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Un canale video per la cultura della pace del XXI secolo

Rivista .eco, l’educazione sostenibile

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Rivista .eco, direttore Mario Salomone e segretario generale WEEC International, tratta di ambiente, pace e disarmo

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Il canale YouTube Siamo tutti Premi Nobel per la Pace con ICAN – Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, premio Nobel per la pace 2017

 

Il canale video siamo tutti premi Nobel per la pace con ICAN, promosso dai Disarmisti esigenti, membri italiani di questa rete internazionale, nasce per supportare l’iniziativa antinucleare globale: questo anno ha ottenuto la storica entrata in vigore, il 22 gennaio scorso, del Trattato di proibizione delle armi nucleari! Adesso questo progetto comunicativo si estende e qualifica come intervento culturale ambizioso per promuovere la “Rete per l’educazione alla terrestrità”, con una didattica della memoria proiettata sul futuro della “nonviolenza efficace”

 

di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici – Progetto Memoria e Futuro, Disarmisti Esigenti

 

La direttrice esecutiva di ICAN, Beatrice Fihn, nel ricevere per ICAN, la campagna internazionale per la proibizione delle armi nucleari (500 associazioni diffuse in 100 Paesi), il premio Nobel per la pace 2017, ha dichiarato: “È un onore immenso: è un premio importantissimo per tutti coloro che lavorano alla lotta contro le armi nucleari, un tributo ai sopravvissuti di Hiroshima e anche alle vittime dei test nucleari”.

Il premio per tutti gli attivisti antinucleari, come lo ha definito Beatrice Fihn, attribuito per aver ottenuto l’adozione da parte ONU del Trattato di proibizione delle armi nucleari, ha dato vita all’idea, lanciata e realizzata dai Disarmisti esigenti, tra i membri ICAN in Italia, di organizzare un canale video su youtube volto a sostenere l’obiettivo della rete degli attivisti antinucleari e ad allargare e approfondire l’impegno di organizzazioni e cittadini italiani nel perseguirlo.

Nel canale ospitiamo le dichiarazioni di personalità italiane a favore di ICAN: citiamo, tra gli altri Moni Ovadia, Alex Zanotelli, Luigi Ciotti, Vittorio Agnoletto e inseriamo le “conversazioni disarmiste”. Queste conversazioni sono incontri di approfondimento con il portavoce Alfonso Navarra ed esperti come Luigi Mosca, fisico nucleare, già direttore del Laboratorio sotterraneo di Modane.

Affrontiamo la situazione e le prospettive del disarmo nel mondo, cercando di offrire elementi conoscitivi e analitici seri e fondati, seguendo il percorso che dovrà condurci dall’abolizione giuridica all’eliminazione effettiva degli ordigni nucleari, dopo l’effettiva entrata in vigore del Trattato, il 22 gennaio di quest’anno, allo scattare della 50esima ratifica dell’Honduras.

Ora, in coerenza  con la definizione che identifica la “nonviolenza efficace con i progressi del diritto internazionale” (dovuta a Papa Francesco che parafrasa Gandhi), questo canale si sta estendendo e qualificando come strumento di lavoro culturale, come piattaforma web rivolta alle scuole in primis, al mondo complesso dei formatori e dell’attivismo sensibile al tema dell’educazione alla pace, ponendosi come strumento della costruzione di una “Rete per l’educazione alla terrestrità”, collegata alla iniziativa della “Carta della Terra”, fatta propria dall’UNESCO (il segretariato internazionale è presso l’Università della pace ONU in Costarica).

La “Terrestrità” è un termine che diventa quasi un neologismo nell’interpretazione innovativa attribuita da Alfonso Navarra, il portavoce dei Disarmisti esigenti, nonviolento “storico”, attuale segretario della Lega per il Disarmo unilaterale fondata dallo scrittore Carlo Cassola.

“Terrestrità”  potrebbe apparire come l’aggiornamento scientifico di una concezione ancestrale mitologica: la specie umana appartiene alla Terra, e non è il contrario, non può arrogarsi di essere “padrona” della Natura.

L’innovazione sta nel mettere insieme internazionalismo sociale (sfruttati e oppressi di tutti i Paesi unitevi!), responsabilità comune verso l’unico ecosistema planetario, ed infine ordinamento internazionale come affermazione della forza del diritto e dei diritti a livello mondiale, che deve prevalere sul diritto della forza armata e la sovranità assoluta degli Stati nazionali.

La terrestrità è, in sostanza, cittadinanza globale, ma nutrita di coscienza ecologica con la volontà di trasformare le istituzioni e il diritto internazionale riconoscendo i diritti dell’Umanità e i diritti della Natura.

La prospettiva di questo salto culturale, che si affianca alla attività politica in senso stretto, ma alla ricerca delle ragioni e dell’impegno politico quotidiano, è quella di diventare una web TV con vari canali tematici.

In questi temi comprendiamo anche il modello universale e sociale di Riace esportabile in tutto il mondo. Inoltre sono predisposti materiali e archivi storici dalla fondazione Massimo Sani, uno dei più grandi registi di storia contemporanea che ha collaborato moltissimo con la Rai, fino al progetto “Per non dimenticare” sulla deportazione politica con oltre 220 videotestimonianze di deportati civili per motivazioni politiche nei campi di concentramento e di sterminio nazifascisti e un archivio su Genova 2001, che comprende materiali video sul movimento altermondialista in opposizione al summit del G8 svoltosi a Genova nel 2001, in collaborazione con Vittorio Agnoletto.

Abbiamo anche una sezione ‘musica di impegno civile’ con cantautori per la pace e un archivio di pedagogia della memoria con centinaia di articoli pedagogici, libri, scritti e eventi e locandine di eventi delle innumerevoli presentazioni in pubblico dei libri prodotti,  soprattutto con Mimesis Edizioni.

Sono previsti anche corsi di formazione di didattica della memoria. E qui possiamo agganciare, in ultimo ma non da ultimo, il progetto Memoria e futuro, che si ricollega alla Rete per l’educazione alla terrestrità quale suo pilastro tematico.

Nel nostro progetto faremo confluire la parte vitale dell’esperienza del progetto “Per non dimenticare”, un importante archivio di materiale di testimonianze e di documentazione sulla memoria della deportazione politica – dovuto anche al lavoro decennale di Fabrizio Cracolici con la collaborazione della sottoscritta – e intendiamo ribadire la collaborazione con gli ambienti ANPI che continueranno a rappresentare un circuito importante per i nostri incontri culturali in pubblico.

Uno strumento scientifico e culturale che promuoverà la Rete di educazione alla cultura della “Terrestrità” è il libro “Memoria e futuro”, Mimesis Edizioni.

In questo libro, di cui gli autori sono Alfonso Navarra, Fabrizio Cracolici e Laura Tussi, e che contiene il saggio dello scienziato Luigi Mosca “Il lungo cammino dell’Umanità per uscire dalla barbarie”, si sottolinea l’antifascismo sociale come punto importante della cultura della terrestrità.

L’antifascismo sociale è tutt’uno con l’internazionalismo per un’umanità unica che deve e ha l’obbligo di salvaguardare e tutelare la specie vivente e la “Madre Terra” in base a una coscienza ecologica planetaria.

Questi punti, lo ripetiamo, devono essere riconosciuti, e in parte già lo sono, dal diritto internazionale che coincide con la nostra prospettiva e visione di nonviolenza efficace: i progressi del diritto internazionale contro il sovranismo assoluto degli Stati.

Un principio già contenuto nell’articolo 11 della Costituzione italiana che afferma: “(l’Italia) consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”.

Tutte queste premesse e spunti e argomenti rientrano nel grande lavoro e percorso della pace del XXI secolo di cui il Trattato ONU di Proibizioni per le Armi Nucleari e le COP per il clima – gli accordi di Parigi per la decarbonizzazione entro il 2050 – sono solo un tassello, insieme alle Costituzioni Nazionali nate dalla lotta al nazifascismo e alla dichiarazione universale dei diritti umani, alla Carta della terra e l’Agenda Onu 2030.

Il progetto Memoria e Futuro, all’interno della Rete per l’educazione alla “Terrestrità”, è formalmente un “settore” dell’associazione Kronos Pro Natura, la quale fa appunto parte della coalizione dei Disarmisti Esigenti. A Kronos fa capo anche il bollettino telematico Il Sole di Parigi, diretto da Giuseppe Farinella, che si propone  come strumento dell’osservatorio sull’attuazione degli accordi internazionali sul clima globale.

La missione di Memoria e futuro, consiste nella condivisione e nella valorizzazione del grande patrimonio inestimabile della memoria della resistenza al nazifascismo con uno sguardo rivolto a un futuro possibile, a “un altro mondo possibile”: all’insegna della Terrestrità collegata e correlata ai temi della pace, dell’ambiente e della giustizia sociale.

Canale video “Siamo tutti Premi Nobel per la Pace con Ican”:

https://www.youtube.com/channel/UCFWikKgRr7k21bXHX3GzE9A

Rivista .eco:
https://rivistaeco.it/un-canale-video-per-la-cultura-della-pace-del-xxi-secolo/

Note: Rivista .eco:
https://rivistaeco.it/un-canale-video-per-la-cultura-della-pace-del-xxi-secolo/

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La storia di vita di Tiziana Di Ruscio, vittima di violenza, sopravvissuta al femminicidio, narrata in questo libro di drammatica verità, rasenta però l’incredibile e l’indicibile.
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La prima legge innovativa sulla violenza sessuale è la numero 66 del febbraio 1996

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La storia di vita di Tiziana Di Ruscio, vittima di violenza, sopravvissuta al femminicidio, narrata in questo libro di drammatica verità, rasenta però l’incredibile e l’indicibile.

Libro in tutte le librerie dal 4 Marzo 2021

 

Libro di Tiziana Di Ruscio. Introduzione di Rita Trinchieri. Prefazione di Laura Tussi. Contributo di Mizar Specchio. Illustrazioni di Mauro Biani, Giulio Peranzoni, Francesca Quintilio. Postfazione di Fabrizio Cracolici.

Mimesis Edizioni

Prefazione al Libro “La violenza non è il mio destino”, Mimesis Edizioni

 

Tiziana Di Ruscio, bambina, ragazza e adesso donna e madre.

La sua storia di vita, narrata in questo libro di drammatica verità, rasenta però l’incredibile e l’indicibile.

È un susseguirsi di eventi di violenza sia psicologica sia fisica sia sessuale che accomuna molte donne nel mondo e nella storia dell’umanità.

Donne che diventano succubi del potere e della violenza perpetrati dal sistema patriarcale, maschilista, misogino.

La prima legge innovativa sulla violenza sessuale è la numero 66 del febbraio 1996 dopo anni di lotte nell’ambito della tutela delle donne, come riporta nella sua introduzione l’amica Rita Trinchieri.

Rita Trinchieri, in stretta collaborazione con Tiziana, ha fondato l’associazione contro la violenza di genere “Il nastro rosa” e insieme con la ferma testimonianza, la forza della verità, la legge dell’amore propongono questa terribile narrazione, che rasenta l’inverosimile, in varie scuole per sviscerare e raccontare l’accaduto, senza preamboli, pudori, reticenze anche alle nuove generazioni.

Il titolo del libro è “La violenza non è il mio destino” .

La violenza non è il mio destino - Libro di Tiziana Di Ruscio

Un titolo fortemente vissuto dall’autrice che subisce la violenza come un “baratro” esistenziale, un annientamento della vita, un annullamento della sua dignità e identità di donna.

Tiziana vive un nuovo “destino” una rinascita, dopo aver preso la sua vita in mano, dopo essersi riappropriata di se stessa, in seguito alla denuncia alle autorità e, scrivendo questo suo libro, denuncia i misfatti di violenza sessuale e fisica perpetrati e subiti da parte del marito. ‘Violenza’ e ‘Destino’ sono i due vissuti, i due archetipi ambivalenti e nettamente contrastanti che Tiziana descrive molto bene in questo racconto autobiografico.

La storia di Tiziana è da lei descritta in modalità narrative crude e dirette perchè “la violenza non deve essere romanzata”, la violenza non va edulcorata con parole che potrebbero renderla più accettabile e giustificabile: la violenza deve essere solo e esclusivamente denunciata.

Un grido di dolore scaturisce da queste pagine che comunque lasciano, alla fine, trapelare un nuovo “destino”, un cambio di rotta, una speranza nel futuro. Un futuro di pace e nonviolenza, all’interno della famiglia con i suoi figli, nel rapporto con le persone, con gli amici, con tutti coloro che possono aiutare Tiziana a uscire dal baratro della violenza.

Da queste pagine trapela un senso profondo di fiducia nel futuro, nel destino, nell’intima bontà dell’essere umano, per apportare un significativo contributo di pace, nonviolenza e serenità che dovrebbero prendere spazio nel nostro tessuto sociale, nel mondo, a partire dalla famiglia, che spesso, al contrario si trasforma in una gabbia, in una prigione psicologica dove vengono perpetrate violenze di ogni tipo, a partire dalla violenza sessuale.

Tiziana ha vissuto gli anni che dovevano essere i più belli e spensierati della sua esistenza, la sua età giovanile, sotto tortura, sotto minaccia, concependo ben tre figli che sono diventati per lei il frutto positivo di una nuova vita, di una bella speranza in un futuro di rinascita.

Un destino senza violenza: perchè, come sostiene l’autrice “La violenza non è il mio destino” e non deve essere nemmeno il passato, il presente e il futuro per tutte le donne che sono i pilastri della nostra martoriata umanità.

Tiziana dopo vent’anni di soprusi psicologici e violenze fisiche e sessuali prende coraggio e riesce a denunciare e in seguito a testimoniare anche attraverso la scrittura che diventa per lei un atto liberatorio, un’azione di libertà. Tiziana ha scritto questo libro. Il suo libro. Una vera liberazione.

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Bruco blu: una favola contro la violenza

Recensione alla favola di Tiziana Di Ruscio

Bruco blu: una favola contro la violenza

L’autrice è sopravvissuta al femminicidio e in questa favola racconta una storia semplice ma didascalica per trasmettere alle nuove generazioni un messaggio contro la violenza in tutte le sue forme

Favola di Tiziana Di Ruscio. Recensione di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici. Masciulli Edizioni 

Bruco blu: una favola contro la violenza

 

Bruco blu coltiva il sogno di creare una bellissima famiglia, ma improvvisamente precipita in un baratro oscuro a causa del camaleonte dai toni cupi.

Il camaleonte impedisce alle ali di bruco blu di spuntare. Il camaleonte impedisce a bruco blu di spiccare il volo verso la libertà con i suoi tre figlioletti.

Quella narrata da Tiziana Di Ruscio è una semplice, ma didascalica favola per bambini.

Certo è una favola, ma non una favoletta.

Una narrazione essenziale, ma efficace che contiene altissimi e nobili messaggi da tramandare e trasmettere alle nuove generazioni contro la violenza in tutte le sue forme.

Inclusa la violenza esercitata dagli esseri umani sulla Natura. E non a caso nelle favole per bambini i protagonisti sono per lo più animali, a testimonianza del fatto che la condizione infantile sente spontaneamente la vicinanza e l’affinità con gli altri esseri viventi, che poi l’educazione ad un certo tipo di civiltà tecnologica porta a perdere persino come percezione elementare.

Bruco è blu perché soffocato tra le mura domestiche, un’autentica prigione, a causa del colore prevalente del camaleonte che incute terrore e perpetra violenza. Ma bruco blu non serba alcun rancore. Non trasmette odio ai figlioletti. Vuole che anche il camaleonte si riscatti dal grigiore e dal blu della sua condizione. Bruco blu semplicemente un giorno, con i suoi tre piccoli, riesce a fuggire nel bosco.

Incontra un grande albero e uno scoiattolo che indicano una nuova casa, un alloggio per la famiglia.

Bruco blu: una favola per tutt***

Una nuova famiglia che in realtà è portatrice dei colori dell’arcobaleno.

I colori della pace. Le tinte vivaci della vita che colorano un mondo senza violenza, senza odio, senza guerre, senza rancore. Dove bisogna impedire al più forte di imporre la propria forza, prepotenza e supremazia contro gli ultimi, i più fragili, contro tutti coloro che sono costretti e imprigionati tra grigie mura domestiche.

Nelle case dell’orrore.

Che si trasformano in prigioni per le vittime.

Questo è l’alto messaggio di Tiziana Di Ruscio, che nella favola riesce a svincolarsi dal camaleonte, ossia dai colori spenti, grigi, lugubri della violenza e di tutto ciò che essa comporta per l’intera umanità martoriata.

La favola di Tiziana Di Ruscio rappresenta un alto messaggio di pace e nonviolenza, che va oltre la retorica e le banalità, per estendersi  a ogni tipo di violenza nel quotidiano di cui è impregnato questo nostro mondo di guerre e questa nostra umanità martoriata di cui la donna è sempre succube ed è la prima vittima nei conflitti armati e non solo. In tutte le guerre, lo stupro è sempre utilizzato come arma micidiale, letale contro il nemico.

Il costo della brutalità militarista imposta dall’uomo forte, dal maschio, dal dittatore di turno è sempre scontato dal genere femminile, dall’infanzia alle categorie più fragili dell’umanità intera.

E non dimentichiamo i più deboli tra i deboli: i nostri fratelli animali e le nostre sorelle piante. Dobbiamo rispettarli non solo nei racconti per i più piccoli.

L’arcobaleno delle ali di una farfalla che bambina e donna trasformerà l’umanità in una grande e unica famiglia di pace e nonviolenza: perché questo è il grande messaggio, il nobile monito di Tiziana, che sorvola, con le ali di farfalla città e paesi e nazioni, in un autentico e sentito messaggio internazionale e mondiale per la pace tra genti, popoli, minoranze. Un mondo senza discriminazioni, senza guerre, senza violenze: questo è il nostro sogno.

Perché tutti noi abbiamo un sogno.

E anche se il cammino della nonviolenza è in salita, è impervio e pieno di ostacoli e conflitti di ogni sorta, noi attivisti e testimoni di pace apriremo le nostre case con i colori dell’arcobaleno a bruco blu perché sempre possa, ogni volta, trasformarsi in farfalla, nel suo destino di riscatto e liberazione.

Tiziana è sopravvissuta al femminicidio. È testimone di Pace insieme a tutti noi amici della nonviolenza.

È ora di dire basta al militarismo, al riarmo, alla corsa agli armamenti, a tutte le guerre e le violenze sempre perpetrate dall’ideologia patriarcale, misogina e maschilista: fondamentalmente antiumana ed ecocida.

Dobbiamo dispiegare le nostre ali arcobaleno e coinvolgere l’umanità intera per mettere pace tra i potenti della terra, per porre fine a genocidi, massacri, femminicidi, a tutte le guerre: alla violenza in tutte le sue forme. Perché l’essere umano e la donna, in particolare, in tutte le parti del mondo si impegnino per questo nobile e supremo ideale: la pace.

Note: Il libro è Edito da Masciulli e lo potete prenotare a questo indirizzo:
https://www.masciulliedizioni.com/prodotto/bruco-blu/?fbclid=IwAR2Afqg0f6tEgPci1DnVZUrNmW5xTWoAjHvzhivnK3z3Tvc6w22IRFv-kq0

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Un progetto per cambiare il mondo

La “Terrestrità” è un neologismo creato da Alfonso Navarra, il portavoce dei Disarmisti esigenti

Un progetto per cambiare il mondo

Il progetto Memoria e Futuro, all’interno della Rete per l’educazione alla “Terrestrità”, è formalmente un “settore” dell’associazione Kronos Pro Natura, la quale fa appunto parte della coalizione dei Disarmisti Esigenti.

Memoria e Futuro

Il libro Memoria e futuro, in prossima uscita con Mimesis Edizioni, è strumento scientifico e culturale della promozione della Rete di educazione alla cultura della “Terrestrità”, progetto promosso dai Disarmisti esigenti.

La coalizione disarmista, nata rispondendo a un appello di Stéphane Hessel, il partigiano tra gli estensori della “Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo”,  è tra i membri italiani di ICAN, la Campagna internazionale per la proibizione delle armi nucleari, organizzazione insignita del premio Nobel per la pace nel 2017.

Il progetto Memoria e Futuro, all’interno della Rete per l’educazione alla “Terrestrità”, è formalmente un “settore” dell’associazione  Kronos Pro Natura, la quale fa appunto parte della coalizione dei Disarmisti Esigenti.

La “Terrestrità” è un neologismo creato da Alfonso Navarra, il portavoce dei Disarmisti esigenti, nonviolento “storico” che ha pagato con varie detenzioni il suo impegno per la pace, lo smantellamento degli euromissili, l’obiezione di coscienza antimilitarista e l’istituzione del servizio civile, la chiusura dei progetti nucleari in Italia.

“Terrestrità” è, in sostanza, un aggiornamento di una concezione ancestrale: la specie umana appartiene alla Terra, e non è il contrario, non può arrogarsi di essere “padrona” della Natura.

L’aggiornamento sta nel mettere insieme internazionalismo sociale (sfruttati e oppressi di tutti i Paesi unitevi!), responsabilità comune verso l’unico ecosistema planetario ed infine ordinamento internazionale come nonviolenza efficace: l’affermazione della forza del diritto e dei diritti a livello mondiale che deve prevalere sul diritto della forza armata.

La missione di Disarmisti Esigenti, con il progetto Memoria e futuro, consiste nella condivisione e nella valorizzazione del grande patrimonio inestimabile della memoria della resistenza al nazifascismo con uno sguardo rivolto a un futuro possibile, a “un altro mondo possibile”: all’insegna della Terrestrità collegata e correlata ai temi della pace, dell’ambiente e della giustizia sociale.

Il presupposto della cultura della Terrestrità è il pensiero ancestrale dei popoli indigeni, ossia quello per cui è l’essere umano che appartiene alla Terra e non è la Terra ad appartenere all’essere umano; questo non in base a una visione religiosa e mitologica, ma con presupposti scientifici correlati all’evoluzione dimostrata della specie umana, animale e vivente.

Le premesse della Terrestità vanno rintracciate anche negli scritti giovanili di Marx che parlava già di umanesimo naturalistico e il tutto è stato elaborato sul paradigma della complessità da Morin a Hessel.

Un punto importante, una delle premesse della cultura della Terrestrità, è l’antifascismo sociale, che è tutt’uno con l’internazionalismo per un’umanità unica che deve e ha l’obbligo di salvaguardare e tutelare la specie vivente e la “Madre Terra” in base a una coscienza ecologica planetaria.

Questi punti devono essere riconosciuti, e in parte già lo sono, dal diritto internazionale che coincide con la nostra prospettiva e visione di nonviolenza efficace: i progressi del diritto internazionale contro il sovranismo assoluto degli Stati.

Un principio già contenuto nell’articolo 11 della Costituzione italiana che afferma: “(l’Italia) consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”.

Tutte queste premesse e spunti e argomenti rientrano nel grande lavoro della pace del XXI secolo di cui il Trattato ONU di Proibizioni per le Armi Nucleari e le Cop per il clima – gli accordi di Parigi per la decarbonizzazione entro il 2050 – sono solo un tassello, insieme alle Costituzioni Nazionali nate dalla lotta al nazifascismo e alla dichiarazione universale dei diritti umani, alla Carta della terra e l’Agenda Onu 2030.

Come associazione Disarmisti Esigenti abbiamo una piattaforma web rivolta alle scuole, al mondo complesso dell’attivismo e dei ricercatori indipendenti e universitari con un canale video dal titolo: “Siamo tutti i premi Nobel per la pace con Ican”, creato dai Disarmisti Esigenti come strumento comunicativo che contiene testimonianze sul progetto storico del diritto internazionale ossia l’abolizione degli ordigni di distruzione di massa nucleari.

Il canale video siamo tutti premi Nobel per la pace con Ican è un progetto ambizioso per la didattica della memoria viva e articolata ed è in collaborazione con il bollettino telematico Il Sole di Parigi, organo di Kronos Pro Natura.

Tutto questo diventerà una web TV con canali tematici comprendenti temi riguardanti l’educazione e la cultura della Terrestrità, in cui comprendiamo anche il modello universale e sociale di Riace esportabile in tutto il mondo. Inoltre sono predisposti materiali e archivi storici dalla fondazione Massimo Sani, uno dei più grandi registi di storia contemporanea che ha collaborato moltissimo con la Rai, fino al progetto “Per non dimenticare” sulla deportazione politica con oltre 220 video testimonianze di deportati civili per motivazioni politiche nei campi di concentramento e di sterminio nazifascisti e un archivio su Genova 2001, che comprende materiali video sul movimento altermondialista in opposizione al summit del G8 svoltosi a Genova nel 2001, in collaborazione con Vittorio Agnoletto.

Abbiamo anche una sezione musica di impegno civile con cantautori per la pace e un archivio di pedagogia della memoria con centinaia di articoli pedagogici, libri, scritti e eventi e locandine di eventi delle innumerevoli presentazioni in pubblico dei libri prodotti.

Sono previsti anche corsi di formazione di didattica della memoria.

Il progetto Memoria e futuro che si ricollega alla rete di educazione alla cultura della Terrestrità propone e promuove anche l’appello No Arsenali, Si ospedali.

E’ un’iniziativa volta alla riduzione delle spese militari e nucleari e alla loro conversione in spese sociali, nell’ambiente, nell’istruzione, nella cultura.

Nel nostro progetto faremo confluire la parte vitale dell’esperienza del progetto “Per non dimenticare”, un importante archivio di materiale di testimonianze e di documentazione sulla memoria della deportazione politica – dovuto anche al lavoro decennale di Fabrizio Cracolici con la collaborazione della sottoscritta – e intendiamo ribadire la collaborazione con gli ambienti ANPI che continueranno a rappresentare un circuito importante per i nostri incontri culturali in pubblico.

Canale video “Siamo tutti Premi Nobel per la Pace con Ican”:

https://www.youtube.com/channel/UCFWikKgRr7k21bXHX3GzE9A

Tutti gli articoli di Laura Tussi sul sito PeaceLink.it in collaborazione con Fabrizio Cracolici.

https://www.peacelink.it/tools/author.php?u=437

https://www.peacelink.it/cerca/index.php?q=laura+tussi

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Un progetto per cambiare il mondo

La “Terrestrità” è un neologismo creato da Alfonso Navarra, il portavoce dei Disarmisti esigenti

Un progetto per cambiare il mondo

Il progetto Memoria e Futuro, all’interno della Rete per l’educazione alla “Terrestrità”, è formalmente un “settore” dell’associazione Kronos Pro Natura, la quale fa appunto parte della coalizione dei Disarmisti Esigenti.

Memoria e Futuro

Il libro Memoria e futuro, in prossima uscita con Mimesis Edizioni, è strumento scientifico e culturale della promozione della Rete di educazione alla cultura della “Terrestrità”, progetto promosso dai Disarmisti esigenti.

La coalizione disarmista, nata rispondendo a un appello di Stéphane Hessel, il partigiano tra gli estensori della “Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo”,  è tra i membri italiani di ICAN, la Campagna internazionale per la proibizione delle armi nucleari, organizzazione insignita del premio Nobel per la pace nel 2017.

Il progetto Memoria e Futuro, all’interno della Rete per l’educazione alla “Terrestrità”, è formalmente un “settore” dell’associazione  Kronos Pro Natura, la quale fa appunto parte della coalizione dei Disarmisti Esigenti.

La “Terrestrità” è un neologismo creato da Alfonso Navarra, il portavoce dei Disarmisti esigenti, nonviolento “storico” che ha pagato con varie detenzioni il suo impegno per la pace, lo smantellamento degli euromissili, l’obiezione di coscienza antimilitarista e l’istituzione del servizio civile, la chiusura dei progetti nucleari in Italia.

“Terrestrità” è, in sostanza, un aggiornamento di una concezione ancestrale: la specie umana appartiene alla Terra, e non è il contrario, non può arrogarsi di essere “padrona” della Natura.

L’aggiornamento sta nel mettere insieme internazionalismo sociale (sfruttati e oppressi di tutti i Paesi unitevi!), responsabilità comune verso l’unico ecosistema planetario ed infine ordinamento internazionale come nonviolenza efficace: l’affermazione della forza del diritto e dei diritti a livello mondiale che deve prevalere sul diritto della forza armata.

La missione di Disarmisti Esigenti, con il progetto Memoria e futuro, consiste nella condivisione e nella valorizzazione del grande patrimonio inestimabile della memoria della resistenza al nazifascismo con uno sguardo rivolto a un futuro possibile, a “un altro mondo possibile”: all’insegna della Terrestrità collegata e correlata ai temi della pace, dell’ambiente e della giustizia sociale.

Il presupposto della cultura della Terrestrità è il pensiero ancestrale dei popoli indigeni, ossia quello per cui è l’essere umano che appartiene alla Terra e non è la Terra ad appartenere all’essere umano; questo non in base a una visione religiosa e mitologica, ma con presupposti scientifici correlati all’evoluzione dimostrata della specie umana, animale e vivente.

Le premesse della Terrestità vanno rintracciate anche negli scritti giovanili di Marx che parlava già di umanesimo naturalistico e il tutto è stato elaborato sul paradigma della complessità da Morin a Hessel.

Un punto importante, una delle premesse della cultura della Terrestrità, è l’antifascismo sociale, che è tutt’uno con l’internazionalismo per un’umanità unica che deve e ha l’obbligo di salvaguardare e tutelare la specie vivente e la “Madre Terra” in base a una coscienza ecologica planetaria.

Questi punti devono essere riconosciuti, e in parte già lo sono, dal diritto internazionale che coincide con la nostra prospettiva e visione di nonviolenza efficace: i progressi del diritto internazionale contro il sovranismo assoluto degli Stati.

Un principio già contenuto nell’articolo 11 della Costituzione italiana che afferma: “(l’Italia) consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”.

Tutte queste premesse e spunti e argomenti rientrano nel grande lavoro della pace del XXI secolo di cui il Trattato ONU di Proibizioni per le Armi Nucleari e le Cop per il clima – gli accordi di Parigi per la decarbonizzazione entro il 2050 – sono solo un tassello, insieme alle Costituzioni Nazionali nate dalla lotta al nazifascismo e alla dichiarazione universale dei diritti umani, alla Carta della terra e l’Agenda Onu 2030.

Come associazione Disarmisti Esigenti abbiamo una piattaforma web rivolta alle scuole, al mondo complesso dell’attivismo e dei ricercatori indipendenti e universitari con un canale video dal titolo: “Siamo tutti i premi Nobel per la pace con Ican”, creato dai Disarmisti Esigenti come strumento comunicativo che contiene testimonianze sul progetto storico del diritto internazionale ossia l’abolizione degli ordigni di distruzione di massa nucleari.

Il canale video siamo tutti premi Nobel per la pace con Ican è un progetto ambizioso per la didattica della memoria viva e articolata ed è in collaborazione con il bollettino telematico Il Sole di Parigi, organo di Kronos Pro Natura.

Tutto questo diventerà una web TV con canali tematici comprendenti temi riguardanti l’educazione e la cultura della Terrestrità, in cui comprendiamo anche il modello universale e sociale di Riace esportabile in tutto il mondo. Inoltre sono predisposti materiali e archivi storici dalla fondazione Massimo Sani, uno dei più grandi registi di storia contemporanea che ha collaborato moltissimo con la Rai, fino al progetto “Per non dimenticare” sulla deportazione politica con oltre 220 video testimonianze di deportati civili per motivazioni politiche nei campi di concentramento e di sterminio nazifascisti e un archivio su Genova 2001, che comprende materiali video sul movimento altermondialista in opposizione al summit del G8 svoltosi a Genova nel 2001, in collaborazione con Vittorio Agnoletto.

Abbiamo anche una sezione musica di impegno civile con cantautori per la pace e un archivio di pedagogia della memoria con centinaia di articoli pedagogici, libri, scritti e eventi e locandine di eventi delle innumerevoli presentazioni in pubblico dei libri prodotti.

Sono previsti anche corsi di formazione di didattica della memoria.

Il progetto Memoria e futuro che si ricollega alla rete di educazione alla cultura della Terrestrità propone e promuove anche l’appello No Arsenali, Si ospedali.

E’ un’iniziativa volta alla riduzione delle spese militari e nucleari e alla loro conversione in spese sociali, nell’ambiente, nell’istruzione, nella cultura.

Nel nostro progetto faremo confluire la parte vitale dell’esperienza del progetto “Per non dimenticare”, un importante archivio di materiale di testimonianze e di documentazione sulla memoria della deportazione politica – dovuto anche al lavoro decennale di Fabrizio Cracolici con la collaborazione della sottoscritta – e intendiamo ribadire la collaborazione con gli ambienti ANPI che continueranno a rappresentare un circuito importante per i nostri incontri culturali in pubblico.

Canale video “Siamo tutti Premi Nobel per la Pace con Ican”:

https://www.youtube.com/channel/UCFWikKgRr7k21bXHX3GzE9A

Tutti gli articoli di Laura Tussi sul sito PeaceLink.it in collaborazione con Fabrizio Cracolici.

https://www.peacelink.it/tools/author.php?u=437

https://www.peacelink.it/cerca/index.php?q=laura+tussi

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A scuola è necessario imparare a riconoscere e gestire anche la parte emotiva dell’apprendimento: stati d’animo, insicurezza, esigenza di supporto da parte dell’adulto, sofferenza psichica, disagio emotivo.

Universo Scuola

Questo mio contributo è incentrato su una potenziale esperienza di elaborazione di un curricolo relativo alla cittadinanza attiva e globale di educazione alla pace a partire da ogni singola persona nella scuola: dal dirigente scolastico all’insegnante, dal collaboratore scolastico all’educatore. Come punto di partenza pongo questa domanda: quale cittadino la scuola ha il compito di contribuire a formare?

Il cittadino che ci siamo immaginati è una persona criticamente capace di autonomia e partecipazione e condivide questi valori: solidarietà, cooperazione, comprensione dell’altro da sé, assunzione di responsabilità, impegno, conoscenza, rispetto, libertà, consapevolezza dei propri diritti e doveri.

La domanda successiva: per questo cittadino quale scuola? Sicuramente una scuola capace di promuovere educazione e non solo istruzione e tener presente il curricolo informale per poi realizzare percorsi che permettano di agire i diritti e i doveri del proprio contesto.

La cittadinanza attiva è pensata come formazione integrale della persona che riveste diverse dimensioni, quella cognitiva, affettiva, emotiva, psicologica, esperienziale e che va oltre il tempo-scuola e si caratterizza come il primo stadio di un’educazione permanente che coinvolge anche l’educazione alla pace e la gestione del proprio sé emotivo e psichico.

Per evitare però di allargare l’alone semantico alla parola cittadinanza, togliendole ogni significato specifico, ho individuato nell’idea di appartenenza il filo conduttore che attraversa e attribuisce senso a tutto il curricolo elaborato; intendendo con appartenenza la comprensione della propria identità plurima non al fine di escludere, ma di comprendere caratteristiche, somiglianze e differenze realizzando l’incontro e il confronto con l’altro, l’affetto e l’amore per l’altro da sé, in un’ottica di educazione alla pace.

Un gruppo di persone, sempre più numeroso, potrebbe condividere e approfondire un progetto di scuola definendo programmazioni e realizzando azioni educative in cui l’idea di scuola elaborata cominci a tradursi concretamente in didattica per la pace, pedagogia nonviolenta, riconoscimento delle proprie e altrui vulnerabilità emotive e accompagnamento di sé e degli altri nella comprensione delle proprie difficoltà.

Numerosi percorsi possono essere elaborati relativi a temi socialmente rilevanti come acqua, raccolta differenziata, energia, disarmo per citarne alcuni e la partecipazione a progetti tra i quali il più significativo è senz’altro un corso di educazione alla cittadinanza attiva e globale e alla pace fuori e dentro di noi.

Ma oltre ai singoli percorsi didattici, si potrebbe introdurre negli istituti una struttura rappresentativa simile ad un “parlamentino”, un’assemblea rappresentativa degli studenti che dovrebbe avere lo scopo di abituare i ragazzi ad avanzare proposte su temi che li riguardano: argomentare, operare delle scelte, rispettare i punti di vista diversi, relazionarsi con gli altri, sia in concordanza, sia in contrasto di opinioni, sviluppare capacità di confronto, fare esercizio di responsabilità, apprezzare il valore della democrazia attraverso la pratica diretta. Questo potrebbe essere un modo di dare concretezza all’articolo 12 della convenzione dei diritti dell’infanzia e alla dichiarazione dei diritti umani del 1948.

Noto che a livello di istituti scolastici si stia diffondendo la consapevolezza che sono molto importanti i gesti, gli atteggiamenti, le parole utilizzate dagli insegnanti, l’esempio etico e avulso da meschinità competitive anche tra colleghi, la capacità empatica di comprensione che non devono contraddire i principi, i valori dei percorsi didattici affrontati e dei processi formativi. Inoltre sempre più consapevoli che un aspetto fondamentale del lavoro dell’insegnante è l’ascolto, la comprensione, l’incoraggiamento del giovane, necessari per costruire l’attitudine dialogica e argomentativa con cui si affina l’esercizio della cittadinanza attiva e globale nel rispetto delle persone e delle loro potenzialità, delle loro esperienze di vita e dei loro vissuti.

Ma oltre agli aspetti positivi, non mancano comunque le difficoltà. Tra le più rilevanti sussiste sicuramente la difficoltà da parte degli insegnanti a strutturare percorsi e processi didattici e pedagogici in cui la parte attuata e praticata dagli studenti sia rilevante. Inoltre un possibile equivoco è quello di credere che si stia facendo educazione alla cittadinanza attiva, per il solo fatto di affrontare certe tematiche.

Se si affrontano i temi sopraindicati senza valori di riferimento e ideali autentici, condivisi, imprescindibili si sta semplicemente facendo una didattica multidisciplinare.

Nell’educazione alla cittadinanza attiva e globale, la dimensione valoriale è un aspetto costitutivo e irrinunciabile poiché rimanda a un’idea di cittadino, figlio di madre terra in senso evoluzionistico e scientifico e quindi di possibili trasformazioni, in positivo, del mondo, del pianeta, dell’umanità e quindi della società.

I valori non si possono però studiare sul libro di testo, devono essere vissuti, sperimentati, testimoniati e questo ci rimanda alle pratiche didattiche e alla gestione del gruppo classe, alla relazione docente e studente, a come si aiuta il giovane a costruire il proprio apprendimento, a come si riesce a essere inclusivi con i giovani e abituarli a agire grazie alle proprie capacità e potenzialità, senza pregiudizi nei loro confronti e mai ponendosi da ostacolo nei loro riguardi come adulti autoritari. Perché ci sia un protagonismo dei giovani nel processo di apprendimento, è necessaria un’organizzazione che consenta la creazione del lavoro per piccoli gruppi in cui l’insegnante si trova a rimodulare continuamente il proprio intervento poiché il feedback è continuo. Da tener presente il curricolo informale che è un’esigenza rilevante, ma sempre adeguatamente condivisa nella scuola, dove è necessario imparare a riconoscere e gestire anche la parte emotiva dell’apprendimento: stati d’animo, insicurezza, esigenza di supporto da parte dell’adulto, interscambio e aiuto tra pari e tra adulti preposti a dare il buon esempio, inteso come corollario di valori e ideali praticabili e condivisibili.

E questo ci porta a constatare inoltre che non è semplice effettuare verifiche e valutazioni quando si ha a che fare non solo con contenuti di carattere disciplinare e transdisciplinare, ma anche con atteggiamenti e emotività varie.

Da qui la necessità di intraprendere azioni che creino aggregazione rispetto all’idea di cittadinanza globale e consentano un continuo approfondimento e la ricerca di pratiche efficaci.

Tra le azioni realizzabili a breve termine sussiste l’organizzazione di incontri di autoformazione per cercare di condividere significati e per sperimentare azioni educative e didattiche.

Il viaggio-scuola è iniziato e il poterlo condividere con molte altre persone attraverso la rete online lo renderà sicuramente più produttivo ed emozionante.

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La scuola come spazio di dialogo

Un viaggio di speranza nella scuola del dialogo con Odissea, blog di Angelo Gaccione, compagno di Carlo Cassola nell’attivismo pacifista

ODISSEA Blog diretto da Angelo Gaccione

La scuola come spazio di dialogo

Articolo di Laura Tussi

 

Pensare la scuola come uno spazio di dialogo presuppone un doppio cambiamento. Rompere con l’idea della scuola come spazio di divulgazione chiuso tra le proprie mura, per immaginarlo come un ambito di comunicazione e partecipazione. Questo implica due distinti procedimenti, ossia creare strutture e processi partecipativi che promuovano l’azione congiunta attraverso l’asse tra scuola, famiglia, comunità locale, ambiente sociale e costruire un curricolo più democratico e integrato in modo da rompere con la tradizionale classificazione tra apprendimento scolastico e apprendimento per la vita. Inoltre è necessario concepire la scuola e il suo sviluppo non solo come progetto tecnico, ma anche e soprattutto etico. Qui la scuola, l’educazione, devono essere contemplate come pratica morale, non in senso moralista naturalmente, ma soprattutto in qualità di etica e politica e non solo come strumento tecnico per accumulare conoscenze. Sono processi per nulla semplici e soprattutto nella scuola odierna purtroppo immersa in una società di pretese neoliberiste con risultati misurabili e palpabili: che puntano sul quantitativo e non sul qualitativo.

 

Gruppi dialogici: una pedagogia della reciprocità nello sviluppo della competenza linguistica e del senso civico. 

 

L’approccio comunicativo presuppone che gli studenti riescano ad apprendere al meglio e si interessino maggiormente nella misura in cui si vedono moltiplicate le possibilità di dialogare e di interagire con gli insegnanti, i compagni, gli adulti, secondo l’innovativa “pedagogia della reciprocità” di Bruner. Gli obiettivi generali di un progetto didattico e pedagogico consistono nel favorire un apprendimento dialogico cooperativo e solidale, sviluppare le capacità e le abilità e le attitudini comunicative necessarie per potenziare le competenze linguistiche, come ascoltare, parlare, leggere e scrivere.

Inoltre è necessario promuovere la collaborazione tra scuola e famiglia nell’apprendimento della lettura e della scrittura e rafforzare le capacità e le disposizioni di pensiero per formare cittadini propensi alla partecipazione democratica e alla cittadinanza attiva e globale, obiettivi promossi e prefissati da Agenda Onu 2030.

 

Apprendiamo a vivere e a convivere: un modello integrato e comunitario per lo sviluppo dell’apprendimento e della convivenza.

 

Noi insegnanti siamo preoccupati dalle problematiche quotidiane di convivenza. Alcuni di noi sono andati formandosi nell’ambito della competenza socio-emozionale e civica e allo stesso tempo mettondo in pratica gli apprendimenti con buoni risultati. Tutti i collegi docenti sono impegnati in un processo di pratica riflessiva.

Abbiamo identificato le difficoltà dei nostri studenti: difficoltà nel parlare e nel riflettere, nell’esprimere i propri sentimenti, nel comunicare, ad esempio quando discutono e non si ascoltano e assumono atteggiamenti distruttivi. E abbiamo elaborato un piano d’azione creando uno spazio e un tempo di incontro tra scuola e famiglia con l’obiettivo di poter riflettere insieme sulla educazione dei nostri giovani, nel tentativo di costruire i criteri educativi comuni affinché gli studenti possano avere riferimenti chiari con azioni concrete che abbiano promosso: creazione della commissione mista famiglia e scuola che anima le azioni di incontro e di analisi, riflessione e formazione attorno alle inquietudini comuni come le abitudini, il tempo libero, la televisione, l’adolescenza, il passaggio di scuola.

È strettamente necessaria la collaborazione delle famiglie alle attività curricolari e agli eventi, alla pianificazione e partecipazione alle giornate collettive dove studenti e genitori si trovano tutti a scuola. Infatti, la dimensione curriculare e il programma di competenza sociale ed emozionale aiuta a migliorare le relazioni. Gli studenti nella dimensione collettiva si sentono meglio e si denota un miglioramento scolastico: maggior capacità di ascolto, di autocontrollo, di dialogo, di partecipazione: in definitiva, la dimensione del collettivo li rende più responsabili per affrontare situazioni di vita quotidiana. La dimensione comunitaria consta nel processo di dialogo tra famiglia e scuola dove si percorre insieme un cammino di condivisione e si condividono analisi e riflessioni e ci si accorda su aspetti educativi di base, agendo in collaborazione. Stiamo costruendo un percorso insieme, con molto entusiasmo e con tanto lavoro, con chi non è immune da difficoltà e problemi, ma che è un cammino carico di speranze.

Su ODISSEA blog diretto da Angelo Gaccione: https://libertariam.blogspot.com/2020/12/la-scuola-come-spazio-di-dialogo.html

 

Angelo Gaccione su Rai Scuola: http://www.raiscuola.rai.it/articoli/angelo-gaccione-carlo-cassola-e-il-disarmo/37791/default.aspx

Durante il Salone del Libro di Torino 2017 abbiamo incontrato lo scrittore Angelo Gaccione, con cui abbiamo parlato del suo ultimo libro Carlo Cassola e il disarmo – La letteratura non basta – Lettere a Gaccione 1977/1984, pubblicato da Tra Le Righe Libri.

Il libro di Angelo Gaccione raccoglie le lettere di Carlo Cassola, a lui scritte dal 1977 al 1984, grazie alle quali Gaccione ricostruisce tutto il percorso dello scrittore: la fondazione della Lega per il disarmo unilaterale dell’Italia, l’impegno e la passione infuse in questa battaglia, ma anche le difficoltà e l’ostracismo intellettuale e politico di cui Cassola fu circondato proprio a causa di questo suo importante impegno per la pace. Ne emerge anche un prezioso ritratto umano dello scrittore, della sua indole garbata e generosa, raccontata da uno degli amici più cari che fu anche suo compagno nella campagna pacifista, oggi più che mai attuale.

Angelo Gaccione, nato a Cosenza, è scrittore, drammaturgo, saggista e poeta. Fra i suoi libri più noti ricordiamo: La Porta del Sangue, Ostaggi a teatro, Tradimenti, Single, Il sigaro in bocca, Manhattan, Disarmo o barbarie (assieme a Carlo Cassola); L’immaginazione editoriale – Personaggi e progetti dell’editoria del secondo Novecento (assieme a Raffaele Crovi); Lettere ad Azzurra, L’incendio di Roccabruna e la raccolta di racconti La Striscia di cuoio. Alla città di Milano ha dedicato quattro libri, Milano, la città e la memoria, La città narrata, Poeti per Milano, Milano in versi. Nel 2016 Gaccione ha curato insieme a Giorgio Colombo Intervista a Pasolini, un’intervista inedita a Pier Paolo Pasolini del 1961.

http://www.raiscuola.rai.it/articoli/angelo-gaccione-carlo-cassola-e-il-disarmo/37791/default.aspx

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Il processo di Norimberga

 

Ringraziamo Franco Astengo per questo ricordo del processo di Norimberga. E’ stato un avvenimento importante, anche se non ha potuto, voluto, mettere a frutto tutte le implicazioni che potevano riguardarlo. E che riguarderebbero anche oggi tutti noi, in pieno dispiegamento di armi di distruzione assoluta, da parte di diversi Stati, mentre allora, ai tempi del processo, un solo stato le deteneva.

Dire ai nazisti che l’obbedienza allo Stato non poteva essere il gas per l’ uccisione di ebrei, comunisti, zingari, omosessuali, persone con disabilità fisica o psichica, previa estrazione di eventuali parti di oro dalle bocche di questi, prima del forno crematorio, oppure fare esperimenti sui corpi dei prigionieri secondo le voglie di un qualche dottore. No. Non era Umanità. Giusto.

Però quegli stessi Stati vincitori della guerra, si stavano spartendo i tecnici migliori degli sconfitti, per un loro prossimo dopoguerra. Uno di loro stava assoldando addirittura il fratello di Eichmann con altri, per combattere politicamente i sovietici (documenti Cia desecretati anni fa). Sempre questo Stato, gli USA, ha deciso di lanciare le bombe atomiche su Hiroshima, prima, e Nagasaki, dopo, al momento che i sovietici hanno deciso di entrare in Giappone, solo per “avvisare” chi poteva comandare allora. Non per sollecitare il Giappone a dichiarare una resa ormai acclarata nei fatti.

Ecco perché il processo di Norimberga non ha sortito la Pace, come si voleva o ci si aspettava, dopo tutti i dolori e ferite della guerra e i suoi morti.

Gli Stati vincitori non hanno compiuto nessun gesto pubblico, riparatore, della violenza che anche loro hanno impiegato, come ricorda Calamandrei, per dire basta guerre, distruzioni, viviamo in altri modi. Ed eccoci all’oggi con gli Stati sempre formati dagli uomini e donne del tempo,  che si armano a dismisura, utilizzando la loro violenza, come sempre, ma che oggi si rivelerebbe totalmente autodistruttiva per tutti. Si aspetta un altro processo che si dovrebbe svolgere ancora a Norimberga, per capire che la responsabilità è personale come abbiamo detto, giustamente, ai nazisti anni addietro?

 

75 anni fa finiva la guerra…per preparare la successiva

 

Subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale si ponevano le basi per quella che potrebbe avvenire ai giorni nostri, e speriamo mai possa accadere, dipende anche da noi cittadini di tutti gli stati, almeno quelli nucleari, compreso il nostro. La bomba nucleare su Nagasaki, lanciata dopo Hiroshima, al momento dell’ingresso delle truppe sovietiche in Giappone, in contemporanea con la resa dello stesso tramite il suo imperatore, non ne era un segno futuro? E la disputa successiva ad accaparrarsi i migliori tecnici nazisti da parte dei vincitori non ne era un altro segno, compreso l’assunzione di personale politico nazista, fratello di Eichmann incluso, perché parlasse male del sovietismo (notizie CIA desecretate alcuni anni fa)? E che dire del Processo di Norimberga in cui veniva sancita la responsabilità personale nei confronti dello Stato che ti ordinava di far morire persone che venivano ritenute “nemiche” dello stesso, come comunisti, ebrei, omosessuali, zingari, portatori di handicap, disabili, disagiati psichici? Non era troppo facile, per alcuni versi, questa colpevolizzazione nei riguardi dei nazisti? Non erano nazisti? Perché non farlo diventare un principio generale valido da subito, per tutti, affinchè non si debba più piangere per guerre e distruzioni? Franco Fornari ha scritto un libro sulla psicanalisi della guerra atomica, ricordando che il pilota dell’aereo che ha sganciato la “Bomba” è stato messo in manicomio perché si è sentito colpevole di aver ucciso migliaia di persone, solo perché il tempo atmosferico era favorevole.

Certo ci sarebbe voluto un personaggio alla Francesco, capace di coniugare temi umani validi per chiunque, con temi anche religiosi, come nella Laudato Si. Oppure ricordare come in tante Lettere di condannati a morte della Resistenza venisse scritto che loro hanno imbracciato le armi solo per sconfiggere il nazifascismo e basta.

Oppure realizzare che anche la nostra violenza ha distrutto e colpito persone o cose certamente tedesche, ma non necessariamente naziste, e che quindi questa violenza non doveva essere più adoperata.

Ragionamenti comunque superati dall’atteggiamento degli Stati e dei loro rappresentanti, considerato che per loro il futuro era ancora il dominio sugli altri visto l’interesse per i tecnici nazisti, le armi da loro realizzate, e le scelte politiche effettuate. E siamo all’ oggi con delle V2 di allora che possono portare bombe più potenti ancora di Hiroshima e Nagasaki. Ci converrebbe svegliarci. “Dopo” aspettiamo un altro Norimberga?

 

Ingrandiamo l'”orto” della Pace

 

Pace significa chiudersi nel proprio ambito e ritenersi autosoddisfatti del proprio pacifismo, chiudendo lo sguardo sulla realtà circostante ? Non voglio insegnare niente, ma Francesco d’Assisi si comportava così? Diremmo proprio di no visto che andava di persona a perorare la Pace a chi  faceva le guerre, e questo, ovviamente non vuol dire che qualcuno di Assisi debba comportarsi in quel modo. Ma avere atteggiamenti più consoni questo sì.

Attendo con curiosità le risposte di altri, credendo di sapere che anche loro partono principalmente da considerazioni di vita personale e non “politica” nel senso nobile del termine. “Fermiamo la guerra”, i comboniani, come la pensano? Il gruppo Pace di Viterbo, idem? E gli altri gruppi per la pace?

Sto pensando se si riuscisse a mettere insieme la maggior parte dei gruppi pacifisti per rilanciare il Tpan da noi, in Italia, ammettendo che Rete Disarmo, della Pace, vogliano fare anche i capo scuola in presenza di altri gruppi.

 

L’unità dei pacifisti per il TPAN- Trattato Proibizione Armi Nucleari

 

Sono giorni in cui si parla di Pace in tutto il mondo con iniziative di vario tipo, stante anche la situazione Covid. Chi ci legge sono anche rappresentanti di altri gruppi pacifisti con altre storie e responsabili anche di testate giornalistiche on-line. Vi chiediamo la possibilità di programmare una serie di incontri o manifestazioni a cui possano partecipare altri gruppi, il cui unico scopo sarebbe quello, politico, di parlare del trattato TPAN e non delle diversità, le possibili antipatie personali, tra di noi che vorremmo la Pace. Sappiamo tutti che la ratifica di almeno 50 Paesi non vuol dire pace, nell’immediato. Ma il fatto che internazionalmente esista una legge che proibisce il possesso, la trasmissione, l’uso minaccioso di queste armi, mai sancito fino ad oggi, è un punto di partenza.

Viene in mente che viviamo una sola vita, che più o meno tutti abbiamo persone cui vogliamo bene e questo dovrebbe significare che queste debbano continuare a vivere; che per tanti versi lo splendido Pianeta che abitiamo, si muove nello Spazio alla velocità di 29 km/sec. Non comportiamoci come quelle formiche, che trasportate da qualche nave, hanno il pensiero diverso dal nostro di impadronirsi del territorio delle formiche locali! Ma adesso abbiamo le armi nucleari, non è storia nostra.

 

Le Università per la Pace

 

Professore Pianta, ci rivolgiamo a lei.

Chi scrive è un obiettore di coscienza degli anni 66/68 che ha rifiutato diverse volte di indossare la divisa militare, non tanto solo per quello, ma per rappresentare la tesi della responsabilità personale nei confronti della guerra, come indicato ai nazisti, i perdenti nel Processo di Norimberga. E tesi non validata, per ciascuno di noi, in quei tempi, che erano l’alba di un’era che non vi è mai stata, nella nostra storia umana. Era “Nucleare” che può significare perfino la scomparsa della Vita del nostro genere o comunque una distruttività, mai così intensa, da farci tornare all’età della pietra per chi, in qualche modo si è salvato. Mi sono rifatto a questa tesi, presentata in un libro scritto da uno psicanalista Franco Fornari, con vari interessi umanistici, “Psicanalisi della guerra atomica” del 1964.

Parla di un ritorno al soggetto per la salvezza di tutti, perché, semplicemente, come cittadini di uno stato qualsiasi deleghiamo la nostra violenza a questo. La nostra violenza, alienata, viene trasformata in armi e in guerre. Ma oggi siamo in tempi nucleari non ci converrebbe fare violenza, pena la potenziale uccisione nostra e perfino dello stato (non siamo noi lo stato?).

Diventare responsabili della nostra violenza, come già avviene all’interno dello stato, vorrebbe dire tante, enormi, altre cose nel sociale, in economia, nelle attenzioni al clima, oltre ad evitare altre guerre.

Questo incontro di una cinquantina di centri universitari indirizzato alla Pace e alla nonviolenza è una iniziativa importantissima.

Ma non si potrebbe legare con altre realtà che hanno indirizzi simili? ad esempio ICAN questo “prodotto” della società civile che ha collaborato per la stesura del Trattato di proibizione delle armi nucleari, che inizierà ad avere la sua validità dal 22 gennaio prossimo.  Vi è un gruppo Rete Pace e  Disarmo che riunisce tanti diversi gruppi dalle Acli all’Arci, Pax Christi e altri ancora. Ci sono le donne della WILPF che stanno presentando un progetto di riconversione della fabbrica di bombe RVM in Sardegna con altre Associazioni locali e un mondo variegato di altre Associazioni contro la guerra.

Ovviamente il discorso vale anche per i gruppi citati cui faremo avere la stessa richiesta che stiamo chiedendo alle Università. Credo si convenga che “l’orto” della Pace più grande sia, possa avere maggior peso, nell’interesse di tutti.

Infatti il 10 dicembre di ogni anno, giorno internazionale per i diritti umani, viene lanciata la Rete delle Università per la Pace (Runipace), promossa dalla CRUI, con eventi in tutta Italia, qui il programma: https://www.runipace.org/eventi-locali/

 

Scuola Normale, Scuola Sant’Anna, IMT Lucca e Università di Pisa organizzano una conferenza con i rettori, coordinata da Enza Pellecchia, coordinatrice nazionale di Runipace, Lorenzo Bosi è il referente per la SNS, a seguire il seminario di Mario Pianta.

Proteste e politiche del movimento per la pace in Italia

10 dicembre siete invitati a partecipare, il link è:
http://call.unipi.it/10dic2020runipace

La Rete delle Università per la Pace è nata a dicembre del 2018 per iniziativa dei rettori delle Università di Pisa, Paolo Mancarella, e di Brescia, Maurizio Tira, che ne proposero la creazione all’Assemblea della CRUI. Il Centro Scienze per la Pace di Pisa è stato indicato come struttura di coordinamento.

Alla rete RUniPace (www.runipace.org/) aderiscono più di cinquanta università per contribuire a rafforzare il legame tra pace, diritti umani, democrazia, giustizia e progresso sociale. Attraverso attività all’interno del mondo accademico e il dialogo con le organizzazioni della società civile e le scuole, la rete persegue le finalità di promuovere – nella ricerca, nella didattica e nella terza missione – la riflessione sulla responsabilità sociale di tutte le discipline e l’attenzione alla costruzione e al consolidamento della pace con mezzi pacifici; favorire la nonviolenza come approccio alla risoluzione dei conflitti per costruire una cultura del dialogo, del rispetto, dell’inclusione, della solidarietà e della condivisione; promuovere la solidarietà e la comprensione reciproca tra i popoli; favorire l’educazione alla pace, alla nonviolenza, alla non discriminazione e al dialogo; valorizzare il ruolo delle donne nei processi di pace ad ogni livello e creare le condizioni favorevoli alla leadership delle giovani generazioni nei processi di pace.

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A scuola con Agenda Onu 2030A scuola con progetti di sviluppo dell’educazione all’attivismo partecipativo in base agli obiettivi di Agenda Onu 2030

Un progetto di sviluppo dell’educazione alla cittadinanza attiva con Agenda ONU 2030, in itinere, a partire dall’Istituto Comprensivo Margherita Hack di Nova Milanese, vuole nascere con l’obiettivo di dare vita a processi di lavoro cooperativi, partecipativi e democratici attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie. L’attività può essere organizzata come uno spazio interattivo e alternativo per la partecipazione e lo scambio tra studenti di differenti realtà geografiche, culturali, economiche e sociali, attraverso l’uso delle tecnologie informatiche e comunicative.

Il filo conduttore di questa proposta è la pretesa di contribuire a formare alla cittadinanza globale, considerando che intendiamo cittadini nella cittadinanza globale coloro che si caratterizzano per essere coscienti della complessità del mondo e per avere una consapevolezza del proprio ruolo come abitanti dello stesso e con i propri diritti e doveri. Di conseguenza, noi stessi come cittadini attivi siamo capaci di provare indignazione di fronte a qualunque ingiustizia sociale, di rispettare e valorizzare la diversità come fonte di arricchimento umano, conoscere come funziona il mondo a livello economico, politico, sociale, culturale, tecnologico e ambientale: ci sentiamo e siamo responsabili delle nostre azioni, al fine di partecipare, impegnarci, contribuire con la nostra comunità, a livello locale e globale nello scopo di ottenere un mondo più equo e sostenibile.

Gli obiettivi generali che si propone un progetto sulla cittadinanza attiva con Agenda ONU 2030 sono molteplici, come promuovere un’esperienza di partecipazione politica in cui i ragazzi e le ragazze abbiano l’opportunità di conoscere vari strumenti democratici attraverso il dialogo interculturale di contesti sociali, economici e geografici diversi, per promuovere uno spazio di lavoro cooperativo attraverso le tecnologie informatiche e comunicative, a partire dal ragionamento sul proprio contesto e dalla conoscenza della realtà del resto dei partecipanti, prendendo coscienza della povertà e della distribuzione ineguale delle risorse del nostro pianeta, per elaborare insieme una proposta di impegno per sradicarle.

Con la collaborazione tra alunni e insegnanti di scuole di diversi luoghi geografici per favorire la conoscenza reciproca, condividere realtà diverse e scoprire problemi comuni ci si basa sul motto “pensare globalmente e agire localmente”.

La proposta educativa ruota intorno a un tema rilevante legato alla cittadinanza globale che ci permette di lavorare sugli obiettivi stabiliti e i temi trattati sono: diritti del lavoro, diritti umani, pace, povertà, acqua, cambiamento climatico, disarmo nucleare.

La proposta elaborata riguarda l’attuale modello di sviluppo, focalizzandosi soprattutto su energie, pace e disarmo. Lo svolgimento di un progetto sulla cittadinanza attiva si struttura in varie fasi.
Una prima fase consiste nella formazione degli insegnanti partecipanti ed è finalizzata a far familiarizzare i docenti con l’ambiente virtuale e con le attività educative proposte oltre che a farli entrare in contatto con i colleghi che partecipano da altre scuole di vari paesi.

Poi sussiste la fase che si basa su una proposta di telematica di lavoro con gli studenti. Le attività sono concepite per essere realizzate in Internet, ma tutto il lavoro che viene sviluppato si basa su azioni e attività necessarie in classe e spesso anche sul territorio. I partecipanti hanno la possibilità di conoscere diversi modi di intendere il mondo, ma devono anche saper discutere e giungere a punti di incontro con i partecipanti virtuali e soprattutto con i propri compagni di classe.

Attraverso il dibattito e il ragionamento, si cerca di elaborare un impegno collettivo che contribuisca alla costruzione di una società più giusta e solidale. La somma del lavoro svolto in classe e di quello realizzato in Internet permetterà di arrivare a punti di convergenza che aiutino proprio a elaborare le conclusioni e gli impegni finali.

Il progetto prevede un nuovo paradigma di conoscenza che viene costruito insieme dagli insegnanti e dagli alunni dove gli alunni sono produttori attivi, scopritori e creatori della propria conoscenza. L’apprendimento è sociale e necessita di un contesto di comunità per generare una motivazione intrinseca e gli scambi personali e relazionali tra alunni, e tra insegnanti e alunni sono proficui attraverso l’apprendimento cooperativo in classe con altre comunità scolastiche.

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Esperienze di attivismo: dialoghi con Laura Tussi

Attivismo di pace e nonviolenza

Esperienze di attivismo: dialoghi con Laura Tussi

Lavorare in rete, tessere complicità e punti di forza con tutti i compagni di viaggio in cammino verso la pace e la nonviolenza
Fabrizio Cracolici

Laura Tussi e Fabrizio Cracolici - PeaceLink

Intervista di Fabrizio Cracolici a Laura Tussi

L’importanza degli amici e compagni di viaggio per migliorare la realtà. Raccontati.

 

La mia esperienza di attivismo per la pace è nata a partire da fondamentali punti convergenti: un contesto sociopolitico dinamico e attraente, una pratica e un’attitudine verso un impegno disinteressato, una disposizione all’apprendimento e all’azione nonviolenta condivisa e una modalità di intervento operativa e non burocratica.

Con tanti compagni di viaggio, ci siamo dovuti coordinare per rispondere a questa sfida che era più grande di noi: l’impegno per migliorare la nostra realtà.

E ci siamo riusciti impegnandoci intensamente, ma lentamente, quotidianamente, senza precipitarci nel darci delle strutture organizzative, accettando compiti e responsabilità enormi con la convinzione che insieme avremmo potuto affrontarli con leggerezza. Abbiamo inventato programmi di formazione, fatto ricerche, recuperando memoria storica, prodotto materiale educativo, realizzato laboratori, seminari, incontri e presentazioni in pubblico.

 

Il lavoro in rete per l’attivismo di pace nel tessere relazioni e complicità costruttive: quali sviluppi comporta?

 

Il lavoro in rete per l’attivismo di pace è un modo di fare le cose che presuppone il mettersi a tessere relazioni, apprendimenti, complicità avanzando nella realizzazione di uno spazio comune, aperto e diversificato dove si possono sommare nuove iniziative, proposte e impegni. Il lavoro in rete per la pace presuppone il dedicare particolare attenzione al processo di costruzione degli spazi di incontro ed azione comune e non alla struttura organizzativa, la quale diventa secondaria e funzionale alle dinamiche dei processi individuali e dei percorsi collettivi.

Il fattore dinamizzante del lavoro attivista è trainato da obiettivi e traguardi strategici e non dal lavoro in rete in se stesso. Il senso di una rete non consiste nel rivolgersi al proprio interno, nel ripiegarsi su se stessa, ma è piuttosto in ciò che si fa verso l’esterno: qui sta la sua efficienza e la sua efficacia.

 

Il rispetto, la valutazione e la valorizzazione delle differenze. Quale importanza hanno?

 

Lavorare in rete per l’attivismo di pace presuppone, per quanto detto in precedenza, il rispetto, la valutazione e la valorizzazione delle differenze e delle diversità insite e implicite in ogni attivista e soggetto coinvolto. Queste costituiscono un fattore di rafforzamento, nella misura in cui si rispettano e si utilizzano senza imporre determinate peculiarità a discapito di altre. Per questo sono importanti il dibattito, la pianificazione e la strutturazione di obiettivi e azioni, così come la specializzazione degli incarichi, per rendere possibile la complementarità di sforzi e capacità, senza escludere, senza esclusioni e ostracizzazioni di sorta.

 

Accordi e disaccordi: qual è il cammino che dobbiamo imparare a percorrere?

 

Non dobbiamo dare per scontato che tutte le persone appartenenti a organizzazioni attorno a un medesimo proposito generale siano già completamente d’accordo. Occorre promuovere le opere di espressione di tutte le idee e visioni per trovare quelle convergenze che danno un’identità all’impegno, ma anche per conoscere le divergenze.

Un disaccordo trascurato può tradursi in fattore di conflitto che scoppia proprio per essere stato tenuto in uno stato di tensione latente per molto tempo. Troppo tempo.

E può diventare un fallimento.

Per questo, bisogna sforzarsi di trovare tutti i punti di convergenza possibili, cercando di costruire consensi di base che siano inclusivi, procedendo per accordi minimi fondati sul criterio che nessuno ha tutta la ragione né tutto il torto e occorre sempre prestare attenzione a quella parte di accordo che possa tenere insieme le varie posizioni. Promuovere una dinamica e uno spirito di apprendimento e azione reciproco implica una disposizione a condividere ciò che ognuno conosce, ma anche una disponibilità ad ascoltare e comprendere quello che altre e altri sanno: le progettualità, le idee, le istanze innovative.

 

Che significa condividere esperienze?

 

È importante perciò un’azione riflessiva critica e autocritica, che renda possibile non solo uno scambio di descrizione o racconto delle esperienze particolari, ma conduca a una condivisione degli insegnamenti che le esperienze stesse hanno lasciato. Questo compito, frutto di un processo di sistematizzazione è fondamentale, poiché permette la costruzione di un pensiero proprio condiviso a partire dai contributi di ognuno.

In tal senso, il lavoro in rete per l’attivismo di pace significa la costruzione di condizioni e disposizioni per l’apprendimento e l’azione nonviolenta.

Creare di fronte a ogni contesto, un ambito teorico che permetta la produzione di una conoscenza critica del vissuto: delle sue caratteristiche, interrelazioni, radici e esigenze. È molto importante promuovere processi e meccanismi di accumulo dell’esperienza: utilizzare registri e socializzare memorie di quanto è stato realizzato, riassumere gli accordi, lasciare una testimonianza delle valutazione dei progetti. Molte volte non compiendo tali operazioni si vanno a ripetere errori già fatti. Non si costruiscono nuovi gradini dai quali ripartire per rilanciare nuove sfide. Questa è la base per un processo di sistematizzazione delle esperienze, inteso come appropriazione critica del processo vissuto, per ricavarne i propri apprendimenti e le azioni specifiche su una determinata attività, e su molteplici iniziative in atto.

 

Il processo di attivismo non è lineare, né regolare, ma è asimmetrico e variabile. Perchè?

 

Il processo di costruzione del lavoro in rete per l’attivismo non è lineare, né regolare, ma è asimmetrico e variabile.

È fondamentale mantenere una dinamica comunicativa molto intensa, che alimenti la possibilità di restare in contatto, di apportare e ricevere contributi utilizzando tutte le forme e i mezzi possibili: scritti cartacei e elettronici, incontri personali, assemblee, riunioni, incontri, webinar per accomunare avvenimenti e socializzare proposte e decisioni. Occorre stare bene attenti: tutto ciò che si pratica deve essere trasparente nei confronti del collettivo, senza temere di evidenziare gli errori e le difficoltà.

Non può esistere lavoro per l’attivismo di pace se non è fondato sulla fiducia reciproca. Ma la fiducia non si concede gratuitamente, la fiducia si costruisce come parte di una relazione, di una sinergia, di un accordo e persino di modalità di affetto e sentimento che accomunano su ideali condivisi.

L’onestà, la franchezza e la disposizione alla critica consolidano le relazioni di una rete. Considero necessario poter contare su forme e istanze di animazione e coordinamento perché l’attivismo di pace non funziona da solo, ma come un prodotto di iniziative, proposte, relazioni, accordi e disaccordi che possono diventare strategie d’azione.

Quanto più distribuiti sono i compiti di animazione e coordinamento, con la maggior ripartizione possibile delle responsabilità, tanto più il lavoro in rete sarà dinamico e appartenente a tutti coloro che vi partecipano. Tuttavia avere linee guida o punti di riferimento è fondamentale per poter contare su legami di riferimento comuni. Legami forti, condivisi, di stima, amicizia, amore.

 

Legami forti, condivisi, di stima, amicizia, amore: legami di pace?

 

 

Credo nella relazione orizzontali, democratiche e reciprocamente esigenti, dove ognuno contribuisca in parità di condizioni, ma dove esistono anche dei ruoli di direzione, animazione, orientamento, articolazione e decisione.

Nel lavoro in rete circolano anche relazioni di potere, come in ogni ambito della vita. Ma queste relazioni di potere non devono essere le stesse che predominano nelle nostre società capitaliste, inique, escludenti, autoritarie, emarginanti e sopraffatte dal pensiero unico neoliberista. Possono essere relazioni di potere democratiche, sinergiche ovvero dove il potere di ognuno alimenti il potere degli altri e delle altre e dell’insieme nel suo complesso.

Relazioni di amore e legami di pace.

Dove le capacità si amplificano allo stesso modo per tutti e non solo per un gruppo che esercita e impone le sue decisioni.

Relazioni dove l’unione delle nostre capacità collettive offrano come risultato maggiore possibilità di azione di quelle che avremmo avuto singolarmente e grazie alle quali usciamo dall’incontro e dall’incarico arricchite e arricchiti da nuove risorse utili per affrontare i nuovi problemi e le complesse sfide.

 

La nostra crescita come persone, società, collettività e umanità. Tue riflessioni?

 

In sintesi l’attivismo implica una cultura e una visione di trasformazione e espressione. Per questo possiamo parlare della rete per la pace come di una cultura organizzativa. Ma non solo come nozione generale e teorica, ma come creazione quotidiana, che attraverso gli spazi di vita, la quotidianità dei rapporti e dell’esistenza, chiede di trarre da noi stessi il meglio che abbiamo, contribuendo così alla nostra stessa crescita come individui, come società, come collettività e umanità.

In tal modo, potremmo essere capaci di trasformarci come persone, nella misura in cui ci vedremo coinvolti in processi trasformatori delle relazioni sociali, economiche, politiche e culturali del contesto nel quale ci è toccato vivere.

 

Uniti affrontiamo le sfide globali della nostra epoca. Per arrivare dove?

 

Le sfide della nostra epoca sono immense e vanno oltre la lotta per la giustizia, l’equità, la pace, i diritti umani.

Questo XXI secolo, segnato da contraddizioni e dinamiche planetarie, marcato dal predominio di un modello economico, sociale, politico e culturale non universalizzabile, non sostenibile, chiede anche a quanti credono che “un altro mondo sia possibile” di lavorare con un’altra cultura politica e di costruire relazioni di potere non prevaricatrici, ma orizzontali, condivisibili e arricchenti, differenti in tutti i terreni in cui ci troviamo. Con un’altra etica, centrata sull’essere umano e una coscienza planetaria, il lavoro per la pace può diventare un’opzione efficace e efficiente per realizzare i cambiamenti a livello locale e globale.

Dal lavoro comunitario, con l’organizzazione settoriale, il consolidamento delle comunicazioni elettroniche con tutto il pianeta, l’articolazione di organizzazioni, istituzioni e movimenti sociali, il lavoro in rete si presenta come un’opportunità significativa per affrontare l’esclusione sociale, l’emarginazione, il disagio fisico e psichico, le difficoltà esistenziali e costruire cittadinanze globali e locali in qualunque angolo del pianeta.

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