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La nonviolenza efficace come strategia educativa 

Nonviolenza e educazione

La nonviolenza efficace come strategia educativa

I giovani e la piena consapevolezza delle sfide del terzo millennio dalla diseguaglianza globale, ai dissesti climatici, alla potenziale, ma quanto mai imminente e irreversibile, guerra nucleare
Laura Tussi10 ottobre 2020

La nonviolenza efficace come strategia educativa

Secondo Freud, il lavoro dell’educatore, come quello dello psicanalista e del politico, è un mestiere impossibile.

Non risulta il bisogno di condividere in pieno questo giudizio per rendersi conto di quanto sia impegnativa l’azione educativa, formativa e analitica.

Le difficoltà sono di diverso tipo: di relazione interpersonale, di comunicazione, di linguaggio, di metodologia e spesso si assiste al prevalere del trasmettere sul comunicare come direbbe Danilo Dolci, maestro di educazione maieutica.

Paradossalmente, la letteratura su questo tema cresce notevolmente con continue nuove proposte che sovraccaricano educatori, insegnanti, analisti e formatori rendendo il loro compito ancora più difficile, schiacciati tra diverse esigenze concrete e impellenti, dai programmi da svolgere, dalle carenze strutturali, organizzative, economiche del mondo scolastico, dalla disattenzione della società che invia messaggi diseducativi o quantomeno in forte contrasto con quelli che l’educatore, il formatore, lo psicologo cercano di trasmettere nel fare esperienze dirette.

E così sottoporsi al forte impatto dell’incontro con realtà culturali molto diverse dalle nostre è un modo intelligente per cercare di suscitare nei giovani quegli interessi e quelle curiosità che, pur innati in molti di loro, spesso vengono sopiti dal consumismo dilagante di mode effimere.

Si tratta di quella irrequietezza giovanile che, se incanalata positivamente, può aprire ai ragazzi strade nuove e impreviste, favorendo lo sviluppo delle loro capacità e creando un clima di fiducia e di impegno.

Si tratta inoltre di accogliere la sfida lanciata dai venti premi Nobel per la pace, con un appello delle Nazioni Unite, che sia dedicato all’educazione alla nonviolenza dei bambini e delle bambine nel mondo.

La nonviolenza che fa fatica a entrare nel nostro vocabolario educativo e soprattutto nelle nostre pratiche metodologiche. Ma è oggi assolutamente indispensabile educare le nuove generazioni alla nonviolenza attiva e efficace se vogliamo che l’umanità abbia un futuro sostenibile e desiderabile.

Questo intenso investimento non può limitarsi a proporre i modelli classici della competitività e della carriera, ma deve prospettare la creazione di condizioni perché il mondo della scuola diventi un vero e proprio laboratorio della nonviolenza, dove fare germogliare e crescere questa esile pianta.

In questa ambiziosa impresa siamo tutti coinvolti: insegnanti, educatori, genitori, psicologi, analisti, associazioni del mondo della solidarietà, della cooperazione e della nonviolenza, amministrazioni, amministratori politici e questo impegno ci può indicare una possibile e concreta strada da percorrere. Si sa bene quante e quali difficoltà si incontrano nel cercare di fornire ai propri studenti strumenti utili per una migliore comprensione dei principali fenomeni quali la globalizzazione, il neocolonialismo, il neoliberismo, il divario nord-sud, gli squilibri ambientali caratterizzanti il mondo attuale e comprenderlo nel suo tormentato divenire storico.

È divenuto quantomai importante, oltre che efficace strumento di prevenzione contro il diffuso atteggiamento di pregiudizio razziale, trasmettere il messaggio di quanto ricca può essere la diversità, intesa come differenza culturale, naturalistica cioè biodiversità e paesaggistica e altro.

Credo che i giovani abbiano bisogno di capire che nel mondo esistono diversi modelli di vita e indagare questo mare di differenze certamente è stimolante e arricchente per la nostra stessa esistenza di persone.

Ci attendono sfide assai difficili e una sempre più diffusa cultura della nonviolenza e della cooperazione e della solidarietà umanistica e umanitaria non soltanto sono elementi necessari, ma rappresentano la nostra speranza per una convivenza accettabile tra donne, uomini, popoli e per un inserimento sostenibile della nostra specie come parte integrante della natura.

Le giovani generazioni sono poco ideologizzate e hanno scarsa coscienza politica e hanno bisogno, nel loro realismo spesso disilluso di avere di fronte esempi concreti, persone credibili, testimonianze sul campo.

Inoltre, i giovani parlano un loro linguaggio, legato alla loro particolare sensibilità e non è sempre facile per noi adulti calarsi in questo originale codice comunicativo. Dunque è necessario trasmettere un codice fondato sulla nonviolenza efficace come innovativa strategia educativa che porti i giovani alla piena consapevolezza delle sfide del terzo millennio dalla diseguaglianza globale, ai dissesti climatici, alla potenziale, ma quanto mai imminente e irreversibile, guerra nucleare.

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Egidia Beretta Arrigoni: in Viaggio con Vittorio

Intervista a Egidia Beretta madre di Vittorio Arrigoni – Vik Utopia

Egidia Beretta Arrigoni: in Viaggio con Vittorio

“Questo figlio perduto, ma vivo come forse non lo è stato mai, che, come il seme che nella terra marcisce e muore, darà frutti rigogliosi”

Laura Tussi con Egidia Beretta Arrigoni

Intervista di Laura Tussi a Egidia Beretta madre di Vittorio Arrigoni

 

“Questo figlio perduto, ma vivo come forse non lo è stato mai, che, come il seme che nella terra marcisce e muore, darà frutti rigogliosi. Eravamo lontani con Vittorio, ma più che mai vicini. Come ora, con la sua presenza viva che ingigantisce di ora in ora, come un vento che da Gaza, dal suo amato Mediterraneo, soffiando impetuoso ci consegni le sue speranze e il suo amore per i senza voce, per i deboli, per gli oppressi, passandoci il testimone.”

 

Bellissime riflessioni: quando le hai scritte?

 

Scrissi di getto queste parole all’indomani del funerale di Vittorio e oggi, nove anni dopo, so che questo seme è fiorito e ha fruttificato.

Quel testimone continua ad andare, passando di mano in mano, di cuore in cuore, come un fiume inarrestabile.

Vittorio è la sorgente; io, solo la portatrice d’acqua che la alimenta.

 

La perdita e la memoria del figlio amato hanno inciso profondamente nella tua esistenza.

 

Questo è diventata la mia vita.

Per questo viaggio, instancabilmente, da nove anni e racconto a chi ha orecchie per ascoltare e cuore per accogliere, la sua, di vita, i sogni e le utopie.

 

Tutto questo deve essere un percorso doloroso, ma che comporta gesti d’amore.

 

Non è mai facile. Prima di ogni incontro, ho bisogno di silenzio e di meditazione. E, alla fine, mi sento svuotata, aliena alla realtà che mi circonda.

Il gesto d’amore che mi ha spinto a scrivere “Il Viaggio di Vittorio”, si ripete quando, partendo da quelle pagine, vado a dispiegare il filo della sua esistenza, dall’infanzia, alla giovinezza, all’età adulta, variegato e multiforme, ma sempre teso alla ricerca del senso del proprio vivere, fino alla raggiunta consapevolezza che solo la ricerca e la lotta per la giustizia, per la pace, sempre dalla parte degli oppressi, dei dimenticati, potevano dare significato al suo essere al mondo.

 

Quali argomenti tratti nel tuo libro “Il Viaggio di Vittorio”?

 

Narro del bambino che scrive di San Francesco e Martin Luther King, del ragazzo che stima Falcone e Borsellino, della grande passione per la musica, la lettura e la scrittura, dei primi Viaggi di volontariato a soccorrere e conoscere genti e luoghi al di fuori, finalmente, dai confini “recinti spinati”, consapevole che, attraversandoli, mettendosi alla prova, scorgerà la meta.

Mostro i suoi video e li riguardo anche io con la trepidazione della prima volta e colgo, attraverso gli occhi di chi guarda e ascolta, la mia stessa empatia ed emozione.

 

Vittorio ha sempre denunciato in forma nonviolenta tutte le ingiustizie e atrocità che accadono a Gaza.

 

Oltre le mie parole, voglio si veda e si ascolti Vittorio, l’esuberanza, la passione che lo muove, gli affanni, la gioia, la sofferenza, le denunce, la testimonianza diretta di quel che ha vissuto in Palestina, in Gaza.

E’ qui che il mio racconto si conclude, dove si è concluso il suo Viaggio.

Nella terra che lo ha accolto come figlio e fratello, là dove la tormentata ricerca del perché esistere ha infine trovato ragione.

Leggo i suoi scritti, che ci immergono in realtà altrimenti sconosciute.

E adempio così un preciso dovere che, sento, Vittorio mi ha affidato.

Non dimenticare mai la Palestina, raccontare, attraverso i suoi anni in Cisgiordania e in Gaza. Questo popolo, oppresso, ma coraggioso, resistente, generoso.

 

Un Viaggio quasi “iniziatico”…

 

In questo mio andare, ho percorso innumerevoli strade, città e piccoli paesi, lungo tutta la penisola, in luoghi i più diversi, biblioteche, parrocchie, centri sociali, culturali, feste Anpi, scuole.

E ogni volta, sento Vittorio presente a sostenermi nel trovare le parole giuste per chi mi ascolta, adulti, giovani, studenti, anche bambini.

Gli sono riconoscente perché, attraverso questi incontri, ho contemplato meraviglie di arte e natura mai visti, sono nate amicizie, soprattutto ho conosciuto un’umanità solidale che non immaginavo, persone generose e accoglienti, felici di incontrare “la mamma di Vik” e onorarlo onorando me.

 

Con questo Vostro Viaggio, riuscite, tu e Vik a cambiare le coscienze…

 

E quando, a posteriori, ricevo testimonianze di come la sua vita abbia cambiato la vita di tanti, specie di giovani, che, sulla sua traccia, stanno compiendo scelte ugualmente importanti, il mio cuore è felice e l’anima piena di gioia.

A chi vuole conoscere meglio e di più Vittorio, suggerisco di visitare il sito www.fondazionevikutopia.org, di leggere soprattutto le pagine del suo ”Gaza Restiamo Umani”, scritte a Gaza durante il massacro di Piombo Fuso, la graphic novel “Guerrilla Radio – la possibile Utopia” di Stefano Piccoli e infine, a chi volesse immergersi nei sogni del piccolo Vik, il racconto “Il bambino che non voleva essere un lupo”, scritto e illustrato da Sabina Antonelli, pubblicato a cura della Fondazione Vittorio Arrigoni “Vik Utopia” Onlus.

 

E’ nata questa importante Fondazione Vik Utopia in memoria di Vittorio

Parlo della Fondazione, nata per onorare la sua memoria e continuare la sua azione di impegno civile a servizio del bene comune, dei diritti umani e della giustizia.

I progetti che abbiamo sostenuto, vanno in questa direzione. Collaborando con diverse Associazioni, che operano in paesi nel mondo dove situazioni difficili di povertà o di discriminazione, colpiscono i più deboli, donne e bambini, seguiamo la strada che Vittorio ha tracciato.

E’ verso i bambini, soprattutto, che va il nostro impegno, consapevoli di quanto essi fossero nel suo cuore.

Continuerò ad andare, quindi, fino a quando avrò voce e forze per testimoniare, e, con Vittorio, annuncerò: “Faremo delle nostre vite poesie, fino a quando libertà non sarà declamata sopra le catene spezzate di tutti i popoli oppressi”.