi e qualcuno dirà “Ma è impossibile abolire la guerra”.

Ma per la verità, se non ricordo male, sembrava impossibile anche abolire l’apartheid fino agli anni ottanta e poi ci siamo riusciti. Sembrava pure impossibile abolire il segregazionismo razziale in America negli anni sessanta. Poi una donna a un certo punto si è seduta sul posto sbagliato in autobus e ha cambiato tutto. Quindi dobbiamo crederci. Ovviamente crederci significa anche essere pronti a pagare dei prezzi, ma credo che tutto sommato ce la possiamo fare.

2-Che pensi del silenzio assoluto intorno alla conferenza di Vienna sul TPAN, il trattato Onu di proibizione delle armi nucleari che è valso alla rete internazionale Ican il Premio Nobel per la pace nel 2017 per il disarmo nucleare universale? Una vera svolta per il mondo pacifista. Un Premio Nobel per la pace collettivo di cui i testimoni siamo tutti noi nonviolenti e pacifisti affiliati alla rete Ican. E’ una rivoluzione e una speranza per l’umanità intera. E che pensi del fatto che questo trattato ONU, il TPAN, non venga ratificato dai paesi Nato, compreso il nostro? L’egida Nato incombe su molti paesi come il nostro e impone in tutto il mondo guerre, distruzioni, massacri, terrorismo e genocidi.

Purtroppo siamo in una fase in cui i grandi progressi degli anni novanta sul controllo delle armi e delle armi nucleari sono in fase di forte risacca. Stiamo tornando indietro. Quindi credo che invece di ragionare sullo specifico episodio, sia il caso di pensare a cosa sta accadendo a livello complessivo. Purtroppo quelli che un tempo erano un disvalore, ora sono tornati ad essere un valore e cioè le armi e gli armamenti.

Viviamo una corsa globale verso il commercio e il trasporto di armi. Pensiamo al caso del Parlamento italiano. In Italia non siamo riusciti a metterci d’accordo come forza politica. Anzi non sono riusciti a mettersi d’accordo su, per esempio, come fermare la strage quotidiana di morti sul lavoro. Eppure è un’emergenza di cui tutti conosciamo l’evidenza. Tutti i giorni vi è più di un morto sui giornali. Un morto che è uscito di casa non per andare a fare la guerra, ma per andare a lavorare. Eppure in poche ore il Parlamento italiano è riuscito a mettersi d’accordo sull’innalzamento delle spese militari al 2 per cento del PIL, senza per giunta porsi il problema di quanti ospedali, quanti ambulatori, quante scuole, quanti asili chiuderemo per alzare le spese in Italia al 2 per cento.

Quindi credo che il tema oggi sia specificamente quello della abolizione della corsa al riarmo e questa corsa agli armamenti va fermata perché le armi assolutamente fanno un immane danno. Perché di fatto alimentano il ciclo della guerra, ma non solo: sottraggono soldi per utilizzi civili e questo è davvero qualcosa di molto, molto preoccupante.

3-Il pensiero unico bellicista è  il risultato dell’enorme potere della industria degli armamenti per cui hanno ragione coloro che affermano che le guerre esistono perché  le armi una volta prodotte vanno vendute con adeguata strategia di marketing?

No. Credo che ci sia un problema generale. L’industria delle armi fa il suo lavoro. Semplice. Il problema vero è invece il fatto che ormai si è imposta nello spazio mediatico una cultura della guerra che è la guerra normalizzata. E credo che il vero tema sia questo. Cioè la pace non ha sponsor, la guerra sì. Anche perché la guerra produce profitti monetari e non monetari per una serie di centri di potere. Esempio la politica. Boris Johnson è uno che ha usato il conflitto armato in Ucraina per riscattarsi, riuscendoci per qualche mese poi alla fine ha capitolato. Ha dovuto capitolare per riscattarsi dai disastri combinati dal suo governo in pandemia per il covid.

E quindi il problema vero è che la pace sponsor non ne ha. La pace non ha voce. La pace non ha chi investe sulla pace e questo è, secondo me, colpa dei governi per cui quando comincia una guerra, quando si prepara una guerra, si levano solo e più forte delle altre le voci di chi sostiene il conflitto bellico. Diciamo che nel caso dell’invasione russa dell’Ucraina e il seguente scontro guerresco, si è creata una situazione senza precedenti. Vale a dire è la prima volta che abbiamo memoria di un conflitto e a maggior ragione perché il pensiero unico bellicista non vuole solo avere ragione. Il pensiero unico bellicista lancia uno stigma su tutti quelli che la pensano diversamente. Il pensiero unico bellicista corrode la democrazia. Quindi il tema che ci dobbiamo porre è se oggi non possiamo parlare di pace senza essere trattati da nemici della Patria al soldo del nemico. Domani di cosa non potremo parlare?

4-Ritieni che dopo l’occasione mancata in Italia siano maturi i tempi per un Partito della Pace che si presenti in tutte gli Stati membri alle prossime elezioni europee? E’ necessario che la pace possa essere rappresentata in politica.

Ma io non credo onestamente alla politica, solo politica, intesa come partitica. Sono un dilettante. Quindi non mi applico. Credo che avere un partito della Pace sia limitante. Perché poi alla fine che cos’è la pace? la pace è progresso. Un emblema della pace: Aldo Capitini. Nei giorni scorsi Sono stato alla biblioteca di San Matteo degli Armeni a Perugia dove ho presentato il mio libro “Maledetti pacifisti”. In quella biblioteca sono conservati tutti i suoi documenti, i carteggi e le lettere e mi ha colpito vedere e capire in realtà questa figura. Quell’asceta della pace: Aldo Capitini. E’ una figura che ha fatto una scelta per la Pace. In realtà lui metteva tutto insieme: la pace è progresso. Perché la pace è creativa a vari livelli per tutti.

L’Italia, non dimentichiamolo mai, perché non lo dicono, sta vivendo il più lungo periodo di pace della sua storia che coincide col massimo periodo di benessere del nostro paese. La pace creativa dà dividendi per tutti. La guerra profitti per pochi. Il problema è che la pace li crea a lungo termine. Evidentemente della pace invece ci dobbiamo prendere cura. Perché per questo tipo di occupazione se letteralmente la pace è limitata – perché noi abbiamo bisogno anche di pace sociale – è necessario che questa categoria di pace si diffonda in tutti i settori. Non vi è solo la pace, ma anche la pace dei morti del lavoro, vi è la giustizia, cioè il progresso. Ci sono i diritti. Credo che vada tutto ottenuto insieme. Quindi credo che sia limitante condurre una attiva campagna sulla pace che non tenga conto del progresso. Esattamente come la Resistenza italiana che è stato un fenomeno molto complesso che poi in realtà non voleva difendere solo la nazione, ma voleva difendere il cambiamento. Voleva un paese migliore e poi anche la difesa dell’ integrità territoriale, ma non era solo questo. Era un fenomeno complesso. (Cfr. Resistenza e Nonviolenza creativa, Mimesis Edizioni 2022)

5 -Puoi azzardare una previsione di come finirà tra Russia e Ucraina e quanto durerà la simpatia e l’accoglienza in Europa in favore dei profughi ucraini? Anche se la guerra è sempre fondata sulla violenza.

Spero che la Polonia e i vari paesi imparino da questa vicenda: la gente che fugge dalle guerre va accolta. Non solo se l’altro da noi ha la nostra stessa religione e il nostro stesso colore di pelle. Va accolta sempre. Quindi, me lo auguro. Me lo auguro profondamente. Mi auguro la solidarietà verso i profughi ucraini esattamente come non cessi verso i profughi delle altre guerre. Il problema è che per non cessare deve cominciare. E Crotone ci insegna che non è cominciato o meglio la solidarietà è episodica. Poi un altro tema. Il cosa accade quando proviamo a fare delle previsioni sulla guerra? E’ sempre molto difficile perché la guerra alla fine è un gioco di adattamento alla violenza.

Le guerre sono cose complesse. Ma si reggono su un principio molto semplice: l’adattamento. Io colpisco te. Tu colpisci me. Io mi adatto al tuo colpo affinché non sia un colpo letale e tu ti adatti al mio affinché non sia un colpo letale. Per cui man mano che questo equilibrio di adattamento resta in piedi le guerre durano tra alti e bassi, ma durano. Le guerre lampo esistono solamente nelle speranze dei generali e dei dittatori, ma in realtà le guerre, basta considerare l’Afghanistan, che è l’archetipo dei conflitti contemporanei, cominciano, ma non finiscono. Esistono persone al mondo che hanno il potere di scatenare conflitti micidiali, ma non vi è nessuno su questo pianeta capace di fermarli. Perché non dipende da noi.

Perché quando è scoperto il vaso di Pandora della guerra, i demoni che ne escono fuori hanno una loro autonomia. Quindi non me la sento di fare previsioni. Dico però una cosa. Di stare attenti perché quando si dice “l’unica strada è la guerra” di fatto si prende una pallina e la si butta nella roulette. Ma nella roulette ci sono due colori. Il rosso e il nero. Lo zero è statisticamente trascurabile. Il rosso e il nero: e non è detto che la pallina si fermi dal lato che noi preferiamo. Quindi per questo scegliere la guerra cercando di immaginare una punizione per il cattivo è un modo per affrontare le cose. Tra l’altro il caso afghano ci insegna. La Prima Guerra Mondiale ci insegna. Ma questo conflitto non ha una soluzione militare. Ha solo una soluzione diplomatica. E’ chiaro nel momento in cui prendiamo atto di questo. Prima si arriva a una soluzione diplomatica, prima le persone smettono di morire. Il che mi sembra un tema di cui nessuno si sta facendo carico. Si continua a parlare di questo Risiko, della guerra, senza ricordarci che in mezzo esiste gente che muore.

6-Alla luce dei risultati elettorali, ritieni ancora che la maggioranza degli italiani siano per la pace o vogliono essere solo lasciati in pace?

Mi sembra abbastanza relativo. Credo che gli italiani stiano sentendo dal primo momento il peso della guerra perché i sondaggi sono concordi. Quando sono arrivati gli aumenti del gas, la fine del turismo Russo, la fine delle importazioni, danni per l’economia, inflazione, per cui anche un po’, secondo me, è banale dire che gli italiani non vogliono la guerra perché vogliono farsi i fatti loro. Mi sembra che sia in atto anche un processo di criminalizzazione dei poveri. Cioè i poveri vengono accusati di essere contro la guerra perché non vogliono pagare le bollette. Però una famiglia di basso reddito deve pagare le spese familiari e il reddito è già indirizzato verso l’ineliminabile, ossia l’energia, quindi luce e gas e la spesa. Quindi quello che c’è da mangiare. Poi l’affitto. Ma a che cosa deve rinunciare la gente? queste persone a cosa devono rinunciare? al cinema? all’auto? e probabilmente non la usano più. Alle vacanze? mai fatte. Quindi diciamo questo: a me ricorda un po’ la battuta che gira ancora in Russia su Stalin quando gli dicevano “Compagno segretario il popolo è contrario” e lui rispondeva “Cambiate il popolo”. Cioè se c’è un dato di fatto che in Italia la gente è contro la guerra, ma perché dobbiamo dire tutti i giorni che la gente è stupida?

7-Hai mai conosciuto obiettori di coscienza russi?

No. Anche perché in realtà è un fenomeno che è nato dopo. Soprattutto dopo la costrizione al servizio militare straordinaria di settembre. Gli obiettori di coscienza, i cosiddetti renitenti alle armi, alla leva ci sono anche in Ucraina. Cioè di recente vi è stata un’operazione dei servizi segreti ucraini contro i vertici della Compagnia Portuale di Odessa perché accusati di fabbricare finti documenti di imbarco per consentire ai giovani di non partecipare alla guerra.

Non è giusto verso l’Ucraina raccontarla come la stiamo raccontando cioè come un paese in armi. Ucraina significa terra di confine, quindi Terra di Mezzo e quindi è un paese dove è stata scritta la canzone  Sole mio: non è stata composta a Napoli. E’ stata scritta a Odessa. E’ un paese di una complessità notevole. Con un versante filo russo più vicino alla Russia dove sono arrivati negli anni ’30 migliaia e migliaia di russi portati da Stalin per le miniere di carbone. Poi una parte che si sente più polacca. Un paese complesso come l’Italia. E poi noi, l’Italia è un paese complesso per eccellenza. Ma è un paese complesso e quindi come tale va trattato. Non credo sia giusto verso l’Ucraina. Una narrazione funzionale al pensiero bellicista, ma non è giusto definirla come un paese che non si vuole arrendere, dove il popolo vuole combattere fino alla fine, ma credo che il popolo voglia pace e pane e avere magari anche corrente elettrica e gas eccetera.

8 – Cosa puoi dire a due “Maledetti pacifisti” che tutti i giorni si scontrano con altri Maledetti pacifisti per riuscire a trovare una unione di intenti per creare delle azioni serie e concrete al fine di apportare un cambiamento? Quindi l’intenzione del tuo lavoro è una provocazione.

Il fatto di affermare: “Ma questi maledetti pacifisti”. Noi pacifisti veniamo sempre messi un po’ alla berlina. “Il solito pacifista…” Quando porti delle nuove istanze dai sempre fastidio. Però già è importante riuscire noi stessi a metterci insieme e a portare azioni un po’ più concrete e un po’ più con voce. Un po’ più pacifisti. Siamo frastagliati. Siamo divisi. Non vi è più omogeneità perché si fanno avanti i poteri forti spacciati da progressisti: la sinistra con l’elmetto e le destre.

La destra è un universo. Insomma un universo ampiamente frammentato. Pensiamo a tutti i gruppi che stanno più a destra. Le sigle. Pensiamo alle divisioni che oggi ci sono al governo. Eppure riescono sempre a trovare l’unità tra loro. Per noi pacifisti, il tema è superare le differenze e stare insieme per il grande obiettivo. Il grande obiettivo non è solo la pace in Europa e il disarmo. Il grande obiettivo è salvare la democrazia italiana. Perché il pensiero unico bellicista corrode la democrazia. Oggi è questo il problema e se non lo capiamo ci mettiamo in una posizione di enorme difficoltà. Per il futuro. Perché se il popolo della pace con tutte le sue diversità oggi non riesce a reclamare lo spazio non lo reclamerà a lungo.

Quindi credo che noi dobbiamo assolutamente fare lo sforzo – ognuno di noi – di provare a radunare questo mondo variegato del pacifismo. Insomma dall’estate, cioè da quando sono tornato stabilmente in Italia sto girando e sto andando praticamente ovunque. Più di 40 date e in realtà per parlare di pace e di questi argomenti. È un modo per stare a contatto con la vera Italia. La cosa brutta e triste è quando alla fine poi, come mi dovrebbe in realtà lusingare, ma non è così, le persone alla fine mi dicono che si sono sentiti meno sole perché vuol dire che allora le cose stanno veramente messe male. Perché se qualcuno tiene una conversazione e dove non è qualcuno, ma sono tanti e si ripetono e ti vengono a dire grazie. Mi dicono così. “Questa sera ci siamo sentiti meno soli” e vuol dire che siamo in una situazione gravissima. In questo paese stiamo marciando negli anni ’20 degli anni bui del fascismo e questo ci  deve far paura. Per questo dobbiamo porci e opporci con forza, perché se non ci opponiamo con forza a questo, tutto il resto diventa assolutamente relativo. Perché poi torniamo alle gabbie salariali. Ma poi dopo le gabbie salariali in concreto cosa troviamo? La giornata di 8 ore lavorative? I contratti nazionali di lavoro? La leva obbligatoria? Dove stiamo andando? Questo è il tema che dovrebbe preoccupare tutti. Piuttosto che esibirsi a chi è più bellicista.

(Cfr. Laura Tussi, con scritti di Fabrizio Cracolici, Giorgio Cremaschi e Paolo Ferrero, Resistenza e Nonviolenza creativa, Mimesis Edizioni 2022)

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Gramsci Oggi: Associazione vittime dell’uranio impoverito: “Con le esercitazioni Nato in Sardegna è in atto un massacro”

Scritto da: LAURA TUSSI

Le forze Nato, con la complicità attiva del Ministero della Difesa, stanno compiendo un vero e proprio massacro in Sardegna (e non solo), dove militari e civili si ammalano e muoiono a causa dell’uranio impoverito. Lo sostiene l’Associazione nazionale vittime dell’uranio impoverito, secondo cui le bonifiche previste non hanno lo scopo di rendere più salubre l’ambiente ma solo quello di rendere possibili nuove esercitazioni.

Sardegna – L’Associazione nazionale vittime dell’uranio impoverito da diversi anni si impegna nella lotta per la verità e la giustizia per tutti i militari che sono stati contaminati dall’uranio impoverito e da metalli pesanti durante le cosiddette e surrettizie missioni umanitarie all’estero, ma anche a seguito dell’addestramento nei poligoni di guerra Nato, sul suolo italiano, come denuncia anche Emanuele Lepore portavoce dell’associazione.

Da chi è composta l’Associazione nazionale vittime dell’uranio impoverito?

Molti degli associati sono sardi, padri, madri, mogli, sorelle o anche fratelli di militari che si sono addestrati nei poligoni Nato in Sardegna e che sono deceduti o sono tuttora gravemente malati.

La lotta dell’Associazione è contro i poteri forti come la Nato.

La lotta dell’Associazione si lega alla lotta contro la Nato: tutti noi abbiamo interesse affinché i poligoni militari Nato in Sardegna vengano chiusi e bonificati, affinché nessuno più venga contaminato dall’inquinamento bellico dovuto ai giochi di guerra – o meglio alle nefandezze belliche – dove gli stessi militari spesso di truppa, e non i generali ai vertici, vengono utilizzati come carne da macello e bassa manovalanza e sacrificabile. Sottomessi e sacrificati al potere.

sardegna basi
E l’interesse del Ministero della Difesa?

Ha stupito l’interesse del Ministero della Difesa nella bonifica della penisola Delta di Capo Teulada, penisola duramente bombardata con ogni sorta di armamenti e di cui stranamente sono state rese pubbliche liste molto vaghe e sintetiche.

La Penisola Delta Poligono di Capo Teulada, che sulla carta risulta inserita in una zona naturalistica protetta, è in realtà l’emblema della devastazione dovuta alle esercitazioni militari: in settant’anni di bombardamenti è stata colpita da milioni di proiettili, missili e razzi, tanto da essere dichiarata non bonificabile e interdetta agli stessi militari. 

Stupisce, tra le altre problematiche, che l’interesse del Ministero della Difesa avvenga in un momento in cui alcuni ufficiali delle forze armate italiane sono sotto processo proprio per il disastro ambientale causato dall’esercitazione che qualcuno vorrebbe dare solo per presunta, nonostante la quarta commissione parlamentare di inchiesta sui danni da uranio impoverito, presieduta da Giampiero Scanu, abbia accertato a suo tempo le criticità ambientali dei poligoni di guerra Nato in Sardegna e nonostante lo stesso ministero negli anni abbia dichiarato imbonificabile proprio il poligono di capo Teulada.

Parliamo di Capo Teulada e l’innalzamento della soglia degli inquinanti.

Capo Teulada è un sito talmente inquinato che non è bastato l’innalzamento delle soglie di metalli pesanti – centuplicate nel 2014 con il via libera del disegno di legge “competitività” proposto dal governo Renzi – per far risultare accettabile il livello di inquinamento anche da un punto di vista burocratico.

capo teulada1

Nel dispositivo visionabile sul sito della regione autonoma Sardegna si legge che la finalità dell’attività di rimozione dei residuati da esercitazione è quella di ripristinare le condizioni del poligono Delta per consentire il normale transito in sicurezza e consentire l’utilizzo futuro dello stesso quale zona bersaglio per “arrivo colpi”, che sarà delimitata con materiale ecosostenibile e collocata all’interno di un sito privo di essenze arboree pregiate. In tale quadro si intende avviare con l’impiego di assetti specialistici le attività necessarie alla rimozione di tutti i residuati da esercitazione, fino alla profondità di un metro presenti nell’area in questione e classificabili e smaltibili a norma di legge come rifiuti.

A nome dell’Associazione delle vittime occorre approntare bonifiche valide e serie.

Questo significa che l’area deve essere resa agibile a nuove esercitazioni? Poniamo questi quesiti da parte di tutte le vittime e i malati oncologici, che oltre trecento sentenze hanno accertato correlati alla contaminazione da metalli pesanti utilizzati in vari tipi di munizionamento: l’uranio impoverito, il Torio 232 e gli altri agenti si rilevano solo da un metro di profondità? L’acqua e l’aria non sono oggetto di esame? Le tonnellate di nanopolveri, residui delle esplosioni che viaggiano per chilometri trasportati dal vento ,sono considerate residuato da esercitazione?

E ancora: l’uranio impoverito e altri metalli pesanti sono considerati smistabili come rifiuti? Se hanno intenzione di bonificare come è stato fatto fare ai militari italiani in Bosnia, Serbia, Afghanistan, Iraq allora conosciamo bene la metodologia, ma circa ottomila malati di tumore e quattrocento morti stanno a testimoniare che tali bonifiche non sono servite a molto, anzi.

Capo Teulada è un sito talmente inquinato che non è bastato l’innalzamento delle soglie di metalli pesanti per far risultare accettabile il livello di inquinamento anche da un punto di vista burocratico

La popolazione serba può essere considerata vittima della Nato?

La popolazione serba – che sconta un aumento dell’incidenza tumorale da quando la Nato nel 1999 ha scaricato sul suo paese quindici tonnellate di uranio impoverito – non è molto convinta delle bonifiche che sono state effettuate con la stessa metodologia ripresa dai manuali di bonifica delle forze armate.

Capo Teulada vittima dei poteri forti?

L’operazione di bonifica del poligono di capo Teulada serve a un doppio scopo: il primo è riprendere le esercitazioni rese impossibili dagli inerti inesplosi. Non è un problema di salute pubblica, di recupero di un territorio, ma solo di garantire la continuità delle esercitazioni Nato e possibilità di scaricare la peggiore immondizia, che spesso viene chiamata anche “armi convenzionali”.

In secondo luogo, è un’operazione utile a confondere le acque e dare elementi così contrastanti di valutazione utili a far assolvere in qualche modo gli ufficiali coinvolti nel processo in corso proprio sul disastro ambientale di Teulada, in maniera simile a come hanno fatto con i rilevamenti e le indagini discutibili per dare elementi probatori contrastanti nel processo sui veleni di Quirra.

Uranio impoverito
Sono quindi necessarie bonifiche vere e non fasulle con l’innalzamento dei livelli degli inquinanti.

Le bonifiche sono necessarie, ma devono essere quelle vere: tracciare i metalli pesanti dispersi nell’ambiente, attuare le misure necessarie per bonificarli, impedire che le nuove esercitazioni depositino ancora altri metalli pesanti prodotti da sempre più aggiornati e sofisticati armamenti, altamente distruttivi e inquinanti.

È necessario quindi vigilare sulle manovre che i poteri forti stanno portando avanti e cercare di imporre delle bonifiche reali, trasparenti, che siano controllate da organi esterni, dalle associazioni che si occupano del problema e che hanno chiara l’idea di cosa vuol dire risolvere una questione così complessa.

L’Associazione nazionale vittime dell’uranio impoverito è per la pace e contro ogni guerra?

L’Associazione nazionale vittime dell’uranio impoverito è al fianco della lotta contro la Nato, perché abbiamo un interesse comune: portare a termine il massacro che il Ministero della Difesa promuove a danni dei suoi stessi militari e della popolazione civile che vive e lavora nei pressi dei poligoni di guerra in Sardegna. La società civile e l’associazionismo sono disponibili quindi a compiere la strada necessaria e percorrere il cammino di pace e nonviolenza che possono portarci all’interdizione dei poligoni, alla loro reale bonifica e alla tutela della salute collettiva.

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GAIA e Mosaico di pace presentano il libro Parole di cittadinanza

di Laura Tussi (sito)

Parole di cittadinanza

Glossario di Diritto ed economia e pratiche di cittadinanza per i diritti dell’uomo e della terra.

Libro di Francesco Pugliese 

Recensione di Laura Tussi 

Edizioni Helios-Futura

Ho avuto il piacere di ricevere in omaggio dall’amico Francesco Pugliese il suo ultimo libro. Nella dedica manoscritta riporta una frase speciale e semplice al contempo che comprende le parole pace e bene. I primi vocaboli che devono determinare e costituire e costruire una cittadinanza attiva, autentica che stabilisca rapporti benevoli di accoglienza, solidarietà, aiuto reciproco e pace tra persone.

La pace naturalmente non si concretizza pienamente senza prima la gestione dei conflitti interpersonali e tra popoli e genti e minoranze.

Abbiamo potuto apprezzare dello stesso autore i libri Carovane per Sarajevo con Mimesis Edizioni e Abbasso la guerra, con relativa mostra documentaristica e espositiva, inerenti i grandi temi della pace, della nonviolenza, dei diritti umani.

Infatti Francesco Pugliese dallo statuto delle Nazioni Unite di San Francisco del giugno 1945 evince che i popoli devono essere decisi a salvaguardare e a salvare le future generazioni dal flagello della guerra che dopo i due conflitti mondiali ha portato indicibili afflizioni, pericoli, tragedie, catastrofi all’umanità intera. Dal baratro delle due guerre mondiali, l’umanità diviene portatrice di fede nei diritti fondamentali dell’essere umano per creare le condizioni di cui la giustizia, derivante dai trattati e dalle altre fonti del diritto internazionale, possa promuovere l’emancipazione e il progresso sociale.

Francesco Pugliese nel suo trattato enciclopedico, un’autentica enciclopedia di cittadinanza attiva, elenca un glossario di diritto e economia e pratiche di cittadinanza per i diritti dell’uomo e della terra, dal titolo appunto Parole di cittadinanza.

Il libro è dedicato agli studenti perché Francesco Pugliese è un insegnante di diritto ormai da moltissimi anni negli istituti superiori.

Infatti questo volume è stato concepito ed è maturato in ambito didattico, nell’ambito scolastico, nel contesto dove si praticano i diritti umani dalla base, e nelle attività degli ultimi anni di insegnamento. È dedicato a tutti gli studenti.

Nel glossario non sono presenti solo parole specifiche del lessico economico e giuridico, ma sono presenti persone, esempi, esperienze, canoni di esperienze e pratiche di cittadinanza attiva e persino protagonisti individuali e collettivi. Sono elencate parole da cancellare ad esempio “guerra” che è la negazione totale della cittadinanza vera.

Viene ampliamente menzionato il concetto di pace che è la condizione primaria della parola e del portato valoriale della Costituzione italiana, nata dalla Resistenza Antifascista, tra le più belle in tutto il mondo, e dei vocaboli uguaglianza, crisi climatica, diritto internazionale, diritti delle donne.

In modo imprescindibile sono elencati e commentati i diritti umani come la pace, l’ambiente che costituiscono il perno per ogni percorso educativo, istruttivo e formativo, come indicano i tanti documenti internazionali suggellati anche dal nostro Paese.

La diffusione di questo importante libro enciclopedico è anche finalizzata al finanziamento della costruzione di un pozzo per l’acqua potabile in Africa in rapporto ad altre esperienze simili.

Il libro si apre con una citazione di Albert Einstein “Il mondo è quel disastro che vedete, non tanto per i guai combinati dai malfattori, ma per l’inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno lì a guardare”.

Con questa citazione l’Autore pone l’accento sulla grave piaga dell’indifferenza generale rispetto a tutto l’orrore che circonda l’umanità, dalla guerra, alla violenza strutturale, alla violenza sui migranti e sui più fragili della terra, e ancora l’indifferenza rispetto alla disuguaglianza sociale globale, e ancora riguardo ai cambiamenti climatici e all’attività militare che trova la sua massima espressione e si può trasformare in guerra nucleare anche solo per errore.

Un libro davvero enciclopedico sui tanti epiteti e sistemi valoriali e vocaboli descrittivi in cui si declina il concetto e l’ideale ultimo della Pace.

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Francesco Pugliese

Parole di cittadinanza

Glossario di Diritto ed economia e pratiche di cittadinanza per i diritti dell’uomo e della terra.

Edizioni Helios-Futura

Il libro può essere richiesto direttamente all’autore franz_pugliese@yahoo.it

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