In Italia abbiamo una settantina di bombe atomiche a Ghedi vicino a Brescia e ad Aviano in provincia di Pordenone e sono adesso rimpiazzate dalle nuove e più terribili e sofisticate e mortifere bombe nucleari: le B 61-12.
E dobbiamo reagire non con la violenza, ma con la “nonviolenza creativa” cioè una nonviolenza che trova gli strumenti per dire no.
Per dire basta.
Significa disobbedienza civile, manifestazioni, e trovare tutte le strade che abbiamo per forzare tutti i poteri forti oggi a smetterla con questo pericolo nucleare. Ecco il lavoro che tocca a noi fare.
In collegamento con Mondo Senza Guerre e Senza Violenza – Argonauti per la Pace
Dal ricercatore Fabrizio Cracolici all’attore e scrittore Moni Ovadia, passando per Alex Zanotelli, Vittorio Agnoletto e tanti altri. Sono numerosi i protagonisti e le protagoniste di un percorso di divulgazione e diffusione di una cultura della pace che va avanti da anni con l’intento di gettare le basi per un mondo migliore, un’utopia realizzabile. La chiave di volta per riuscirci? La memoria.
Era l’aprile del 2009 con Fabrizio Cracolici e in collaborazione con la biblioteca e la giunta del Comune di Senago, un paese dell’hinterland milanese, abbiamo presentato il mio primo libro dal titolo Memorie e Olocausto con Moni Ovadia, che nell’occasione ha devoluto tutta la sua spettanza agli operai dell’azienda Metalli Preziosi, una fabbrica locale che ha chiuso i battenti per fallimento. In quell’occasione Ovadia ha pronunciato parole molto forti e dure, ma al contempo incoraggianti per tutti gli operai licenziati in tronco presenti e anche per la sottoscritta, allora giovane studentessa.
Con quell’evento ha avuto inizio il nostro impegno pubblico in collaborazione con Fabrizio Cracolici. Anche Moni Ovadia ci ha spronato a declinare in pubblico i contenuti e gli alti ideali dei nostri scritti e dei nostri saggi e a organizzare sempre presentazioni pubbliche come poi così è stato fino ad ora.
DIVULGARE VALORI
Inizialmente con il partigiano e deportato Emilio Bacio Capuzzo – che ha vissuto in prima persona la resistenza,la deportazione e l’antifascismo e che ci ha lasciati all’età di 91 anni nel 2017– abbiamo portato la nostra testimonianza diretta e indiretta in molte sezioni dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e ovunque vensse richiesto il nostro supporto politico, sociale e culturale.
Con Fabrizio dal 2009 abbiamo scritto molti libri per la Mimesis Edizioni e in tutto questo tempo abbiamo organizzato e siamo stati protagonisti di oltre 500 iniziative. Nel nostro percorso di nonviolenza attiva abbiamo incontrato molte persone amiche e anche personalità con cui continuiamo a collaborare, da Antonio Pizzinato a Andrea Gallo a Alex Zanotelli, da Vittorio Agnoletto a Giorgio Cremaschi a Maurizio Acerbo a Paolo Ferrero e molti altri ancora. Non ci stanchiamo mai di portare tra la gente un messaggio di speranza per un mondo migliore anche se la congiuntura attuale è davvero pessima e addirittura tragica e siamo a solo 90 secondi dalla mezzanotte nucleare.
Ma noi continuiamo imperterriti nel nostro impegno, nella nostra azione nonviolenta e disarmista. E continuiamo a annunciare l’importanza del diritto internazionale per il disarmo nucleare universale insieme alla campagna internazionale Ican per l’abolizione degli ordigni e delle armi di distruzione di massa nucleari e per il disarmo nucleare universale, che è stata insignita del premio Nobel per la pace nel 2017. A questa rete internazionale sono affiliate una decina di associazioni per la pace sul territorio italiano e almeno 500 realtà impegnate per la nonviolenza e per il disarmo in tutto il mondo.https://www.youtube.com/embed/_bmoexX7xSA
L’IMPORTANZA DELLA MEMORIA
Con Moni Ovadia, durante la presentazione del 2009, pronunciai queste parole: «Attualmente risulta necessaria un’innovativa grammatica mentale per costruire la convivenza planetaria in dimensione interculturale. Sono sempre stata motivata dalla ricerca, dalla divulgazione culturale per l’importanza del valore educativo, per la trasmissione di contenuti significativi alle giovani generazioni, seguendo i miei maestri, gli intellettuali, come il mio caro amico Moni Ovadia, sempre attivo civilmente e moralmente, politicamente, in strenue battaglie sociali di verità, giustizia e libertà».
Noi riteniamo infatti che lo studio e la crescita culturale abbiano una validità morale ed educativa quando posti al servizio degli altri, per i principi sociali, etici e civili, per i diritti universali imprescindibili della persona, sanciti dalla carta costituzionale democratica. Nel sistema formativo inteso come ideale comunità educante, l’impegno culturale della testimonianza, del ricordo, della narrazione, del racconto e del recupero e della trasmissione del valore di memoria storica, individuale, collettiva e mai condivisa, costituiscono il filo rosso per non dimenticare.
Lo studio e la cultura devono dunque motivare le giovani generazioni alla solidarietà, alla realizzazione di una società che abbia come valori fondanti la pace e la convivenza
Memoria degli eventi che hanno formato e segnato la coscienza di chi li ha vissuti e, dopo, di chi li ha conosciuti, con il dovere di ricordare. Memoria e memorie come modalità interculturale e pedagogica in ambito sociale e comunitario, quale supporto valoriale alla riappropriazione del sentimento etico e civile di un’appartenenza identitaria universale, composta di molteplici alterità, ibridazioni e commistioni umane nella pluriappartenenza etnica al territorio, ai territori nella loro rivalorizzazione ambientale ed ecologica, anche a livello educativo, didattico, sociale e culturale e lavorativo.
Memoria e memorie della città, nelle sue forme, nei suoi monumenti, nelle sue case. Contro l’alienante espropriazione del soggetto-persona nella perdita di punti di riferimento e di ideali classici, soppiantati dall’imperante massificazione consumistica e dal mito capitalistico dell’ efficientismo sfrenato e del primato dell’economico, imposti dal sistema.
Memoria e memorie di noi donne e uomini, delle nostre idee che si sviluppano nel tempo dell’esperienza, come risorsa interiore, soggettiva, esistenziale di intima festa emozionale, di incontri, dialoghi, rapporti, progetti, da ripartecipare e sperimentare, nella dimensione comunitaria, negli ambiti di intervento sociale, educativo ed associazionistico di partecipazione militante e attivismo culturale nei vari settori occupazionali e lavorativi a livello territoriale.
ORA TOCCA ALLE NUOVE GENERAZIONI
Lo studio e la cultura devono dunque motivare le giovani generazioni alla solidarietà, alla realizzazione di una società che abbia come valori fondanti la pace e la convivenza civile tra popoli, genti e minoranze, nel rispetto dei diritti universali e sociali di cittadinanza multietnica, cosmopolita e internazionale.
“La bella utopia” è un mondo dove non esistano patrie e nazioni, frontiere e burocrazie, limiti e confini, ma comunità educanti aperte all’accoglienza, al dialogo, al cambiamento rivoluzionario, al progresso costruttivo, senza stereotipi e pregiudizi, nel rispetto delle culture altre, nella coesistenza pacifica, che agevola il confronto tra diversità interculturali e differenze di genere ed intergenerazionali.
Coniugare la memoria storica consiste nella necessità della costruzione di una coscienza civile che ponga come obiettivo prioritario la conoscenza e la riflessione nelle comunità, nelle città, nel mondo. Per un’utopia realizzabile, a partire da ogni singola persona, nel contesto quotidiano e nella partecipazione collettiva, pluralista e democratica.
Dall’università alla fabbrica negli anni della contestazione: per la pace.
Di Laura Tussi
Presso l’Università di Bologna esiste attualmente un corso intitolato Teorie politiche della pace e della guerra che prende le mosse dal corso istituito dal celebre professore, storico ordinario di psicologia sociale, Augusto Palmonari con il Citrup – Centro interdipartimentale di ricerca per la pace dell’università di Bologna.
Dai tumultuosi anni ottanta la pace in università.
Un progetto dell’università di Bologna per introdurre il disarmo come insegnamento nella fine degli anni ‘80 come ricaviamo da varie fonti del tempo e dal settimanale Rinascita con un articolo dal titolo ‘Pacifismo a scuola’ che si sviluppa in un futuro ormai contemporaneo nella nostra attualità con vari progetti didattici.
Le fonti storiche: un prezioso scrigno per la pace attuale.
Su Rinascita si legge che il centro interdipartimentale dell’università di Bologna, denominata ‘Università per la pace’ è ormai una realtà. È stato proposto da tredici dipartimenti dell’ateneo bolognese su iniziativa di quello di scienze dell’educazione.
L’iniziativa è una novità assoluta più che benvenuta nel panorama bolognese che ripercorre anche esperienze già ben salde e strutturate nel mondo anglosassone dove da molti anni le università svolgono una gran quantità di lavoro scientifico sui temi della pace, del disarmo, della coesistenza tra i popoli, contro il nucleare e altro ancora, con la stessa autorevolezza e la stessa ufficialità su cui lavorano su varie tematiche e argomentazioni accademiche.
L’Università di Bologna sempre in prima linea per la didattica della pace.
In quanto Università dovranno essere ovviamente in primo piano gli sforzi didattici e negli annuari compariranno presumibilmente corsi dal titolo ‘Tecnologia delle armi nucleari’ o ‘ideologia della guerra’, insegnati a pieno titolo da specialisti di varia levatura e agli studenti verranno riconosciuti i loro sforzi di approfondimento con la implacabilità ben nota del voto sul libretto. Il proposito di coinvolgere l’università, diceva Augusto Palmonari, direttore del Dipartimento di scienze dell’educazione e coordinatore del Centro in quanto tale, sulla tematica della pace, conferisce allo stesso dipartimento caratteristiche del tutto particolari.
Ognuno dei dipartimenti ha proposto ambiti di ricerca che vanno dalla musicologia all’agricoltura, dalla pedagogia alla chimica e sono tutti temi molto generici che attendono, per una maggiore definizione, quando il Centro sarà realtà, come si evince dalle fonti.
Le Università proiettate dalla memoria al futuro.
Il lavoro decollerà assai rapidamente, dicevano a Bologna, perché i fondi per le ricerche non saranno un grosso problema: enti pubblici e privati saranno lieti di mettere a disposizione borse di studio. E stiamo parlando di una testimonianza di fine anni ‘80. Insomma le lezioni sulla pace e il disarmo non saranno più lodevoli iniziative dei soliti professori pacifisti militanti e degli studenti disinteressati alla carriera accademica: ma la pace entra finalmente dal portone principale dell’università.
A differenza di quanto succede all’estero ad esempio negli Stati Uniti sono rarissime in Italia le ricerche di fisica sui temi inerenti alla pace e al disarmo.
Invece non sono pochi gli argomenti su cui nel dipartimento della università di Bologna esistono le competenze necessarie per ricerche di livello adeguato.
I temi della Pace: dal disarmo nucleare alle guerre nel mondo.
Ricordiamo a titolo puramente esemplificativo temi quali l’inquinamento dovuto alle esplosioni nucleari e sperimentali e la verifica di un bando sulle esplosioni nucleari con strumenti sismici e l’uso militare della fusione nucleare controllata e molto altro ancora. Difficilmente però ricerche di questo genere potranno svilupparsi se non avranno il dovuto riconoscimento del mondo accademico con relazione al congresso della società italiana di fisica, con pubblicazioni nelle sue riviste, valutazione nei concorsi universitari e così via. Nel documento di fine anni ‘80 ci si augura che la costruzione a Bologna di un centro interdipartimentale per la pace, eventualmente seguito ad altre iniziative similari, in altre università, possa contribuire a permettere che ricerche analoghe a quelle svolte dai colleghi americani o di altri paesi europei possano trovare pieno diritto di cittadinanza anche all’interno del mondo italiano della ricerca.
A Bologna qualcosa si è mosso, ma non è perché quel clima era migliore oppure la giunta era di sinistra e così via, dicevano a via Zamboni. Ci si è mossi entro gli schemi ufficiali del regolamento universitario e potrebbero farlo ovunque e in qualunque tempo. Un incoraggiamento dunque agli accademici d’Italia se pensano alla pace come la conquista di una utopia.
E nello stesso periodo anche in fabbrica oltre che in università si torna a parlare di pace. Dall’archivio de L’Unita’. L’Unità di quell’epoca. Per la Manetti e Roberts è la prima volta e lo stesso sarebbe stato per tantissime altre aziende. Oppure al massimo la memoria sarebbe dovuta andare a ritroso molti anni, forse fino agli iniziali tumultuosi anni ‘70 per trovare qualcosa del genere.
La prima volta insomma che gli operai di una fabbrica discutono in assemblea in totale pluralismo di pensiero su un tema non strettamente congiunto a problemi aziendali: la pace.
E nella sala mensa della Manetti e Roberts, industria del settore farmaceutico e cosmetico, di Calenzano – Firenze, erano in tanti forse più di trecento i dipendenti ad ascoltare l’arcivescovo Silvano Piovanelli, il presidente della regione Toscana Gianfranco Bartolini, Roberto Brasca presidente della provincia, rappresentanti sindacali come Marcella Bausi della camera del lavoro di Firenze. Anche in rappresentanza di due esponenti della commissione per la pace del Comune fiorentino. Insieme con altre voci e le più disparate posizioni ideologiche e le più diverse, ma tutti uniti dietro la medesima aspirazione. La pace.
La partecipazione è fondamentale.
È il consiglio di fabbrica che insieme al sindacato esterno ha organizzato un incontro. E ci tiene a sottolinearlo. Perché questa assemblea? – chiede un giovane operaio. Perché anche noi come aziende e come lavoratori ci sentiamo in dovere e in grado di fare un discorso sulla pace e di dare il nostro contributo. È stato un rappresentante del consiglio di fabbrica ad aprire l’assemblea con una relazione che ha toccato tutti i punti chiave della situazione mondiale se non dell’universo.
Dalla fame nel mondo alla corsa agli armamenti al terrore della guerra nucleare alla logica del profitto che guida le azioni di governi e infine un appello: tocca ai lavoratori e ai cittadini unirsi con le forze più coscienti e illuminate per far sentire la voce di tanti uomini di buona volontà contro il processo di riarmo e contro l’ingiustizia nel mondo. Contro la guerra e il nucleare. Ovvio, data la sede, che molti interventi si incentrano sul problema dell’economia e della produzione. Del resto il consiglio di fabbrica lo aveva già anticipato nel volantino di invito: la Pace passa tra l’altro attraverso il servizio al bene comune e ognuno nel suo posto di responsabilità può farlo e attraverso un’iniziativa che favorisca lo sviluppo dei popoli. È qui che noi occidentali siamo sfidati. Discorsi a parte, è il fatto in sé che va sottolineato: la riscoperta del luogo di lavoro come luogo idoneo per la riflessione. Per costruire la pace. Da notare infine che l’assemblea si è svolta utilizzando le ore di assemblea retribuita e che la direzione aziendale non era presente.
Nota principale:
Augusto Palmonari, Processi simbolici e dinamiche sociali, Società editrice il Mulino, Bologna, 1989.
Bibliografia di approfondimento
Bobbio Norberto, Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino, Bologna 2009
Mastrolilli Paolo, Lo specchio del mondo. Le ragioni della crisi dell’ONU, Laterza, Roma 2005
Mini Fabio, Perché siamo così ipocriti sulla guerra? Un generale della Nato racconta, Chiarelettere, Milano 2012
Pugliese Francesco, Abbasso la guerra. Persone e movimenti per la pace dall’800 a oggi, Grafiche futura, Mattarello – Trento
Fonti analitiche
Gagliano Giuseppe, Studi politico-strategici. La conflittualità non convenzionale nel contesto delle ideologie e dei movimenti antagonisti del novecento, Vol. II, edizioni New Press – Como, I Edizione 2007
Libro di Olivier Turquet, Pressenza- International Press Agency
Recensione di Laura Tussi
Edizioni Multimage
Olivier Turquet, l’autore di questo pamphlet didascalico, dal titolo “Comunicare la nonviolenza con nonviolenza. Manuale per uffici stampa di base”, ha cominciato a occuparsi di uffici stampa per la prima volta nel 1988 e, per la precisione, a Firenze dove si celebrava l’Internazionale Umanista.
Turquet aveva il compito di curare i media locali, infatti era l’unico appassionato del tema, anche se non aveva molta esperienza.
Un’ esperienza sostanziale e soprattutto vitale.
Così Olivier Turquet inizia a occuparsi di media partendo da zero, senza nessun maestro. Ma ha ricevuto un’ottima preparazione nel campo dal partito umanista cileno. Secondo l’autore, come lui stesso vuole spiegare nel libello, creare un Ufficio Stampa è un’attività molto semplice.
Paradossalmente un Ufficio Stampa, dal punto di vista dell’autore, è soprattutto un ufficio relazioni in quanto la realtà più importante è costituita dalle interazioni umane e è incentrata e costruita su di esse.
La nevrosi giornalistica.
È divertente soprattutto promuovere un’iniziativa e una notizia in cui si crede profondamente e questo è un elemento intangibile ed estremamente importante e anche essenziale. L’ambiente giornalistico è spesso un contesto competitivo, asettico, frenetico insomma nevrotico. E comunicare la nonviolenza con nonviolenza significa vivere l’ambito giornalistico in modalità diverse e soprattutto creative e umane.
Gli ossimori del vero comunicatore.
Ad esempio è profondamente necessario essere efficienti e amabili, rapidi e gentili, professionali e umani: tutte doti e modalità di approccio che costituiscono tanti ossimori intrecciati, come in un mosaico di pace e in un intricato puzzle nonviolento.
Un manuale per organizzare Uffici Stampa di base.
Il manuale cerca di spiegare in modalità descrittive e comprensibili, anche a persone non esperte nel settore, come si può organizzare un Ufficio Stampa in modo che quello che viene prodotto, o meglio creato, ossia costruito in modalità creative, sia poi anche riportato e diffuso dai media. È necessario poter comunicare il più lontano possibile il prodotto giornalistico: questa è una condizione essenziale. Il prodotto di un Ufficio Stampa e di un giornalista e di un efficiente comunicatore può anche essere meraviglioso ed encomiabile, ma se non è diffuso e conosciuto in vari ambiti, in diverse località, in molteplici luoghi, remoti, distanti, lontani, questo ha poca efficacia.
I vari settori del libello.
Quindi il manuale scritto da Turquet dal titolo Conoscere la nonviolenza con nonviolenza, presenta e prevede una interessante introduzione seguita dalle indicazioni relative a come organizzare e a cosa serve un Ufficio Stampa. In seguito l’argomentazione del testo spazia sulla descrizione del giornalista tipo e si dilunga rispetto ai contatti e valuta le relazioni con i giornalisti e con coloro che sono adibiti alla diffusione delle notizie e delle varie iniziative.
Successivamente i paragrafi sono scanditi da un interludio, ossia da esempi didattici ludici e didascalici per alleggerire la spiegazione e per rendere più fruibile la trattazione sul tema.
Gli interrogativi ultimi del comunicare con nonviolenza la nonviolenza.
In seguito si indaga sul come e sul perché nasce una notizia nella costruzione e estensione dello scritto giornalistico, e sulle modalità in cui è necessario e preferibile scrivere un comunicato stampa. Inoltre si pone e si cerca di rispondere a un sostanziale interrogativo: ma perché mai ci dovrebbero pubblicare? E ancora si spazia su esempi e trucchi per approntare una campagna stampa fino a concludere con un epilogo fondamentale ed essenziale e profondamente esistenziale relativo alle ultime e vere motivazioni dell’azione giornalistica nonviolenta e del comunicare la nonviolenza con nonviolenza.
I perché del comunicatore di base.
Quindi l’interrogativo profondo è: ma perché facciamo tutto questo? La conclusione prevede modelli di comunicati che annunciano contenuti e contesti di senso e significato e aprono a nuove prospettive e azioni di attivismo nonviolento anche con il tramite creativo della scrittura giornalistica che prende forma tra le relazioni e interazioni umane, e soprattutto umane e nonviolente, che prendono vita nei nostri uffici stampa di base.
Intervista a Olivier Turquet direttore di Pressenza Italia, agenzia di stampa internazionale, autore del libro Comunicare la Nonviolenza con Nonviolenza.
di Laura Tussi
1-Attualmente si assiste a una deriva di ampi settori della società civile verso un cattivismo dilagante, un qualunquismo antiegualitario che contrastano nettamente il portato valoriale della costituzione repubblicana.
Frange della società inneggiano ai miti della razza, della patria, dell’eroe verso un grottesco mondo guerrafondaio, bellicista impregnato di xenofobia, razzismo, fascismo. La nonviolenza può costituire un anticorpo, un antidoto sociale rispetto a questa condizione umana?
La nonviolenza è da sempre la risposta alla violenza. Bisogna capire che la radice ultima dei fenomeni che vediamo sta nella violenza. Che le razze non esistano l’ha detto inequivocabilmente la scienza da anni, eppure vediamo crescere ogni forma di discriminazione. Esiste un’illusione che, implicitamente, è anch’essa violenta: per risolvere i problemi basta mettere un cartello “siate buoni”. Assolutamente insufficiente. Per risolvere i problemi bisogna riconoscerli, comprenderli ed accettarli e le varie tecniche di risoluzione dei conflitti, di autoliberazione sono basate sulla nonviolenza che è un metodo di azione, ma anche un atteggiamento di fronte alla vita. Un altro tema è la comunicazione: molto spesso le migliaia di attività nonviolente che esistono si autocensurano e non comunicano con efficacia quel che fanno. “Comunicare la Nonviolenza con Nonviolenza” è uno strumento pratico per migliorare questa comunicazione, pensato da Pressenza per tutte le realtà di base che vogliono dialogare meglio con i media.
2-I problemi maggiori della nostra società sono legati alla sua natura aggressiva.
In che modo la formula relazione e comunicazione di cui tu, Olivier Turquet, tratti nel tuo ultimo libro potrebbe risolvere queste problematiche?
Dobbiamo chiarire questo tema dell’aggressività: l’aggressività, dice Pat Patfoort, deriva dalla forza vitale che caratterizza l’istinto di sopravvivenza che ogni specie ha, incluso l’Essere Umano. Il tema è quando l’aggressività diventa violenza all’interno di un sistema che produce continuamente catene di violenza, escalation di violenza e violenza contro se stessi. Questo è il vero problema. La comunicazione nonviolenta è sempre una possibile soluzione: il mio libro in questo è molto tecnico, ma certamente pubblicando quei consigli possiamo far conoscere meglio e con efficacia le numerose iniziative che creano nuovi ambiti di scambio, propongono nuove soluzioni.
3-Le statistiche nazionali comunque, nonostante tutto, rivelano che la maggioranza della popolazione si pone contro l’invio di armi in Ucraina. Questo dato di fatto può costituire un barlume di speranza collettivo contro un baratro oscurantista e catastrofico in cui imperversa l’umanità e rispetto a un nuovo futuro possibile di pace e nonviolenza?
Come ha detto varie volte Noam Chomsky c’è una grande differenza tra l’opinione pubblica e l’opinione che si pubblica; il lavoro che facciamo in Pressenza e che fanno anche altri media nonviolenti come il vostro – Italia che cambia – è quello di rivelare quello che non si pubblica o che si pubblica a margine. E’ il vecchio gioco della bambina che svela che il Re è Nudo, quando tutti lo vedono.
In questo momento aggiungerei che il livello di propaganda nei media sta aumentando, mentre peggiorano le condizioni di lavoro dei giornalisti: tutti fattori che non fanno ben sperare nell’immediato.
Ma dobbiamo comprendere che il fenomeno a cui assistiamo è una crisi globale di quei valori che danno fondamento alla violenza; una crisi irreversibile, per certi versi dolorosa, per altri inevitabile. Il compito dei nonviolenti in questo momento è annunciare il mondo che verrà dopo, essere gli “angeli” del nuovo mondo nel senso letterale di Angelos, annunciatore: un mondo di comprensione reciproca, di cura degli altri e del pianeta, un mondo dove sarà bandito il business as usual e tornerà in auge la vera solidarietà e dove le persone, per necessità, comprenderanno ed applicheranno veramente la saggia ed antica regola d’oro: “tratta gli altri come vorresti essere trattato”.
Intervento in pubblico di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici al concerto in omaggio a Fabrizio De André “Dai diamanti non nasce niente” che si è svolto sabato 21 gennaio 2023 presso il teatro Gloria di Como alla presenza di un pubblico foltissimo e molto attento e interessato: teatro Gloria tutto esaurito.
Tutti incantati dalla magia delle note dei musicisti che hanno proposto i brani musicali più celebri del grande e eclettico poeta e compositore Fabrizio De André, soprannominato Faber.
“Interveniamo in questa bellissima serata con un ringraziamento alla stampa, a tutti gli ambiti giornalistici e alle testate e a tutti i siti web e ai musicisti e a tutti coloro che hanno permesso la realizzazione di questa importante iniziativa tra cui soprattutto il circolo Arci Xanadù. Ringraziamo la stampa tutta per l’interessante presentazione di un evento storico e collettivo importante come quello di stasera che ci vede tutti protagonisti e che vuole ricordare e commemorare e rendere omaggio all’indimenticabile talento e al sempre attuale messaggio di un grande poeta e musicista della nostra contemporaneità: Fabrizio De André. Siamo Laura Tussi e Fabrizio Cracolici scrittori e attivisti e siamo testimoni e promotori e siamo parte delle associazioni affiliate al premio Nobel per la pace a Ican, la rete mondiale e internazionale per il disarmo nucleare universale. E vogliamo ricordare i nostri ultimi libri Memoria e futuro e il saggio a quest’ultimo correlato Resistenza e nonviolenza creativa, due raccolte di saggi inediti con contributi di Moni Ovadia, Alex Zanotelli, Vittorio Agnoletto e molti altri attivisti. I nostri ultimi libri, Memoria e futuro e Resistenza e Nonviolenza creativa, editi da Mimesis edizioni, sono improntati agli ideali dell’antifascismo, della memoria storica e della Resistenza e soprattutto del disarmo nucleare parafrasando il grande impegno dei nostri celebri partigiani della pace con un particolare riferimento a Ican appunto premio Nobel per la pace 2017 per il disarmo nucleare universale che attualmente è quanto mai necessario poiché siamo in un paese coinvolto in una guerra tra due superpotenze. Che può trasformarsi in terza guerra mondiale e in catastrofe nucleare per cui affermiamo con tutta la forza della nonviolenza: Basta totalitarismi. Basta violenza. Basta guerre”.
Comunicato stampa
Dai diamanti non nasce niente. Concerto per Fabrizio De André di Laura Tussi (sito)
“Dai diamanti non nasce niente…” Omaggio a Faber e alla canzone d’autore.-. Lo Spazio Gloria di Como, dal 2007, ha reso omaggio a Fabrizio De André con l’evento “Dai Diamanti non Nasce Niente”, che giunge quest’anno alla 17esima edizione. L’evento ha sempre visto una fortissima partecipazione di pubblico e ha contribuito, fin dalla prima edizione, all’intensa attività culturale per il cineteatro comasco, confermando il valore della presenza sul territorio di un importante spazio che in questi anni ha presentato rassegne cinematografiche, concerti, iniziative musicali e teatrali di notevole qualità e valore artistico. Per dirla con le parole di De André, lo Spazio Gloria si conferma una “goccia di splendore” e di cultura che deve brillare sempre alta nel cielo lariano. La storia.-. Sul palco del Gloria, oltre alla costante presenza di Renato Franchi & l’Orchestrina del Suonatore Jones – il cantautore legnanese è il direttore artistico dell’evento – hanno suonato e cantato numerosi artisti: i comaschi Luca Ghielmetti, D’Altrocanto, Sulutumana, Filippo Andreani, Settegrani, Andrea Parodi, Lele Complici e Michele Tiso, Marco Belcastro, i genovesi Andrea Sigona, Lele Ravera e Bricchi, Gotti e Lambicchi, e poi i varesini Re della Cantina, Chiara Jeri da Livorno, Fab Ensemble da Venezia, Roberto Durkovic da Pavia, i ragazzi de Le Nuvole e la Cirigliano Band. Ricordiamo, inoltre, la partecipazione di Alessio Lega e di Oliviero Malaspina, collaboratore di Fabrizio e del figlio Cristiano. Edizione 2023: i protagonisti
Marinella .-.
Aprirà la serata un’artista dalla forte personalità, proveniente da Modena: Marinella (Marinella Vescovini), da sempre vicina alla canzone d’autore e impegnata in tutta la penisola in diverse serate-tributo al repertorio dei cantautori italiani, specialmente di Fabrizio De André. Una voce particolare e una chitarra acustica per interpretazioni di grande impatto, rese suggestive dagli originali arrangiamenti.
Figli di un Temporale .-. I saronnesi “Figli di un temporale” amano la canzone d’autore italiana e non solo, con una particolare devozione per i brani e la figura di Faber. Il nome che hanno scelto, tratto dalla famosa “Fiume Sand Creek” di Bubola e De André, è il giusto biglietto da visita di questa eclettica band, che si presenta in formazione elettrica.
Gio Bressanelli.-. Gio Bressanelli, da Crema, è un sensibile cantautore di notevole esperienza, con all’attivo diversi album di proprie composizioni. La sua grande passione per Fabrizio De André lo vede spesso impegnato in concerti dedicati alle sue canzoni, interpretate sempre con originalità. Si presenta sul palco del Gloria con una formazione acustica.-.
La quarta proposta della serata è tutta comasca! Il palco sarà affidato alla band-rivelazione dell’edizione dello scorso anno.
Si tratta dei “404 “, ensemble composto da quattro giovani musicisti, che per l’occasione proporranno quattro brani di Faber nella loro suggestiva e personale interpretazione. Ricordiamo inoltre che lo scorso 16 dicembre il gruppo ha prodotto “Interrotti”, il suo secondo lavoro discografico.
Renato Franchi & Orchestrina del Suonatore Jones.-. La serata si concluderà, come sempre, con il set di Renato Franchi & l’Orchestrina del Suonatore Jones, direttori artistici e coordinatori della rassegna dalla prima edizione del 2007. La formazione, che ha all’attivo centinaia di concerti e una quindicina di album con brani originali, nasce dall’amore per il rock, la canzone d’autore e per Fabrizio De André. La band, che attualmente sta completando la registrazione delle tracce del nuovo album, che uscirà in aprile 2023, chiuderà l’evento proponendo con particolari arrangiamenti le canzoni di Faber ed un brano del proprio repertorio. La serata si concluderà salutando il pubblico con tutti gli artisti sul palco, con una jam session dedicata a De André e ai suoi pezzi più amati.-.
Durante la serata, condotta dal giornalista Alessio Brunialti, interverranno gli scrittori Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, che presenteranno la pubblicazione “Memoria e futuro” dal Premio Nobel per la pace, note di Resistenza e Nonviolenza creativa tra memoria e futuro per una nuova umanità, oltre i totalitarismi: contro ogni guerra. Sarà inoltre presente lo stand della rivista musicale online “L’isola che non c’era”. Ingresso € 12 riservato ai soci Arci
Vincenzo D’Antuono – Spazio Gloria Como Renato Franchi & Orchestrina Suonatore Jones. Grazie a Maria Macchia per le foto
Con Laura Tussi, Fabrizio Cracolici, Maurizio Acerbo, Giorgio Cremaschi.
Modera Leonardo Marotta
Pamphlet ecologico, un libro ecologista e pacifista. E’ un libro postumo di Virginio Bettini, un uomo libero e giusto, un maestro per generazioni di studenti, un supporto scientifico per centinaia di comitati ed associazioni ambientaliste. Virginio è stato docente dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia (ora Università IUAV di Venezia), eurodeputato dei Verdi arcobaleno, e uno dei maggiori esponenti dell’ecologismo scientifico (una parola orrenda in uso negli anni ’90). Il libro, che tratta temi di ecologia, città paesaggio e pianeta, risponde a molte domande, ed è a cura di Maurizio Acerbo, Fabrizio Cracolici, Laura Tussi, con la prefazione di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici; l’introduzione di Maurizio Acerbo, un intervento di Paolo Ferrero, la postfazione di Alfonso Navarra e il contributo di David Boldrin Weffort parla dei temi dell’ecologia per il futuro nostro e del pianeta, in modo semplice, lucido, simpatico e soprattutto contro la guerra.
Siamo di fronte a un momento chiave per la transazione ecologica: molti dei paesi occidentali sono lungi dal ridurre le loro emissioni di gas serra, che foreste e suolo non riescono più ad assoribire. Alcuni Stati europei hanno preso delle misure, tutt’altro che incisive, mentre le sovvenzioni al settore delle energie fossili sono più che raddoppiate negli ultimi dieci anni. Ci si aspetterebbe allora un certo impegno in profonde riforme delle politiche pubbliche e dell’economia ma, nonostante le buone idee non manchino, si fatica ancora a implementare nuovi progetti con efficacia su scala globale.
Presentazione del pamphlet ecologico di Virginio Bettini e del suo modello su ambiente e paesaggio.
Presentano i curatori del libro Laura Tussi, Maurizio Acerbo e Fabrizio Cracolici, partecipa Giorgio Cremaschi, moderatore Leonardo Marotta.
Da decenni la Sardegna e il suo popolo sono ostaggio di interessi politici e militari che sfruttano il territorio impoverendolo, facendo ammalare o scappare chi lo abita, inquinando e alimentando la cultura della guerra. Tuttavia l’isola ha saputo reagire e sono innumerevoli le iniziative di contrasto a questi abusi, per conquistare l’autodeterminazione e diffondere i valori della pace e della nonviolenza.
Sardegna – “Questa sola parola: non vogliamo più armi, non facciamo più armi”
David Maria Turoldo
La Sardegna è una delle regioni italiane più militarizzate, tra basi militari, poligoni, servitù militari, dove si addestrano eserciti di tutto il mondo. Nell’isola migliaia di ettari di territorio sono interessati a servitù militari e per varie migliaia di chilometri di mare è vietata la navigazione, così come la pesca, durante le esercitazioni militari. Tre sono i grandi poligoni: Salto di Quirra, Capo frasca, Teulada. La maggior parte della superficie italiana soggetta a servitù militari si trova in Sardegna. Insopportabili gli effetti sulla vita, la salute, l’ambiente, l’economia della popolazione.
I MOVIMENTI PACIFISTI SI OPPONGONO
È dal dopoguerra che nell’isola sono attivi movimenti pacifisti diffusi che hanno contestato e contrastato un destino deciso altrove al servizio di strategie politiche e militari che calpestano la volontà delle popolazioni locali. Una solida tradizione di lotta e resistenza contro la militarizzazione e la guerra, per la tutela della salute e dell’ambiente intrecciate per le lotte sociali e con le lotte sociali, per la rinascita e la risoluzione dei problemi economici e sociali della popolazione. Da questa esperienza nascono i celebri murales di Orgosolo, che parlano con l’arte e raffigurano le lotte per la pace, episodi di vita quotidiana, l’emancipazione della donna, le culture locali e altro ancora.
I POLIGONI DI QUIRRA, CAPO FRASCA E CAPO TEULADA
Il poligono missilistico sperimentale di Quirra è il più vasto d’Europa: istituito nel 1957 è utilizzato soprattutto dalle industrie che producono armi. Gran parte della popolazione ha abbandonato il proprio territorio nel corso degli anni e vi sono numerosissimi casi di tumore. Vari anche i casi di incidenti, di missili finiti fuori rotta, fuori dal poligono con danni e rischi abnormi.
Sulla costa occidentale vi è il poligono di tiro di Capo frasca. Nel 1969 il primo incidente si verifica quando un aereo mitraglia una barca della cooperativa del golfo di Marceddì e ferisce un pescatore. Da allora numerosi gli incidenti segnalati. La militarizzazione di questa zona è stata la fine del paese di Sant’Antonio di Santadi, perché l’esproprio di terreni ha costretto gli abitanti ad emigrare. E anche qui la popolazione si è ribellata con la rivolta di Cabras nel 1978.
A Capo Teulada, più a sud, si trova il poligono per esercitazioni terra, aria, mare. Il secondo poligono di Italia per estensione. Anche qui tanti rischi per la popolazione a cominciare dagli errori e dall’inquinamento ambientale derivano dall’utilizzo dei famigerati proiettili all’uranio impoverito.
Questi i siti principali, ma tutta l’isola è disseminata di tante altre installazioni militari: l’aeroporto Nato di Decimomannu, la base di capo Marrargiu, il porto militare di Cagliari, le polveriere, i radar, i depositi di carburante. In passato e per molto tempo nell’isola di Santo Stefano dell’arcipelago de La Maddalena la marina USA aveva una nave appoggio per sommergibili nucleari, in piena guerra fredda. L’oppressione che penalizza la Sardegna in misura abnorme e iniqua ha trasformato la felice posizione di centralità mediterranea in una maledizione per il popolo sardo e quelli dell’altra riva.
LA STRATEGIA MILITARE NATO-USA
Dagli anni cinquanta, nel quadro della strategia militare NATO-USA la Sardegna è usata come immensa base. A partire dagli anni novanta, i vertici militari annunciano ripetutamente con estrema chiarezza che l’importanza strategica dell’isola è potenziata e destinata a crescere. I segni forti e palesi del rafforzarsi della schiavitù militare non sono colti né dalle istituzioni né dalla classe dirigente, entrambe arroccate nella tradizionale politica del “non vedo, non sento, non parlo”.
Sono invece segni colti dalle popolazioni costrette loro malgrado a convivere con le devastanti attività militari. Il progetto eterodiretto imposto alla Sardegna lentamente produce nel popolo sardo degli anticorpi. L’insofferenza popolare, fortemente radicata, nonostante da mezzo secolo si tenti di soffocarla e di anestetizzarla sembra scuotersi dall’atavica rassegnazione.
I PACIFISTI SI MOBILITANO E DENUNCIANO
Per merito dei pacifisti sardi, emergono i casi di leucemia provocati dall’uso dell’uranio impoverito in Bosnia e nei poligoni. Importante il convegno a Cagliari nel luglio 2007 riguardante l’opposizione alle basi militari in Sardegna e nel mondo. Si parla di sindrome di Quirra, unitamente alla sindrome dei Balcani. Nel 2001 la coraggiosa denuncia del medico e sindaco Antonio Pili fa emergere i dati da brivido sui tumori a Quirra: quindi un lavoro dal basso porta alla luce anche la drammatica situazione di un paese confinante con il lato sud ovest del poligono.
L’oppressione che penalizza la Sardegna in misura abnorme e iniqua ha trasformato la felice posizione di centralità mediterranea in una maledizione per il popolo sardo
L’esproprio delle risorse naturali e il conseguente strangolamento della fragile economia provocato dall’ingombrante e minacciosa presenza militare suscita ondate ricorrenti di opposizione popolare. Pastori e pescatori di volta in volta si mobilitano in un’ostinata difesa del poco lavoro che è stato loro concesso di svolgere, nei pochi pascoli devastati dai giochi di guerra, nelle ristrette zone di mare, ormai saturo di ordigni bellici. Negli anni novanta i pescatori del Sulcis si mobilitano e ottengono risultati.
Strati crescenti di popolazione vanno acquisendo una sempre maggiore consapevolezza del ruolo che le basi militari giocano nelle politiche militari della Sardegna, per i diritti umani negati, il diritto all’uso sostenibile delle risorse, il diritto al controllo democratico del territorio, il diritto a vivere senza l’incubo dell’olocausto nucleare, dell’uranio impoverito, della morte lenta per leucemia. E la lotta contro la guerra di aggressione in Iraq si va lentamente intrecciando e rafforzando a vicenda con queste problematiche, dando spessore alla consapevolezza che ripudiare la guerra comporta il rifiutare le basi e i poligoni della guerra stessa.
L’ISOLA DI PACE NEL MEDITERRANEO
Diventa sempre più profondo e visibile l’abisso che separa il ruolo di lugubre scuola di guerra, aggressivo bastione armato del Mediterraneo imposto alla Sardegna dalle alte sfere internazionali, e il progetto di futuro, deciso dalla Sardegna, dal suo popolo e dalle istituzioni di ospitale crocevia di popoli e culture delle due rive del Mediterraneo.
Nel corso della sua storia millenaria la Sardegna non ha mai mosso guerra di aggressione ad altri popoli. È sempre stata isola di pace e intende essere isola di pace. La lotta conferma che non esiste governo né forza armata che non possono essere sconfitti da un popolo quando il popolo ha la ragione e la volontà di lottare per far prevalere i suoi diritti e le sue esigenze.
Noi pacifisti e nonviolenti lavoriamo per liberare la Sardegna dalla presenza militare con l’obiettivo che tutto l’apparato che sostiene e fomenta la guerra così come schiavitù, razzismo, ingiustizia sociale, finisca al più presto nell’archeologia della storia. Crediamo che la Sardegna possa dare un enorme contributo perché enorme è il peso della pressione militare che la mortifica. Liberandosi del ruolo di vittima, si libera del ruolo di complice e concorre a liberare l’umanità dall’incubo della guerra.
In un documento del 2012 i comitati pacifisti e le famiglie dei militari uccisi da tumore chiedono con forza la sospensione delle attività dei poligoni dove si sono registrate patologie di guerra. L’evacuazione dei militari esposti alla contaminazione dei poligoni; il ripristino ambientale; la bonifica seria e credibile delle aree terrestri e marine contaminate; il risarcimento dei malati alle famiglie; il ripudio della guerra e delle sue basi concentrate in Sardegna; l’impiego delle risorse ai fini di pace. Vorrei menzionare per concludere il libro Sono morto come un vietcong. Leucemie di guerra della giovane pacifista sarda Giulia Spada, una forte denuncia e importante presa di posizione e testimonianza a favore della pace.
Bibliografia di approfondimento
Bobbio Norberto, Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino, Bologna 2009
Mastrolilli Paolo, Lo specchio del mondo. Le ragioni della crisi dell’ONU, Laterza, Roma 2005
Mini Fabio, Perché siamo così ipocriti sulla guerra? Un generale della Nato racconta, Chiarelettere, Milano 2012
Pugliese Francesco, Abbasso la guerra. Persone e movimenti per la pace dall’800 a oggi, Grafiche futura, Mattarello – Trento
Fonti analitiche
Gagliano Giuseppe, Studi politico-strategici. La conflittualità non convenzionale nel contesto delle ideologie e dei movimenti antagonisti del novecento, Vol. II, edizioni New Press – Como, I Edizione 2007
Che fine ha fatto la legge per il controllo sull’esportazione di armi? La legge 185 sull’export di armi è sotto attacco. Nel 2021 l’Italia ha revocato sei licenze per la fornitura di armi e missili ad Arabia Saudita e Emirati arabi uniti. La reazione del settore della difesa non si è fatta attendere, mettendo nel mirino la norma della legge 185/1990 “la revoca delle licenze non dovrebbe essere l’eccezione ma la regola” spiega rete pace e disarmo. La legge del 1990 prevede che siano vietate la fabbricazione, l’importazione, l’esportazione, il transito di armi biologiche, chimiche e nucleari, nonché la ricerca preordinata alla loro produzione e la cessione della relativa tecnologia.
Un excursus nel passato
E’ dal 1984 che il comitato contro i mercanti di morte chiede maggiori controlli.
Nel 1987 diversi coraggiosi magistrati hanno tolto il coperchio che copriva questi traffici tutti poco conosciuti e molto illeciti. Grazie alle inchieste giudiziarie, l’opinione pubblica ha conosciuto il significato di triangolazione. Ossia come ci si poteva arricchire con la guerra Iran Iraq, con la spregiudicatezza di molte industrie belliche e la connivenza di troppi industriali statali.
È sempre nel 1987 che si è iniziato a distribuire in parlamento il testo di una legge che controllasse il commercio di armamenti, la prima legge della Repubblica italiana.
Il governo che inizialmente aveva proposto un suo disegno di legge più orientato a promuovere le esportazioni che a limitarle, ha cambiato atteggiamento. Spinto dai parlamentari più pacifisti, si è aperto un dialogo con le proposte di maggior controllo fatte dall’opposizione.
Però avendo scelto la strada giusta, il governo ha ingranato la marcia più lenta. Di 31 articoli che formavano la legge, solo uno e mezzo sono approvati in sede legislativa dalla commissione parlamentare appositamente costituita.
Le industrie belliche si attivano
Intanto, fuori dal palazzo, le industrie non sono rimaste ad aspettare. Dopo il calo delle esportazioni di armi, verificatosi a partire dal 1984, cercano di lanciarsi con i finanziamenti statali. Il progetto di una nuova legge straordinaria per l’acquisto di nuove armi che sta nel cassetto degli Stati maggiori, sembra fatta più per rilanciare le industrie belliche che per affrontare la nuova fase di disarmo. Il secondo obiettivo delle industrie belliche è quello di fare un salto tecnologico che le renda più competitive sui mercati internazionali. Queste industrie tendono ad accollare i costi del salto tecnologico allo Stato. Le spese per la ricerca e lo sviluppo militare sono in continuo aumento negli ultimi anni.
La nonviolenza contro i mercanti di morte
Ancora una volta i mercanti di morte si ritrovano a fare affari. Nel 1989 a Genova si inaugura la settima edizione della Mostra navale Italia, la principale esposizione di sistemi d’arma nel nostro paese. Per entrare alla Mostra, i mercanti di morte dovranno scavalcare migliaia di pacifisti seduti di fronte ai cancelli.
L’opposizione nonviolenta è organizzata dal comitato contro la mostra insieme a decine di organizzazioni e associazioni laiche, sindacali, religiose, culturali, insieme a partiti e movimenti giovanili e ad associazioni per la pace. Il pacifismo in Liguria era impegnato da anni perché la città si rifiutasse di operare e di ospitare la filiera e la fiera delle armi che finiscono vendute innanzitutto al terzo mondo e persino ai paesi belligeranti.
La discussione è riuscita a coinvolgere anche le amministrazioni locali e ha provocato polemiche a non finire. Ma evidentemente le ragioni degli organizzatori della mostra sono state più convincenti dell’appello rivolto dai pacifisti alla popolazione locale.
Invito a non legittimare le armi e la violenza
Il comitato contro la mostra ha comunque invitato le autorità a non legittimare con la propria presenza l’inaugurazione della Mostra di armi: ci sarà qualcuno che vorrà almeno con questo piccolo gesto testimoniare di aver ascoltato le voci di Pace? L’appuntamento per i pacifisti di tutti Italia dunque era a Genova insieme per dire con la forza della nonviolenza NO alla mostra e SI al disarmo e alla riconversione dell’industria bellica.
L’attualità del boicottaggio degli armamenti
Attualmente vediamo ancora la Liguria al centro del ciclone mediatico perché il Movimento dei portuali di Genova e La Spezia sono impegnati a boicottare il traffico di armi e a rifiutarsi di caricare ordigni militari di distruzione sulle navi che salpano dai porti.
Un appello al mondo del pacifismo perché è molto triste tutto ciò che succede in questa martoriata madre terra. Gli eventi non volgono al meglio.
Una cosa rattrista molto ed è il fatto che tra noi pacifisti non vi sia Unione di intenti. Troppe divisioni e per questo i potenti possono fare oramai tutto quello che vogliono.
Per i poteri forti la guerra ad oltranza anche con la possibilità dell’utilizzo di armi di distruzione di massa nucleari è la via per la Pace. Diamo il giusto senso alle parole. La guerra non può essere pace e la pace deve sussistere perché non è guerra.
Dobbiamo rifondarci come umanità e dobbiamo farlo subito: non vi è più tempo. Superiamo i problemi che ci dividono e torniamo assieme a lottare per la Pace, la Pace che hanno tentato di donare all’intera umanità i nostri padri Partigiani. Facciamolo per loro, per noi e per le future generazioni. Stiamo chiedendo accoratamente una tregua di pace per una guerra tra Ucraina e Russia e Nato che sta seminando morte e disperazione. Chiediamo al mondo del pacifismo una tregua anche tra di noi in modo da essere più efficaci e soprattutto credibili nel contrastare le guerre che stanno avvenendo. Un invito a vedere questo meraviglioso video “I bambini della Pace”: Impariamo dai bambini che sono la speranza per un mondo senza guerre.
IN FOTO: I disegni della mia mamma Angela Belluschi che raccontava sempre le avventure incredibili e a rischio di morte di mio nonno Luigi sabotatore dell’industria bellica, come operaio alla Breda di Sesto San Giovanni e Resistente durante il ventennio fascista e contro il regime nazifascista. Mamma ha realizzato vari disegni nei limiti dell’età e della grave patologia. Alcuni disegni sono pubblicati nel mio libro Resistenza e Nonviolenza creativa.
POST SCRIPTUM: Grazie cara Mamma per questa bellissima rosa colorata. Mia mamma Angela Belluschi soffre di Alzheimer e i servizi sociali adibiti alla cura di questa malattia scarseggiano. Ormai la sanità pubblica e lo stato sociale sono ridotti all’osso perché i vari governi investono sempre e sempre di più in armi e ordigni militari e in guerra. Voglio denunciare la mancanza di stato sociale e di assistenza agli anziani e ai più deboli, in quanto i governi continuano a investire in armi e in guerra e questo è un vero crimine da parte delle istituzioni nei confronti dei più bisognosi e delle frange deboli della società. Mentre mamma vuole e ha sempre voluto la pace come noi tutti.
Docente, giornalista e scrittrice, si occupa di pedagogia nonviolenta e interculturale. Ha conseguito cinque lauree specialistiche in formazione degli adulti e consulenza pedagogica nell’ambito delle scienze della formazione e dell’educazione. Coordinamento Italia Campagna Internazionale ICAN – Premio Nobel per la Pace 2017 per il disarmo nucleare universale, collabora con diverse riviste telematiche tra cui Pressenza, Peacelink, Ildialogo, Unimondo, AgoraVox ed ha ricevuto il premio per l’impegno civile nel 70esimo Anniversario della Liberazione M.E.I. – Meeting Etichette Indipendenti, Associazione Arci Ponti di Memoria e Comune di Milano. Autrice dei libri: Sacro (EMI 2009), Memorie e Olocausto (Aracne 2009), Il dovere di ricordare (Aracne 2009), Il pensiero delle differenze(Aracne 2011), Educazione e pace (Mimesis 2012), Un racconto di vita partigiana – con Fabrizio Cracolici, presidente ANPI Nova Milanese (Mimesis 2012), Dare senso al tempo-Il Decalogo oggi. Un cammino di libertà (Paoline 2012), Il dialogo per la pace. Pedagogia della Resistenza contro ogni razzismo (Mimesis 2014), Giovanni Pesce. Per non dimenticare (Mimesis 2015) con i contributi di Vittorio Agnoletto, Daniele Biacchessi, Moni Ovadia, Tiziana Pesce, Ketty Carraffa, Antifascismo e Nonviolenza (Mimesis 2017), con Alfonso Navarra, Adelmo Cervi, Alessandro Marescotti. Collabora con diverse riviste di settore, tra cui: “Scuola e didattica” – Editrice La Scuola, “Mosaico di Pace”, “GAIA” – Ecoistituto del Veneto Alex Langer, “Rivista Anarchica”. Promotrice del progetto per non dimenticare delle Città di Nova Milanese e Bolzano www.lageredeportazione.org e del progetto Arci Ponti di memoria www.pontidimemoria.it. Qui il suo canale video.
Lo Spazio Gloria di Como, dal 2007, ha reso omaggio a Fabrizio De André con l’evento “Dai Diamanti non Nasce Niente”, che giunge quest’anno alla 17esima edizione. L’evento ha sempre visto una fortissima partecipazione di pubblico e ha contribuito, fin dalla prima edizione, all’intensa attività culturale per il cineteatro comasco, confermando il valore della presenza sul territorio di un importante spazio che in questi anni ha presentato rassegne cinematografiche, concerti, iniziative musicali e teatrali di notevole qualità e valore artistico. Per dirla con le parole di De André, lo Spazio Gloria si conferma una “goccia di splendore” e di cultura che deve brillare sempre alta nel cielo lariano.
La storia.-.
Sul palco del Gloria, oltre alla costante presenza di Renato Franchi & l’Orchestrina del Suonatore Jones – il cantautore legnanese è il direttore artistico dell’evento – hanno suonato e cantato numerosi artisti: i comaschi Luca Ghielmetti, D’Altrocanto, Sulutumana, Filippo Andreani, Settegrani, Andrea Parodi, Lele Complici e Michele Tiso, Marco Belcastro, i genovesi Andrea Sigona, Lele Ravera e Bricchi, Gotti e Lambicchi, e poi i varesini Re della Cantina, Chiara Jeri da Livorno, Fab Ensemble da Venezia, Roberto Durkovic da Pavia, i ragazzi de Le Nuvole e la Cirigliano Band. Ricordiamo, inoltre, la partecipazione di Alessio Lega e di Oliviero Malaspina, collaboratore di Fabrizio e del figlio Cristiano.
Edizione 2023: i protagonisti
Marinella .-.
Aprirà la serata un’artista dalla forte personalità, proveniente da Modena: Marinella (Marinella Vescovini), da sempre vicina alla canzone d’autore e impegnata in tutta la penisola in diverse serate-tributo al repertorio dei cantautori italiani, specialmente di Fabrizio De André. Una voce particolare e una chitarra acustica per interpretazioni di grande impatto, rese suggestive dagli originali arrangiamenti.
Figli di un Temporale .-.
I saronnesi “Figli di un temporale” amano la canzone d’autore italiana e non solo, con una particolare devozione per i brani e la figura di Faber. Il nome che hanno scelto, tratto dalla famosa “Fiume Sand Creek” di Bubola e De André, è il giusto biglietto da visita di questa eclettica band, che si presenta in formazione elettrica.
Gio Bressanelli.-.
Gio Bressanelli, da Crema, è un sensibile cantautore di notevole esperienza, con all’attivo diversi album di proprie composizioni. La sua grande passione per Fabrizio De André lo vede spesso impegnato in concerti dedicati alle sue canzoni, interpretate sempre con originalità. Si presenta sul palco del Gloria con una formazione acustica.-.
La quarta proposta della serata è tutta comasca! Il palco sarà affidato alla band-rivelazione dell’edizione dello scorso anno. Si tratta dei “404 “, ensemble composto da quattro giovani musicisti, che per l’occasione proporranno quattro brani di Faber nella loro suggestiva e personale interpretazione. Ricordiamo inoltre che lo scorso 16 dicembre il gruppo ha prodotto “Interrotti”, il suo secondo lavoro discografico.
Renato Franchi &
Orchestrina del Suonatore Jones.-.
La serata si concluderà, come sempre, con il set di Renato Franchi & l’Orchestrina del Suonatore Jones, direttori artistici e coordinatori della rassegna dalla prima edizione del 2007. La formazione, che ha all’attivo centinaia di concerti e una quindicina di album con brani originali, nasce dall’amore per il rock, la canzone d’autore e per Fabrizio De André. La band, che attualmente sta completando la registrazione delle tracce del nuovo album, che uscirà in aprile 2023, chiuderà l’evento proponendo con particolari arrangiamenti le canzoni di Faber ed un brano del proprio repertorio. La serata si concluderà salutando il pubblico con tutti gli artisti sul palco, con una jam session dedicata a De André e ai suoi pezzi più amati.-.
Durante la serata, condotta dal giornalista Alessio Brunialti, interverranno gli scrittori Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, che presenteranno la pubblicazione “Memoria e futuro” dal Premio Nobel per la pace, note di Resistenza e Nonviolenza creativa tra memoria e futuro per una nuova umanità, oltre i totalitarismi: contro ogni guerra.
Sarà inoltre presente lo stand della rivista musicale online “L’isola che non c’era”.
Che fine ha fatto la legge per il controllo sull’esportazione di armi? La legge 185 sull’export di armi è sotto attacco.
Nel 2021 l’Italia ha revocato sei licenze per la fornitura di armi e missili ad Arabia Saudita e Emirati arabi uniti.
La reazione del settore della difesa non si è fatta attendere, mettendo nel mirino la norma della legge 185/1990 “la revoca delle licenze non dovrebbe essere l’eccezione ma la regola” spiega rete pace e disarmo.
La legge del 1990 prevede che siano vietate la fabbricazione, l’importazione, l’esportazione, il transito di armi biologiche, chimiche e nucleari, nonché la ricerca preordinata alla loro produzione e la cessione della relativa tecnologia.
Un excursus nel passato
E’ dal 1984 che il comitato contro i mercanti di morte chiede maggiori controlli.
Nel 1987 diversi coraggiosi magistrati hanno tolto il coperchio che copriva questi traffici tutti poco conosciuti e molto illeciti. Grazie alle inchieste giudiziarie, l’opinione pubblica ha conosciuto il significato di triangolazione. Ossia come ci si poteva arricchire con la guerra Iran Iraq, con la spregiudicatezza di molte industrie belliche e la connivenza di troppi industriali statali.
È sempre nel 1987 che si è iniziato a distribuire in parlamento il testo di una legge che controllasse il commercio di armamenti, la prima legge della Repubblica italiana.
Il governo che inizialmente aveva proposto un suo disegno di legge più orientato a promuovere le esportazioni che a limitarle, ha cambiato atteggiamento. Spinto dai parlamentari più pacifisti, si è aperto un dialogo con le proposte di maggior controllo fatte dall’opposizione.
Però avendo scelto la strada giusta, il governo ha ingranato la marcia più lenta. Di 31 articoli che formavano la legge, solo uno e mezzo sono approvati in sede legislativa dalla commissione parlamentare appositamente costituita.
Le industrie belliche si attivano
Intanto, fuori dal palazzo, le industrie non sono rimaste ad aspettare. Dopo il calo delle esportazioni di armi, verificatosi a partire dal 1984, cercano di lanciarsi con i finanziamenti statali. Il progetto di una nuova legge straordinaria per l’acquisto di nuove armi che sta nel cassetto degli Stati maggiori, sembra fatta più per rilanciare le industrie belliche che per affrontare la nuova fase di disarmo. Il secondo obiettivo delle industrie belliche è quello di fare un salto tecnologico che le renda più competitive sui mercati internazionali. Queste industrie tendono ad accollare i costi del salto tecnologico allo Stato. Le spese per la ricerca e lo sviluppo militare sono in continuo aumento negli ultimi anni.
La nonviolenza contro i mercanti di morte
Ancora una volta i mercanti di morte si ritrovano a fare affari. Nel 1989 a Genova si inaugura la settima edizione della Mostra navale Italia, la principale esposizione di sistemi d’arma nel nostro paese. Per entrare alla Mostra, i mercanti di morte dovranno scavalcare migliaia di pacifisti seduti di fronte ai cancelli.
L’opposizione nonviolenta è organizzata dal comitato contro la mostra insieme a decine di organizzazioni e associazioni laiche, sindacali, religiose, culturali, insieme a partiti e movimenti giovanili e ad associazioni per la pace. Il pacifismo in Liguria era impegnato da anni perché la città si rifiutasse di operare e di ospitare la filiera e la fiera delle armi che finiscono vendute innanzitutto al terzo mondo e persino ai paesi belligeranti.
La discussione è riuscita a coinvolgere anche le amministrazioni locali e ha provocato polemiche a non finire. Ma evidentemente le ragioni degli organizzatori della mostra sono state più convincenti dell’appello rivolto dai pacifisti alla popolazione locale.
Invito a non legittimare le armi e la violenza
Il comitato contro la mostra ha comunque invitato le autorità a non legittimare con la propria presenza l’inaugurazione della Mostra di armi: ci sarà qualcuno che vorrà almeno con questo piccolo gesto testimoniare di aver ascoltato le voci di Pace? L’appuntamento per i pacifisti di tutti Italia dunque era a Genova insieme per dire con la forza della nonviolenza NO alla mostra e SI al disarmo e alla riconversione dell’industria bellica.
L’attualità del boicottaggio degli armamenti
Attualmente vediamo ancora la Liguria al centro del ciclone mediatico perché il Movimento dei portuali di Genova e La Spezia sono impegnati a boicottare il traffico di armi e a rifiutarsi di caricare ordigni militari di distruzione sulle navi che salpano dai porti.
Un appello al mondo del pacifismo perché è molto triste tutto ciò che succede in questa martoriata madre terra. Gli eventi non volgono al meglio.
Una cosa rattrista molto ed è il fatto che tra noi pacifisti non vi sia Unione di intenti. Troppe divisioni e per questo i potenti possono fare oramai tutto quello che vogliono.
Per i poteri forti la guerra ad oltranza anche con la possibilità dell’utilizzo di armi di distruzione di massa nucleari è la via per la Pace. Diamo il giusto senso alle parole. La guerra non può essere pace e la pace deve sussistere perché non è guerra.
Dobbiamo rifondarci come umanità e dobbiamo farlo subito: non vi è più tempo.
Superiamo i problemi che ci dividono e torniamo assieme a lottare per la Pace, la Pace che hanno tentato di donare all’intera umanità i nostri padri Partigiani.
Facciamolo per loro, per noi e per le future generazioni.
Stiamo chiedendo accoratamente una tregua natalizia di pace per una guerra tra Ucraina e Russia e Nato che sta seminando morte e disperazione.
Chiediamo al mondo del pacifismo una tregua anche tra di noi in modo da essere più efficaci e soprattutto credibili nel contrastare le guerre che stanno avvenendo.
Un invito a vedere questo meraviglioso video “I bambini della Pace”.
Impariamo dai bambini che sono la speranza per un mondo senza guerre.
IN FOTO: I disegni della mia mamma Angela Belluschi che raccontava sempre le avventure incredibili e a rischio di morte di mio nonno Luigi sabotatore dell’industria bellica, come operaio alla Breda di Sesto San Giovanni e Resistente durante il ventennio fascista e contro il regime nazifascista. Mamma ha realizzato vari disegni nei limiti dell’età e della grave patologia. Alcuni disegni sono pubblicati nel mio libro Resistenza e Nonviolenza creativa.