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Armageddon nucleare? non lo vogliamo. La pace siamo noi

di Laura Tussi

Dal nucleare civile al nucleare militare: il ‘gioco’ è fatto.

È un momento grave per la storia dell’umanità: viviamo all’ombra di circa 25.000 ordigni di distruzione di massa nucleari che possono annientare il pianeta per molte volte.

Questa situazione è resa oggi ancora più delicata dalla corsa verso il nucleare civile, che è ritenuto da molti una buona alternativa all’uso del carbone e dei fossili, principali responsabili dell’effetto serra e dei cambiamenti climatici.

Ma siamo sicuri che il nucleare civile sia un’alternativa valida per i costi e per la sicurezza? I costi sono altissimi e si calcola che negli Stati Uniti il nucleare civile in questi quattro decenni sia costato parecchi miliardi di dollari.

E la possibilità degli incidenti è alta.

Ad esempio l’incidente in Giappone a Fukushima. Ma pensiamo anche al disastro di Chernobyl.

Attualmente sappiamo che il 90 per cento delle 800mila persone addette al risanamento di Chernobyl hanno contratto tumori.

Ma il problema più rilevante è che l’industria nucleare non sa cosa fare dei rifiuti nucleari e che possono durare fino a 20.000 anni.

Il nucleare civile non è una soluzione per i cambiamenti climatici, ma una cinica scommessa dell’industria nucleare di salvare se stessa.

Il nostro deve essere un NO chiaro anche al nucleare civile.

Vari conflitti imposti dai poteri forti a rischio di guerra nucleare.

Dopo la fine del secondo conflitto mondiale, con la paura universale di violenza da parte di tutta l’umanità, con il suo spaventoso carico di morte e distruzioni, al contrario la politica rassicurante attualmente sostiene che non ci possiamo lamentare in quanto il mondo ha vissuto oltre settant’anni di pace, proprio grazie al cosiddetto ‘equilibrio nucleare’.

Nulla di più falso!

La deterrenza nucleare, che è una gara di potere, è sempre usata dalle superpotenze in termini ricattatori e assurdi e crudeli per tutta l’umanità soprattutto nell’attuale guerra in Ucraina.

 Ma si dimentica di dire che dal 1945 ai giorni attuali, i conflitti armati veri e propri sono stati più di un migliaio e che nel mondo permangono numerosi, endemici focolai di conflitto violento e armato che hanno fatto decine di milioni di morti e fanno tuttora la fortuna dei produttori di armi e del complesso militare e industriale e fossile e energetico. Con in testa la Nato e gli Stati Uniti l’industria delle armi si alimenta a dismisura innescata come una miccia dal sistema, apparato, complesso militare e industriale e fossile.

L’irrisolta conflittualità armata Mediorientale, che può sfociare nell’irreversibile epilogo nucleare

Uno dei punti nevralgici, che può innescare un conflitto nucleare esplosivo come una miccia all’ennesima e infinitesimale potenza, è rappresentato dal Medio Oriente, una regione per molti aspetti strategica, in primis per il fattore energetico, nella quale negli ultimi decenni la crisi si è ancora più aggravata con le due guerre contro l’Iraq e quella in Afghanistan, il focolaio nevralgico dell’Iran e l’irrisolto problema israelo-palestinese e analizzando il quadro bellico da varianti logistiche e valutando la situazione in un quadro differente, geopoliticamente parlando, possiamo includere anche la attuale e gravissima guerra in Ucraina.

L’irrisolto problema tra Israele e Palestina rappresenta senza dubbio l’elemento più emblematico e drammatico di questa situazione geopolitica dai connotati tragici, che sembrano praticamente irrisolvibili e indistricabili strategicamente.

Lo stesso dramma della Siria va inserito in questo contesto con il rischio già attuale di un’estensione della guerra civile nell’intera regione. Pare che il nodo vero, il terreno sul quale misurare la possibilità reale di una prospettiva di pace, convivenza e cooperazione in quella terra di conflitto, resta senza dubbio alcuno quello dei rapporti tra Israele e Palestina e non è certo a caso che sin dall’ultimo decennio del secolo scorso e anche nei primi anni del nuovo millennio, proprio in quell’area mediorientale, si è manifestato un forte e prioritario impegno umanitario e attivismo del mondo pacifista.

La società civile per “ricomporre l’infranto”

Ecco la ragione per la quale sembra opportuno, e forse necessario, ricostruire, sia pure sommariamente, il senso e la portata di un impegno umanitario e nonviolento e un attivismo di pace molto vivi e sentiti, che hanno visto esprimersi la generosità e la disponibilità di centinaia di donne e di uomini, di decine di istituzioni locali, di numerose associazioni che, generazione dopo generazione, hanno seminato nella terra, culla delle religioni monoteiste la cultura della pace e della convivenza, dove la società civile e le opere di volontariato laico si spendono per “ricomporre l’infranto”.

Sarebbe troppo lungo ricordare le innumerevoli iniziative lungo le quali si è dispiegato questo fondamentale impegno umanistico ancor prima che umanitario, dal “Times for Peace” che ha circondato con una catena umana di italiani, europei, israeliani e palestinesi le mura di Gerusalemme, fino ai progetti di concreta solidarietà con la comunità della cittadina di Rafha nel sud della striscia di Gaza e con la cittadina di Beit Yala alle porte di Betlemme, solo per ricordare i più significativi, oltre all’impegno di più di cinquanta comuni italiani sul terreno della cooperazione, nel tentativo di mettere assieme, far parlare, far interagire, far cooperare i rappresentanti di questi due popoli: Israele e Palestina.

di Laura Tussi

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Pamphlet ecologico: il Pensiero di Virginio Bettini. Con l’Università IUAV di Venezia

Pamphlet ecologico: il Pensiero di Virginio Bettini

Pamphlet ecologico: il Pensiero di Virginio Bettini

 

Presentazione del libro Pamphlet ecologico di Virginio Bettini on line e a contatto, in presenza e in collaborazione con l’università IUAV di Venezia.

Evento in diretta facebook presso IUAV di Venezia.

Pamphlet ecologico, è un libro postumo di Virginio Bettini, un uomo libero e giusto, un maestro per generazioni di studenti, un supporto scientifico per centinaia di comitati ed associazioni ambientaliste. Virginio è stato docente dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia (ora Università IUAV di Venezia), eurodeputato dei Verdi arcobaleno, e uno dei maggiori esponenti dell’ecologismo scientifico (una parola orrenda in uso negli anni ’90).
Il libro, che tratta temi di ecologia, città paesaggio e pianeta, risponde a molte domande, ed è a cura di Maurizio Acerbo, Fabrizio Cracolici, Laura Tussi, con la prefazione di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici; l’introduzione di Maurizio Acerbo, un intervento di Paolo Ferrero, la postfazione di Alfonso Navarra e il contributo di David Boldrin Weffort parla dei temi dell’ecologia per il futuro nostro e del pianeta, in modo semplice, lucido, simpatico e soprattutto contro la guerra.

Mercoledì 9 novembre 2022 dalle ore 16:00 alle 17:00

Link dell’evento:

https://fb.me/e/2mRDGzDv5

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Gramsci Oggi con articoli di attualità

Gramsci Oggi con articoli di attualità

Gramsci Oggi con articoli di attualità.
Intervista a Giorgio Cremaschi.
Recensione al libro Partigiano Il miracolo della corda.
Recensione al libro Sono morto come un vietcong. Leucemie di guerra.
Buona lettura su Gramsci Oggi !!!

Nato e guerra. Intervista a Giorgio Cremaschi di Laura Tussi

Conversazione di Laura Tussi con Giorgio Cremaschi.

Al vertice di Madrid, la Nato approva il più importante rafforzamento delle proprie capacità dalla fine della guerra fredda e porterà le forze militari a oltre 300 mila unità. Così afferma il segretario generale Nato Jens Stoltenberg nella conferenza stampa di presentazione del vertice di Madrid. Può argomentare queste affermazioni?

Penso che la questione sia che questa è addirittura la conclusione cioè l’aumento delle armi, dell’armamento, e l’argomento scottante compreso – è bene sottolinearlo – quello dell’armamentario nucleare. Il punto di partenza, in qualche modo è ancora più grave. Perché da un certo punto di vista salta un’ipocrisia cioè noi che siamo contro la Nato abbiamo detto che non è vero che la Nato e un’alleanza euroatlantica, ma in realtà la Nato è un’alleanza militare mondiale. L’Occidente contro il resto del mondo. E diciamo così: il documento strategico appunto 2022 definisce chiaramente questo, perché ovviamente dice che la Russia è il nemico principale con cui c’è uno scontro, con un’affermazione proprio di rottura totale. Ma a parte questo vi è la gravità di questo documento. Non mi risulta che altri documenti della Nato avessero affrontato questo tema. E hanno individuato come secondo nemico la Cina. La Cina non è in Europa. Eppure viene individuata come secondo nemico. Viene detto che la Cina, con la sua politica, minaccia – testuali parole – gli interessi, la sovranità e i valori della Nato: quindi la Cina è considerata il secondo nemico. Ovviamente vengono elencati poi gli stati nemici classici (Iran, Corea eccetera) e si definisce un impegno militare della Nato in vaste zone del mondo, come il Sahel e il Medio Oriente e l’Indocina. Ritorna in campo l’Indocina. Dall’epoca del Vietnam non sento più parlare dell’Indocina. Quindi il punto più grave, secondo me, è passato probabilmente sotto silenzio perché viviamo travolti da una propaganda guerrafondaia è che la Nato con questo documento non solo ha deciso di rafforzare il conflitto con la Russia, ma ha assunto una dimensione di conflitto mondiale cioè la Nato è in guerra con tre quarti del mondo, il mondo dei Brics, poi vi è un elenco vario, è un manifesto ideologico: i nostri valori e i loro. Noi siamo la democrazia, voi siete le dittature: è un documento di guerra al resto del mondo, dall’Occidente al resto del mondo ed è di una gravità inaudita perché, ripeto, saltano un po’ di attenuazioni, di ipocrisie che si erano tenute nel passato. La Nato non è più euroatlantica anche se i suoi aderenti si chiamano euroatlantici, ma è un’alleanza militare mondiale che sfida il mondo. Questa è la verità ed è questo l’aspetto gravissimo dal punto di vista militare – cioè il riarmo di massa che propone e la convinzione profonda che l’arma nucleare sia uno strumento di pace (…) continua.

 

 

Il miracolo della corda

Recensione al libro

Il miracolo della corda.

Autori: Elvio e Monica Alessandri

Recensione: Laura Tussi

Immagine di copertina: Demetrio Buroni

Progetto grafico: William Buroni

 

Gli Alessandri sono una nota e conosciuta famiglia di Cagli, un paese nelle Marche. La loro è una vita tumultuosa.

La loro è una storia difficile.

Una storia che non si può narrare tanto facilmente. Ma Monica, la figlia di Elvio Alessandri, riesce nel suo intento fino ad arrivare a scrivere un libello narrativo e riflessivo.

Un libricino, un pamphlet che racchiude una grande memoria. La storia nella Storia.

Monica Alessandri, l’autrice del libro, narra minuziosamente e raccoglie la memoria e l’importante testimonianza di suo padre Elvio.

Elvio è un giovane partigiano. Di soli tredici anni. Lui ha fatto la Resistenza con suo padre Imbriano, primo di molti fratelli. Imbriano imbraccia il fucile da caccia con il piccolo Elvio e si dà alla macchia da Partigiano.

Questo libello non ha nessuna ambizione, nessuna pretesa. Ma semplicemente il desiderio di provare a narrare i fatti e le piccole vicende con umili riflessioni.

Eventi istantanei, ma immensi, rimasti nei cassetti della memoria nell’interminabile alfabeto della storia scritta con la S maiuscola e con la consapevolezza di raccontare i tanti piccoli fatti della grande storia.

Gli Alessandri sono una famiglia molto unita. Politicamente tutti seguirono l’idea socialista del loro padre che intorno al 1900 lottò a fianco della classe operaia e contadina contro il potere dei padroni che dominavano e soffocavano con arrogante autorità i diritti dei più deboli. Negli anni ‘20 del Novecento, la famiglia Alessandri fu la più perseguitata proprio perché aveva apertamente dichiarato la sua avversione contro il regime fascista.

Gli atti di violenza fascisti e squadristi che subì Imbriano furono molti.

L’umiliazione e il sopruso.

Erano i tempi in cui gli antifascisti ascoltavano Radio Londra.

E anche la scuola non si sottraeva allo squallido gioco propagandistico dell’organo di regime. L’educazione dei giovani balilla era imperniata di arroganza, di competizione sfrenata, di vanto spudorato del sopruso verso i più fragili, i più umili, gli ultimi. Elvio è costretto da questa subcultura ignobile. Ma con suo padre e con tutta la famiglia avevano già scelto. Avevano scelto da che parte stare. Di parteggiare e non essere indifferenti.

Le leggi razziali nel 1938 imperversavano.

La famiglia Alessandri pur consapevole del pericolo, si adoperò per mettere in salvo una famiglia ebrea e ci riuscì. Nel 2005 alcuni membri della famiglia Alessandri sono stati insigniti del titolo di Giusti tra le nazioni.

Si avvicina l’armistizio.

Badoglio annuncia l’armistizio.

È l’8 settembre del 1943. Così Imbriano e Elvio impugnano le armi e si danno alla vita clandestina come partigiani con altri compagni.

Quello è un periodo intenso.

La vita si è sbizzarrita a mettere in scena il peggio dell’uomo, l’uomo forte, ma anche il meglio dell’impegno e il sacrificio di tutte le persone per un riscatto di dignità contro le nefandezze e la violenza fascista.

Da un lato gli istinti più abietti e spregevoli, dall’altro il valore, gli ideali, l’altruismo, il coraggio.

In mezzo l’indifferenza, zona d’ombra senza dignità.

Il racconto rende solo un’immagine sbiadita della realtà che Elvio, Imbriano e i compagni hanno vissuto in modo così vibrante e intenso come partigiani. Purtroppo nonno Imbriano perde la vita durante gli scontri.

Il titolo del libro. Perché questa frase? Il miracolo della corda?

Il nodo al centro della corda, quello creato dalle esperienze fortemente condivise, non lo scioglie nemmeno la morte. È indistruttibile.

La morte può uccidere gli uomini, ma non le loro idee, i loro ideali. Non i legami in vita che essi hanno creato.

E Elvio, raccontandosi, conferma che ha un nodo in comune con ogni persona che ha amato e ama la libertà e la pace e per cui ha lottato e rischiato la vita.

 

Sono morto come un vietcong. Leucemie di guerra

Giulia Spada, è autrice di un romanzo e soprattutto di un racconto di forte denuncia e coraggiosa presa di consapevolezza e di autentica decisione di assunzione di una grande responsabilità: la testimonianza per la pace.

di Laura Tussi

Una posizione netta, decisa e ferma contro la guerra. Giulia adesso scrive. Non si ferma e scrive “Sono morto come un vietcong”. Giulia si considera giustamente un’orfana di guerra. Suo padre è stato ucciso da una malattia che ha contratto nella zona di Teulada. Un territorio dal 1950 teatro di guerre chiamate “simulate”. E lei è convinta di questo omicidio causato dall’inquinamento bellico. Si spara, si bombarda, dal mare, da terra, dall’aria proprio ‘come in Vietnam’, in una geografia e tipologia della morte che è allucinante, inverosimile, macabra.

Un affronto, una ingiuria atroce alla Sardegna e alla salute di chi è costretto a respirare le polveri cancerogene della guerra, nelle zone militari e non solo, in un nefasto odore di morte. Ma Giulia non si arrende. Giulia scrive e denuncia. Proprio la morte del padre, ucciso nel 2003 da una leucemia, ha ispirato l’ultimo libro dell’ autrice da qualche tempo trasferita a Milano. Come tanti emigrati guarda con altri occhi una terra meravigliosa, la sua Sardegna, con tante potenzialità paesaggistiche, culturali, artistiche, turistiche e un patrimonio ambientale e umano unico che Giulia esprime soprattutto e in modo molto dettagliato e pertinente nel suo romanzo “Sono morto come un vietcong”.

Giulia era una bambina quando suo padre è morto. Nei discorsi nell’ambito della famiglia l’argomento provoca ancora troppo dolore, perché sembra ancora inverosimile morire di guerra, ma risulta sempre più una realtà spietata e più che mai di stringente attualità.

“Sono morto come un vietcong” è un romanzo e soprattutto un autentico e vero racconto di denuncia e testimonianza che vorrebbe aiutare i sardi e tutti gli attivisti per la pace a prendere coscienza di quel che accade. Lo Stato ha deciso di sacrificare una parte del territorio dell’Isola, che da Roma magari è lontano, ma che dalla geopolitica è giudicato scarsamente popolato, e quindi utile per certi scopi. Che per adesso sono solo militari, ma in futuro, molto probabilmente, teatro di guerra, di lutti, carneficine, massacri, stragi.

Il rischio non è solo quello di depositi di scorie nucleari in Sardegna.
I poligoni militari sono stati il primo passo.Le persone devono sapere e soprattutto prendere coscienza che l’Italia affitta a eserciti di tutto il mondo – e soprattutto agli Stati Uniti e al patto atlantico – la terra di Sardegna con lo scopo che essa venga bombardata. E che il ritorno economico per la Sardegna è nullo. Lo ammette lo stesso Stato riconoscendo degli “indennizzi” alle comunità che devono sopportare la presenza delle servitù militari della Nato più estese d’Europa. Pochi stipendi in cambio di un territorio unico da bombardare. Con tutto quel che ne consegue, soprattutto le polveri della guerra che provocano tumori, leucemie e molte altre patologie mortali e tanta sofferenza.
Il caso di Quirra è sconcertante.(…) continua

 

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Dopo Hiroshima. E ora?

Dopo Hiroshima

E ora?

Durante gli anni ’50 del secolo scorso, l’incubo dell’atomica e la guerra fredda turbano la vita di un mondo che cerca di trovare sé stesso e uscire dalle macerie ancora fumanti della Seconda guerra mondiale. Sono gli anni della guerra in Corea e dell’occupazione sovietica dell’Ungheria. Il movimento internazionale dei partigiani della pace raccoglie il NO alla guerra e promuove imponenti campagne che coinvolgono milioni di uomini: il primo movimento di massa per la pace nella storia. In Italia l’impegno per la pace si salda alle lotte per il lavoro e alla non facile costruzione di una nuova democrazia fondata sulla Costituzione. La bandiera iridata della pace simboleggia un impegno diffuso nelle più lontane contrade. Gli scioperi “alla rovescia” – di cui tra gli epigoni ci fu Danilo Dolci – e le lotte pacifiche per la terra caratterizzano quegli anni, ancora segnati dal sangue dei lavoratori.
Tante le proteste e le iniziative, soprattutto dei portuali, contro l’arrivo delle armi americane in Italia. Evento che si verifica anche attualmente.
Nel 1951 la camera approva la legge per il riarmo con 325 voti.
A Livorno si tiene un convegno delle città sedi di basi militari straniere.

Danilo Dolci si trasferisce in Sicilia a Trappeto vicino a Palermo.

Sono gli anni dell’appello Russell-Einstein cui seguirà la fondazione del movimento Pugwash. Apre un’epoca la marcia del 1958 nei pressi di Londra dove fa esordio quello che diverrà il celebre simbolo universale del movimento pacifista ideato da Gerard Hiltom composto dalla lettera N nucleare e dalla lettera D disarmo. Calosso, socialista e Giordani, cattolico, unificano le loro proposte di legge per il riconoscimento della obiezione di coscienza. Un operaio di una fabbrica del milanese, Franco Alasia, si rifiuta di lavorare per realizzare strumenti bellici e viene licenziato. In quegli anni, il tribunale di Milano condanna i due giornalisti Renzi e Aristarco per la sceneggiatura del film L’armata s’agapò sull’occupazione della Grecia. In quel periodo, sono 11 milioni le firme in Italia sull’appello di Vienna contro la guerra nucleare. E in seguito la Nato decide l’installazione di nuovi missili in Europa. Tante le proteste e tra esse un forte appello delle donne di Vicenza. Il premio Nobel per la pace Noel- Baker proclama: “La guerra è una dannata, sporca cosa. La guerra ha distrutto una civiltà dopo l’altra. Devolverò l’ammontare del premio assegnatomi ad azioni che promuovono il disarmo internazionale”.
Quando nel nostro paese dominava il fascismo, gli studenti erano pieni del desiderio di dedicare tutta la loro attività alle opere della scienza e della pace.
Il fascismo già parlava di guerra, già preparava gli italiani alla guerra.
Per la difesa della cultura, della centralità della pace e per la conquista della libertà, gli studenti sono riusciti a trovare gli operai delle fabbriche di Napoli, ad esempio, e con loro hanno lottato sino da allora per la pace.
Il comitato per la difesa della pace dell’Ansaldo di Genova dichiara a nome dei lavoratori “che nei due stabilimenti non si costruiranno mai più materiali bellici di qualunque genere” e ripete, con i portuali, le parole d’ordine da loro lanciate: “niente armi. Niente guerra, ma lavoro e pace per i popoli”.

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Prime note per una storia del movimento degli anni ’80 contro gli euromissili

Prime note per una storia del movimento degli anni ’80 contro gli euromissili

Prime note per una storia del movimento degli anni ’80 contro gli euromissili

Il movimento contro gli euromissili negli anni ‘80:

“Dalla Sicilia alla Scandinavia NO alla Nato e al patto di Varsavia”.

Di Laura Tussi

I movimenti nonviolenti e pacifisti perdono della loro creatività e proattività perché prendono il sopravvento i poteri forti e le lobby e le multinazionali delle armi che si spacciano da istituzioni progressiste.

 

Molto meno ingenti i movimenti e le manifestazioni pacifiste e nonviolente a Ghedi, a Aviano e a Buchel in Germania contro le famigerate bombe nucleari Usa B61-12 che verranno stoccate in queste basi Nato dislocate nei territori europei.

Al contrario un movimento di ampiezza senza precedenti quello contro gli euromissili nei primi anni ‘80.

Milioni di donne e uomini nelle piazze per cercare di contrastare i pericoli di guerra tra le due superpotenze USA e Urss e la loro corsa al riarmo simboleggiata dai nuovi missili Ss20, Cruise e Pershing. Oltre che in Europa, il movimento fu molto attivo negli Stati Uniti e presente anche nei paesi dell’Est, quelli del patto di Varsavia.

Un movimento che non riuscì a impedire l’installazione dei missili, ma che ha lasciato segni profondi.

Questo movimento fu formazione per tanti giovani, partecipazione democratica, invenzione di nuove forme di espressione e di lotta. Fucina di nuove idee e crescita della cultura pacifista e crogiolo di nuove sensibilità politiche e ideali e dell’ecopacifismo. Anni di intensa mobilitazione con ondate di manifestazioni di massa nelle città come non si era mai visto prima. La mobilitazione è ampia e diffusa in tutto il Paese. Anche nei centri più piccoli è un fervore di iniziative, nascono moltissimi comitati per la pace. Molto attive le riviste del tempo Guerra e pace, Segno, Bozze, Testimonianze.

Particolare attenzione si dedica al tema dell’educazione alla Pace da parte di riviste, scuole, docenti. Nel 1983 sarà il momento di massima mobilitazione europea contro gli euromissili, ma l’imponenza delle manifestazioni e la diffusione del movimento non cambiano le decisioni dei governi che confermano la decisione di installare i missili.

cresce la tensione in Libano, l’invasione USA di Grenada, l’arrivo dei primi missili rendono ancora più incandescente il clima internazionale. Ma la mobilitazione pacifista ha lasciato il segno, nelle coscienze dei partecipanti e dei cittadini, nel senso di appartenenza europeo e sicuramente anche nelle nuove prospettive che da lì a poco si apriranno alle speranze di pace e disarmo. Alla metà degli anni ’80 il clima si fa più disteso a livello internazionale e le trattative tra le due superpotenze portano agli accordi del 1987 per l’eliminazione dei missili a media gittata. Il contributo di tanta parte di popolazione del mondo in piazza per reclamare la pace ha avuto un ruolo innegabile, anche se subito l’installazione dei missili fu una cocente sconfitta del movimento. All’Est, il movimento pacifista ha svolto un ruolo nella preparazione del crollo dei regimi del cosiddetto socialismo reale.

Comiso non deve diventare l’Hiroshima di domani

Nel 1979 il governo italiano approva l’adesione al programma missilistico della Nato. Nel 1981 il governo Spadolini comunica la scelta del vecchio aeroporto militare Magliocco di Comiso in provincia di Ragusa quale base per l’installazione di una batteria di 112 missili Cruise a testata atomica. Enorme l’impatto nel paese, si teme un conflitto nucleare tra le due superpotenze USA e Urss con il coinvolgimento del nostro paese.

Comiso diventa un bersaglio principale.

In breve Comiso diventa anche e soprattutto una delle capitali mondiali di un nuovo pacifismo.

Un movimento di massa senza precedenti. Grande d’impegno delle donne. A Comiso le donne del gruppo La Ragnatela attuano un combattivo campo di opposizione alla base sull’esempio delle donne inglesi. Ecologisti e nonviolenti acquistano terreni nei pressi della base chiamandola “Verde vigna” e coltivano con metodi biologici. I cattolici per alcuni anni promuovono una via crucis contro i missili davanti alla base.

Sono indagati rapporti tra missili e mafia, un impegno che costò la vita al parlamentare del PCI Pio La Torre e al suo autista Rosario Di Salvo assassinati a Palermo nell’aprile del 1982. E al giovane seminatore di pace e legalità, con la sua radio, Peppino Impastato. Si sviluppò con vigore la denuncia e l’opposizione contro la militarizzazione di tutta l’isola. Gli organismi più rappresentativi dell’opposizione alla base furono il Cudip, il comitato unitario per il disarmo e l’indipendenza dei popoli e Imac, incontro internazionale contro i Cruise con forte componente antimilitarista e nonviolenta e che attuarono numerose iniziative davanti ai cancelli della base e qui le proteste ebbero duro contrasto da parte delle forze di polizia: svariate le cariche violente, tanti arresti, le denunce, i feriti, l’espulsione di militanti pacifisti stranieri. La base di Comiso e i suoi missili Cruise saranno dismessi poi nell’87 col trattato di Washington tra USA e Urss. Le principali iniziative tenute a Comiso in Sicilia sono state in quegli anni la manifestazione a Comiso con 30mila braccianti, contadini, giovani, intellettuali in corteo con lo striscione: Comiso non vuole diventare l’Hiroshima di domani. Nel 1981 in 100mila provenienti dalle regioni meridionali manifestano a Palermo con lo slogan: dalla Sicilia alla Scandinavia no alla Nato e al patto di Varsavia. Nel 1982 a Comiso, nuova grande manifestazione popolare. Da tutta Italia in 100mila sfilano in un corteo interminabile davanti all’aeroporto Magliocco.

Nei giorni successivi alcuni pacifisti cominceranno lo sciopero della fame e si apre a Vittoria il campo internazionale della pace che attiverà molte iniziative: marce, digiuni, blocchi.

Inizia da Palermo una lunga marcia di preghiera contro i missili con il buddista Morishita che arriva a Comiso dopo 50 giorni.

Giunge a Comiso la marcia Milano-Comiso promossa da un gruppo di intellettuali. In seguito la marcia Catania-Comiso.

A Comiso l’incontro internazionale delle donne su Donne e disarmo e in seguito varie donne denunciate per la protesta davanti ai cancelli dell’aeroporto: diverse sono arrestate.

Spianato con le ruspe il campo internazionale per la pace. Alcune donne straniere vengono espulse. Poi ancora una via crucis davanti alla base di Comiso promossa dalle Acli, Fuci e comunità cristiane di base.

In migliaia bloccano i cancelli dell’aeroporto e impediscono i lavori alla base: una mostra fotografica illustra la tragedia di Hiroshima. Parte la marcia Comiso-Ginevra organizzata dalle Acli e vi sono cariche della polizia contro i pacifisti che bloccano i cancelli. Ancora cariche nel settembre dell’83.

In migliaia manifestano davanti alla base di Sigonella: è la risposta dell’arrivo dei primi pezzi di Cruise. Nel 1984 Spadolini, ministro della difesa, comunica alla camera la piena operatività del primo gruppo di Cruise a Comiso.

 

Bibliografia:

L’incubo atomico:

  • Petrangeli Giulio, I partigiani della pace in Italia 1948-1953, in Italia contemporanea, 1999
  • Sereni Emilio, Per la libertà e la pace, contro la preparazione della guerra atomica. Discorso al Teatro Nuovo di Milano 1955, a cura del Comitato Milanese dei Partigiani della pace
  • Sorrenti Deborah, L’Italia nella guerra fredda. La storia dei missili Jupiter 1957-1963, Edizioni Associate, Roma 2003

Partigiani della pace:

  • Bobbio Norberto, la mia ‘coscienza atomica’ cominciò con Russell e Anders, in Giano, 1990
  • Parri Ferruccio, I missili e la pace, in Il Ponte, 1957
  • Movimento italiano della pace, Conferenza nazionale per la pace, 1958

 

Donne conto la guerra:

  • Luxemburg Rosa, Lettere contro la guerra, Berlino 1914-1918, Prospettiva, Civitavecchia 2004
  • Menapace Lidia, Chi ha paura delle donne in nero?, In L’Unità, 7 novembre 1990
  • Menapace Lidia, Ingrao Chiara (a cura di), Né in difesa, né in divisa. Pacifismo, sicurezza, ambiente, nonviolenza, forze armate. Una discussione fra donne, Felina, Roma
  • Morgantini Luisa, Donne soldato? No grazie, in Giano n. 28/1998

 

Approfondimenti su guerra e pace:

  • Bravo Anna, Donne contadine e Prima Guerra Mondiale, in Ricerche storiche, n.2, 1980
  • Lussu Emilio, Un anno sull’Altipiano, Einaudi, Torino 2000
  • Del Boca Angelo, La guerra d’Etiopia. L’ultima impresa del colonialismo, Longanesi, Milano 2010
  • Tranfaglia Nicola, Il fascismo e le guerre mondiali (1914-1945) Utet, Torino 2012

 

Riflessioni sulla contemporaneità:

  • Pugliese F., Abbasso la guerra. Persone e movimenti per la pace dall’800 a oggi, Grafiche futura, Mattarello – Trento
  • Pugliese F., I giorni dell’arcobaleno. Diario- cronologia del movimento per la pace, prefazione di Alex Zanotelli, Futura, Trento
  • Pugliese F., Per Eirene. Percorsi bibliografici su pace e guerra, diritti umani, economia sociale, Forum Trentino per la pace e i diritti umani, Trento
  • Pugliese F., Carovane per Sarajevo. Promemoria sulle guerre contro i civili, la dissoluzione della ex Jugoslavia, i pacifisti, l’ONU (1990-1999), Prefazione di Lidia Menapace, Introduzione di Alessandro Marescotti, Alfonso Navarra, Laura Tussi
  • Manifesti raccontano…Le molte vie per chiudere con la guerra,a cura di Vittorio Pallotti e Francesco Pugliese, Recensione di Laura Tussi, Prefazione di Peter Van Den Dungen, coordinatore generale della Rete Internazionale dei Musei per la Pace e Joyce Apsel, Università di New York
  • Strada G., Ma l’abolizione della guerra non è un’utopia di sinistra, in La Repubblica, 2006

 

Contributi femminili:

  • Franca Pieroni Bortolotti, La donna, la pace, l’Europa, Franco Angeli, Milano
  • Maria Montessori, La paix et l’éducation, Genève, Bureau International d’éducation, 1932
  • Anna Maria Mozzoni, La liberazione della donna, a cura di F. Pieroni Bortolotti, Mazzotta, Milano
  • Mirella Scriboni, in Guerre e pace, Marzo 2011

 

Approfondimenti sul pacifismo:

  • Pallotti V., Cinquant’anni di pace in Europa: eventi e immagini, a cura del centro di documentazione del manifesto pacifista internazionale, Bologna
  • Pallotti V., Perché? Guerra, corsa agli armamenti. Catalogo della mostra del manifesto contro… per una cultura di pace e nonviolenza, Bologna
  • Pallotti V., Camminare per la pace. Marce e cammini per la pace e la nonviolenza, Comune di Casalecchio di Reno – Casa per la pace “la filanda”, Bologna 2009

 

Approfondimenti:

  • Elorza, Documenti e discorsi del militare ingenuo, San Sebastian
  • Erasmo da Rotterdam, Contro la guerra, a cura di F.Gaeta, L’Aquila
  • Trattato sulla tolleranza, a cura di Palmiro Togliatti, Editori Riuniti Roma

 

Bibliografia ragionata:

  • Autori Vari, Bandiere di pace, Chimienti, Taranto
  • Aron, Pace e guerra tra le nazioni, tr.it. Comunità, Milano
  • Balducci E., Vinceremo noi pacifisti. Fosse anche tra mille anni, in L’Unità, 6 Marzo 1991
  • Bartels, L’Europa dei movimenti per la pace, in Giano n. 4/1990
  • Battistelli, Sociologia e guerra. Il problema della guerra nelle origini del pensiero sociologico, Archivio Disarmo, Roma
  • Bello Don Tonino, Alfabeto della vita, Paoline, Milano 2009
  • Bobbio, Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino, Bologna
  • Collotti, G. Di Febo, (a cura di), Contro la guerra. La cultura della pace in Europa (1789-1939), Dossier Storia, Giunti, Firenze
  • Rochat G., L’Antimilitarismo oggi in Italia, Claudiana, Torino
  • Taylor, English History 1914-45. Oxford University Press

 

Analisi storiche:

  • Rochat G., L’antimilitarismo oggi in Italia, Claudiana, Torino
  • Rochat G., La tradizione antimilitarista del movimento operaio italiano, in La critica sociologica, 1976
  • Rochat G., Breve storia dell’esercito italiano dal 1861 al 1943, Einaudi, Torino

 

Analisi:

  • Branson, M. Haienemann, L’Inghilterra degli anni Trenta, Laterza Bari
  • Ceadel, Pacifismi in Britain, Oxford University Press

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La tempesta perfetta: conversazione con Fabrizio Cracolici

La tempesta perfetta: conversazione con Fabrizio Cracolici

Intervista di Laura Tussi e Adriano Arlenghi a Fabrizio Cracolici – Eremo di Betania, Campi MIR 2022. M.I.R. – Movimento Internazionale di Riconciliazione tra i popoli, ma mai con fascismo e nazismo.

La tempesta perfetta: conversazione con Fabrizio Cracolici


Cracolici
. La realtà delle cose mi porterebbe ad essere pessimista. Ma, se ci poniamo in una condizione di pessimismo, nulla potrà cambiare quindi non si può fare altro che investire nell’ottimismo e investire nelle azioni concrete e pensare e parlare a quelle realtà che sono le più coinvolte perché, purtroppo, noi, la nostra generazione e alcune generazioni hanno sbagliato. Non siamo riusciti a raggiungere determinati obiettivi e determinati livelli di idealità scritti nella carta costituzionale, frutto di grandi sacrifici, di tanti morti, di stragi, lutti, guerre. Quindi dalle basi, dalle esperienze e dai sacrifici che ci hanno dato e donato le generazioni passate, voglio rivolgermi all’unico gruppo di persone che può realmente fare qualcosa: i giovani. Sembra che i giovani siano sempre più, come si diceva appunto nella domanda, estraniati da questa realtà, ma al contrario sono molto attenti. È necessario aiutare i giovani; bisogna stare loro vicino e tenerli per mano. Occorre partecipare umilmente con quel piccolo contributo che noi siamo in grado di dare per la possibilità di attivarsi con le loro capacità ed energie, i loro mezzi, la loro creatività e cambiare questo pianeta. Come? Noi vediamo i Fridays For Future, vediamo Extinction Rebellion: sono giovani che hanno capito tutto. La realtà non va bene. Hanno capito che qualcosa nel pianeta è in corto circuito e ci sta portando alla distruzione e stanno protestando. Però spesso li vediamo protestare, ma senza la piena consapevolezza di quello che è la gravità e di quello che sta succedendo chiaramente. Quando il sistema, il potere, a questi giovani permette la possibilità di parlare, questo è già indice che non li teme ancora al punto tale di doverli tacitare e bloccare, perché in questo momento i giovani protestano in modo generico e simbolico. Parlano dicendo: “Salviamo il pianeta, non abbiamo un piano B, smettiamo di inquinare”.
Ragazzi dobbiamo cominciare a fare i nomi. Chi sono questi grandi inquinatori? È necessario stimolare queste aziende e multinazionali e lobby di potere prima di tutto a smettere di inquinare in questa maniera. In seguito dobbiamo stimolare i nostri governi ad attuare politiche green, politiche di Ecologia e in questi momenti con i soldi che vengono stanziati dalla comunità europea non si sta pensando a investire in green e ad investire in risorse energetiche, si sta investendo ancora e sempre in armi e nucleare e questa è la contraddizione. Ragazzi ascoltatemi il mio è un mettermi a disposizione vostra. Occorre andare da lor signori, da questi personaggi che fino adesso ci hanno raccontato che va tutto bene così e non è vero e dobbiamo dare le nostre motivazioni; dovete dare le vostre motivazioni. Bisogna dire: “Signori il pianeta è uno e lo è anche per voi. Accumulate potere, accumulate ricchezze, ma quando il pianeta si esaurisce? Sappiate che se sparirà, sparirete anche voi. Cosa ve ne fate di quei soldi? cosa ve ne fate di quel potere?
Quindi facciamo una rivoluzione vera, sincera quella che è proprio rivolta a salvare questo pianeta. Cambiamo modalità. Cambiamo modo di ragionare. Rivolgiamoci alla terra con più rispetto perché la terra non è nostra, noi siamo figli di Madre Terra; quindi, ricordiamoci che noi non abbiamo nessun diritto, nessun possesso sulla terra, noi facciamo parte della terra come ne fanno parte gli animali, i vegetali, le piante e ogni singolo elemento fa parte di Madre Terra. Non dobbiamo essere arroganti: dobbiamo essere al servizio del pianeta e trovare il cambiamento. Quindi giovani diamoci da fare. Io sono ottimista…

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E’ cosa buona che tu esista! Alla ricerca di un nuovo umanesimo

E’ cosa buona che tu esista! Alla ricerca di un nuovo umanesimo

EVENTO: Campo MIR – Movimento Internazionale Riconciliazione tra popoli

Eremo di Betania, Padenghe Sul Garda (BS) 5 agosto 2022 alle ore 15:00 (Durata: 3 ore)

Venerdì 5 agosto 2022 alle ore 15.00 interverranno a Padenghe Eremo Betania, Laura Tussi e Fabrizio Cracolici.  Parleranno della “tempesta perfetta” che sembra addensarsi sul nostro futuro, ma anche della speranza di un nuovo mondo possibile.  Di seguito pubblichiamo la scheda di Laura Tussi e il testo da cui partirà il confronto con i partecipanti al campo Mir: https://www.peacelink.it/cerca/index.php?q=laura+tussi

Per maggiori informazioni: https://www.facebook.com/events/1818419335017295/ o lauratussi.pace@gmail.com

 

Tutto il mondo sembra svegliarsi di scatto da un torpore lungo secoli dove abbiamo anteposto il profitto (spesso di pochi) alla nostra vita, al nostro prossimo, al nostro ambiente. Occuparsi dell’ambiente significa avere cura dei nostri figli, dei nostri nipoti, degli altri, insomma del nostro futuro, ma anche rivolgere uno sguardo più umanistico verso chi per un motivo o per un altro oggi non gode delle stesse nostre possibilità. Il nucleare è l’antonomasia di questo concetto che è in sostanza la realizzazione delle sovrastrutture che l’uomo ha costruito per nascondere il fatto che è ancora pienamente dominato dai propri istinti animali seppur molto più sofisticati.

Il nucleare inteso come fornitore energetico non ha ancora i crismi di sicurezza e resilienza che il pianeta e chi lo abita necessitano, ma abbiamo tecnologie per eludere questa risorsa piuttosto agilmente, basterebbe volerlo. Oggi possiamo parlare con persone a migliaia di chilometri di distanza, ma spesso, quando lo facciamo è per promulgare i nostri interessi personali e non quelli di una società evoluta. Il desiderio di avere una vita migliore passa da una spinta personale, ma se questa è realizzata in modo egoistico allora non porta mai ad una felicità concreta. Se il nostro percorso invece viene da una condivisione di intenti, le cose sono destinate a rimanere. Siamo asserragliati dietro concetti più grandi di noi che spesso ci portano a sentirci complicati e profondi, ma quando volgiamo lo sguardo sul mondo in maniera totale ci accorgiamo che la strada su cui siamo è da cambiare. I conflitti appena scoppiati all’interno dell’evolutissima Europa ne sono una rappresentazione quasi grottesca: siamo un popolo ricco, madre della fratellanza, culla della filosofia, patria della Bellezza e l’unica cosa che riusciamo a fare davanti ad un problema nettamente politico è scatenare una guerra.

 

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Nato e guerra. Intervista a Giorgio Cremaschi di Laura Tussi

Nato e guerra. Intervista a Giorgio Cremaschi di Laura Tussi

Conversazione di Laura Tussi con Giorgio Cremaschi.

Al vertice di Madrid, la Nato approva il più importante rafforzamento delle proprie capacità dalla fine della guerra fredda e porterà le forze militari a oltre 300 mila unità. Così afferma il segretario generale Nato Jens Stoltenberg nella conferenza stampa di presentazione del vertice di Madrid. Può argomentare queste affermazioni?

Penso che la questione sia che questa è addirittura la conclusione cioè l’aumento delle armi, dell’armamento, e l’argomento scottante compreso – è bene sottolinearlo – quello dell’armamentario nucleare. Il punto di partenza, in qualche modo è ancora più grave. Perché da un certo punto di vista salta un’ipocrisia cioè noi che siamo contro la Nato abbiamo detto che non è vero che la Nato e un’alleanza euroatlantica, ma in realtà la Nato è un’alleanza militare mondiale. L’Occidente contro il resto del mondo. E diciamo così: il documento strategico appunto 2022 definisce chiaramente questo, perché ovviamente dice che la Russia è il nemico principale con cui c’è uno scontro, con un’affermazione proprio di rottura totale. Ma a parte questo vi è la gravità di questo documento. Non mi risulta che altri documenti della Nato avessero affrontato questo tema. E hanno individuato come secondo nemico la Cina. La Cina non è in Europa. Eppure viene individuata come secondo nemico. Viene detto che la Cina, con la sua politica, minaccia – testuali parole – gli interessi, la sovranità e i valori della Nato: quindi la Cina è considerata il secondo nemico. Ovviamente vengono elencati poi gli stati nemici classici (Iran, Corea eccetera) e si definisce un impegno militare della Nato in vaste zone del mondo, come il Sahel e il Medio Oriente e l’Indocina. Ritorna in campo l’Indocina. Dall’epoca del Vietnam non sento più parlare dell’Indocina. Quindi il punto più grave, secondo me, è passato probabilmente sotto silenzio perché viviamo travolti da una propaganda guerrafondaia è che la Nato con questo documento non solo ha deciso di rafforzare il conflitto con la Russia, ma ha assunto una dimensione di conflitto mondiale cioè la Nato è in guerra con tre quarti del mondo, il mondo dei Brics, poi vi è un elenco vario, è un manifesto ideologico: i nostri valori e i loro. Noi siamo la democrazia, voi siete le dittature: è un documento di guerra al resto del mondo, dall’Occidente al resto del mondo ed è di una gravità inaudita perché, ripeto, saltano un po’ di attenuazioni, di ipocrisie che si erano tenute nel passato. La Nato non è più euroatlantica anche se i suoi aderenti si chiamano euroatlantici, ma è un’alleanza militare mondiale che sfida il mondo. Questa è la verità ed è questo l’aspetto gravissimo dal punto di vista militare – cioè il riarmo di massa che propone e la convinzione profonda che l’arma nucleare sia uno strumento di pace. Tra l’altro vi è una frase che fa venire i brividi. Perché a un certo punto nel documento, la Nato dice che per quanto riguarda l’uso dell’arma nucleare, per le sue previsioni, vi sia un uso remoto, e sottolineo remoto. Remoto e non escluso. Cioè remoto è già un termine che riguarda anche la vicinanza: vuol dire distanza. Non è tanto vicino, ma non è fuori dalle nostre distanze, dalle nostre dimensioni. Il vertice Nato: un vertice gravissimo e pericolosissimo nel quale si è scatenata tutta la belva guerrafondaia. Prendendo, a questo punto, voglio dirlo esplicitamente, a pretesto la guerra in Ucraina, perché io non credo che si costruisca così come è vero e giusto dire che Putin non ha sicuramente deciso negli ultimi giorni di fare la guerra all’Ucraina e quindi sussiste un progetto politico e militare che viene da lontano almeno dal 2014 da quando è scoppiata la guerra nel Donbass. Però è altrettanto vero che un progetto così profondo di riarmo mondiale contro il resto del mondo non si inventa in pochi minuti. Vuol dire che la Nato lo meditava da tempo e vuol dire che siamo appunto di fronte a un progetto di grande guerra e di confronto e dominio mondiale che noi dobbiamo contrastare. Questo è il mondo occidentale, capitalistico, “bianco”, che con un linguaggio da epoca coloniale ottocentesca, “noi siamo la civiltà e portiamo la civiltà nel mondo”, si arma contro il resto dell’umanità. Questo è di una gravità assoluta.

 

Giorgio Cremaschi
con Laura Tussi e Mimmo Laghezza
ad una iniziativa a Nova Milanese

 

A dare la linea di quella che sarà l’Alleanza atlantica del futuro, nel pieno della crisi in corso a causa della guerra in Ucraina, il segretario generale Stoltenberg ha posto l’entità del rafforzamento a est. A contare non sono solo l’aumento delle forze militari, ma la modifica dell’intera postura di difesa e deterrenza, ossia come la Nato intende usare uomini e mezzi per garantire l’espansione del patto Atlantico. Purtroppo per il popolo della pace e per l’intera umanità, alla Nato del futuro servono nuovi investimenti. Il bilancio dovrebbe quasi raddoppiare. Non cambia la mentalità della guerra fredda di creare nemici e impegnarsi in conflitti sul campo?

Alla Nato del futuro servono nuovi investimenti a bilancio. Dovrebbe quasi raddoppiare la spesa globale militare, dunque non cambia la mentalità della guerra fredda di creare nemici e impegnarsi in conflitti sul campo. Direi che siamo oltre la guerra fredda perché questo vertice si sta talmente ingrandendo, è una minaccia di guerra a tutto il mondo ed è un impegno di guerra diretta verso la Russia cioè noi siamo in guerra e in questo momento, combattono formalmente solo l’Ucraina contro la Russia, ma con una quantità enorme di armi e anche di consiglieri e di aiuti, non sono solo armi sono guerriglieri e consiglieri. La Nato è in guerra contro la Russia e d’altra parte il ministro della difesa di Stato maggiore delle Forze Armate della Gran Bretagna che si chiama Sanders esattamente come il senatore socialista americano che ha lo stesso nome ma non credo che abbia le stesse intenzioni e posizioni. Sanders ha dichiarato che bisogna prepararsi a mandare i soldati contro la Russia quindi noi siamo ancora dentro un meccanismo di escalation militare che va avanti e che viene alimentato e che si alimenta su sé stesso e di cui la prima vittima attualmente è l’Europa. In tutte le sue forme: Europa come Russia, Ucraina, come Unione Europea, Francia, Germania e così via. L’Europa è uscita dall’Europa come Unione Europea. Francia e Germania paesi dove vi è il dominio totale in questa situazione, sia quello dei paesi con governi di destra e di estrema destra è bene ricordarlo guerrafondai, hanno trascinato con sé tutti gli altri e quindi è una spinta propulsiva. E trovo un po’ ridicolo che si può dire però l’altra Europa più riflessiva di Macron e poi ci mettono sempre Draghi anche se non è vero perché in realtà è un paracarro degli Stati Uniti dentro l’Unione Europea. Ma la verità è che l’Europa che pensava di dialogare con la Russia non conta nulla e di fatto è dentro il campo militare. Già sussiste il vertice del G7 per altro che è una specie di sindacato di controllo della Nato. È bene ricordarsi che la Nato è fatta un po’ a scatole cinesi. È una matrioska fondamentale: ci sono gli Stati Uniti la matrioska al centro di tutto e sono loro che comandano. Poi un’altra matrioska un po’ più grande a turno che è il G7 e dopo la Nato che è diciamo così è il terzo livello e poi dopo ci sono altri paesi di confine, come l’Ucraina che sono aggregati alla Nato e sono un quarto livello anche se non sono formalmente della Nato, ma ormai ne fanno parte. Quindi al centro il nocciolo duro sono i potenti, gli Usa che comandano e che poi riuniscono il G7 che prende e impone decisioni alla Nato: tutto il resto non conta. In seguito, vi sono appunto i governi che vogliono fare di più, i polacchi e la Gran Bretagna. È il modello di governance della Nato e quindi dentro questo modello di governance è evidente che la decisione di fondo, che è stata presa, è quella di mandare avanti la guerra. La parola pace è stata abolita. La parola pace nel vocabolario della Nato e nel vocabolario dell’Unione Europea non esiste. La parola ultima, in questo momento, è vincere la guerra. Questa posizione ci sembrava la posizione di Johnson, del primo ministro polacco, ovviamente di Zelensky: vincere la guerra è diventata la posizione di tutti. Questa è la verità quindi poi ogni tanto Macron per ragioni interne elettorali dice che non bisogna umiliare Putin, ma la verità è che la pratica concreta in corso è quella di spingere ora la guerra, la guerra all’infinito e aumentare l’escalation e negare le trattative. Sottolineo che il G7 prima ci ha detto esplicitamente che non ci sono trattative e negoziati in questo momento da fare, ma solo la guerra, solo la guerra per cercare di sconfiggere la Russia. Quindi io credo che noi dobbiamo dire la cosa più semplice e più brutta: l’Italia è in guerra, siamo in guerra, siamo in guerra assieme alla Nato e chi si oppone alla guerra deve sapere che si oppone al fatto che il suo paese è in guerra.

Lei ritiene, alla luce delle tante manifestazioni e iniziative del popolo pacifista, che si possa finalmente affermare, anche a livello politico, il concetto di pace come presupposto della giustizia sociale?
Sì ma bisogna fare delle scelte nette, perché altrimenti ci giriamo troppo intorno e non si può diventare pacifisti quando si tratta di prendere i voti e poi stare con i governi guerrafondai. Non è questo. Non si può fare. È necessaria una coerenza pacifista. Dico questo perché oggi abbiamo una maggioranza politica guerrafondaia che va da Draghi a Letta fino a Giorgia Meloni passando per Leu, per Salvini e per Berlusconi. Penso che questa sia una grande discriminante: ossia considero ridicolo e dannoso che ci siano persone che si dicevano e dichiaravano pacifisti e che poi magari sul piano politico finiscono per allearsi con il partito della Nato e della Confindustria che oggi è il Partito Democratico o che comunque diano un sostegno diretto e indiretto dal governo Draghi. È una discriminante politica. Il partito della Pace esiste se appunto in politica non si fanno trasformismi perché altrimenti non è il partito della Pace è un partito trasformista che usa la parola pace perché ogni tanto serve perché la maggioranza degli italiani è contro la guerra. Però il partito della Pace oggi ancora non l’ho visto. Non esiste. Questa è la verità. Noi siamo di fronte a una crisi profondissima della nostra democrazia. Perché quando noi abbiamo il 55- 60% degli italiani che dicono di essere contro la guerra, contro il coinvolgimento dell’Italia in guerra, e sono contrari all’invio di armi, e abbiamo invece il 95% del Parlamento che vota per continuare la guerra – perché di questo si tratta – noi siamo di fronte a una crisi enorme di democrazia. O questo 55 per cento trova una sua rappresentanza contro il 95, oppure questo 55 non porterà a niente e sarà imbrogliato.Nonostante la costante propaganda di guerra e la narrativa di paura a favore dell’ingresso nella Nato, domenica 26 giugno 2022, migliaia di attivisti pacifisti e persone di varia estrazione e appartenenza politica hanno manifestato per la pace attraversando la capitale spagnola Madrid. Oltre all’opposizione alla Nato, si protestava con cartelli su cui era scritto “Basta spese militari: soldi a scuole e ospedali”. “Non paghiamo le tasse per le guerre Nato”. Questa è una netta dimostrazione contro ogni tipo di violenza e una ferma risposta della popolazione al vertice Nato che si è tenuto a Madrid dal 28 al 30 giugno 2022?

Sì certo è stata una manifestazione importante e sottolineo che una settimana prima sempre a Madrid vi è stata un’enorme manifestazione contro la strage criminale di Melilla dove sono stati massacrati dalla polizia marocchina e da quella spagnola, decine e decine di migranti e qui siamo a un punto centrale. Cioè non vi è dubbio che la lotta per la pace è una lotta per mettere in discussione proprio quei disvalori e principi su cui invece si sta facendo la guerra. Voglio sottolineare questo aspetto. Noi siamo in guerra e stiamo trasformando l’Europa in una fortezza guerrafondaia.

L’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato è una gravissima infamia ai danni del popolo curdo.

 
Noi siamo in guerra e stiamo trasformando l’Europa in una fortezza guerrafondaia che non solo fa la guerra verso l’esterno ai nemici come la Russia, ma fa la guerra ai migranti e fa la guerra agli altri popoli perché noi non possiamo dimenticare l’accordo infame tra Turchia, Finlandia, Svezia di cui sono tutti corresponsabili. Tutti. Ho visto la scena vergognosa di Draghi che di fronte a una giornalista che gli faceva la domanda e gli chiedeva “lei cosa penso dell’accordo” è scappato e non ha risposto. Ha fatto una cosa proprio, come si dice, da finanziere che non vuole parlare e qui c’è un accordo infame per cui un popolo, quello Curdo, è stato consegnato al suo aguzzino Erdogan in cambio del fatto che Svezia e Finlandia entrano e si riarmano e fanno la guerra e partecipano alla guerra in Russia. Cosa esiste di più infame di questo? anzi di altrettanto infame c’è l’accordo del socialista Sanchez del governo di sinistra che ha portato alla strage di Melilla. Perché è bene ricordare che Melilla è retaggio del colonialismo europeo in Africa. È bene ricordare che il Marocco con Erdogan, con i tagliagole libici e per conto nostro, fanno il lavoro sporco di assassinare i migranti. Il Marocco aveva un contenzioso aperto con la Spagna, in quanto la Spagna fino adesso aveva dato copertura e aiuto al popolo Sahrawi che è un popolo oppresso dal Marocco, sono i curdi del Marocco. Sono un popolo a cui è stata portata via la terra. Sono un po’ i palestinesi del Marocco, i curdi del Marocco. E allora il Marocco aveva fatto capire alla Spagna che se avesse continuato a sostenere il popolo saharawi non avrebbe più fatto il cane da guardia alle frontiere e quindi il governo spagnolo, l’infame governo spagnolo, ha sottoscritto un accordo come hanno fatto Finlandia e Svezia, in cui sostanzialmente ha abbandonato il popolo saharawi ai marocchini e in cambio i marocchini fanno quello che vediamo in televisione massacrano i migranti per conto degli Spagnoli. Voglio chiedere davvero se questa è una Europa da difendere o è un Europa da cancellare. Questa è una infamia. Questa è un’Europa che non ha stabilito dei valori di democrazia. Ma che ha ormai stabilito e imposto il fascismo alle sue frontiere. Perché sostanzialmente fascismo e razzismo comandano adesso alle frontiere in Polonia; si accolgono gli ucraini, ma tutti i popoli che hanno la pelle scura vengono abbandonati e ricacciati indietro. Vedi, siamo di fronte, ripeto, a un meccanismo generale di corruzione dei valori e della democrazia europea e tutte le manifestazioni che ci sono state come quella del 26 giugno 2022 non a caso sono manifestazioni che mettono assieme tutto: migranti, la difesa dei diritti dello Stato Sociale, no al riarmo, no alla guerra perché siamo senza una posizione di carattere complessivo a questo regime euroatlantico come si definisce. Questo regime euroatlantico è il nostro nemico e noi lo dobbiamo contrastare.

Cremaschi, quali sono i risultati del controvertice Nato a Madrid?
Ci sono stati due controvertice prima a Bruxelles mosso da alcune istanze di sinistra e poi un altro a Madrid: i risultati sono di mobilitazione. Ho già detto prima: bisogna costruire ancora un vero fronte e non bisogna dimenticare che ci sono anche divisioni di quello che una volta era il movimento attivista che nel 2003 e 2004 era in piazza contro le guerre in Iraq e Afghanistan. Attualmente non esiste un movimento di quella dimensione, non è paragonabile. Non bisogna dimenticare che esiste una parte della sinistra, almeno di quella che si chiama sinistra, che fa la guerra, sono governi socialdemocratici quelli che hanno venduto i saharawi. Sono governi di sinistra quelli che hanno venduto i curdi. C’è uno spostamento a destra reazionario dell’asse politico, diciamo così dell’Europa, che arriva a toccare anche parti di quelle che erano le retrovie dei movimenti. Quindi l’impegno oggi a costruire il movimento per la pace significa partire da una posizione che almeno nei palazzi del potere è di netta minoranza e bisogna averne concezione.

Chi rappresenta gli italiani al vertice Nato? 
Il peggio dell’Italia è rappresentato dal peggiore che per me è Draghi. Quindi penso che dobbiamo costruire un autunno contro la guerra e contro Draghi.

Esistono controproposte unitarie a livello europeo?
Sono state fatte. Ci sono stati appelli, soprattutto all’inizio, quando sembrava che ci fosse una fase di trattativa verso marzo-aprile. Sono usciti appelli di Podemos e di una parte, non tutta, delle forze di sinistra Europea per il negoziato e per la pace. Devo dire onestamente che in questo momento, con questa recrudescenza della guerra, con questa intensificazione della guerra, queste proposte sono state travolte.

Il Disarmo nucleare, attraverso la ratifica del trattato TPNW di cui si è discusso ultimamente alla conferenza internazionale di Vienna, può essere un punto fondamentale per accelerare la fine della Nato?
La Nato con il documento di strategia 2022 dice esattamente che il nucleare è uno dei pilastri, uno dei pilastri portanti della Nato. Si dice che ci sono tre tipi di pilastri della guerra Nato che sono il riarmo convenzionale, l’armamento nucleare, e la guerra cibernetica e informatica. La Nato intende investire su tutti e tre i fronti: guerra nucleare, guerra convenzionale, e guerra informatico-cibernetica. Anche su questo però voglio sottolineare una cosa: il voto in Italia del Parlamento. Il Parlamento che, invitato a partecipare alla conferenza per la proibizione delle armi nucleari a Vienna, non si è presentato. Il governo italiano sta installando bombe nucleari, credo che noi dobbiamo sottolineare la gravità e la criminalità del governo Draghi. Un governo di guerra che sta portando l’Italia per la prima volta dal 1945 verso una guerra mondiale.

Ma come facciamo in Italia a raggiungere i risultati delle ultime elezioni francesi dove la sinistra quella vera, quella autentica ha ottenuto ottimi risultati? È prevista qualcosa del genere qui in Italia?
Presto faremo una prima assemblea con varie forze. È necessario investire sempre in forze alternative. Io credo che la guerra definisca un gigantesco spartiacque. Chi è per la guerra sta di là, chi è contro la guerra sta di qua. È necessario compattare le forze contro la guerra. Credo che questo sia un lavoro essenziale. La Francia ci lavora da circa una decina di anni e noi è chiaro che non possiamo certo pensare di recuperare i nostri disastrosi ritardi. Però bisogna mettere in moto un percorso. Credo che lo dobbiamo fare adesso. Se non ora quando? Come si dice.

Tussi – Cremaschi (Odissea, luglio 2022)

https://libertariam.blogspot.com/2022/07/nato-e-guerra-giorgio-cremaschi.html

PRESSENZA – International Press Agency

Intervista a Giorgio Cremaschi. Dalla Nato nasce la guerra, ma la pace è più forte

https://www.pressenza.com/it/2022/07/intervista-a-giorgio-cremaschi-dalla-nato-nasce-la-guerra-ma-la-pace-e-piu-forte/

Unimondo: la pace è più forte:

https://www.unimondo.org/Notizie/La-pace-e-piu-forte-229844

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La denuclearizzazione del Golfo Internazionale di Trieste. Da Trieste un forte NO ai porti nucleari

La denuclearizzazione del Golfo Internazionale di Trieste. Da Trieste un forte NO ai porti nucleari

Alessandro Capuzzo durante il Nuclear Ban Week (Foto di Patrizia Sterpetti)

La denuclearizzazione del Golfo Internazionale di Trieste, sulla base del Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari e del Trattato di Pace del 1947 con l’Italia, è sempre un argomento attuale?

Il 20 giugno 2017 a New York le ONG WILPF Italia e Disarmisti Esigenti hanno depositato agli atti del Convegno ONU di fondazione del Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (TPAN) il Documento di lavoro A/CONF.229/2017/ONG/WP.44 dal titolo DA TRIESTE (ITALIA) PROPOSTA DI CASI DI STUDIO SUI PORTI DA DENUCLEARIZZARE, firmato dal sottoscritto e dall’ex sindaco di Koper-Capodistria (Slovenia) Aurelio Juri.

Che ruolo svolge nella denuclearizzazione del Golfo Internazionale di Trieste il TPAN?

Il Trattato per la messa al bando delle armi nucleari, che la maggior parte dei paesi membri delle Nazioni Unite ha istituito in base alla pressione della Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari (ICAN) di cui tutti gli eco-pacifisti si sentono parte, può cambiare gli equilibri di potere tra stati nucleari e non, grazie all’introduzione di una sostanziale trasparenza a vantaggio della società civile, e dell’insieme dell’Umanità. In quanto cittadini del territorio che il Trattato di Pace con l’Italia del 1947 definì demilitarizzato e neutrale ne siamo particolarmente coinvolti.

Qual è il ruolo della Nato?

Attualmente Italia e Slovenia condividono il Golfo di Trieste con la Croazia, fanno parte dell’Alleanza Atlantica e si oppongono a questo Trattato, poiché coinvolte nei programmi nucleari militari dell’Alleanza.

Quali sono i pericoli che comporta il nucleare nel Golfo Internazionale di Trieste?

Il Golfo di Trieste ospita, in contrasto con il Trattato di Pace, due porti nucleari militari di transito, Trieste in Italia e Koper-Capodistria in Slovenia. La presenza stessa dei due centri urbani rende impossibile prevenire seriamente i possibili incidenti, rispetto alla propulsione nucleare delle navi, alla presenza a bordo di armi di distruzione di massa, e alla possibilità di diventare bersaglio di guerra.

Quali istanze avete proposto alle Nazioni Unite?

Col working paper presentato nel 2017 abbiamo proposto alla Conferenza ONU per un Trattato che metta al bando le armi nucleari, l’avvio di casi di studio sul rischio e la mancanza di trasparenza in materia da affidare, riguardo a Trieste alla Scuola di Prevenzione Nucleare dell’Agenzia Atomica (AIEA), presso il Centro Internazionale di Fisica Teorica di Miramare.

Quali sono gli altri siti nucleari? E quali soluzioni proponete per la loro denuclearizzazione?

I casi di studio proposti possono interessare i dodici porti nucleari militari italiani (oltre a Trieste, Venezia, Brindisi, Taranto, Augusta, Castellammare di Stabia, Napoli, Gaeta, Livorno, La Spezia, La Maddalena e Cagliari) e le basi aeree nucleari di Aviano e Ghedi. Chiediamo anche una ripresa dei colloqui per la denuclearizzazione del Mar Mediterraneo, ispirati al Trattato per la messa al bando delle armi nucleari, che coinvolge il nostro Golfo in quanto legalmente vincolato alla Demilitarizzazione e Neutralità, dal Trattato di Pace con l’Italia.​

Qual è la situazione di oggi, dopo la tua partecipazione alla Conferenza di revisione del TPAN a Vienna in delegazione coi Disarmisti esigenti?

Oggi, a cinque anni dalla sua approvazione, il Trattato è finalmente entrato in vigore, e siamo stati a Vienna ad esaminarne contenuti e attuazione. Lì abbiamo invitato le delegazioni presenti a considerare la proposta avanzata, e la sua fattibilità, resa possibile dai due Trattati citati nel Working Paper 2017: il TPAN e il Trattato di Pace del 1947.

Benché le implicazioni del Nuclear Ban Treaty siano note, pochi sono a conoscenza delle disposizioni del Trattato di Pace, recepito dal Consiglio di Sicurezza con Risoluzione S/RES/16, che ha avocato alle Nazioni Unite la giurisdizione sul Territorio Libero di Trieste; esistito come stato indipendente dal 1947 al 1954 all’estremità meridionale della “cortina di ferro”.

Competenze giurisdizionali mantenute nel tempo, come confermato nel 2015 dall’ex segretario generale Ban Ki-Moon in una lettera al presidente palestinese Abbas, ove si elencano i territori sotto diretta competenza ONU.
Lo Statuto dell’ex Territorio Libero di Trieste, contenuto nel Trattato di Pace con l’Italia, è un unicum giuridico nel Diritto Internazionale, paragonabile alla scelta costituzionale di abolizione dell’Esercito operata dal Costa Rica; vi sono iscritti il Disarmo e la Neutralità della fascia costiera sul Golfo Adriatico, dove si uniscono Italia Slovenia e Croazia.
Queste norme, “dimenticate” per esigenze politiche degli Stati coinvolti, se associate al Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari consentono la denuclearizzazione del Golfo di Trieste. Invitiamo quindi ONG e Stati parte del TPAN a verificare insieme la fattibilità di questa proposta di implementazione del Nuclear Ban Treaty.
Un invito particolare è rivolto agli Stati iscritti nel Trattato di Pace con l’Italia, per il diritto di utilizzare il Porto Franco Internazionale di Trieste: Austria, Cechia, Francia, Gran Bretagna, Italia, Polonia, Slovacchia, Stati Uniti, Svizzera, Ungheria, e tutti gli Stati emersi da Jugoslavia ed Unione Sovietica.

Inoltre, Australia, Belgio, Bielorussia, Brasile, Canada, Cina, Etiopia, Grecia, India, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Ucraina e Sud Africa, sono pure coinvolti nel Trattato di Pace con l’Italia.

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Disarmare il mondo dal nucleare? A Vienna si cercano soluzioni e la strategia giusta

Disarmare il mondo dal nucleare? A Vienna si cercano soluzioni e la strategia giusta

Mentre Putin e Biden agitano la minaccia nucleare, a Vienna si è discusso il TPNW, Trattato per l’abolizione delle armi di distruzione di massa nucleari.

La prima conferenza delle parti sul TPNW a Vienna, è stato un evento di interesse mondiale per l’abolizione delle armi nucleari che riguarda l’intera umanità.

A Vienna si sono trovate soluzioni per il disarmo con il Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari e il Premio Nobel per la Pace ICAN.

Le centinaia di partecipanti al Forum di Vienna sono stati accolti dal saluto di Beatrice Fihn, direttrice dell’International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (ICAN).

Beatrice Fihn ha lanciato un proclama: “lanceremo un piano per la fine delle armi nucleari”.

Gli ecopacifisti partecipanti al Forum di Vienna

Anche i rappresentanti di diverse associazioni ecopacifiste italiane collegate a ICAN hanno partecipato alla  “Settimana di iniziative antinucleari”, che ha previsto un convegno scientifico (il 20 giugno), oltre alla vera e propria Conferenza degli Stati firmatari del TPNW, dal 21 al 23 giugno 2022 a Vienna.

Il governo italiano, a causa del controllo e della subalternità Nato, non ha partecipato ai lavori, neanche in veste di osservatore, alla Conferenza degli Stati parti del Trattato per la proibizione delle armi nucleari.

Le delegazioni delle associazioni ecopacifiste hanno fatto propri in questo percorso vari aspetti.

La consapevolezza strategica: l’intreccio tra minaccia nucleare e minaccia ecologico-climatica.

L’obiettivo generale che può essere rafforzato da iniziative locali di denuclearizzazione.

Il TPNW deve condizionare il percorso TNP (Trattato di Non Proliferazione), quindi finalmente la guerra deve diventare un tabù e la nonviolenza è il cammino che dobbiamo imparare a percorrere.

L’inclusività multiculturale del Forum

Nel suo discorso introduttivo Beatrice Fihn ha sottolineato come l’organizzazione abbia lavorato duramente  per rendere il Forum e gli eventi della settimana il più inclusivi possibile. Beatrice Fihn, direttrice esecutiva di ICAN, ha concluso i lavori del Forum il 19 giugno scorso ospitando sul palco il numeroso staff di volontari (circa 40 persone) che con le attività di servizio hanno supportato organizzativamente l’incontro.

Il suo commiato è stato una decisa esortazione, tra gli applausi e le grida di giubilo dei partecipanti, a rimboccarsi le maniche sostanzialmente sulle modalità di lavoro fin qui percorse. Lo slogan è semplice e rischia anche una declinazione semplicistica: “The ban is the plan”. Si pensa cioé che il disarmo nucleare sarà la conseguenza della adesione progressiva degli Stati al TPNW.

Un meritato Premio Nobel per la pace a ICAN

Nel suo intervento Beatrice Fihn ha sottolineato che: “L’adozione di questo TNPW è frutto del ruolo chiave della società civile. Lavoreremo con i governi per implementare e universalizzare il Trattato” è stato concordato in una assemblea mattutina di ICAN.

Durante il grande festival, i nostri attivisti che sono collegati a ICAN con le varie associazioni ecopacifiste, hanno potuto ascoltare in video il primo ministro della Nuova Zelanda e il ministro degli Esteri austriaco. Hanno ascoltato le testimonianze dei sopravvissuti ai test nucleari in Kazakistan, nelle Isole Marshall e in Nevada, così come i sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki.

Per la partecipazione dell’Italia alla revisione del TPNW, invece, nessuna speranza si profila all’orizzonte.

L’intervento di Alessandro Capuzzo, movimento antinucleare di Trieste

Con la considerazione “strategica” di spazi aperti dai trattati internazionali, ha concluso la serata Alessandro Capuzzo, del movimento antinucleare di Trieste, in delegazione a Vienna.

Abbiamo confermato il nostro intento di puntare sull’evento collegato: “GIVE PEACE A CHANCE”, che si è tenuto il 19 giugno e di cui Alessandro Capuzzo è stato tra i relatori rilasciando agli atti un documento.

La conferenza ha riunito rappresentanti statali, organizzazioni internazionali, comunità scientifica, sopravvissuti e società civile per discutere ed esplorare ricerche consolidate e nuove sulle conseguenze umanitarie e sui rischi delle armi nucleari.

Il nucleare è la minaccia assoluta

La Conferenza scientifica di Vienna sull’impatto umanitario delle armi nucleari ha denunciato che la deterrenza è una minaccia per tutta la vita terrestere.

Lunedì 20 giugno, si è svolta, come da programma, all’Austria Center, la Conferenza scientifica sull’impatto umanitario delle armi nucleari organizzata dal governo austriaco.

Basandosi sulle precedenti conferenze di Oslo (marzo 2013), Nayarit (febbraio 2014) e Vienna (dicembre 2014) , Vienna ha fatto il punto sui risultati chiave di queste conferenze, e ha presentato nuove ricerche nelle sue tre sessioni di lavoro:

  • Fatti chiave su conseguenze e rischi umanitari  delle armi nucleari;
  • impatto delle armi nucleari sulla gente e sul pianeta
  • i rischi della deterrenza nucleare.

Il TPNW trattato Onu che proibisce le armi nucleari

Martedì 21 giugno 2022 ha avuto luogo a Vienna la Conferenza di revisione del Trattato di proibizione delle armi nucleari.

Erano presenti all’Austria Center, parlamentari, sostenitori, esperti di politica, attivisti, creativi, funzionari delle Nazioni Unite e molti altri partecipanti della società civile e dei governi. Decisivo il ruolo di ICAN che con Beatrice Fihn, direttrice esecutiva della Rete, ha preso la parola subito dopo il segretario generale dell’ONU Guterres ed il presidente della Croce Rossa, Peter Mauer.

L’ambasciatore Rüdiger Bohn è intervenuto a Vienna per la Germania ribadendo che l’obiettivo di Berlino rimane “un mondo libero dalle armi nucleari”. E fino a qui siamo nella normale retorica Nato, cui si conformano tutti gli Stati membri dell’Alleanza.

L’incontro ha colto il problema di una maggiore flessibilità in entrata del TPNW e riuscirà a fissare una scadenza per l’eliminazione delle armi nucleari per gli Stati dotati di armi atomiche che decidessero di aderire al Trattato.

Alla conferenza di Vienna, denominata “Segmento di Alto Livello”, si susseguono le dichiarazioni degli Stati e gli interventi della società civile.

Il percorso della proibizione delle armi nucleari a Vienna conclude una tappa importante  

La conferenza di Vienna è terminata con una dichiarazione di impegno per un mondo libero dalle armi nucleari. La sintesi del presidente austriaco ha previsto un piano d’azione per implementare il TPNW. Appuntamento in Messico tra cinque anni per la seconda revisione del Trattato.

L’incontro a Vienna degli Stati parti del Trattato di proibizione delle armi nucleari, sostanzialmente, si è concluso con l’approvazione di una DICHIARAZIONE e con la sintesi del presidente austriaco della Conferenza ONU Kmennt, che includerà il PIANO DI AZIONE per l’implementazione del Trattato.

*saggista e attivista pacifista