Un viaggio attraverso l’arte, la politica, l’attivismo, il pacifismo seguendo un filo rosso: quello di Riace, di Mimmo Lucano e dell’utopia concreta di un nuovo mondo più inclusivo, giusto e accogliente. Un viaggio reso possibile dall’impegno di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici – autori di “Riace, musica per l’umanità” – e delle persone da loro intervistate, da Alex Zanotelli a Moni Ovadia.
Reggio Calabria – Gli uomini e le donne intervistati da Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, per comporre un mosaico che prende forma di libro col titolo Riace, musica per l’umanità riescono nel miracolo letterario e politico di dare sostanza, forma e musicalità a una storia immensa, di cui, speriamo presto, questo Paese sia totalmente orgogliosa.
Chi scrive parte da un pregiudizio radicalmente positivo, quello di chi ha vissuto, molto da vicino, la storia dell’utopia concreta di Riace come convivenza realizzata sin dalle sue origini, da quando un veliero attraccò – era il 1998 – sulle coste calabresi, carico di un’umanità che chiedeva unicamente di essere ascoltata e rispettata. E se è vero che, prima con un’associazione e poi come sindaco, per tre mandati, del paese, Mimmo Lucano è riuscito a scardinare una modalità consolidata di affrontare il tema dell’accoglienza mantenendo chi arriva in condizioni di subalternità, i riflessi prodotti, come i cerchi di un sasso lanciato in uno stagno, hanno avuto e hanno ancora un’ampiezza che nessun provvedimento repressivo è riuscito a spezzare.
Oggi Mimmo Lucano rischia con un processo che siamo in tante e tanti a ritenere ingiusto e mirato unicamente a isolarlo e a rimuovere la semplice idea che simili esperienze si possano riprodurre. Le parole delle tante persone intervistate in questo piccolo ma prezioso libro, restituiscono appieno la potenza del meccanismo che si è innescato. Uomini e donne con storie diverse, attività e vite lontane, sensibilità articolate, stimolate dalle ottime domande loro rivolte, sono riuscite ad andare oltre, a raccontare quello che la cronaca non potrà fare.
Adelmo Cervi si appella alla libertà di movimento e alla Costituzione, Vittorio Agnoletto, nella sua magnifica introduzione si rifà a Virgilio per poi tuffarsi nell’articolo 12 di quello splendido testo che è la “Convenzione internazionale dei diritti civili e politici” del 1966. E poi ancora fulminante Moni Ovadia nel definire Mimmo Lucano come mentsch, difficilmente traducibile dallo yiddish se non con il concetto “un vero essere umano”.
Una sintesi perfetta, non apologetica e contemporaneamente elevata. E poi le parole di musicisti e intellettuali che si ritrovano nelle azioni dell’ex sindaco del borgo calabrese e riescono a farlo proprio. Le riflessioni ad esempio di Marino Severini, front man dei Gang, autore, fra le altre, di una preghiera laica come Mare nostro, un’invocazione alla pietà del Mediterraneo affinché si imponga sulle infami leggi degli uomini, o quelle di Gianfranco D’Adda e Renato Franchi, anche loro musicisti, chiamano ad un nuovo umanesimo partendo dalla musica come strumento liberatore e rivelatore, dalle parole come capaci di ricostruire una nuova umanità di cui il pianeta intero avrebbe estremo ed urgente bisogno.
Alex Zanotelli entra nel cuore della vicenda di Riace partendo da lontano, dal Premio Nobel per la Pace del 2017, assegnato ad ICAN, la Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari, mai importante quanto oggi e considera questa un continuum con la proposta, lanciata anni fa, di assegnare lo stesso premio a Mimmo Lucano. Un tratto unisce le due vicende, il valore delle utopie da realizzare.
Le donne e gli uomini intellettuali che si misurano con la straordinaria vicenda di Riace, scelgono di schierarsi non solo dalla parte di Mimmo Lucano, ma da quella di un altro mondo possibile
Ma più forti risuonano le parole sentite e ancestrali di Mimmo: il suo non è un grido di dolore per i torti subiti – quando l’intervista è stata realizzata ancora non erano giunte le pesanti richieste di condanna nei suoi confronti – ma la volontà di riaffermare il riscatto collettivo, la predisposizione a un mondo di pace, umanità, fratellanza, come vero e unico antidoto alle ingiustizie globali.
Ci sarebbe molto e molto altro da dire su questo piccolo grande volume, sulle sfumature che ognuna delle persone che prende la parola riesce a far emergere, come dimenticare le suggestioni di Agnese Ginocchio ad esempio o i rimandi continui a una storia musicale nostrana che è anche una storia profondamente politica. Sì perché questo testo, nelle sue caleidoscopiche sfaccettature, è anche un testo profondamente e radicalmente politico.
Capace col proprio linguaggio e in maniera netta di rivolgersi a chi la stessa parola polis non è più in grado di renderla azione per il bene comune, come alle tante e ai tanti che, con mille modalità e forme diversi, continuano ad opporsi alla disumanizzazione e all’indifferenza imperanti. Politico perché è un richiamo a una missione comune, perché le donne e gli uomini intellettuali che si misurano con la straordinaria vicenda di Riace, scelgono, con le loro parole, di schierarsi senza tema di essere smentita, non solo dalla parte di Mimmo Lucano, ma da quella di un altro mondo possibile.
A Riace questo mondo si è per anni realizzato, perché non estendere qualcosa che ha il sapore del sogno ma i risultati visibili della realtà? Dipende anche da chi legge. Grazie ai curatori e soprattutto sempre grazie a Mimmo Lucano, che ci riporta alle possibilità infinite che abbiamo di “restare umani”.
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Stefano Galieni: vivo a Roma, sono giornalista pubblicista e dirigente nazionale di Rifondazione Comunista come responsabile immigrazione. Da quasi 35 anni impegnato come attivista antirazzista in movimenti e associazioni. Coautore nel 2002 di Frontiera Italia (Ed, Città Aperta) con Antonella Patete, di “Mai più” (Left edizioni, 2019) con Yasmine Accardo e sempre per lo stesso editore di “Sconfinate”, settembre 2023. Collaboro attualmente con Left e Transform Italia, sono Presidente di ADIF (Associazione Diritti e Frontiere).